Tra i contratti di credito al consumo volti all'acquisto di beni o servizi determinati e i contratti di acquisto degli stessi ricorre un collegamento negoziale qualora ricorra almeno una delle condizioni previste dall'art. 121, lettera d), TUB.
L'attore conveniva in giudizio la banca per chiedere la condanna di quest'ultima per avere effettuato una segnalazione abusiva del suo nominativo alla Centrale Rischi della Banca d'Italia, oltre al risarcimento del danno non patrimoniale e il maggior danno ai sensi dell'
Svolgimento del processo / Motivi della decisione
Ritenuto che: - con ricorso ex art. 152 D.lgs n. 196/2003, M.O. evocava dinanzi al Tribunale di Bergamo la D. Bank S.p.a., chiedendo la condanna di quest'ultima per aver effettuato una segnalazione abusiva del nominativo del ricorrente alla Centrale Rischi della Banca d'Italia, oltre al risarcimento del danno non patrimoniale e il maggior danno ex art. 1224 comma 2 c.c. Assumeva il ricorrente che alla fattispecie oggetto di causa era applicabile la disciplina in tema di credito collegato, per essere stato il corrispettivo finanziato dall'istituto di credito investito per l'acquisto di un'autovettura presso il concessionario S. Motors. Posto quindi il collegamento dei due contratti, il ricorrente sosteneva che, a causa della mancata consegna del veicolo da parte del concessionario, era legittimato ad eccepire l'inadempimento delle restanti rate derivanti dal contratto di finanziamento in ragione dell'inadempimento del fornitore del bene acquistato; - il giudice adito, con sentenza n. 3021/2016, in accoglimento della domanda dell'O., riteneva i contratti di finanziamento e di compravendita causalmente collegati, in ragione dell'istruttoria espletata che consentiva di accertare che il finanziatore non era stato scelto liberamente dal ricorrente essendo stato indicato dallo stesso fornitore e per l'effetto - ritenuta la sussistenza delle condizioni di cui all'art. 1455 c.c. rispetto al contratto di "fornitura"- dichiarava l'illegittimità della segnalazione del nominativo del ricorrente alla Centrale Rischi della Banca d'Italia, con condanna dell'istituto di credito alla cancellazione della predetta segnalazione e al risarcimento del danno non patrimoniale subito dal ricorrente a causa del discredito derivato dall' inserimento illegittimo del suo nome nell'elenco dei soggetti inaffidabili perché inadempimenti ai loro obblighi; - avverso la sentenza del Tribunale di Bergamo, la D. Bank S.p.a. propone ricorso per cassazione fondato su due motivi, cui resiste M.O. con controricorso; - in prossimità dell'adunanza camerale parte ricorrente ha depositato memoria illustrativa. Atteso che: - con il primo motivo la banca ricorrente lamenta, ex art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., la violazione e la falsa applicazione dell'art. 121 lett. d D.lgs. 385/1993 per aver il giudice di merito qualificarli contratto di prestito personale quale contratto di credito collegato. In particolare, la ricorrente sostiene che la mera presenza di moduli di contratti prestito nei locali commerciali del concessionario non sarebbe circostanza sufficiente a dimostrare il collegamento tra i due contratti, ossia tra il contratto di compravendita - quello di prestito finanziario, richiedendo la normativa evocata ulteriori e concreti elementi. Difatti, sostiene il ricorrente che il termine "avvalersi" implicherebbe una condotta attiva del finanziatore, la cui prova non sarebbe stata fornita nel caso di specie dalla controparte onerata. Aggiunge la ricorrente che per esservi un collegamento tra due contratti il rapporto finanziatore/fornitore dovrebbe essere stabile, non potendo considerarsi tale il rapporto di specie. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia, ex art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c., l'omesso esame cli fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, per aver il giudice del merito omesso di esaminare la fattispecie contrattuale del prestito personale. Secondo la ricorrente la somma chiesta in prestito dall'O. non sarebbe stata vincolata ad alcuno scopo, essendo il contratto con l'istituto bancario qualificato come prestito personale e non essendo presente alcun vincolo sulla somma erogata. I motivi di ricorso, da esaminarsi congiuntamente data la loro stretta connessione argomentativa, sono infondati. Osserva