È sufficiente che ci sia l'attestazione di conformità e che le copie di cui è fatta scansione siano depositate in cancelleria. Lo ha ribadito la Cassazione rigettando l'eccezione di inammissibilità dell'atto fondata sulla mancata sottoscrizione del medesimo.
A seguito di caduta da una scalinata situata su suolo pubblico, l'attore citava in giudizio il Comune di Catanzaro chiedendo che venisse riconosciuta la sua responsabilità per difetto di custodia. Il Tribunale accoglieva tale istanza, ma la Corte territoriale ribaltava il giudizio ritenendo che la caduta fosse addebitabile esclusivamente all'attore.
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Svolgimento del processo
1.-C.F. è caduto mentre scendeva da una scalinata, che congiunge due pubbliche vie, nel Comune di Catanzaro, e da quella caduta ha riportato la rottura di un arto, che ha imposto il ricovero in ospedale. Ha citato in giudizio il Comune di Catanzaro, quale ente proprietario della strada, e dunque custode della medesima, assumendo la responsabilità di quest’ultimo nell’incidente occorsogli, per via del fatto che, a seguito di lavori effettuati sulla scalinata, il livello dei gradini era stato alzato ed il corrimano era quindi diventato più basso e più difficile da utilizzare.
2.-Il Tribunale di Catanzaro ha ritenuto fondata questa tesi, ed ha riconosciuto la responsabilità del Comune, per difetto di custodia, condannando l’ente al risarcimento del danno: in quel giudizio era stata anche citata la società A. Ambiente che, per contratto, aveva la manutenzione di quel tratto di scala, e la società U. spa, oltre all’intervento dell’avvocato del F., che in proprio, chiedeva le spese per distrazione a suo favore. Ma solo la compagnia di assicurazione si è costituita.
3.-La Corte di Appello di Catanzaro ha riformato la decisione di primo grado, escludendo la responsabilità del custode, e ritenendo che la caduta fosse addebitabile esclusivamente al ricorrente.
4.- Ricorre C.F. con tre motivi. Si è costituito il Comune di Catanzaro che, con controricorso, ha chiesto il rigetto della impugnazione. IL ricorrente ha depositato memoria.
Motivi della decisione
5.-I primi due motivi vertono sulla inammissibilità dell’appello. Nel secondo grado di giudizio, il ricorrente ha eccepito che l’appello non era ammissibile, in quanto privo di regolare sottoscrizione. Più precisamente, fatta copia in formato pdf degli originali, sia dell’atto di appello che della procura, il Comune di Catanzaro li ha notificati per posta elettronica certificata, attestando la loro corrispondenza all’originale. La Corte di Appello ha ritenuto sufficiente questa attestazione, ed ha anche tenuto conto della successiva produzione in giudizio dell’originale della procura alle liti, a dimostrazione della effettività del mandato rilasciato al difensore. Contro questa pronuncia, il ricorrente, oltre al ricorso per Cassazione, di cui ci si occupa, ha proposto un giudizio di revocazione- circostanza che nel ricorso è taciuta, ma che risulta dal controricorso- revocazione basata sulla asserita falsificazione della procura in cartaceo depositata successivamente, e conclusasi con il rigetto del ricorso e la conferma dalla genuinità dell’atto.
6.-Ora, dunque, i motivi sono due, su questo problema. Il primo motivo denuncia violazione degli articoli 125 e 156 c.p.c. e ritiene errata la ratio decidendi nella parte in cui ha ritenuto sufficiente l’attestazione di conformità degli atti notificati in formato pdf (ma con la dicitura pdf.p7m.pdf) e non rilevante la circostanza che non fossero sottoscritti. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione degli articoli 83 e 156 c.p.c. attribuendo alla decisione impugnata di avere erroneamente ritenuto sanante il deposito dell’originale della procura alle liti, non considerando che quella procura tardiva significava che, al momento della proposizione dell’appello, conseguentemente, non v’era alcun mandato a favore degli avvocati, e che quindi la sanatoria non poteva operare.
