Con la sentenza in commento, il TAR Catania prospetta una soluzione che si differenzia dalle precedenti sulla compatibilità costituzionale e comunitaria del sistema della prevenzione antimafia.
Con la sentenza n. 1219 del 1° maggio 2022, il TAR Catania ha prospettato una soluzione diversa rispetto ai precedenti orientamenti quanto al sistema di prevenzione antimafia e, nello specifico, con riguardo al rapporto tra interdittiva antimafia e provvedimento di ammissione dell'impressa a controllo giudiziario, concludendo nel senso della improcedibilità del ricorso proposto per le seguenti ragioni:
- La misura interdittiva diventa inefficace al momento dell'ammissione dell'impresa al controllo giudiziario;
- C'è un obbligo di aggiornamento della misura interdittiva proprio per via dell'ammissione al suddetto controllo, e tale obbligo ricade ex officio in capo all'Amministrazione che procede;
- Il provvedimento di aggiornamento costituisce un atto nuovo che giunge al termine della rinnovata istruttoria e che deve tenere conto di quanto accaduto nelle more del controllo giudiziario.
Con riferimento all'obbligo di aggiornamento, il TAR Catania precisa che la relativa istruttoria deve essere avviatad'ufficio mentre, con riferimento alla natura del provvedimento di aggiornamento dell'interdittiva antimafia, il TAR sostiene che esso non potrà mai considerarsi meramente confermativo del precedente, in quanto la Prefettura ha l'obbligo di effettuare, appunto, una nuova istruttoria. Per questo motivo, in relazione a tale provvedimento, se lesivo, sorge l'interesse al ricorso dell'impresa attinta da interdittiva per non vedersi preclusa in via definitiva l'attività economica.
In caso di informativa prefettizia negativa, poi, il TAR specifica che l'ammissione alla misura riabilitativa passa anche da un vaglio sulla “occasionalità” del contagio mafioso, il quale però costituisce un elemento fattuale incontestato, derivandone che, nel momento in cui l'impresa chiede l'ammissione al controllo giudiziario, essa riconosce la legittimità del provvedimento impugnato, dunque esclude in radice anche l'esistenza del fatto illecito, con ciò determinando (eventualmente) la dichiarazione di infondatezza nel merito della domanda risarcitoria, nel caso in cui sia già stata proposta.
La proposta del TAR è quella di riflettere sul coordinamento dei meccanismi e degli effetti degli istituti dell'informazione antimafia, del controllo giudiziario e della prevenzione collaborativa in chiave sostanziale e processuale, con l'obiettivo di bilanciare le conseguenze dell'interdittiva sulla possibile sopravvivenza dell'impresa e la problematica relativa alla corretta aggiudicazione delle commesse e all'attribuzione dei pubblici finanziamenti. Ciò perché l'ammissione al controllo giudiziarionon sana a posteriori la perdita dei requisiti di partecipazione alla gara pubblica o la perdita dei finanziamenti pubblici non accantonati. A tal proposito, il TAR ritiene che la fissazione dell'udienza di merito dovrebbe essere prevista dalla legge come un obbligo ex officio nel termine massimo di 6 mesi decorrenti dal deposito del ricorso.
Per rafforzare, infine, le garanzie difensive dell'impresa raggiunta da interdittiva ed il principio di effettività della tutela giurisdizionale, il TAR auspica la previsione di un termine “stand-still” per la stazione appaltante/PA che eroga i contributi pubblici durante il vaglio del Tribunale delle Prevenzione, in modo tale che l'impresa non perda la possibilità di accedere all'aggiudicazione delle commesse pubbliche o di ottenere i finanziamenti pubblici, e tale termine potrebbe essere quello fissato per il Tribunale ordinario al fine di decidere sull'istanza di controllo.
TAR Catania, sez. IV, sentenza (ud. 24 marzo 2022) 1° maggio 2022, n. 1219
Svolgimento del processo
1.- Con il ricorso introduttivo in epigrafe, parte ricorrente (“-omissis- s.r.l.”, di seguito “-omissis -”), azienda operante nel settore della ristorazione, ha impugnato il provvedimento del 13.09.2021, con cui il -OMISSIS-ha reso nei suoi confronti informativa antimafia interdittiva, ai sensi degli artt. 84, 91 e 94 del d.lgs. 159/2011.
