La Cassazione specifica che il sequestro “esteso” non deve assumere valenza meramente esplorativa, dovendo essere accompagnato dalla motivazione del PM che espliciti in modo chiaro, tra le altre cose, le ragioni che ne stanno alla base e il collegamento con il reato per cui si procede.
La sezione del Riesame del Tribunale di Firenze confermava il provvedimento di sequestro probatorio eseguito a seguito di decreto di perquisizione e sequestro emesso dalla Procura nei confronti degli attuali ricorrenti, terzi interessati, il quale aveva ad oggetto documentazione e dispositivi informatici.
Contro tale decisione, i due ricorrenti...
Svolgimento del processo
1. Con ordinanza depositata in data 20 dicembre 2021, il Tribunale di Firenze, sezione del Riesame, ha confermato il provvedimento di sequestro probatorio eseguito in data 27 ottobre 2021 a seguito di decreto di perquisizione e sequestro emesso dalla Procura della Repubblica di Firenze nei confronti dei terzi interessati G.N. e G.B., avente ad oggetto documentazione e dispositivi informatici per i reati di cui agli artt. 422, 416 bis 1 cod. pen., avuto riguardo ai delitti di strage relativi al biennio 1993 -1994, per i quali risultano indagati S.B. e M.U.. Il decreto di perquisizione e sequestro era finalizzato a riscontrare le dichiarazioni rese all'Ufficio di Procura da G.G., circa il possesso di documenti utili alle indagini da parte di soggetti a lui vicini, e a verificare la sussistenza di rapporti finanziari dallo stesso indicati, che costituirebbero l'antefatto rispetto alla strategia che ha condotto alle stragi del biennio 1993/1994.
2. Avverso l'ordinanza indicata hanno proposto ricorso G.N. e G.B., con atto sottoscritto dal difensore, munito di procura speciale, ed articolato nei due motivi, di seguito enunciati nei limiti di cui all'art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen..
2.1. Con il primo motivo i ricorrenti denunziano la mancanza di motivazione, vizio già presente nei decreti di perquisizione personale, domiciliare ed informatica, in violazione degli artt. 125 e 247 cod. proc. pen. che prescrivono specifica motivazione sui presupposti che legittimano l'attività intrusiva. In particolare, secondo quanto ritenuto dai ricorrenti, nonostante la contestualità dei decreti di perquisizione e sequestro, l'ordinanza impugnata non ha motivato in ordine alla legittimità del decreto di perquisizione, anche in violazione della giurisprudenza comunitaria e alla decisione della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo n.57278 del 2018, avuto riguardo ai diritti di cui all'art. 8 della citata convenzione. I decreti di perquisizione si fonderebbero su una "fantasmagorica ipotesi investigativa", secondo la quale i delitti di strage sarebbero riconducibili ai suindicati indagati, uno dei quali, S.B., avrebbe ricevuto in anni antecedenti, da F.Q., nonno del G., la somma di venti miliardi di lire, dazione comprovata da una scrittura privata, in possesso a soggetti vicini al G.; tuttavia i provvedimenti adottati dall'Ufficio di Procura non motivano sulla sussistenza di nesso di pertinenzialità esistente tra i delitti e il presunto finanziamento. Egualmente i decreti di perquisizione non motivano in ordine alla relazione esistente tra i ricorrenti e la scrittura privata oggetto di ricerca, se non per il vincolo parentale che li lega a G.G.. Le perquisizioni informatiche risultano altresì illegittime perché volte ad ottenere l'acquisizione indiscriminata dei dati contenuti nei supporti informatici da sottoporre a sequestro, senza alcun criterio selettivo degli stessi e senza la indicazione del collegamento tra il reato contestato e i dati informatici che si intendono vincolare.
2.2. Con il secondo motivo i ricorrenti lamentano violazione delle norme di cui agli artt. 253 e 125 cod. proc. pen. e assenza di motivazione dell'ordinanza impugnata in relazione alla legittimità dei disposti sequestri. In particolare, i ricorrenti lamentano la pedissequa riproduzione nell'ordinanza impugnata delle ragioni a fondamento dei decreti di sequestro, anche essi illegittimi per le stesse ragioni esposte con riferimento ai decreti di perquisizione. Mancherebbe inoltre nella impugnata ordinanza la motivazione relativa alla sussistenza di esigenze di natura probatoria che giustifichino i disposti sequestri.