7.-Il primo motivo è infondato. Quanto alla necessità che gli atti notificati in via telematica, formati in PDF, ossia per scansione degli originali, debbano essere sottoscritti, è principio di diritto che “il ricorso per cassazione in origine analogico, successivamente riprodotto in formato digitale ai fini della notifica telematica ex art. 3 bis l. n. 53 del 1994, munito dell'attestazione di conformità all'originale, non richiede la firma digitale dei difensori (che, invece, deve essere presente in calce alla notifica effettuata a pezzo PEC), perché è sufficiente che la copia telematica rechi la menzionata attestazione di conformità, redatta secondo le disposizioni vigenti "ratione temporis", non assumendo peraltro rilievo l’estensione del file “pdf.p7m.pdf” (Cass. 23951/ 2020; Cass. 19434/ 2019; Cass. N.30927/2018, Cass. Sez. U. n. 10266/2018).Ciò che vale per il ricorso per Cassazione, può ovviamente essere predicato per ogni altra impugnazione, e comunque di certo per l’atto di appello, per la cui validità è dunque sufficiente, in caso di notifica telematica in copia scansionata, che ci sia l’attestazione di conformità, e che le copie di cui è fatta scansione siano depositate in cancelleria: adempimento quest’ultimo che risulta effettuato dalla parte.
8. L’infondatezza del primo motivo determina l’assorbimento del secondo motivo: una volta che sia stata riconosciuta l’idoneità dell’attestazione di conformità, la questione posta con riferimento alla produzione della procura cartacea in sede di udienza di precisazione delle conclusioni, da cui discenderebbe la posteriorità rispetto all’appello del rilascio della procura, è da intendere assorbita.
9.-Il terzo motivo denuncia violazione degli articoli 1227 e 2051 codice civile oltre che dell'articolo 2697 codice civile. Secondo il ricorrente, la Corte avrebbe innanzitutto errato quanto alla ripartizione dell'onere della prova, non tenendo conto che quella a suo carico, vale a dire quella relativa al causale, era stata adeguatamente fornita, e che dunque null'altro doveva essere provato a dimostrazione della responsabilità del Comune. A supporto di tale censura si fa presente come la prova del nesso di causalità sia emersa dalla testimonianza escussa. Il motivo è inammissibile. La ratio della decisione impugnata è nel senso che la cosa in custodia, ossia la scalinata, non ha giocato alcun ruolo attivo nella produzione del danno e che dunque non è dimostrato il nesso di causalità tra il ruolo della cosa in custodia, il cosiddetto dinamismo di quest'ultima, ed il danno subito dal ricorrente, con la conseguenza che non si può attribuire alla Corte di avere invertito erroneamente l'onere della prova, attribuendo al danneggiato dimostrazione di elementi della fattispecie ulteriori rispetto a quelli che è in suo onere provare. In sostanza, la Corte, preso atto che il nesso di causalità tra la custodia della cosa ed il danno, è a carico del danneggiato, ha ritenuto non assolto tale onere per via della omessa dimostrazione che la cosa possa avere avuto un qualche ruolo causale nella determinazione del pregiudizio lamentato. Il ricorrente, a ben vedere, contesta questo giudizio, nel senso che ritiene di avere invece dimostrato, soprattutto mediante la prova per testi, che la caduta è avvenuta per una omessa custodia della cosa, consistente nella situazione di fatto determinatasi dopo i lavori. Si tratta però di un giudizio di fatto, ed in particolare di apprezzamento del risultato della prova, che non può essere censurato in questa sede nei termini in cui lo ha fatto il ricorrente, ossia richiedendo una rivalutazione di quel fatto in maniera diversa. 10.- Il ricorso va pertanto respinto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso, con assorbimento del secondo motivo. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese legali nella misura di 2800,00 euro, oltre 200,00 euro di spese generali. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, la Corte dà atto che il tenore del dispositivo è tale da giustificare il pagamento, se dovuto e nella misura dovuta, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.