Richiamando la recentissima sentenza della Corte costituzionale (n. 79/2022), la Cassazione dà l'ok all'adozione in casi particolari da parte del nuovo marito della madre della minore che non si trova in stato di abbandono e che mantiene buoni rapporti con il padre biologico.
La Corte d'Appello di Bologna confermava la sentenza di primo grado con la quale il Tribunale per i minorenni aveva respinto l'istanza dell'attuale ricorrente di adozione ai sensi dell'
Svolgimento del processo
La Corte d'appello di Bologna, con sentenza del 27.1.2021, ha confermato la sentenza del Tribunale per minorenni di rigetto dell'istanza, presentata da GV di adozione in casi particolari, ex art. 44, c.1, lett. b), I. n. 184/83, di una minore, figlia della moglie, osservando che non ne sussistevano i presupposti in quanto non garantiva l'interesse della minore, la quale conviveva con la madre e il suo nuovo marito, mantenendo un buon rapporto con il padre. GV ricorre in cassazione formulando tre motivi. Non si è costituito l'intimato.
Motivi della decisione
Il primo motivo denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 44, c.1, lett. b), 46,48, c.1-2, 50, 1 e 57, I. n. 184/83, 2 e 30 Cast., 3 Conv. diritti del fanciullo di New York, per aver la Corte d'appello ritenuto insussistenti i presupposti della richiesta adozione (indicati quali: morte del padre biologico; decadenza dalla responsabilità genitoriale e disinteresse verso il figlio), attesa la persistenza di un rapporto continuativo relazionale del padre biologico con la minore (il quale frequenta la figlia, trascorrendo con lei almeno due giorni a settimana, viene chiamato e considerato padre dalla stessa minore la quale invece chiamava per nome il ricorrente, pur trascorrendo quest'ultimo più tempo con lei rispetto al padre per il solo fatto di essere la bambina collocata presso la madre) e la possibilità che, accogliendo l'istanza di adozione, si verificherebbe il trasferimento della responsabilità genitoriale in capo a tre persone. In particolare, il ricorrente si duole della violazione del disposto dell'art. 48 c.c. secondo il quale, nella fattispecie, le responsabilità genitoriali sull'adottato sono esercitate dall'adottante e dal coniuge, madre della minore adottanda, mentre il padre di quest'ultima conserva una funzione di controllo, guida ed indirizzo sull'esercizio della suddetta responsabilità. Il secondo motivo deduce illogicità e carenza di motivazione circa un fatto decisivo, per aver la Corte d'appello ritenuto insussistente un concreto interesse della minore all'adozione, sulla base dell'esame delle relazioni del Servizio sociale, nelle quali si da conto dell'ascolto della minore e delle altre persone coinvolte nella procedura e si descrive uno stato di grande serenità della bambina molto legata al padre e al marito della madre, situazione che è interpretata dalla Corte d'appello nel senso che essa è pienamente soddisfacente per la minore e non consente di valorizzare maggiormente la figura del ricorrente ai fini della richiesta adozione, mentre le esigenze di mantenimento della minore a fronte delle difficoltà evidenziate dal padre sono risolvibili secondo altri rimedi di legge. Al riguardo, il ricorrente lamenta che il giudice di secondo grado abbia illogicamente affermato che spettava alta madre il diritto al mantenimento, trattandosi invece di un diritto della minore, senza tener conto del consenso manifestato da tutti i soggetti interessati, e della posizione della minore, ben consapevole della coesistenza dei rapporti con il padre e con l'adottante, e della stessa dichiarazione del padre circa la sua impossibilità di far fronte al mantenimento della figlia. Il terzo motivo denunzia contraddittorietà della motivazione per violazione dell'art. 132, c.2, n.4, c.p.c., per aver dapprima la Corte territoriale affermato e poi escluso che le ipotesi tipiche menzionate (morte, abbandono, disinteresse del genitore) siano quelle rilevanti ai fini dell'accoglimento della domanda di adozione in casi particolari. I