Il tentativo a mezzo posta che non va a buon fine per irreperibilità del destinatario integra l'ipotesi della notificazione divenuta impossibile. Spetta allo stesso dimostrare che non ha potuto comunicare il mutamento del domicilio per caso fortuito o forza maggiore.
Svolgimento del processo
1. Con sentenza del 01/04/2019 la Corte di appello di Ancona confermava la sentenza del Tribunale di Ancona del 11/07/2017 che aveva condannato il B. alla pena di un anno e quattro mesi di reclusione ed euro 300, 00 di multa per il reato allo stesso ascritto (art. 628, comma primo e secondo, cod. pen.).
2. Ha proposto ricorso per cassazione il B., a mezzo del difensore Avv. U.G., proponendo due motivi di ricorso di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo di ricorso è stata dedotta violazione di norme processuali in relazione agli artt. 170, comma 3, 178, lett. c), 179, art. 185, 429 e 601 del cod. proc. pen.; l'imputato ha effettuato la propria dichiarazione di domicilio in data 10/06/2016; presso tale domicilio veniva tentata la notifica del decreto che dispone il giudizio a mezzo posta, che non andava a buon fine poiché l'ufficio postale restituiva il piego per irreperibilità del destinatario; in data 14/11/2016 il decreto che dispone il giudizio veniva notificato al nominato difensore di fiducia ai sensi dell'art. 161, comma 4, cod. proc. pen. Tale notifica doveva essere considerata non valida e realizzata in violazione delle norme processuali attesa la previsione di cui all'art. 170, comma 3, cod. proc. pen., ricorrendo nella sostanza una omessa citazione dell'imputato già dall'inizio del giudizio di primo grado in violazione del principio del contraddittorio, con conseguente nullità di tutti gli atti successivi.
2.2. Con il secondo motivo di ricorso è stata dedotta violazione di norme processuali in relazione agli artt. 178, lett. c), 179, 180. 420-bis, 420-quater cod. proc. pen. per illegittimità dell'ordinanza dichiarativa della contumacia adottata dalla Corte di appello alla udienza del 01/04/2019; il giudizio si è svolto sin dall'inizio nella vigenza della nuova disciplina relativa al processo in absentia, mentre la Corte di appello ha dichiarato la contumacia dell'imputato.
3. Il Procuratore generale ha concluso chiedendo che venga dichiarata l'inammissibilità del ricorso.
Motivi della decisione
1. I motivi proposti sono infondati, il ricorso deve essere conseguentemente rigettato.
2. Con il primo motivo di ricorso è stata dedotta violazione di norme processuali in relazione agli artt. 170, comma 3, 178, lett. c), 179, art. 185, 429 e 601 del cod. proc. pen. Le argomentazioni della difesa non colgono nel segno. In tal senso occorre considerare che, con una recente pronuncia, le Sez. U, come da informazione provvisoria n. 20/2021, hanno affermato che nel caso di domicilio dichiarato, eletto o determinato ai sensi dell'art. 161, commi 1,2, e 3, cod. proc. pen., il tentativo di notificazione col mezzo della posta, demandato all'ufficio postale ai sensi dell'art. 170 cod. proc. pen. e non andato a buon fine per irreperibilità del destinatario, integra, senza necessità di ulteriori adempimenti, l'ipotesi della notificazione divenuta impossibile e/o della dichiarazione mancante o insufficiente o inidonea di cui all'art. 161, comma 4, prima parte, cod. proc. pen.; sicché la notificazione in questo caso va eseguita, da parte dell'ufficiale giudiziario, mediante consegna al difensore, salvo che l'imputato, per caso fortuito o forza maggiore, non sia stato nella condizione di comunicare il mutamento del luogo di domicilio eletto, dovendosi in tal caso applicare le disposizioni degli art. 157 e 159 cod. proc. pen. La notifica effettuata nei confronti del ricorrente risulta, dunque, correttamente realizzata tenuto conto del principio di diritto affermato dalla Sez. U, in mancanza d qualsiasi elemento o allegazione quanto ad un'eventuale impossibilità per il ricorrente di comunicare, per caso fortuito o forza maggiore, il mutamento del domicilio eletto.
3. Anche il secondo motivo di ricorso, che si caratterizza per un'evidente genericità e aspecificità, è infondato. Il ricorrente, richiamando il dato dell'erronea dichiarazione della contumacia piuttosto che dell'assenza, non evidenzia in concreto alcun reale pregiudizio derivante da tale dichiarazione, né chiarisce quale sia la conseguenza pregiudizievole nei propri confronti in modo da giustificare la ricorrenza di un reale interesse alla proposizione del ricorso, anche considerata la costante presenza del difensore di fiducia nel corso del giudizio. In tal senso si deve ricordare che, per come affermato da questa Corte con principio che si condivide, in generale, quando una violazione processuale non determina, in concreto, alcun pregiudizio ai diritti di difesa, deve escludersi che l'eventuale nullità possa estendersi anche agli atti successivi, ai sensi dell'art. 185 cod. proc. pen., in quanto tale effetto si produce solo quando sia stato effettivamente condizionato il compimento degli atti che sono conseguenza necessaria ed imprescindibile di quello nullo e non degli atti che si pongono semplicemente in obbligata sequenza temporale con quest'ultimo. (Sez. 6, n. 33261 del 03/06/2016 - dep. 29/07/2016, L., Rv. 267670-01). Ne consegue che il vaglio di tale deduzione implica la verifica della situazione processuale in cui si sono inseriti la pronuncia di appello e gli adempimenti ad essa conseguenziali, trattandosi di stabilire se, di là dell'attribuzione dello status di contumace piuttosto che di assente, il ricorrente sia stato pregiudicato in qualsiasi modo quanto al pieno esercizio del proprio diritto di difesa, circostanza non ricorrente nel caso di specie atteso che il B. ha designato un difensore di fiducia che lo ha costantemente assistito nel corso del giudizio. Infine si deve rilevare come l'erronea dichiarazione della contumacia in luogo della dichiarazione di assenza non dà luogo a nullità, in quanto detta sanzione processuale non è espressamente prevista, né desumibile da alcuna delle previsioni di cui all'art. 178, comma 1, lett. c), cod. proc. pen.
4. All'infondatezza dei motivi proposti consegue il rigetto del ricorso, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.