Nessuna rilevanza ricopre il fatto che la società che si occupava della fornitura di gasolio avesse intrattenuto il rapporto contrattuale direttamente ed in via autonoma con i singoli fruitori del servizio e non con il condominio di per sé.
Il Giudice di prime cure revocava il decreto ingiuntivo richiesto dalla società, attuale ricorrente, al fine di ottenere una somma a titolo di pagamento per le forniture di gasoliodestinate all'impianto di riscaldamento centralizzato di un condominio.
A seguito di impugnazione da parte di un condomino, la Corte d'Appello riformava la suddetta...
Svolgimento del processo
Con sentenza n. 2045 del 5. 12. 2016 la Corte di appello di Torino, accogliendo l'appello del condominio A di via X riformò la decisione di primo grado che, nel revocare il decreto ingiuntivo richiesto dalla S s.r.l. per la somma di euro 54.529,21 per il pagamento di forniture di gasolio per l'impianto di riscaldamento centralizzato, aveva condannato il condominio al pagamento della minor somma di euro 23.974,80, dichiarando il residuo credito prescritto. La Corte motivò la conclusione accolta ritenendo fondata la tesi difensiva del condominio, che aveva sostenuto di non essere obbligato al pagamento in quanto la società controparte aveva intrattenuto il rapporto contrattuale direttamente ed in modo autonomo con i singoli fruitori del servizio e non con il condominio medesimo. In particolare, la Corte pervenne a tale conclusione affermando che il contratto di fornitura era stato stipulato dagli utenti del servizio (condomini e inquilini dello stabile), che aveva deciso di affidare la fornitura alla S in una apposita assemblea a cui avevano partecipato non già in qualità di condomini ma, appunto, di meri fruitori del servizio, ed avevano conferito un mandato collettivo per la stipulazione del contratto, senza coinvolgere in alcun modo l'ente condominiale. Per la cassazione di questa sentenza, con atto notificato il 27. 1. 2017, ricorre S s.r.l., affidandosi a cinque motivi. Resiste con controricorso il condominio A di via X. Parte ricorrente ha depositato memoria. La trattazione del ricorso si è svolta, ai sensi dell'art. 23, comma 8 bis, d.l. 28.10.2010, n. 137, convertito con la legge 18. 12. 2010, n.176, in camera di consiglio senza l'intervento del procuratore generale e dei difensori delle parti, non essendo stata presentata richiesta di discussione orale.
Motivi della decisione
Il primo motivo di ricorso denunzia violazione o falsa applicazione degli artt. 1117, 1118, 1123, 1130, 1130 bis, 1131, 1135, 1136 cod. civ., dell'art. 10 legge n. 392 del 1978 e dell'art. 6 legge n. 841 del 1973, assumendo che la conclusione accolta dalla sentenza impugnata, che ha ritenuto che il contratto di fornitura non fosse stato stipulato dal condominio ma dagli utenti del servizio in via autonoma come tali e non come condomini, contrasta non l'assetto normativo che disciplina l'attività dell'ente condominiale, che affida alla assemblea dei condomini le decisioni afferenti la gestione e l'utilizzazione dei beni comuni, tra i quali è pacificamente da annoverarsi la caldaia dell'impianto di riscaldamento centralizzato, ed all'amministratore l'attuazione delle delibere condominiali e l'amministrazione dei beni comuni, imponendogli puntuali obblighi di rendiconto delle spese e, di conseguenza, non ammette la possibilità che le relative decisioni siano adottate da organi diversi, non previsti dalla legge. Del tutto ingiustificata e contraria alle disposizioni di legge in materia appare pertanto la soluzione accolta dalla Corte di appello, che ha negato carattere condominiale alla assemblea che aveva deliberato la conclusione del contratto di fornitura in ragione della circostanza che i partecipanti si erano qualificati come utenti del servizio e non semplicemente come condomini, tenuto altresì conto che l'art. 10 legge n. 392 del 1978 attribuisce espressamente al conduttore dell'unità abitativa di partecipare alle assemblee condominiali relative alle spese ed alle modalità di gestione del servizio di riscaldamento, sicché la partecipazione di soggetti non condomini, ma titolari di diritto di godimento in tale tipo di assemblee costituisce una evenienza normale e non idonea a caratterizzare in modo diverso la relativa riunione, escludendo nello specifico che si tratti di assemblea condominiale. Il