Svolgimento del processo
1. Con il provvedimento impugnato, in data 29.10.2021, il Giudice per le indagini preliminari di Pordenone disponeva, a seguito di richiesta presentata dal Pubblico Ministero presso il Tribunale della medesima città in data 28.10.2021, l'acquisizione dei dati relativi al traffico telefonico e telematico, in entrata e in uscita, presso i gestori italiani, sviluppato dall'apparecchio telefonico oggetto di furto ai sensi dell'art. 624 bis cod. pen., reato per il quale si procedeva contro ignoti, e restituiva gli atti al Pubblico ministero per l'esecuzione.
2. Avverso il presente decreto ricorre per cassazione il medesimo Pubblico Ministero presso il Tribunale di Pordenone che, con un unico motivo, deduce l'abnormità del provvedimento in questione nella parte in cui il G.i.p. dispone che l'esecuzione spetti alla parte richiedente. Poiché il P.m. richiedente non avrebbe, invece, alcun potere di dare esecuzione alla disposizione del giudice, si lamenta la creazione di una situazione di stasi procedimentale in cui il provvedimento rimarrebbe ineseguito, con pregiudizio delle indagini stesse. Il ricorrente pone a fondamento della propria doglianza l'interpretazione, da lui proposta, dell'art. 132 comma 3 e cdma 3 bis del d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, come modificato dal D.L. 132/21, facendo appello al principio generale in forza del quale l'esecuzione di un provvedimento spetta al giudice allorquando esso non si limita a rimuovere un ostacolo al conseguimento del risultato richiesto dal P.M.. Sicché il decreto di acquisizione dei dati relativi al traffico telefonico spetta direttamente al Giudice, in quanto titolare del potere di emanare il provvedimento, in mancanza peraltro di una espressa previsione di deroga che in quanto eccezione al principio generale deve essere prevista espressamente dalla legge. A sostegno dell'argomento interpretativo proposto, è posta una serie di ragionamenti comparatistici al fine di farsi rilevare che l'iter per cui il giudice che emette il provvedimento acquisitivo è anche l'organo competente ad eseguirlo è sistematicamente previsto dall'ordinamento processualistico. Innanzitutto si pone il confronto coi casi: delle intercettazioni ex. art. 267 cod. proc. pen., del prelievo coattivo di campioni biologici su persone viventi di cui all'art. 359 bis cod. proc. pen., dell'accompagnamento coattivo per procedere a interrogatorio o a confronto, casi rispetto ai quali è il Pm a procedere all'esecuzione perché il provvedimento del G.i.p. si limita a rimuovere un ostacolo all'espletamento dell'incombente da parte del P.m. ossia ad autorizzare, ad esempio, questi a procedere all'intercettazione. Laddove in caso di sequestro ex. art. 368 cod. prdc. pen. e per la trasmissione dell'ordinanza che dispone la misura cautelare ai sensi dell'art. 92 delle disp. att. cod. proc. pen. è il Giudice competente perché è lui che dispone, e non autorizza, semplicemente, il P.M.. Solo nel caso in cui il processo sia in fase di indagine la competenza ad eseguire la misura cautelare è del P.m., ma questa ipotesi è un'eccezione alla regola che come tale è espressamente prevista dalla legge. Sempre a conferma di quanto interpretato, comparatisticamente, si indicano ulteriori esempi di deroghe a tale principio previste in maniera espressa dal legislatore. Indi, proseguendo col ragionamento comparatistica in relazione alla disposizione di cui all'articolo 132 del Decreto Legislativo 196/2003, si osserva che, non essendo del P.M. né del difensore il potere di acquisire i dati relativi al traffico telefonico (salvi i casi di urgenza per il P.M.) ma del giudice, e non essendoci disposizioni di legge che introducono una deroga, solo il giudice può eseguire il proprio decreto, trasmettendolo ai gestori. Indi si conclude che in conseguenza dell'erronea interpretazione della norma in questione da parte del G.i.p. si è creata una situazione di stasi del procedimento e si insta pertanto per la declaratoria di abnormità del provvedimento impugnato.
3.Il Sostituto Procuratore Generale presso questa Corte ha concluso chiedendo l'accoglimento del ricorso.
