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19 aprile 2022
Qualora la madre sia casalinga, il padre può fruire dei riposi giornalieri per la cura del neonato?

Numerose le questioni rimesse all'Adunanza Plenaria, tra le altre: se il termine «non lavoratrice dipendente» si riferisca anche alle madri casalinghe e, in tal caso, se il diritto del padre di fruire dei riposi giornalieri per la cura del figlio minore di anni uno abbia portata generale.

La Redazione

Con l'ordinanza di rimessione all'Adunanza Plenaria n. 2649 dell'11 aprile 2022, il Consiglio di Stato ha preso atto delle incertezze nel sistema legislativo in relazione ai diritti del padre di fruire dei riposi giornalieri per la cura del figlio che ha meno di un anno nell'ipotesi in cui la madre sia casalinga.

Partendo dall'elemento incontroverso per cui la natura e la finalità dei riposi giornalieri non rispondono soltanto all'esigenza di allattare il neonato e ad altre esigenze biologiche, bensì anche a qualsiasi altra forma di assistenza del piccolo nel suo primo anno di vita, il Consiglio di Stato osserva come la mancata univoca formulazione degli artt. 39 e 40 D. Lgs. n. 151/2001 sia alla base di indirizzi giurisprudenziali tra loro contrastanti.
Partendo dal dato normativo, l'alternatività nella fruizione dei suddetti riposi è richiamata solo alla lett. b) dell'art. 40 cit., indicando che qualora entrambi i genitori siano lavoratori dipendenti si preferisce accordare alla madre i riposi (art. 39). Il padre, dunque, potrà fruirne esclusivamente quando sia l'unico affidatario del piccolo oppure l'unico genitore superstite o in grado di prendersene cura in caso di morte o grave infermità della madre, oppure, ancora, se la madre non sia lavoratrice dipendente, poiché in tal caso il beneficio non può esserle riconosciuto.

Salta subito all'occhio il concetto di lavoratore/lavoratrice per individuare il perimetro di applicabilità del Testo Unico, tenendo conto delle numerose casistiche nelle quali le madri non sono lavoratrici dipendenti nell'accezione dello stesso.
Il Consiglio di Stato svolge allora una lunga disamina dei diversi indirizzi giurisprudenziali sul tema, a partire da quello che considera la nozione di lavoratore diversa a seconda che si tratti di materie pubblicistiche o privatistiche, prevedendo che è alla prima che occorre fare riferimento, indirizzo al quale se ne sono contrapposti altri. Non manca poi la tesi intermedia per la quale il padre, per poter usufruire dei riposi giornalieri, dovrebbe dimostrare l'esistenza dei concreti impedimenti per la madre casalinga, e dunque lavoratrice non dipendente, di occuparsi della cura del bambino.
Di recente, invece, ha trovato spazio la tesi rigorista, per la quale vige il principio di tassatività rigorosa dell'elenco delle fattispecie, così da escludere una possibile estensione alla casalinga della nozione di «non lavoratrice dipendente».
Da ultimo, il riferimento all'art. 41 della Legge citata sul parto gemellare, che ha creato non pochi problemi interpretativi, considerando che le necessità familiari in tal caso giustificano il riconoscimento al padre dei periodi di riposo e delle ore aggiuntive quando la madre sia lavoratrice dipendente, senza però specificare cosa accade in caso contrario.

Preso atto di tutto ciò, il Consiglio di Stato rimette all'Adunanza Plenaria le seguenti questioni:

  • Se il termine «non lavoratrice dipendente» si riferisca a qualsiasi categoria di lavoratrice non dipendente, e dunque anche alla casalinga, oppure solo alla libera professionista o lavoratrice autonoma;
  • Qualora la risposta al suddetto quesito sia affermativa, se il diritto del padre di fruire dei riposi giornalieri abbia una portata generale oppure debba essere subordinata alla prova che la madre casalinga sia impegnata in attività che non le consentono di curare il neonato, oppure sia affetta da un'infermità temporanea e/o non grave;
  • L'esatta accezione della nozione di alternatività tra i due genitori in caso di parto gemellare nel caso in cui la madre sia casalinga.
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