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6 aprile 2022
Anche i nipoti maggiorenni orfani e inabili al lavoro hanno diritto alla pensione di reversibilità

Lo ha stabilito la Corte costituzionale con la sentenza in commento, dichiarando l'illegittimità parziale della disposizione che limita tale beneficio ai soli nipoti minori.

La Redazione

Con la sentenza n. 88 del 5 aprile 2022, la Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 38 del d.P.R. 26 aprile 1957, n. 818, nella parte in cui «non include tra i destinatari diretti ed immediati della pensione di reversibilità i nipoti maggiorenni orfani riconosciuti inabili al lavoro e viventi a carico degli ascendenti assicurati».

La vicenda può essere così sintetizzata: il tutore di una nipote orfana, incapace di intendere e di volere, convivente del nonno e maggiorenne all'epoca del decesso di quest'ultimo, presentava domanda volta ad ottenere la pensione di reversibilità. La Corte d'Appello di Napoli rigettava l'istanza in ragione della maggiore età del nipote. La controversia giunge in Cassazione, la quale ha sollevato la questione dinanzi alla Consulta con riferimento all'art. 3 Cost..

Per la Corte Costituzionale la questione è fondata, poichè «il rapporto di parentela tra l'ascendente e il nipote maggiorenne, orfano e inabile al lavoro, subisce un trattamento irragionevolmente deteriore rispetto a quello con il nipote minorenne». Se infatti – prosegue la Corte - «il legame sotteso al rapporto tra nonno e nipote minorenne, come presupposto per l'accesso al trattamento pensionistico di reversibilità, deve essere ritenuto meritevole di tutela, analoga valutazione di meritevolezza (…) non può non riguardare anche il legame familiare tra l'ascendente e il nipote, maggiore di età, orfano e inabile al lavoro». La relazione infatti «appare in tutto e per tutto assimilabile a quella che si instaura tra ascendente e nipote minore di età, per essere comuni ai due tipi di rapporto la condizione di minorata capacità del secondo e la vivenza a carico del primo al momento del decesso di questo».
Pertanto, «è illogico, e ingiustamente discriminatorio, che i soli nipoti orfani maggiorenni e inabili al lavoro viventi a carico del de cuius siano esclusi dal godimento del trattamento pensionistico dello stesso, pur versando in una condizione di bisogno e di fragilità particolarmente accentuata: tant'è che ad essi è riconosciuto il medesimo trattamento di reversibilità in caso di sopravvivenza ai genitori, proprio perché non in grado di procurarsi un reddito a cagione della predetta condizione. Ulteriore profilo, codesto, di irragionevolezza della disposizione in esame».
Da ultimo, la Consulta critica l'argomentazione della difesa erariale che intende giustificare l'esclusione «alla stregua del rilievo della limitata durata nel tempo della prestazione in favore dei nipoti minori (fino alla maggiore età) e della (in astratto) più lunga durata dell'aspettativa di vita del nipote maggiorenne inabile al lavoro». Per la Corte, «tale differenza non è dirimente ai fini della spettanza di un diritto che ha matrice solidaristica, a garanzia delle esigenze minime di protezione della persona».