Motivi della decisione
Il ricorso è inammissibile. Premesso che il provvedimento impugnato è stato emesso in data 29.10.2021 ossia dopo l'emanazione ed entrata in vigore del Decreto-Legge 30 settembre 2021 n. 132, contenente modifiche della disciplina relativa all'acquisizione dei tabulati telefonici e telematici nel processo penale, convertito in legge con la L. 23.11.2021 n. 178, deve rilevarsi come sia oramai superato ogni dubbio in ordine a chi spetti l'esecuzione del provvedimento autorizzativo dell'acquisizione dei tabulati telefonici. In sede di conversione la norma è stata opportunamente modificata, seppur solo in parte, per cercare di far fronte (anche) a tale aspetto problematico, specificando adesso l'art. 132, comma 3, D.L. n. 132/2021 che «i dati sono acquisiti previa autorizzazione rilasciata dal giudice con decreto motivato, su richiesta del pubblico ministero o su istanza del difensore dell'imputato, della persona sottoposta a indagini, della persona offesa e delle altre parti private». Dalla nuova formulazione della norma si evince dunque chiaramente che il provvedimento del giudice è di tipo autorizzatorio e rimuove un limite all'esercizio di un potere, che può (e deve) essere azionato direttamente dal soggetto istante presso il fornitore dei servizi, una volta ottenuto il decreto autorizzativo. La formulazione ellittica utilizzata dal legislatore in sede di conversione consente infatti di ritenere come l'enunciato normativo relativo alla "richiesta" di acquisizione dei dati da parte dei soggetti ivi indicati regga sia la fase autorizzatoria (rivolta al giudice), sia la successiva fase esecutiva (rivolta al fornitore dei servizi): in entrambi i casi può dirsi invero che i dati sono acquisiti «su richiesta» dei soggetti indicati. Le modifiche apportate in sede di conversione hanno, dunque, consentito di chiarire il dubbio affacciatosi nella prassi in merito alle modalità pratiche con cui procedere all'acquisizione dei dati, ingenerato dalla formulazione della norma originaria - che, in verità, solo alla stregua di una interpretazione meramente letterale, come quella proposta dal P.M., poteva far sorgere delle perplessità al riguardo - vale a dire se i tabulati potessero (o addirittura dovessero) essere acquisiti direttamente presso il fornitore dei servizi mediante notifica del decreto autorizzativo del giudice oppure con un provvedimento ad hoc del P.M.(si discuteva, infatti, se tale acquisizione dovesse avvenire notificando lo stesso decreto motivato del giudice - con conseguenti quanto evidenti rischi di fuga di notizie riservate - e se l'attività esecutiva, finalizzata a tale esibizione, dovesse essere materialmente compiuta dal giudice che emetteva il decreto motivato, piuttosto che dal P.M. - o dal difensore - che ne avessero richiesto l'emissione. La questione non era di poco momento, giacché - come è facile intuire - la notifica in forma integrale del decreto autorizzativo emesso dal G.I.P. al fornitore dei servizi telefonici e telematici, comprensivo dei nominativi degli indagati e dell'oggetto delle investigazioni nonché delle motivazioni espresse dal giudice ai fini dell'autorizzazione, rischia evidentemente di disvelare, a soggetti che non ne hanno titolo, il contenuto delle attività investigative). Ciò posto si osserva che, se è vero che le precedenti incertezze operative sono state generate dall'assenza di una previsione espressa, nel testo dell'art. 132 D.Lgs. n. 196/2003 come rivisto dal decreto-legge, che disciplinasse tale aspetto, mancando nella norma una disposizione simile a quella contenuta, ad esempio, nell'art. 267, comma 2, c.p.p., che - come noto - nella materia delle intercettazioni rimette ad un decreto esecutivo del P.M. l'indicazione delle "modalità" concrete delle operazioni di intercettazione (e che, solitamente, vede redigere tale decreto in maniera sintetica dal P.M., cui segue una lettera accompagnatoria indirizzata ai gestori dei servizi di telefonia, con cui si informano i predetti della mera esistenza del decreto autorizzativo del giudice e si richiede agli stessi di provvedere ad approntare le attività tecniche necessarie a darvi esecuzione), è altrettanto vero che quelle incertezze potessero, già prima del riferimento espresso alla natura autorizzatoria del decreto del giudice introdotto dalla legge di conversione, essere risolte nel senso di ritenersi di competenza del P.M. l'esecuzione del provvedimento, militando in maniera palese in favore di tale interpretazione le analogie esistenti rispetto alla materia finitima delle intercettazioni per le quali, appunto, vige la regola della esecuzione da parte del P.M.. Trattasi, invero, in entrambi i casi di mezzi di ricerca della prova che ordinariamente intervengono, come prevede, relativamente al caso di specie, lo stesso comma 3 dell'art. 132, cit., nella fase delle indagini preliminari in funzione della loro prosecuzione e pertengono all'azione del P.M.; l'intervento del giudice è solo finalizzato a rimuovere un ostacolo all'espletamento diretto del mezzo di indagine da parte del P.M.; ostacolo che nel caso delle intercettazioni, come in quello dell'acquisizione dei tabulati del traffico telefonico, deriva dalla natura dei diritti, di rango sovranazionale e costituzionale riconducibili al tema della tutela della riservatezza, che entrano in conflitto con le esigenze acquisitive. Alcuna abnormità è quindi ravvisabile rispetto al provvedimento impugnato, vertendosi nell'ambito di una legittima interpretazione della norma.
2.Dalle ragioni sin qui esposte deriva la declaratoria di inammissibilità del ricorso del Pubblico Ministero di Pordenone.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso del Pubblico Ministero.