La decadenza si verifica indipendentemente dagli impedimenti soggettivi della parte, i quali rilevano, invece, in relazione al diverso istituto della prescrizione, ma solo in casi tassativi.
Con la sentenza n. 435 del 7 aprile 2022, il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione siciliana ribadisce che la legge non consente che il termine di decadenza possa essere interrotto ovvero sospeso, non essendo dunque di competenza del giudice amministrativo la valutazione nel merito della veridicità o meno di un certificato medico oppure della natura dell'impedimento di salute assunto dalla parte sostanziale del giudizio, qualora essi siano invocati con l'obiettivo di ottenere una rimessione in termini a seguito di una decadenza legale.
L'impedimento di salute della parte sostanziale per la proposizione tempestiva dell'opposizione al decreto monocratico è, infatti, irrilevante dal punto di vista giuridico in radice, in quanto il termine processuale ai fini dell'opposizione al decreto monocratico costituisce un termine di decadenza che non può subire per legge alcuna sospensione o interruzione per motivi di natura soggettiva.
Del resto, l'
Infine, il Consiglio precisa che l'impedimento di salute della parte ovvero del difensore possono giustificare solamente il differimento dei termini che la legge non considera perentori e che dunque non sono imposti a pena di decadenza. Solo per questi fini compete al giudice amministrativo la valutazione circa la natura dell'impedimento e l'attendibilità del certificato che lo attesti.
CGA, sez. Giurisdizionale, sentenza 7 aprile 2022, n. 435
Svolgimento del processo / Motivi della decisione
1. La società -omissis- propone appello avverso l’ordinanza collegiale del Tar Sicilia - Catania 20.9.2021 n. - omissis -, che ha dichiarato irricevibile l’opposizione a decreto decisorio 8.2.2021 n. - omissis - che, a sua volta, aveva dichiarato il ricorso improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse. L’opposizione al decreto decisorio era stata notificata il 24.6.2021, ed è stata dal Tar dichiarata tardiva perché ai sensi dell’art. 85 c.p.a. l’opposizione va proposta entro 60 giorni dalla comunicazione del decreto (comunicazione avvenuta in data 8.2.2021). Il Tar, nel dichiarare tardiva l’opposizione, ha ritenuto irrilevante il dedotto impedimento della parte sostanziale, il cui legale rappresentante produceva un certificato medico di malattia dal 7.2.2021 al 9.4.2021. Il Tar ha considerato tale certificato irrilevante perché il medico avrebbe certificato quanto la parte dichiara in ordine alla propria patologia senza dare conto di averla visitato.
2. L’appello contesta la declaratoria di irricevibilità dell’opposizione al decreto monocratico insistendo sulla malattia della parte sostanziale e sulla situazione pandemica.
Ripropone poi gli argomenti relativi alla illegittimità del decreto monocratico di improcedibilità, perché adottato sulla base di un procedimento “atipico”, fondato su una comunicazione di cortesia della segreteria del Tar che invitava a dichiarare il perdurare dell’interesse al ricorso entro un certo termine, e sul trarre dal silenzio della parte argomenti a favore del sopravvenuto difetto di interesse ai sensi dell’art. 84, c. 4 c.p.a. L’appellante propone una interpretazione costituzionalmente orientata del citato art. 84, c. 4 c.p.a. e in subordine sollecita il Collegio a sollevare questione di legittimità costituzionale di tale previsione.
3. Si è costituito il Comune appellato che ha chiesto dichiararsi la inammissibilità e la infondatezza del ricorso.
3.1. In vista dell’udienza odierna l’appellante ha depositato memoria che richiama sinteticamente gli argomenti contenuti nell’atto di appello e replica alla memoria del Comune.
4. L’appello è infondato e la decisione impugnata va confermata anche se con diversa motivazione.
4.1. L’impedimento di salute della parte sostanziale a proporre tempestiva opposizione al decreto monocratico è giuridicamente irrilevante non già avuto riguardo, in concreto, al tipo di patologia e al contenuto del certificato medico (come afferma il Tar), ma, in radice, perché il termine processuale per l’opposizione al decreto monocratico è un termine di decadenza, che non può per legge subire nessuna sospensione o interruzione per ragioni soggettive. Ai sensi dell’art. 2966 c.c. la decadenza non è impedita se non dal compimento dell’atto previsto dalla legge. Come noto, il codice civile non prevede cause di sospensione o interruzione della decadenza. La decadenza si verifica a prescindere da impedimenti soggettivi della parte, che invece rilevano, in casi tassativi, in relazione al diverso istituto della prescrizione.
