
Svolgimento del processo
1. Con separati atti di citazione G.M. e G.V. convennero in giudizio davanti al Giudice di pace di Roma, in qualità di eredi del defunto S. M., la H. Assicurazioni S.p.a., chiedendo che fosse condannata al risarcimento del solo danno morale patito dal proprio congiunto a seguito dell'investimento da parte dell'automobile condotta da C.S. e assicurata dalla società suindicata. A sostegno della domanda esposero che S. M. aveva a suo tempo promosso, davanti al Giudice di pace di Gangi, un identico giudizio per il risarcimento del solo danno biologico derivante dal medesimo incidente, conclusosi (dopo la sua morte) con una pronuncia di condanna in suo favore, con sentenza confermata in appello dal Tribunale di Termini Imerese; ed aggiunsero che nel precedente giudizio era stata esclusa la domanda di risarcimento del danno morale per non superare i limiti di competenza del Giudice di pace adito. Il danno morale, quindi, poteva essere oggetto, secondo gli attori, di una nuova domanda giudiziale. Si costituì in giudizio la società convenuta, chiedendo, nel merito, il rigetto della domanda ed evidenziando l'illegittimo frazionamento del credito. Il Giudice di pace, riuniti i giudizi, rigettò la domanda, ravvisando nella stessa un illegittimo frazionamento del credito.
2. La pronuncia è stata impugnata dagli attori soccombenti e il Tribunale di Roma, con sentenza del 31 dicembre 2018, ha rigettato l'appello ed ha condannato gli appellanti alla rifusione delle ulteriori spese del grado.
3. Contro la sentenza del Tribunale di Roma ricorrono G.M. e G.V. con unico atto affidato a quattro motivi. Resiste la H. Assicurazioni S.p.a. con controricorso. Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio, sussistendo le condizioni di cui agli artt. 375, 376 e 380-bis cod. proc. civ., e i ricorrenti hanno depositato memoria.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all'art. 360, primo comma, n. 3) e n. 4), cod. proc. civ., nullità della sentenza per violazione degli artt. 88 e 100 cod. proc. civ. e degli artt. 24 e 111 Cost., nonché violazione e falsa applicazione delle medesime disposizioni. Sostengono i ricorrenti che la sentenza impugnata avrebbe errato nel ritenere la domanda inammissibile, perché anche ritenendo sussistente un illegittimo frazionamento del credito la soluzione non potrebbe essere quella della inammissibilità; per cui ciò si tradurrebbe in nullità della sentenza.
2. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all'art.360, primo comma, n. 4), cod. proc. civ., nullità della sentenza per violazione degli artt. 183, terzo comma, 101 cpv. e 183 cod. proc. civ. in relazione all'art. 111 della Costituzione. Sostengono i ricorrenti che il giudice non può porre a fondamento della sua decisione una questione rilevata d'ufficio senza sollecitare il contraddittorio delle parti. Ciò nella specie non è avvenuto, per cui la sentenza sarebbe da ritenere per questa ragione nulla.
3. Con il terzo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all'art. 360, primo comma, n. 4), cod. proc. civ., nullità della sentenza per violazione degli artt. 88, 100 e 102 cod. proc. civ. nonché dell'art. 111 della Costituzione. Sostengono i ricorrenti che la decisione di dividere la richiesta di risarcimento in due giudizi non fu determinata da una scelta speculativa, bensì dalla necessità di contenere il valore della domanda entro i limiti di competenza del giudice di pace. La malattia dalla quale era affetto S. M., infatti, si aggravò a causa dell'incidente, per cui il danno da liquidare si rivelò in corso di causa essere ben maggiore rispetto al limite fissato per la competenza del giudice adito, sicché la scelta di frazionare il credito dovrebbe essere considerata obbligata. I ricorrenti ricordano, poi, che il principio della non frazionabilità del credito è stato molto ridimensionato dalla sentenza 16 febbraio 2017, n. 4090, delle Sezioni Unite di questa Corte.
4. Con il quarto motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all'art. 360, primo comma, n. 5), cod. proc. civ., omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, sul rilievo che il Tribunale non avrebbe considerato che all'atto della proposizione della prima domanda giudiziale la malattia del M. non si era ancora stabilizzata.
5. Osserva la Corte che il secondo motivo di ricorso, oltre che inammissibile, è privo di fondamento. Occorre ricordare che il testo dell'art. 101, secondo comma, cod. proc. civ. invocato dai ricorrenti non è applicabile nella fattispecie ratione temporis, posto che gli atti di citazione vennero notificati in primo grado in data 9 marzo 2009, mentre la norma in questione, introdotta dalla legge 18 giugno 2009, n. 69, si applica ai giudizi introdotti dopo la data della sua entrata in vigore, cioè dopo il 4 luglio 2009. Nel merito, la censura è comunque priva di fondamento, perché la sentenza impugnata (v. p. 3) ha dato conto del fatto che la questione dell'illegittimo frazionamento del credito fu posta dalla società H. già m pruno grado, per cui l'art. 101 cit. è stato impropriamente richiamato, trattandosi di una questione rilevata dalla parte convenuta e non d'ufficio dal giudice. Nella memoria i ricorrenti osservano, ad ulteriore sostegno delle loro ragioni, che la società assicuratrice si era limitata, in primo grado, a contestare l'illecito frazionamento della domanda soltanto alla luce della sentenza delle Sezioni Unite n. 23276 del 2007, «senza alcun riferimento alla sussistenza di un interesse oggettivo alla tutela processuale frazionata». Osserva il Collegio, salvo quanto si dirà al riguardo in relazione al terzo motivo, che tale considerazione non modifica, nella sostanza, i termini della vicenda, perché il fatto che una determinata questione sia stata posta all’esame del giudice di primo grado - benché, in tesi, in relazione ad un profilo limitato - non toglie che, ugualmente, essa sia stata comunque posta, per cui non può sostenersi che si tratti di una questione rilevata d'ufficio dal giudice.
6. Il terzo motivo di ricorso non è fondato. È vero, come sostengono i ricorrenti, che il principio a suo tempo enunciato dalla sentenza delle Sezioni Unite 15 novembre 2007, n. 23276, è stato in qualche misura rivisto dalla successiva sentenza del medesimo Collegio 16 febbraio 2017, n. 4090. Quest'ultima decisione, tuttavia, ha stabilito che le domande aventi ad oggetto diversi e distinti diritti di credito, benché relativi ad un medesimo rapporto di durata tra le parti, possono essere proposte in separati processi; tuttavia, ove le suddette pretese creditorie, oltre a far capo ad un medesimo rapporto tra le stesse parti, siano anche, in proiezione, inscrivibili nel medesimo ambito oggettivo di un possibile giudicato o, comunque, fondate sullo stesso fatto costitutivo - sì da non poter essere accertate separatamente se non a costo di una duplicazione di attività istruttoria e di una conseguente dispersione della conoscenza dell'identica vicenda sostanziale - le relative domande possono essere formulate in autonomi giudizi solo se risulti in capo al creditore un interesse oggettivamente valutabile alla tutela processuale frazionata. La giurisprudenza successiva, dando continuità all'insegnamento delle Sezioni Unite, ha stabilito che l'interesse alla tutela processuale frazionata non può essere identificata nella necessità di adire il giudice di pace al fine di ottenere una decisione più rapida (ordinanza 13 gennaio 2020, n. 337); analogamente, quindi, tale interesse non può essere ritenuto sussistente per il solo obiettivo di contenere la domanda nei limiti di competenza per valore del giudice di pace (v. pure la sentenza 7 marzo 2019, n. 6591, in tema di frazionamento tra danno emergente e lucro cessante in relazione allo stesso fatto dannoso). Deve pertanto affermarsi che la libera scelta della parte di incardinare la causa davanti al Giudice di pace anziché davanti al Tribunale, benché frutto di una valutazione processuale non discutibile in sé, non può tuttavia assurgere a ragione giustificatrice per un oggettivo frazionamento; per cui la sentenza impugnata è da ritenere esente dai vizi prospettati nel motivo in esame. Il rigetto del terzo motivo rende irrilevante l'esame del primo.
7. Residua, infine, il quarto motivo, che è inammissibile in quanto pretende di ottenere in questa sede una valutazione di merito in ordine alle ragioni particolari per le quali il dante causa degli odierni ricorrenti avrebbe limitato la domanda al solo risarcimento del danno biologico.
8. Il ricorso, pertanto, è rigettato. A tale esito segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate ai sensi del d.m. 10 marzo 2014, n. 55. Sussistono, inoltre, le condizioni di cui all'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricordo e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi euro 2.200, di cui euro 200 per esborsi, oltre spese generali e accessori di legge. Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, dà atto della sussistenza delle condizioni per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.