Motivi della decisione
1. I ricorsi sono fondati nei termini qui di seguito indicati.
2. Va premesso che avverso il decreto di perquisizione, in sé, non è esperibile riesame, anche se, qualora la perquisizione sia finalizzata al sequestro e i due decreti siano inseriti in un unico contesto, il riesame può coinvolgere anche la perquisizione nella misura in cui risulti la stretta interdipendenza delle due statuizioni, e nei limiti, perciò, di un'indagine strumentale all'accertamento della legittimità del sequestro medesimo. Resta, tuttavia che come in sede di riesame non possono essere presi in considerazione i motivi che costituiscono autonoma censura della perquisizione, così non può dedursi con il ricorso per cassazione censura che attenga esclusivamente ai presupposti e alla legittimità del decreto di perquisizione (ex pluribus, Sez. 1, n. 30130 del 24/06/2015, Rv. 264489). Dunque, le doglianze mosse dai ricorrenti con riferimento alla perquisizione illegittima rilevano in questa sede in ragione della stretta interdipendenza esistente tra la perquisizione e il successivo sequestro probatorio. Ne consegue che il richiamo alla giurisprudenza convenzionale e alla sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo B. c. Italia non risulta pertinente in relazione al caso di specie. Al riguardo la Corte dì Strasburgo (Corte edu, sez. I, 27 settembre 2018, B. c. Italia) ha ritenuto l'Italia responsabile per aver violato l'art. 8, par. 2 della Convenzione, in una fattispecie in cui il ricorrente si era lamentato di non aver potuto beneficiare di alcun controllo giurisdizionale preventivo o a posteriori nei confronti di una perquisizione disposta in indagini a seguito della quale non era stato sequestrato alcun bene. Nella ipotesi di specie, il decreto di perquisizione è stato emesso contestualmente al decreto di sequestro, con la possibilità di impugnare quest'ultimo e far valere le eventuali doglianze nei confronti dello stesso.
3. Fondate risultano le censure riferite alla sostanziale mancanza di motivazione del decreto di sequestro, che consiste in una petizione di principio, nonostante l'ablazione si riferisse a "documenti, relativi flussi comunicativi anche conservati su supporti informatici" che non è in alcun modo possibile ritenere all'evidenza sicuramente riferibili, tutti indistintamente, agli illeciti ipotizzati. La più recente giurisprudenza di questa Corte ha evidenziato che <<In tema di sequestro probatorio, l'acquisizione indiscriminata di un'intera categoria di beni, nell'ambito della quale procedere successivamente alla selezione delle singole "res" strumentali all'accertamento del reato, è consentita a condizione che il sequestro non assuma una valenza meramente esplorativa e che il pubblico ministero adotti una motivazione che espliciti le ragioni per cui è necessario disporre un sequestro esteso e onnicomprensivo, in ragione del tipo di reato per cui si procede, della condotta e del ruolo attribuiti alla persona titolare dei beni, e della difficoltà di individuare "ex ante" l'oggetto del sequestro>> (Sez.6, n.34265 del 22/09/2020, A., Rv.279949). Il principio esposto è il precipitato delle motivazioni e delle indicazioni fornite dalle Sezioni unite della Corte di cassazione, che hanno chiarito come il decreto di sequestro probatorio, anche se abbia ad oggetto cose costituenti corpo del reato, debba contenere una specifica motivazione della finalità perseguita per l'accertamento dei fatti (Sez. U, n. 36072 del 19/04/2018, B., Rv. 273548). Si è precisato come "la portata precettiva degli artt. 42 Cost. e 1 del primo Protocollo addizionale della Convenzione Edu richiede che le ragioni probatorie del vincolo di temporanea indisponibilità della cosa, anche quando la stessa si identifichi nel corpo del reato, siano esplicitate nel provvedimento giudiziario con adeguata motivazione, allo scopo di garantire che la misura, a fronte delle contestazioni difensive, sia soggetta al permanente controllo di legalità - anche sotto il profilo procedimentale - e di concreta idoneità in ordine all'an e alla sua durata, in particolare per l'aspetto del giusto equilibrio o del ragionevole rapporto di proporzionalità tra il mezzo impiegato, ovvero lo spossessamento del bene, e il fine endoprocessuale perseguito, ovvero