Resta salva la possibilità per il giudice di ritenere superata tale presunzione qualora dalla valutazione complessiva della condotta processuale della parte emerga una volontà inequivoca di insistere sulla richiesta pretermessa.
Svolgimento del processo
con sentenza resa in data 16/3/2021 (n. 572/2021), la Corte d'appello di Bari, confermando la decisione del giudice di primo grado, ha rigettato la domanda proposta da P.C. per l'accertamento della falsità delle attestazioni comparenti sull'avviso di ricevimento postale relativo a un plico ricevuto su iniziativa dell'Agenzia delle Entrate; a fondamento della decisione assunta, la corte territoriale ha rilevato come, impregiudicata ogni altra questione, il C. non avesse offerto alcuna prova a fondamento della querela di falso proposta, essendosi limitato, in sede di precisazione delle conclusioni dinanzi al giudice di primo grado, a una generica e non puntuale riproposizione dei mezzi istruttori già precedentemente richiesti, ed avendo altrettanto genericamente riproposto l'ammissione di tali mezzi istruttori in sede d'appello; avverso la sentenza la corte barese, P.C. propone ricorso per cassazione sulla base di due motivi d'impugnazione; l'Agenzia delle Entrate resiste con controricorso; a seguito della fissazione della camera di consiglio, la causa è stata trattenuta in decisione all'odierna adunanza camerale, sulla proposta di definizione del relatore emessa ai sensi dell'art. 380-bis c.p.c.;
Motivi della decisione
con il primo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 183, 187, 188, 189, 345 e 346 c.p.c. (in relazione all'art. 360 nn. 3 e 4 c.p.c.), per avere la corte territoriale erroneamente ritenuto che l'ammissione delle istanze istruttorie richieste nel corso del giudizio di primo grado dall'odierno istante non fosse stata validamente riproposta all'udienza di precisazione delle conclusioni, avendo il ricorrente viceversa avuto cura di richiamare in modo specifico le fonti di cognizione processuale indispensabili per l'identificazione dei mezzi istruttori richiesti; e ciò, tanto in sede di precisazione dinanzi al giudice di primo grado, quanto in sede d'appello; con il secondo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione degli artt. 112, 183, 187, 188 e 189 c.p.c., per avere la corte territoriale omesso di tener conto che l'istanza di ammissione delle prove orali era già stata reiterata, dall'istante, con apposita istanza di modifica e di revoca dei provvedimenti istruttori assunti dal giudice di primo grado, successivamente al disposto rinvio della causa per la precisazione delle conclusioni, con la conseguente applicabilità del principio che consente il richiamo delle conclusioni già in precedenza assunte, in caso di mancata comparizione del difensore della parte interessata all'udienza espressamente dedicata alla precisazione delle conclusioni; entrambi i motivi - congiuntamente esaminabili per ragioni di connessione - sono manifestamente fondati; osserva il Collegio come, secondo il più recente orientamento della giurisprudenza di questa Corte (che questo Collegio richiama integralmente e fa proprio, al fine di assicurarne continuità: v. Sez. 2, Sen tenza n. 33103 del 10/11/2021, Rv. 662750 - 01), la parte che si sia vista rigettare dal giudice le proprie richieste istruttorie ha l'onere di reiterarle, in modo specifico, quando precisa le conclusioni, senza limitarsi al richiamo generico dei precedenti atti difensivi, poiché, diversamente, le stesse devono ritenersi abbandonate e non potranno essere riproposte in sede di impugnazione. Tale principio deve essere esteso anche all'ipotesi in cui sia stato il giudice d'appello a non ammettere le suddette richieste, con la conseguenza che la loro mancata ripresenta zione al momento delle conclusioni preclude la deducibilità del vizio scaturente dall'asserita illegittimità del diniego quale motivo di ricorso per cassazione. (tra le varie, Sez. 2, Sentenza n. 5741 del 27/02/2019 Rv. 652770; v. anche Sez. 2, Ordinanza n. 15029 del 31/05/2019 Rv.654190, Sez. 3, Ordinanza n. 19352 del 03/08/2017 Rv. 645492; Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 3229 del 05/02/2019 Rv. 653001); occorre però, per ragioni di coerenza sistematica, e nell'ottica di un'interpretazione costituzionalmente orientata sull'effettività del di ritto di difesa (art. 24 e 111 Cost.), coordinare tale principio con gli altri principi, pure