tre motivi, esaminabili congiuntamente poiché tra loro connessi, sono fondati. Secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte, il giudice chiamato a decidere sullo stato di abbandono del minore, e quindi sulla dichiarazione di adottabilità, deve accertare la sussistenza dell'interesse del minore a conservare il legame con i suoi genitori biologici, pur se deficitari nelle loro capacità genitoriali, perché l'adozione legittimante costituisce una extrema ratio cui può pervenirsi quando non si ravvisi tale interesse, considerato che nell'ordinamento coesistono sia il modello di adozione fondato sulla radicale recisione dei rapporti con i genitori biologici, sia modelli che escludono tale requisito e consentono la conservazione del rapporto, quali le forme di adozione disciplinate dagli artt. 44 ss. della legge n.184 del 1983 e in particolare l'art. 44, lett. d (Cass., n. 3643/2020; SU, n. 12193/19; n. 12692/16). Le sentenze citate affermano, in particolare, il principio per cui l'adozione in questione implica la conservazione dello status di figlia dell'adottata rispetto al genitore biologico e la continuità relazionale con lo stesso. Al riguardo, occorre evidenziare la sopravvenuta sentenza della Corte Cost., n. 79, pubblicata il 28.3.2022, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 55 della legge 4 maggio 1983, n. 184 (Diritto del minore ad una famiglia), nella parte in cui, mediante rinvio all'art. 300, secondo comma, del codice civile, prevede che l'adozione in casi particolari non induceva alcun rapporto civile tra l'adottato e i parenti dell'adottante. Tale sentenza muove dal rilievo secondo il quale il minore non abbandonato, ma i cui genitori biologici versino in condizioni che impediscono in maniera permanente l'effettivo esercizio della responsabilità genitoriale (cosiddetto «semi-abbandono permanente»), può sfuggire al destino del ricovero in istituto o al succedersi di affidamenti temporanei, tramite l'adozione in casi particolari, applicata sul presupposto dell'impossibilità di accedere all'adozione piena (art. art. 44, comma 1, lettera d), impossibilità dovuta proprio alla mancanza di un abbandono in senso stretto. Nel caso concreto, la Corte d'appello ha escluso i presupposti dell'adozione ex art. 44, c.1, lett. b) sul solo presupposto che, non sussistendo lo stato di abbandono della minore, la stessa coesistenza dei rapporti tra quest'ultima, il padre e il ricorrente, nuovo marito della madre pienamente accettato dalla bambina in stato di grande serenità, non corrispondesse al suo concreto interesse. Tuttavia, tale motivazione è in contrasto con la norma richiamata, nell'esegesi che ne è stata data da questa Corte e che ora è riconosciuta come diritto vivente dalla Corte Costituzionale, sul cui presupposto è stato pronunciato l'intervento demolitorio. Invero, la Corte territoriale ha dato rilievo al persistere dei rapporti tra il padre della minore quale elemento ostativo all'accoglimento della domanda di adozione, travisando il contenuto delle sentenze di legittimità sopra richiamate che contemplano invece la continuità relazionale con il padre della minore, il quale versi nell'impossibilità di esercitare con pienezza la responsabilità genitoriale. La fallacia della motivazione della Corte territoriale, nella parte in cui ha ritenuto che l'adozione in questione non corrispondesse all'interesse della minore, non sussistendo lo stato di abbandono da parte del genitore biologico e alla luce della coesistenza dei rapporti tra la madre e quest'ultimo, emerge con maggiore evidenza alla luce della suddetta sentenza della Corte Cast. che ha espresso le ragioni del contrasto del predetto art. 44 con gli artt. 3 e 31, secondo comma, Cast., e con la violazione anche dell'art. 117, primo comma, Cast., in relazione all'art. 8 CEDU, come interpretato dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo. Invero, la Corte Cost., premesso che l'adozione in casi particolari riguarda i minori e si fonda sull'accertamento giudiziale che essa