Nel ricorso, venivano dedotte le seguenti censure:
- mancanza del contraddittorio procedimentale (comunicazione di avvio del procedimento e/o richiesta di audizione ai sensi dell’art. 93, co. 7, del Codice Antimafia);
- violazione e/o falsa applicazione degli artt. 84, 89 bis e 91 del d.lgs. 159/2011; violazione degli artt. 3 e 6 della L. 241/90, anche sotto i profili della carenza, illogicità e contraddittorietà della motivazione; violazione degli art. 41 e 97 della Costituzione e dei canoni di buon andamento; eccesso di potere per carenza dei presupposti, travisamento dei fatti, difetto di istruttoria, illogicità, irragionevolezza, ingiustizia manifesta, arbitrarietà, contraddittorietà; violazione della L. 40/2020 e dell’art. 19, c. 3, del d.lgs. 159/2011;
- violazione dell’art. 1 della L. 241/1990 e dei principi di derivazione comunitaria; violazione degli artt. 15 (libertà professionale e diritto di lavorare), 16 (libertà d’impresa), 17 (diritto di proprietà), 21 (non discriminazione) e 41 (diritto ad una buona amministrazione) della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea, proclamata il 27.12.2007; violazione dell’art. 6 del Trattato di Lisbona e dell’art. 1 Protocollo I della CEDU;
- violazione dell’art. 1 del Protocollo I e dell’art. 6 CEDU – del “giusto processo” e dell’art. 3 della L. 241/90.
Nel merito, si eccepisce – quanto alla presunta “regia mafiosa occulta” - che:
a) nessun aspetto di “criticità” è rinvenibile, né a carico dei titolari della - omissis - (-omissis e - omissis -), né della Sig.ra - omissis -), né del Sig. - omissis -, il quale, anzi rappresenta un “emblematico” esempio di avvenuta “riconversione”;
b) non è vero – restando, peraltro, indimostrato e, comunque, del tutto irrilevante nell’odierna vicenda - che la Sig.ra - omissis - sia il vero “dominus” dell’azienda;
c) non si rinviene – restando peraltro indimostrato – alcuna “intestazione fittizia”, invero l’utilizzo del “brand «- omissis -»” rappresenta una normalissima e incontestabile “strategia di marketing aziendale”;
d) privi di rilievo alcuno sono i riferimenti a vicende risalenti a oltre 40 anni fa, cui i titolari della - omissis - sono del tutto estranei, vicende che nessuna connessione possono avere con l’oggetto dell’odierno giudizio e, peraltro, afferiscono a eventi precedenti alla stessa nascita dei titolari della - omissis -;
e) il Sig. - omissis -risulta ormai – come acclarato dai provvedimenti e dalla corposa documentazione in atti – del tutto distante dalla cultura mafiosa che solo in passato, e per un breve periodo della sua vita, lo ha visto coinvolto, mentre nessun rimprovero può farsi ai figli – così come alla Sig.ra - omissis - – che da sempre conducono una vita assolutamente irreprensibile, basata esclusivamente sul lavoro e certamente distante da qualsiasi vicenda di mafia;
f) nessuna misura di “prevenzione patrimoniale” vi è mai stata nei confronti della - omissis -; d’altra parte la Prefettura ha omesso di tenere conto degli elementi positivi emersi in sede procedimentale, che avrebbero dovuto invece comparati con la successiva sentenza di condanna del Sig. - omissis -;
g) il trasferimento dell’azienda “-omissis -” (di cui era socia accomandataria la signora - omissis -) alla - omissis - non presenta alcun elemento di anomalia;
h) laddove la Prefettura avesse preso in considerazione i fatti e i provvedimenti confermativi dell’avvenuta “riconversione” del Sig. - omissis -, ciò avrebbe condotto necessariamente ad una diversa valutazione dei fatti “risalenti”;
i) nessun grave indizio di “compromissione” sussiste, né è in alcun modo stato indicato a carico dei “titolari di cariche e qualifiche” della - omissis - alcun elemento controindicante;
l) va, per tutto quanto detto, radicalmente escluso che, secondo la tesi del “più probabile che non”, il Sig. - omissis -possa in alcun modo continuare “dal carcere, a mantenere i contatti con la criminalità organizzata e ad asservire agli interessi della stessa, l'impresa dei figli”, tanto per la certa “dissociazione” da tempo avvenuta, quanto perché tutti i suoi contatti col mondo esterno vengono sottoposti ad attento e sicuro controllo da parte delle Autorità di Pubblica Sicurezza;
m) non v’è indicazione né prova alcuna di quale sarebbe il “complesso reticolo di non occasionali collegamenti e rapporti fra la - omissis - e soggetti “collegati/vicini/condizionabili/contigui o appartenenti ad organizzazioni criminali mafiose” che, secondo la prospettazione della Prefettura, avrebbe portato a ritenere l’impresa “esposta al rischio di infiltrazioni e condizionamento mafiosi”, sicché gli atti impugnati sono illegittimi in quanto non possono e non devono in alcun modo fondarsi su quello che risulta essere un mero “flatus vocis”.