rinvenibili nella giurisprudenza di legittimità, in tema di interpretazione del contegno processuale del difensore in sede di precisazione delle conclusioni, e cioè: - con il principio secondo cui quando la causa viene trattenuta in decisione senza che il giudice istruttore si sia pronunciato espressamente sulle istanze istruttorie avanzate dalle parti, il solo fatto che la parte non abbia, nel precisare le conclusioni, reiterato le dette istanze istruttorie, non consente al decidente di ritenerle abbandonate, ove la volontà in tal senso non risulti in modo inequivoco (cfr. Sez. 1, Ordinanza n. 4487 del 19/02/2021 Rv. 660569); - con il principio secondo cui, affinché una domanda possa ritenersi abbandonata della parte, non è sufficiente che essa non venga riproposta nella precisazione delle conclusioni, costituendo tale omissione una mera presunzione di abbandono, in quanto invece è necessario accertare se, dalla valutazione complessiva della condotta processuale della parte o dalla stretta connessione della domanda non riproposta con quelle esplicitamente reiterate, emerga una volontà inequivoca di insistere sulla domanda pretermessa (Sez. 3, Sentenza n. 1603 del 03/02/2012 Rv. 621711 Sez. 1, Sentenza n. 15860 del 10/07/2014 Rv. 632116; Sez. 2, Sentenza n. 17582 del 14/07/2017 Rv. 644854; Sez. 1 -, Ordinanza n. 31571 del 03/12/2019 Rv. 656277); - con il principio secondo cui nell'ipotesi in cui il procuratore della parte non si presenti all'udienza di precisazione delle conclusioni o, presentandosi, non precisi le conclusioni o le precisi in modo generico, vale la presunzione che la parte abbia voluto tenere ferme le conclusioni precedentemente formulate (Sez. 6 - 1, Ordinanza n. 22360 del 30/09/2013 Rv. 627928; Sez. 3, Sentenza n. 10027 del 09/10/1998 (Rv. 519576; nello stesso senso, Sez. 3 Sentenza n. 26523 del 20/11/2020 Rv. 659790, secondo cui in caso di mancata partecipazione del procuratore di una parte all'udienza di precisazione delle conclusioni, debbono intendersi richiamate le richieste precedentemente formulate, ivi comprese le istanze istruttorie che la parte abbia reiterato dopo che ne sia stata rigettata l'ammissione); - con il principio secondo cui quando la causa viene trattenuta in decisione perché sia decisa immediatamente una questione pregiudiziale di rito o preliminare di merito, ai sensi dell'art. 187 c.p.c., il solo fatto che la parte non abbia, nel precisare le conclusioni, reiterato le istanze istruttorie già formulate non consente al giudice di ritenerle abbandonate, se una volontà in tal senso non risulti in modo inequivoco I (Sez. 3, Sentenza n. 8576 del 29/05/2012 Rv. 622631); come si vede, il tema della presunzione di rinuncia/abbandono delle domande o eccezioni non riproposte in sede di precisazione delle conclusioni viene prevalentemente risolto dalla giurisprudenza di questa Corte nel senso di una ricerca ricostruttiva dell'effettiva volontà della parte; e, quanto all'assenza del difensore della parte all'udienza di precisazione delle conclusioni, si è precisato che essa non implica alcuna volontà di rinuncia alle domande e alle eccezioni in precedenza proposte, dovendosi invece presumere che la parte stessa abbia inteso te nere ferme, senza variarle/le conclusioni formulate in precedenza formulate negli atti tipici a ciò destinati e, quindi, nell'atto introduttivo del giudizio o nella comparsa di risposta, come anche nell'udienza o nei termini ex art. 183 c.p.c. (così Sez. 3, Sentenza n. 5018 del 2014 non massimata); anche nella giurisprudenza di legittimità più risalente nel tempo si rinvengono principi improntati a una valutazione globale della volontà della parte in sede di conclusioni disancorata da rigidi formalismi. Ad esempio, secondo Sez. 3, Sentenza n. 1480 del 14/06/1962 Rv. 252362, il principio che la precisazione delle conclusioni ha lo scopo di fissare definitivamente la volontà delle parti in relazione all'oggetto della controversia, per cui si debbono considerare rinunciate tutte le domande ed eccezioni che non siano state espressamente ribadite e richiamate in tale sede, presuppone che la parte abbia specificamente formulato ex novo tutte le conclusioni, mentre l'espressione di rigetto della domanda o delle eccezioni del convenuto, comprendendo, per la sua assoluta genericità tutte le ragioni già fatte valere in ordine ai presupposti ed alle condizioni dell'azione, non consente di