realizza il «preminente interesse del minore» (art. 57, comma 1, della legge n. 184 del 1983), ha rilevato che il quadro normativo richiamato palesa che il minore adottato, il quale ha lo status di figlio nondimeno si vede privato del riconoscimento giuridico della sua appartenenza proprio a quell'ambiente familiare che il giudice è chiamato, per legge (art. 57, comma 2, della legge n. 184 del 1983), a valutare al fine di deliberare in merito all'adozione. Ne consegue, secondo l'argomentare della Corte Cost., che, a dispetto della unificazione dello status di figlio, al solo minore adottato in casi particolari vengono negati i legami parentali con la famiglia del genitore adottivo; la norma censurata priva, in tal modo, il minore della rete di tutele personali e patrimoniali scaturenti dal riconoscimento giuridico dei legami parentali, che il legislatore della riforma della filiazione, in attuazione degli artt. 3, 30 e 31 Cost., ha voluto garantire a tutti i figli a parità di condizioni, perché tutti i minori possano crescere in un ambiente solido e protetto da vincoli familiari, obiettivo primario e principio ispiratore di tale istituto, come costantemente ribadito anche da questa Corte (sentenze n. 33 e 32 del 2021; n. 221 del 2019; n. 272 del 2017; n. 183 del 1994). Pertanto, nel caso concreto, in conformità della sentenza della Corte Cost., l'adozione, da parte del ricorrente, della figlia della moglie, realizza appieno il preminente interesse della minore, anche attraverso la creazione di legami parentali con la famiglia del genitore adottivo, e dunque sulla base della coesistenza dei legami sia con la famiglia di quest'ultimo sia con quelli della famiglia del padre biologico. Al riguardo, la Corte Cast. ha altresì precisato che: l'idea per cui si possa avere una sola famiglia appare smentita proprio dalla riforma della filiazione e da come il principio di eguaglianza si è riverberato sullo status filiationis; il figlio nato fuori dal matrimonio ha, infatti, a ben vedere, due distinte famiglie giuridicamente tra di loro non comunicanti; l'identità stessa del bambino è connotata da questa doppia appartenenza, e disconoscere i legami che scaturiscono dal vincolo adottivo, quasi fossero compensati dai rapporti familiari di sangue, equivale a disconoscere tale identità e, dunque, non è conforme ai principi costituzionali. La realizzazione del preminente interesse della minore risulta altresì confermata anche dalle positive relazioni dei servizi sociali circa il suo inserimento nella nuova famiglia creata dalla madre e dal genitore adottivo. Inoltre, va osservato che l'impossibilità del padre biologico di far fronte al mantenimento della figlia, nella sua assoluta, incontrovertibile nettezza, per ragioni afferenti alla sfera economica, unitamente al pieno consenso all'adozione, denota una manifestazione d'intenti apprezzabile nel senso che essa risponde al miglior interesse della minore, garantendole un contesto familiare più adeguato per lo sviluppo della sua personalità, in piena sintonia con i principi affermati dalla Corte Cost. Ne consegue che la valutazione della Corte territoriale circa l'insussistenza dei presupposti dell'adozione in casi particolari confligge con il preminente interesse della minore, nella cornice di diritto delineatasi con la predetta sentenza della Corte Cost., nell'ambito di un esame complessivo ed olistico delle posizioni di tutti i soggetti coinvolti nel procedimento in questione. Per quanto esposto, in accoglimento dei vari motivi di ricorso, la sentenza impugnata va cassata, con rinvio della causa alla Corte d'appello di Bologna, anche in ordine alle spese del grado di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata, e rinvia la causa alla Corte d'appello di Bologna, in diversa composizione, anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità. Dispone che ai sensi dell'art. 52 del d.lgs. n. 196/03, in caso di diffusione della presente ordinanza si omettano le generalità e gli altri dati identificativi delle parti.