2.- Con il primo ricorso per motivi aggiunti, parte ricorrente ha impugnato – per illegittimità derivata – il decreto del - omissis -, con cui - omissis -, in ragione di tale informativa, ha revocato l’aggiudicazione del - omissis -e risolto il contratto del - omissis -, di fornitura del servizio di ristorazione all’interno della attività di bar ubicata presso la - omissis -del- omissis, chiedendo la sospensione cautelare degli effetti.
3.- Si sono costituiti in giudizio il Ministero dell’Interno e - omissis -, chiedendo il rigetto del ricorso.
4.- Con ordinanza n.- omissis -, il TAR ha rigettato la richiesta di sospensiva, precisando, quanto al periculum in mora, che è comunque “possibile la prosecuzione dell’attività previo ricorso agli strumenti previsti dall’art. 34 bis, co. 6, D.Lgs. 159/2011”.
La ricorrente ha ritenuto di presentare al Tribunale di Catania, in data 22.11.2021, “istanza di controllo giudiziario” e, subito dopo, ha chiesto a questo T.a.r. che gli effetti dei provvedimenti impugnati col ricorso introduttivo e coi motivi aggiunti venissero sospesi tramite misura monocratica ex art. 56 c.p.a.
Con Decreto Presidenziale n. - omissis -, questo TAR ha accolto la richiesta di misura monocratica “ritenuto… che l’eventuale accoglimento dell’istanza (che parte ricorrente ha proposto) per l’applicazione del controllo giudiziario volontario ai sensi dell’art. 34 bis, c. 6-7, d.lgs. n. 159/2011… determinerebbe la sospensione ex lege degli effetti dell’interdittiva e, conseguentemente, dei successivi provvedimenti ad essa connessi” e “ritenuto quindi opportuno (in via cautelativa) accogliere l’istanza di misure cautelari monocratiche relativamente all’interdittiva antimafia, limitatamente ai suoi effetti sulle attività economiche già in essere (ivi compresa quella oggetto dei motivi aggiunti), escludendosi invece la possibilità di accedere a contributi o finanziamenti non ancora riconosciuti o partecipare a nuove gare pubbliche e stipulare nuovi contratti con la p.a.”, onerando infine “parte ricorrente di notiziare il T.a.r. sugli sviluppi del procedimento avente ad oggetto l’istanza di controllo giudiziario” e fissando “per la trattazione collegiale la camera di consiglio del giorno - omissis -”.
Con Ordinanza cautelare n. - omissis -, questo T.a.r., “…rilevato che parte ricorrente ha presentato presso il Tribunale di Catania, sezione misure di prevenzione (r.g. n. - omissis -inc. es.), l’istanza di controllo giudiziario ai sensi dell’art. 34 bis, commi 6 e 7 del d.lgs. n. 159/2011 e che con decreto del Tribunale, l’udienza è stata fissata per il … - omissis -…” ha “…ritenuto opportuno sospendere [interinalmente, n.d.r.] l’efficacia dei provvedimenti impugnati fino alla camera di consiglio del - omissis -onerando parte ricorrente di notiziare il Collegio in ordine all’esito dell’istanza di controllo giudiziario proposta e di produrre copia integrale dei verbali di udienza e del provvedimento conclusivo, ove nelle more adottato…”.
5.- Si è quindi costituito in giudizio il - omissis -, chiedendo anch’esso il rigetto del ricorso.
6.- Con il secondo ricorso per motivi aggiunti, parte ricorrente ha impugnato il Provvedimento Dirigenziale Comunale prot. n. - omissis -, con il quale venivano revocate, in ragione dell’interdittiva antimafia, le SCIA che consentivano alla ditta di esercitare le attività di somministrazione di cibi e bevande in diversi punti della - omissis - (sia in regime privatistico che a seguito di procedure ad evidenza pubblica). Tale provvedimento era stato, comunque, già sospeso d’iniziativa dal Comune, a seguito del D.P. n. - omissis -, sopra citato.
Nel ricorso, vengono dedotte non solo vizi di illegittimità derivata, ma anche autonome censure che ripropongono però i medesimi argomenti contenuti nel ricorso introduttivo.
7.- Con ordinanza n. - omissis -, parte ricorrente è stata ammessa, dal Tribunale di Catania, alla procedura di cui all’art. 34 bis del d.lgs. 159/2011, per il periodo di un anno.