l'accertamento del fatto di reato". Pur in presenza di indirizzi giurisprudenziali diversi, è condivisibile l'orientamento interpretativo secondo cui è necessario un esame particolarmente rigoroso sul rapporto che lega la cosa al reato ed è altresì necessario, quando il legame prospettato sia di natura funzionale, che tale rapporto non sia meramente occasionale (cfr., da ultimo, Sez. 6, n. 33045 del 25/01/2018, M.; Sez. 5, n. 26444 del 28/05/2014 D., cit; nello stesso senso, sostanzialmente, Sez. 6, n. 5845 del 20/01/2017, F., Rv. 269374; Sez. 5, n. 12064 del 16/12/2009, dep. 2010, M., Rv. 246881). La verifica del nesso di funzionalità non occasionale tra il bene e la condotta deve ovviamente essere maggiormente rigorosa nei casi in cui il bene appartenga ad un soggetto terzo estraneo al reato, cioè, come nella ipotesi di specie, ad un soggetto nei cui confronti nessun coinvolgimento nell'attività criminosa è stato ipotizzato. Il principio di proporzionalità, affermato dalle fonti dell'Unione (Carta dei diritti fondamentali), dal sistema della CEDU e dalla Corte costituzionale, e sicuramente applicabile alla vicenda cautelare personale, travalica il perimetro della libertà individuale per divenire termine necessario anche, in sede di provvedimenti ablativi, di raffronto tra la compressione dei diritti quesiti e la giustificazione della loro limitazione. Con particolare riferimento ai mezzi di ricerca della prova, idonei ad incidere su bene giuridici costituzionalmente tutelati, il principio di proporzionalità fissa il limite entro il quale la compressione di un'istanza fondamentale per fini processuali può ritenersi legittima. Ne deriva che la motivazione in ordine alla strumentalità della res rispetto all'accertamento penale diventa un requisito indispensabile affinché il decreto di sequestro si mantenga nei limiti costituzionalmente e convenzionalmente prefissati e resti assoggettato al controllo di legalità (Sez. U, n. 36072 del 19/04/2018, B.) ed al principio di proporzione. Proprio in tema di acquisizione della prova, la giurisprudenza della Corte ha chiarito che l'autorità giudiziaria, al fine di esaminare un'ampia massa di dati i cui contenuti sono in astratto - potenzialmente - rilevanti per le indagini, può disporre un sequestro dai contenuti molto estesi, provvedendo, tuttavia, nel rispetto del principio di proporzionalità ed adeguatezza, alla immediata restituzione delle cose sottoposte a vincolo non appena sia decorso il tempo ragionevolmente necessario per gli accertamenti e, in caso di mancata tempestiva restituzione, l'interessato può presentare la relativa istanza e far valere le proprie ragioni, se necessario, anche mediante i rimedi impugnatori offerti dal sistema (così, Sez. 5, n. 16622 del 14/03/2017, S.; Sez. 6, n. 53168 del 11/11/2016, A., Rv. 268489;). È dunque possibile disporre un sequestro "esteso" a condizione, tuttavia, che sia chiaro ed esplicitato perché il nesso di pertinenza tra res, reato per cui si procede e finalità probatoria debba avere - in quello specifico caso - una inevitabile differente modulazione verosimilmente per la difficoltà di individuare nitidamente "ex ante" l'oggetto del sequestro o in ragione della natura del bene che si intende sequestrare (sul tema, Sez. 6, n. 56733 del 12/09/2018, M., Rv. 274781; Sez. 5, n. 13594 del 27/02/2015, G., Rv. 262898). Una così penetrante esigenza investigativa rende dunque necessari strumenti "compensativi" di garanzia per il soggetto che subisce la limitazione dei propri diritti già al momento della adozione del mezzo di ricerca della prova e che attengono alla portata del vincolo, alle ragioni, che devono essere puntualmente illustrate, per cui si decide di aggredire, ad esempio, la sfera giuridica di soggetti terzi estranei al reato, al motivo per cui il vincolo venga "modulato", sempre rispetto a terzi estranei, in modo onnicomprensivo, alla necessità di ancorare la durata del sequestro a criteri oggettivi di ragionevolezza temporale, alla esigenza insopprimibile di selezionare le cose davvero necessarie ai fini della prova proprio per evitare che il sequestro probatorio assuma una valenza meramente esplorativa di notizie di reato diverse ed ulteriori rispetto a quella per cui si procede. (Sez. 6, n. 13156 del 04/03/2020, S., Rv.279143).