Non compete, pertanto, al giudice amministrativo, valutare nel merito la veridicità o attendibilità di un certificato medico, o la natura dell’impedimento di salute, se invocati per ottenere una rimessione in termini dopo una decadenza legale, perché in radice la legge non consente che il termine di decadenza possa essere interrotto o sospeso.
Laddove la legge voglia derogare a tale regola generale, lo fa espressamente, con norma primaria ad hoc, come accade con le leggi che eccezionalmente sospendono in via generalizzata i termini processuali in occasione di eventi calamitosi (da ultimo, in occasione dell’emergenza pandemica da Covid-19, per un periodo limitato nel corso dell’anno 2020).
Nell’ambito del processo amministrativo, l’impedimento di salute della parte o del difensore possono giustificare solo il differimento di termini che non sono dichiarati dalla legge perentori e dunque non sono imposti a pena di decadenza, ad es. il differimento dell’udienza di discussione, ovvero di termini di decadenza fissati dal giudice per adempimenti richiesti alle parti, perché l’autorità che ha il potere di fissare un termine di decadenza ha anche il potere di consentire deroghe ad esso. E solo a tali fini (il rinvio dell’udienza per impedimento di salute della parte o del suo difensore, o il differimento di adempimenti imposti dal giudice), compete al giudice valutare la natura dell’impedimento e la autenticità o attendibilità del certificato che lo attesti.
4.2. Solo per scrupolo di completezza il Collegio osserva ulteriormente che:
a) nel corso dell’anno 2021 non è stata in vigore nessuna norma di sospensione dei termini processuali; e
b) se anche fosse provato l’impedimento di salute della parte sostanziale fino al 9.4.2021, ciò non di meno l’opposizione a decreto sarebbe tardiva, perché se i sessanta giorni si facessero decorrere dal 10.4.2021, il termine di sessanta giorni verrebbe a scadere il 9.6.2021, quindi la notifica effettuata il 24.6.2021 sarebbe comunque tardiva.
5. Dovendosi ritenere tardiva l’opposizione al decreto, e pertanto infondato il presente appello, non c’è spazio alcuno per esaminare gli ulteriori motivi di appello che attaccano il decreto monocratico. L’esame della legittimità del decreto monocratico è preclusa a questo Collegio dalla ragione pregiudiziale che la opposizione contro di esso è tardiva.
5.1. Deve aggiungersi che sebbene il decreto monocratico abbia rilevato la improcedibilità per difetto di interesse sulla base di un procedimento “atipico” originato da una comunicazione di cortesia che non ha ricevuto risposta, tale decreto rientra comunque nel paradigma normativo del decreto monocratico che dichiara l’improcedibilità (art. 35 c.p.a.), e pertanto poteva e doveva essere attaccato in via esclusiva con il rimedio dell’opposizione di cui all’art. 85 c.p.a., nel termine perentorio ivi previsto. La circostanza che la improcedibilità del ricorso sia stata desunta da presunzioni, non consente di ritenere il decreto monocratico un “atto abnorme” che, come tale, esulando dal paradigma normativo tipizzato, potrebbe essere attaccato con rimedi diversi dall’opposizione e in termini diversi. Tanto più che il principio di leale collaborazione tra parti e giudice onerava la parte ricorrente, a fronte di una comunicazione di cortesia mossa dall’intento di velocizzare la decisione dei giudizi nell’interesse generale dei cittadini e delle imprese, di dare a tale comunicazione una risposta espressa e tempestiva. Né la mancata risposta tempestiva alla comunicazione di cortesia può trovare giustificazione nell’assenza di istruzioni fornite dalla parte al difensore, perché in siffatta evenienza costituisce buona prassi della difesa comunicare al giudice che, non avendo ricevuto istruzioni specifiche dalla parte, è dovere del difensore insistere per la decisione.
6. In conclusione l’appello va respinto.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna la parte soccombente alle spese e onorari di giudizio in favore della parte costituita, liquidati in euro 1.000 oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e all'articolo 9, paragrafi 1 e 4, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 e all’articolo 2-septies del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, come modificato dal decreto legislativo 10 agosto 2018, n. 101, manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del presente provvedimento, all'oscuramento delle generalità della parte appellante.