8.- In vista dell’udienza camerale del - omissis -, parte ricorrente ha chiesto, in via principale, la sospensione del giudizio, tenuto conto dell’intervenuto accoglimento dell’istanza di controllo giudiziario e, in subordine, l’adozione di ogni misura cautelare idonea a sospendere l’efficacia degli atti impugnati, nelle more della discussione nel merito nel ricorso, insistendo per l’accoglimento dello stesso.
Nel corso dell’udienza camerale, tenutasi da remoto ai sensi dell’art. 7 bis d.l. n. 105/2021, conv. in l. n. 126/2021, il Collegio, ai sensi dell’art. 73 co. 3 c.p.a., ha rilevato la sussistenza di possibili profili di improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse e quindi, tenuto conto della novità della questione sollevata, ha concesso alle parti il termine di 10 giorni per il deposito di memorie sul punto, riservandosi la possibilità di definire il giudizio con sentenza in forma semplificata.
Detto avviso è stato ribadito con ordinanza collegiale n.- omissis -, tenuto conto che all’udienza da remoto non avevano partecipato i difensori dell’- omissis - e del - omissis -.
Rispettivamente in data 30.03.2022 e 04.04.2022, l’Avvocatura erariale e la parte ricorrente hanno depositato memorie sulla questione sollevata (la prima aderendo alla prospettata improcedibilità e la seconda insistendo per la sospensione del giudizio e, in subordine, chiedendo un rinvio) e quindi il ricorso è stato definitivamente deciso alla camera di consiglio del 14.04.2022.
Motivi della decisione
1.- Per come già rilevato ai sensi dell’art. 73 co 3 c.p.a., a seguito dell’ammissione dell’impresa ricorrente al controllo giudiziario, il ricorso è divenuto improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse.
Osserva preliminarmente il Collegio che, ai sensi dell’art. 34 bis del Codice Antimafia: “1. Quando l'agevolazione prevista dal comma 1 dell'articolo 34 risulta occasionale, il tribunale dispone, anche d'ufficio, il controllo giudiziario delle attività economiche e delle aziende di cui al medesimo comma 1, se sussistono circostanze di fatto da cui si possa desumere il pericolo concreto di infiltrazioni mafiose idonee a condizionarne l'attività. Nel caso in cui risultino applicate le misure previste dall'articolo 94-bis, il tribunale valuta se adottare in loro sostituzione il provvedimento di cui al comma 2, lettera b). 2. Il controllo giudiziario è adottato dal tribunale per un periodo non inferiore a un anno e non superiore a tre anni. Con il provvedimento che lo dispone, il tribunale può: a) imporre nei confronti di chi ha la proprietà, l'uso o l'amministrazione dei beni e delle aziende di cui al comma 1 l'obbligo di comunicare al questore e al nucleo di polizia tributaria del luogo di dimora abituale, ovvero del luogo in cui si trovano i beni se si tratta di residenti all'estero, ovvero della sede legale se si tratta di un'impresa, gli atti di disposizione, di acquisto o di pagamento effettuati, gli atti di pagamento ricevuti, gli incarichi professionali, di amministrazione o di gestione fiduciaria ricevuti e gli altri atti o contratti indicati dal tribunale, di valore non inferiore a euro 7.000 o del valore superiore stabilito dal tribunale in relazione al reddito della persona o al patrimonio e al volume d'affari dell'impresa. Tale obbligo deve essere assolto entro dieci giorni dal compimento dell'atto e comunque entro il 31 gennaio di ogni anno per gli atti posti in essere nell'anno precedente; b) nominare un giudice delegato e un amministratore giudiziario, il quale riferisce periodicamente, almeno bimestralmente, gli esiti dell'attività di controllo al giudice delegato e al pubblico ministero.