motivo è fondato. L'argomentazione della Corte di appello laddove ha ritenuto che le delibere assembleari relative alla assegnazione del servizio di fornitura del gasolio alla società S non avevano impegnato il condominio, per la ragione che ad essa i partecipanti (condomini e inquilini dello stabile) avevano preso parte quali utenti del servizio e non quali condomini, sconta l'evidente errore di non avere considerato che l'intervento dei conduttori delle unità immobiliari alle assemblee del condominio relative alle spese ed alla gestione del servizio di riscaldamento costituisce una fattispecie tipica prevista dalla legge (art. 10 legge n. 392 del 1978) e non può pertanto considerarsi un dato eccentrico, tale da escludere la natura condominiale della riunione, che anzi è sottolineata dalla stessa disposizione normativa. Di nessun rilievo quindi il fatto che gli intervenuti si siano qualificati utenti e non condomini o conduttori di immobili dello stabile, trattandosi di un dato nominale e formalistico, che non può alterare la sostanziale, ed anche formale, natura condominiale dell'assemblea In ogni caso deve ribadirsi che le disposizioni in tema di condominio che attribuiscono all'assemblea le decisioni sui beni comuni ed all'amministratore il compito di attuarle e l'attività di gestione degli stessi e di tenuta della contabilità delle spese hanno carattere vincolante, delineando un sistema di organizzazione rigida, non derogabile se non nei limiti previsti espressamente dalla legge (art. 1138 cod. civ.), sicché non risultano ammissibili e consentite forme organizzative alternative per la gestione ed amministrazione dei beni comuni. Tale rilievo avrebbe dovuto portare il giudicante ad escludere la possibilità di ravvisare centri organizzativi e decisionali diversi, rispetto all'assemblea di condominio, competenti ad assumere decisioni in ordine alla gestione di un servizio comune ai condomini. Né in tale contesto può assumere alcun rilievo che, nelle suddette deliberazioni, sia stato conferito mandato espresso alla persona dello stesso amministratore, senza però menzionare tale sua qualità, di stipulare il contratto di fornitura, trattandosi di previsione meramente ripetitiva di un adempimento che rientra per l'appunto tra le attribuzioni che la legge attribuisce all'amministratore di condominio (art. 1130 cod. civ.). La conclusione accolta dalla sentenza impugnata, secondo cui le delibere in questione non vincolavano il condominio, come ente di gestione, non poggia, pertanto, su alcuna base giuridica e fattuale. Il secondo motivo di ricorso denunzia violazione o falsa applicazione degli artt. 1117, 1118, 1123, 1130, 1130 bis, 1131, 1135, 1136 cod. civ., dell'art. 10 legge n. 392 del 1978 e dell'art. 6 legge n. 841 del 1973, censura, richiamando le ragioni formulate nel motivo precedente, l'affermazione della Corte territoriale che ha interpretato la clausola 3 del contratto, che prevedeva la responsabilità solidale degli utenti per il pagamento della fornitura, nel senso di escludere qualsiasi obbligo in capo al condominio. Il terzo motivo di ricorso denunzia nullità della sentenza per erronea valutazione dei documenti prodotti. Il quarto motivo di ricorso denunzia violazione dell'art. 112 cod. proc. civ. per avere la Corte di appello pronunciato, in dispositivo, l'espresso rigetto della domanda di condanna del condominio al pagamento della somma di euro 23.974,80, in difetto di domanda delle parti. Il quinto motivo di ricorso denunzia violazione dell'art. 91 cod. proc. civ. e dell'art. 4, comma 1, d.m. n. 55 del 2014, e dell'art.92 cod. proc. civ., lamentando che la Corte torinese abbia liquidato le spese sulla base di notule non presenti in atti e quantificato quelle per il giudizio di primo grado in misura superiore alla tariffa professionale, senza altresì tener conto della soccombenza del condominio in ordine alla istanza di sospensiva della pronuncia di primo grado. Questi motivi vanno dichiarati assorbiti a seguito dell'accoglimento del primo motivo. La sentenza va pertanto cassata in relazione al primo motivo e la causa rinviata alla Corte di appello di Torino, in diversa composizione, che provvederà anche alla liquidazione delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa, anche per la liquidazione delle spese, alla Corte di appello di Torino, in diversa composizione.