ritenere abbandonata alcuna delle conclusioni precedentemente adottate dalla parte al fine di ottenere una pronuncia ad essa favorevole; analogamente, secondo Sez. 3, Sentenza n. 136 del 26/01/1962 Rv. 250210, si deve ritenere rinunziata e quindi estranea al thema decidendum qualsiasi domanda ed eccezione che non sia stata espressamente ribadita o richiamata nelle nuove e definitive conclusioni precisate dalle parti all'udienza fissata a tale scopo. Tale principio, tuttavia, non si applica quando manchi una nuova e completa enunciazione delle conclusioni, nel qual caso si presume che le parti abbiano inteso riportarsi senza varianti a quelle formulate in precedenza; si segue dunque sempre un criterio meno rigoroso e improntato alla ricerca della volontà della parte; così ricostruito il panorama giurisprudenziale, ritiene il Collegio che anche una presunzione di abbandono di istanze istruttorie in sede di precisazione delle conclusioni non possa, in taluni casi, prescindere da una doverosa indagine volta ad accertare se, effettivamente, dalla valutazione complessiva della condotta processuale della parte o dalla connessione della richiesta non riproposta con le conclusioni rassegnate e con la linea difensiva adottata nel processo, emerga una volontà inequivoca di insistere sulla richiesta pretermessa, attraverso l'esame degli scritti difensivi quali la comparsa di costituzione, le memorie di cui all'art. 183 c.p.c. (o 184 c.p.c., nella formulazione ratione temporis applicabile), e poi con la comparsa conclusionale di cui all'art. 190 c.p.c., la cui funzione tipica - è bene rimarcarlo - è proprio quella di illustrare le domande e le questioni già proposte e che la parte intende sottoporre al giudice; nel caso di specie, la corte territoriale, nel decidere sull'appello proposto dal C., risulta essersi limitata al mero riscontro della mancata specifica riproposizione, in sede conclusionale (o in sede di appello), da parte dell'istante, delle istanze istruttorie precedentemente avanzate nel corso del giudizio di primo grado, senza tuttavia accompagnare, al riscontro della presunzione di rinuncia/abbandono dei mezzi istruttori richiesti, la doverosa indagine volta ad accertare se, effettivamente, dalla valutazione complessiva della condotta processuale della parte o dalla connessione della richiesta non riproposta con le conclusioni rassegnate e con la linea difensiva adottata nel processo, non fosse piuttosto emersa una volontà inequivoca di insistere sulla richiesta pretermessa attraverso l'esame degli scritti difensivi; dell'effettivo compimento di tale doverosa indagine e dei relativi risultati è, d'altro canto, ragionevole attendersi che il giudice d'appello provveda a fornire una concreta e specifica (benché sintetica) indicazione nel corpo della motivazione dettata a fondamento della decisione assunta; ciò posto, occorre procedere alla cassazione della sentenza impugnata, invitando il giudice d'appello a uniformarsi al seguente principio di diritto: la parte che si sia vista rigettare dal giudice le proprie richieste istruttorie ha l'onere di reiterarle, in modo specifico, quando precisa le conclusioni, senza limitarsi al richiamo generico dei precedenti atti difensivi, poiché, diversamente, le stesse devono ritenersi abbandonate e non potranno essere riproposte in sede di impugnazione; resta salva però la possibilità per il giudice di merito di ritenere superata tale presunzione qualora dalla valutazione complessiva della condotta processuale della parte o dalla connessione della richiesta non riproposta con le conclusioni rassegnate e con la linea difensiva adottata nel processo, emerga una volontà inequivoca di insistere sulla richiesta pretermessa, attraverso l'esame degli scritti difensivi: valutazione complessiva, dei cui risultati il giudice del merito è chiamato a dar conto, sia pur sinteticamente, in motivazione; sulla base di tali premesse, rilevata la fondatezza delle censure esaminate, dev'essere pronunciata la cassazione della sentenza impugnata, con il conseguente rinvio alla Corte d'appello di Bari, in diversa composizione, cui è altresì rimesso di provvedere alla regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità;
P.Q.M.
Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d'appello di Bari, in diversa composizione, cui è altresì rimesso di provvedere alla regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità.