Il TAR Lazio giudica irragionevole e ingiustificata la disparità di trattamento prevista tra i dirigenti di stazioni appaltanti con personalità giuridica di diritto privato e gli avvocati del libero Foro (DM n. 12/2022), poiché si traduce in un trattamento in peius per questi ultimi.
Con l'ordinanza n. 2585 del 19 aprile 2022, il TAR Lazio ha dichiarato illegittima l'esclusione degli avvocati del libero Foro dalla possibilità di acquisire la carica di Presidente del comitato tecnico esecutivo in tema di appalti (
A seguito di un'attenta riflessione, il TAR ha innanzitutto affermato che tale categoria professionale non rientra tra i giuristi di cui al DM n. 12/2022, considerando che alla luce di tale disposizione possono assumere la carica di Presidente coloro che hanno svolto incarichi risultanti incompatibili con l'esercizio della professione forense ovvero di un incarico che non possa più essere assunto poiché la commissione per l'accordo bonario è stata sostituita dall'esperto incaricato della formulazione di proposta motivata di accordo bonario per i lavori previsti dall'
Ciò posto, il TAR ha ritenuto che l'esclusione degli avvocati del libero Foro non risulta prima facie espressione dell'esercizio corretto e ragionevole della discrezionalità riconosciuta al Ministero resistente circa l'individuazione dei requisiti professionali del Presidente del comitato tecnico esecutivo in materia di appalti. Al contrario, essa sarebbe discriminatoria e illogica.
Inoltre, il TAR ha ritenuto irragionevole e ingiustificata l'equiparazione in melius dei dirigenti di stazioni appaltanti aventi personalità giuridica di diritto privato al personale di diritto pubblico ai fini della nomina a Presidente del menzionato comitato, la quale si riflette in una irragionevole e ingiustificata disparità di trattamento tra tale categoria di dirigenti e gli avvocati del libero Foro, disparità che lede tale ultima categoria.
TAR Lazio, sez. III, ordinanza (ud. 6 aprile 2022) 19 aprile 2022, n. 2585
Svolgimento del processo / Motivi della decisione
Ritenuta, nei limiti di delibazione propri della presente fase, la sussistenza dei presupposti per la concessione dell’invocata misura cautelare;
Rilevata, in particolare, la sussistenza del fumus boni iuris in quanto appare irragionevole e discriminatoria la scelta operata dal Ministero resistente al punto 2.4.2. dell’impugnato decreto ministeriale, comportando l’esclusione degli avvocati del libero Foro dal novero dei giuristi che possono aspirare alla nomina di presidente del Collegio consultivo tecnico istituito dall’art. 6 del d.l. 16 luglio 2020, n. 76 (c.d. Decreto Semplificazioni), convertito con modificazioni dalla legge 11 settembre 2020, n. 120 come modificato dall’art. 51 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77 (c.d. Decreto Semplificazioni – Bis) convertito, con modificazioni, dalla L. n. 108/2021;
Rilevato, infatti, al riguardo, innanzitutto, che la categoria professionale dei giuristi del libero Foro rientra nel novero dei giuristi che possono essere nominati componenti del menzionato Collegio consultivo tecnico ove siano in possesso dei requisiti stabiliti dall’art. 2.4.3., lett. b), del Decreto del M.I.M.S. 17 gennaio 2022, n.12;
Osservato, in merito alla lamentata esclusione degli avvocati del libero Foro dalla possibilità di nomina a presidente del predetto Collegio consultivo tecnico, anche alla luce delle controdeduzioni della difesa erariale, che tale categoria professionale non rientra tra i giuristi di cui al punto 2.4.2., lett. a), del d.m. n. 12/2022, posto che tale disposizione – dovendo escludersi l’avvenuta assunzione di significativi incarichi di responsabile unico del procedimento, di direttore dei lavori, di presidente di commissione di collaudo tecnico-amministrativo, connotata da contenuti prettamente tecnico – ingegneristici – individua, tra i requisiti che devono essere posseduti per la nomina a Presidente, lo svolgimento di incarichi che risultano incompatibili con l’esercizio dell’attività forense ovvero, con riferimento alle funzioni di “presidente di commissione per l’accordo bonario nell’ambito di appalti sopra soglia europea e proporzionati all’incarico da assumere”, un incarico che, alla luce della disciplina vigente, non può più essere assunto in quanto la commissione per l’accordo bonario, disciplinata dall’abrogato art. 240 del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, è stata sostituita dalla figura dell’esperto incaricato della formulazione della proposta motivata di accordo bonario per i lavori ai sensi dell’art. 205 del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50;
Considerato, inoltre, che la categoria degli avvocati del libero foro neppure rientra tra i giuristi di cui al punto 2.4.2., lett. c), dell’impugnato decreto ministeriale, in quanto espressamente non contemplata da tale norma che individua, quale requisito per la nomina a Presidente, il possesso di determinate qualifiche professionali con una anzianità di ruolo non inferiore a dieci anni, accomunate dalla sussistenza di un rapporto di servizio, oltretutto non contrattualizzato ed in regime di diritto pubblico, con l’Amministrazione statale instaurato in esito al superamento delle prescritte procedure concorsuali per l’assunzione nei ruoli di magistrato ordinario, amministrativo, contabile, dell’avvocatura di Stato – con esclusione quindi, dei procuratori dello Stato – della carriera prefettizia, senza peraltro la previsione di alcun titolo preferenziale per la scelta dei soggetti ai quali affidare l’incarico di presidente, pur essendo tale facoltà prevista dalla riserva di cui all’art. 8-bis del d.l. n. 76/2020;
Rilevato, che tra le qualifiche professionali dei giuristi prese in considerazione dal sintetizzato punto 2.4.3., lett. c), dell’impugnato Decreto ministeriale, è contemplata e giustapposta a quella del menzionato personale operante in regime di diritto pubblico e connotato da uno spiccato legame di funzionalizzazione con il c.d. Stato-apparato, altresì quella, dalla prima del tutto disomogenea e orba del cennato vincolo funzionale con lo Stato-apparato, di “dirigente di stazioni appaltanti con personalità giuridica di diritto privato soggette all’applicazione del codice dei contratti pubblici”, ossia quella di un soggetto il cui rapporto di lavoro, ancorché di livello apicale, esula dall’applicazione di un regime pubblicistico e dal tratteggiato vincolo di funzionalizzazione con l’Amministrazione Statale, non palesando pertanto alcuna assimilazione o equipollenza alla categoria del ridetto personale magistratuale o dell’avvocatura di Stato ovvero della categoria prefettizia contrassegnato dal rilevato legame con lo Stato-apparato, discendendone pertanto una irragionevole ed illogica equiparazione a tale personale pubblicistico;
Considerato, infatti, che tali dirigenti prestano la propria attività lavorativa in favore di soggetti con personalità giuridica di diritto privato – tra i quali, ad esempio, sono annoverabili alcuni enti aggiudicatori e soggetti aggiudicatori, nonché gli altri soggetti aggiudicatori di cui all’art. 2, comma 1, lett. e), f) e g), del d.lgs. n. 18 aprile 2016, n. 50 – che agiscono iure privatorum e la cui attività può essere, per alcuni aspetti di carattere non organizzativo, funzionalizzata al perseguimento di interessi pubblici nei limiti fissati dal legislatore con le c.d. norme di equiparazione (tra le quali rientra l’art. 2 del d.lgs. n. 50/2016 che li assoggetta all’applicazione della disciplina del codice dei contratti pubblici);
Ritenuto, pertanto, che la scelta di escludere gli avvocati del libero Foro dal novero dei giuristi che possono ottenere l’incarico di presidente del Collegio consultivo tecnico, a seguito di approfondita riflessione non risulta, prima facie, espressione di un corretto e ragionevole esercizio della discrezionalità riconosciuta al Ministero resistente dall’art. 6, comma 8-bis, del d.l. n. 76/2020 in relazione all’individuazione dei requisiti professionali del presidente dell’anzidetto Collegio, presentando, per converso, aspetti di discriminatorietà e illogicità per via da un lato, della ingiustificata equiparazione alle categorie di personale in regime di diritto pubblico legato allo Stato-apparato dal ridetto legame di funzionalizzazione con il correlato statuto giuridico e il conseguente rispetto di inderogabili obblighi di rango costituzionale; dall’altro poiché la categoria dei dirigenti di stazioni appaltanti con personalità giuridica di diritto privato soggette all’applicazione del codice dei contratti pubblici, non risulta suscettibile di essere ricondotta nell’alveo degli stessi pubblici dipendenti;
Opinato, pertanto in considerazione di entrambi i divisati profili, che declinano verso una irragionevole e ingiustificata equiparazione in melius dei dirigenti di stazioni appaltanti con personalità giuridica di diritto privato al predetto personale di diritto pubblico ai fini della nomina a Presidente del Collegio consultivo tecnico, che traspare contestualmente una altrettanto ingiustificata ed irragionevole disparità di trattamento tra la predetta categoria di dirigenti e gli avvocati del libero Foro, affiorante quindi in peius nei confronti degli avvocati; discriminazione e disparità di trattamento che si appalesano ancor più marcate ove si consideri il rilievo ordinamentale dell’attività forense nel prisma dell’art. 24 della Carta costituzionale;
Considerato, inoltre, che la scelta operata dal Ministero resistente con l’impugnato punto 2.4.2. del d.m. n. 12/2022 appare illogica e irragionevole anche nella misura in cui non risulta, prima facie, pienamente rispettosa dei vincoli posti dall’art. 6, comma 8-bis, del d.l. n. 76/2020. Invero, posto che la predetta norma impone al Ministero resistente di definire, inter alia, i requisiti professionali del presidente del Collegio consultivo tecnico in parola “nel rispetto di quanto stabilito dal presente articolo”, il fatto che la categoria degli avvocati del libero Foro sia stata del tutto pretermessa dalla possibilità di accedere a tale incarico, non appare logicamente coerente con il dato che tra i compiti demandati ex lege a tale organo sia espressamente menzionato quello della “rapida risoluzione delle controversie o delle dispute tecniche di ogni natura suscettibili di insorgere nel corso dell'esecuzione del contratto stesso” (art. 6, comma 1, d.l. n. 76/2020);
Rimarcato inoltre, sotto tale profilo di indagine che la fonte primaria ha previsto che con provvedimento del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili siano definite anche le modalità di costituzione e funzionamento del collegio e il coordinamento con gli altri istituti consultivi, deflativi e contenziosi esistenti. A tale riguardo, infatti, l’esclusione degli avvocati del libero Foro dalla possibilità di ricoprire l’incarico di Presidente dell’organo tecnico in questione, per come è stata effettuata dall’impugnato decreto ministeriale, appare altresì contraddittoria rispetto ad analoghe scelte relative ad altri istituti di carattere consultivo, deflativo e contenzioso – quale, ad esempio, la Camera arbitrale per i contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture istituita presso l’Autorità nazionale anticorruzione (“ANAC”) ai sensi dell’art. 210 del d.lgs. n. 50/2016 – rispetto ai quali in relazione ai quali non è in nuce preclusa la possibilità che gli avvocati del libero foro svolgano l’incarico di Presidente – come dimostra il fatto che, ad esempio, nell’albo degli arbitri della Camera arbitrale istituita presso l’ANAC, dal quale è tratta anche la figura del presidente, possono essere iscritti anche gli avvocati del libero Foro (art. 210, comma 7, lett. a), del d.lgs. n. 50/2016) –;
Ritenuto, altresì, sussistente il prospettato danno grave e irreparabile alla luce delle attuali previsioni inerenti alla durata temporale di operatività del Collegio consultivo tecnico (fissata al 30 giugno 2023 dall’art. 6, comma 1, del d.l. n. 76/2020) e delle evidenze in atti (cfr. docc. 4 e 10 della produzione di parte ricorrente) circa l’impossibilità per gli avvocati del libero Foro di essere nominati Presidenti di istituendi Collegi, pur essendo già stati designati dalle parti per ricoprire tale ruolo, o di svolgere incarichi attualmente già conferiti;
Ritenuta la sussistenza di giusti motivi per compensare le spese della presente fase stante la novità e complessità delle questioni affrontate.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza) accoglie la domanda cautelare e, per l’effetto, sospende l’efficacia del punto 2.4.2., lett. c), del decreto ministeriale 17 gennaio 2022, n. 12 nella parte in cui esclude gli avvocati del libero Foro dal novero dei giuristi che possono ricoprire la carica di presidente del Collegio consultivo tecnico di cui all’art. 6 del d.l. 16 luglio 2020, n. 76, convertito con modificazioni dalla legge 11 settembre 2020, n. 120.
Spese della presente fase compensate.
La presente Ordinanza sarà eseguita dall’amministrazione ed è depositata presso la Segreteria del Tribunale che provvederà a darne comunicazione alle parti.