il Collegio che, ai sensi degli artt. 121 e 124 del d.lgs. n. 385 del 1993 nel testo originario applicabile "ratione temporis", tra i contratti di credito al consumo finalizzati all'acquisto di determinati beni o servizi ed i contratti di acquisto dei medesimi ricorre un collegamento negoziale di fonte legale, che prescinde dalla sussistenza di una esclusiva del finanziatore per la concessione di credito ai clienti dei fornitori. Pertanto, il giudice del merito in sede di accertamento non deve riscontrare la volontà dei contraenti, ma ha solo il compito di verificare le clausole del contratto di finanziamento e trarre le conseguenze, in concreto, dell'incidenza su di esso della dedotta assenza di un collegato contratto di compravendita, ovvero dell'impiego della somma mutuata per una finalità diversa da quella indicata in contratto e corrispondente a una della tipologie di impiego tassativamente previste dal legislatore (Cass. n. 29434 del 2021). Orbene, il collegamento di fonte legale tra i due rapporti contrattuali ricorre in presenza di almeno una delle due condizioni previste dall'art. 121 TUB, lett. d), sicché può parlarsi di contratto di credito collegato ove il finanziatore si avvalga del fornitore del bene o del prestatore del servizio per promuovere o concludere il contratto di credito - come nel caso di specie - oppure quando il bene o il servizio da acquisire siano esplicitamente individuati nel contratto di credito. Nella specie, il Tribunale di Bergamo, in considerazione dell'istruttoria espletata nel corso del giudizio, ha accertato che il finanziatore non era stato scelto liberamente dal ricorrente, ma al contrario era stato indicato dallo stesso fornitore del bene, il quale era anche in possesso della documentazione preliminare alla stipulazione del finanziamento, con conseguente ricorrenza della condizione di cui al n. 1 della lett. d) dell'art. 121 TUB. Difatti, dalla deposizione testimoniale assunta dal giudice di prime cure risultava che: il figlio del titolare della S. Motors proponeva al signor M.O. di finanziare l'acquisto a mezzo di un prestito con D. Bank S.p.a.; [...] M.O. aveva visto l'auto e siamo andati lì perché doveva solo firmare la documentazione per ricevere l'auto; il venditore dell'auto [...] gli disse che bastava firmare la documentazione e che avrebbe fatto tutto lui anche per il finanziamento; M. doveva pagare la macchina a rate e quelli della concessionaria gli dissero che l'avrebbero messo in contatto con una finanziaria; so che lui è andato ed ha firmato presso la finanziaria proposta dalla concessionaria; [...] il figlio del titolare della S. Motors invitava il signor M.O. 21 compilare un modulo per la richiesta di un prestito personale a D. Bank - Divisione Prestitempo finalizzato all'acquisto dell'autovettura medesimo [...] (v. p. 5 e 6 della sentenza impugnata). Quanto poi alla disponibilità dei moduli per la richiesta di finanziamento presso il locale commerciale del concessionario, il Tribunale di Bergamo ha affermato che la stessa consentiva di escludere la circostanza della mera promozione effettuata dal fornitore senza alcun accordo con il finanziatore. Le doglianze di parte ricorrente si traducono, quindi, in una mera critica agli apprezzamenti di merito effettuati dal giudice del gravame, intesa a far valere una diversa e più favorevole valutazione delle risultanze probatorie, come tale inammissibile in sede di legittimità. Conclusivamente, va respinto il ricorso. Le spese processuali, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza. Poiché i ricorsi, principale ed incidentale, sono stati proposti successivamente al 30 gennaio 2013 e sono rigettati, sussistono le condizioni per dare atto - ai sensi dell'art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Leqge di stabilità 2013), che ha aggiunto il comma 1-quater dell'art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 - della sussistenza dell'obbligo di versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte, rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio in cassazione in favore del controricorrente, che liquida in complessivi euro 4.300,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge. Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quaterr del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall'art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.