4. Il tema della copia dei dati digitali sequestrati e della restituzione degli apparecchi informatici contenenti tali dati è strettamente legato alle argomentazioni sinora svolte. Il dato informatico, in quanto elemento dematerializzato e indipendente dal supporto, può essere sottoposto a sequestro a prescindere dal supporto stesso dove è incorporato. La copia integrale dei dati (cd. copia forense) contiene l'insieme dei dati contenuti nel contenitore, ma non soddisfa affatto l'esigenza indifferibile di porre sotto sequestro solo il materiale digitale che sia pertinente rispetto al reato per cui si procede e che svolga una necessaria funzione probatoria. Ciò significa che non legittima affatto il trattenimento dell'insieme di dati appresi (Sez. 6, n. 13156 del 04/03/2020, S.). Restituito l'apparecchio, il Pubblico Ministero può trattenere la copia integrale solo per il tempo strettamente necessario per selezionare, tra la molteplicità delle informazioni in essa contenute, quelle che davvero assolvono alla funzione probatoria sottesa al sequestro e compiute le operazioni di selezione deve restituire agli aventi diritto la copia medesima.
5. L'ordinanza impugnata nel suo percorso motivazionale non ha correttamente applicato i principi suindicati. Pure essendo stato il giudice dell'impugnazione cautelare investito delle questioni relative alla pertinenza delle cose sequestrate, al collegamento tra il bene oggetto di sequestro e i reati per cui si procede, alla adeguatezza a proporzionalità del mezzo di ricerca della prova, alla specifica indicazione delle finalità di natura probatoria che con il decreto di perquisizione e sequestro si intendevano perseguire, il provvedimento impugnato non fornisce adeguata motivazione su alcuni specifici aspetti : - la legittimità, in ragione del legame di parentela con G.G., rispetto al reato per cui si procedeva (i reati di strage del biennio 1993/94), di un sequestro onnicomprensivo di tutti i dati personali contenuti in tutti gli apparecchi elettronici nella disponibilità dei terzi interessati, senza la previa indicazione di criteri selettivi del materiale; - il nesso di pertinenza tra i reati per cui si procede, il presunto finanziamento documentato dalla scrittura privata e il sequestro di documenti e dati informatici rispetto a terzi; - il rispetto dei principi di adeguatezza e proporzionalità del sequestro a seguito del quale la copia integrale dei dati è stata portata alla cognizione della polizia giudiziaria per un esame preliminare (in sede di esecuzione del sequestro la polizia giudiziaria ha proceduto alla copia forense dei dati estratti da quattro telefoni cellulari, due computer ed una pen-drive); - le specifiche ragioni probatorie che giustificavano la ablazione in concreto compiuta rispetto agli odierni ricorrenti; l'ordinanza impugnata non dà conto di quale sia la specifica finalità dell'accertamento probatorio in questione e che doveva realizzarsi attraverso la perquisizione e sequestro. Del resto lo stesso decreto di perquisizione e sequestro come predisposto dal Pubblico ministero si limita genericamente ad affermare la necessità di "accertare i rapporti tra gli indagati e il ruolo svolto dagli stessi, nonché le eventuali comunicazioni tra i medesimi e gli altri soggetti coinvolti nei fatti oggetto di indagine", facendo ricorso ad espressioni chiaramente generiche e che non evidenziano in alcun modo il coinvolgimento e l'utilizzo del mezzo ablatorio nei confronti di soggetti terzi interessati , non indagati. In mancanza di siffatti chiarimenti sul versante motivazionale, il provvedimento di perquisizione e sequestro legittima una non consentita attività esplorativa, finalizzata alla eventuale acquisizione, diretta o indiretta, di altre notizie di reato.
6. Le considerazioni sopra esposte impongono una pronuncia di annullamento con rinvio al Tribunale di Firenze in funzione di giudice del Riesame per un nuovo esame sugli aspetti in precedenza indicati, rispetto ai quali la motivazione può considerarsi apparente e, quindi, in violazione di legge. Il giudice del rinvio dovrà tener conto di tutti i principi richiamati, procedendo all'esame dei motivi di riesame come proposti dalla difesa dei ricorrenti.
P.Q.M
Annulla l'ordinanza impugnata con rinvio per nuovo esame al tribunale di Firenze