3. Con il provvedimento di cui alla lettera b) del comma 2, il tribunale stabilisce i compiti dell'amministratore giudiziario finalizzati alle attività di controllo e può imporre l'obbligo: a) di non cambiare la sede, la denominazione e la ragione sociale, l'oggetto sociale e la composizione degli organi di amministrazione, direzione e vigilanza e di non compiere fusioni o altre trasformazioni, senza l'autorizzazione da parte del giudice delegato; b) di adempiere ai doveri informativi di cui alla lettera a) del comma 2 nei confronti dell'amministratore giudiziario; c) di informare preventivamente l'amministratore giudiziario circa eventuali forme di finanziamento della società da parte dei soci o di terzi; d) di adottare ed efficacemente attuare misure organizzative, anche ai sensi degli articoli 6, 7 e 24-ter del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, e successive modificazioni; e) di assumere qualsiasi altra iniziativa finalizzata a prevenire specificamente il rischio di tentativi di infiltrazione o condizionamento mafiosi. 4. Per verificare il corretto adempimento degli obblighi di cui al comma 3, il tribunale può autorizzare gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria ad accedere presso gli uffici dell'impresa nonché presso uffici pubblici, studi professionali, società, banche e intermediari mobiliari al fine di acquisire informazioni e copia della documentazione ritenute utili. Nel caso in cui venga accertata la violazione di una o più prescrizioni ovvero ricorrano i presupposti di cui al comma 1 dell'articolo 34, il tribunale può disporre l'amministrazione giudiziaria dell'impresa. 5. Il titolare dell'attività economica sottoposta al controllo giudiziario può proporre istanza di revoca. In tal caso il tribunale fissa l'udienza entro dieci giorni dal deposito dell'istanza e provvede nelle forme di cui all'articolo 127 del codice di procedura penale. All'udienza partecipano il giudice delegato, il pubblico ministero e, ove nominato, l'amministratore giudiziario. 6. Le imprese destinatarie di informazione antimafia interdittiva ai sensi dell'articolo 84, comma 4, che abbiano proposto l'impugnazione del relativo provvedimento del prefetto, possono richiedere al tribunale competente per le misure di prevenzione l'applicazione del controllo giudiziario di cui alla lettera b) del comma 2 del presente articolo. Il tribunale, sentiti il procuratore distrettuale competente, il prefetto che ha adottato l'informazione antimafia interdittiva nonché gli altri soggetti interessati, nelle forme di cui all'articolo 127 del codice di procedura penale, accoglie la richiesta, ove ne ricorrano i presupposti; successivamente, anche sulla base della relazione dell'amministratore giudiziario, può revocare il controllo giudiziario e, ove ne ricorrano i presupposti, disporre altre misure di prevenzione patrimoniali. 7. Il provvedimento che dispone l'amministrazione giudiziaria prevista dall'articolo 34 o il controllo giudiziario ai sensi del presente articolo sospende il termine di cui all'articolo 92, comma 2, nonché gli effetti di cui all'articolo 94. Lo stesso provvedimento è comunicato dalla cancelleria del tribunale al prefetto della provincia in cui ha sede legale l'impresa, ai fini dell'aggiornamento della banca dati nazionale unica della documentazione antimafia di cui all'articolo 96, ed è valutato anche ai fini dell'applicazione delle misure di cui all'articolo 94-bis nei successivi cinque anni.”.
Con riferimento ai rapporti tra l’interdittiva antimafia e il provvedimento di ammissione dell’impresa al controllo giudiziario, per come enucleati dai commi 6 e 7 della citata disposizione, si registrano allo stato in giurisprudenza due orientamenti:
a) secondo i consolidati principi espressi dal Consiglio di Stato (cfr. ex multis, ord. nn. 4873/2019 e 5482/2019), l’ammissione dell’impresa al controllo giudiziario determina una causa necessaria di sospensione del giudizio, in conseguenza della sospensione ex lege dell’efficacia del provvedimento interdittivo;
b) secondo l’innovativo orientamento espresso dal T.a.r. Calabria – sez. staccata di Reggio Calabria (cfr. ex multis, sentenze nn. 15/2019 e 350/2019), in assenza di una ipotesi prevista dalla legge, non opera l’art. 295 c.p.c. (come richiamato dall’art. 79 co. 3 c.p.a.) e, stante la non interferenza degli ambiti giurisdizionali appartenenti al giudice amministrativo e al giudice della prevenzione penale, il giudice amministrativo ha l’obbligo comunque di definire nel merito il ricorso.
Orbene, il ragionamento logico-giuridico che conduce il Collegio ad una diversa soluzione della prospettata questione ed in particolare, alla definizione della controversia secondo una pronuncia di rito (nel senso della improcedibilità del ricorso) si declina lungo le seguenti linee direttrici:
a) la sopravvenuta inefficacia della misura interdittiva al momento dell’ammissione dell’impresa al controllo giudiziario;
b) la sussistenza di un obbligo di aggiornamento della misura interdittiva all’esito della cessazione del controllo giudiziario e l’imputazione del citato obbligo di aggiornamento dell’interdittiva ex officio in capo all’Amministrazione procedente, anche con riferimento alle questioni di compatibilità costituzionale e comunitaria del sistema della prevenzione antimafia;
c) la natura del provvedimento di aggiornamento, che non è un atto meramente confermativo della precedente interdittiva, ma un nuovo provvedimento, che giunge all’esito della necessaria, rinnovata istruttoria, la quale deve obbligatoriamente tenere conto di quanto accaduto durante il periodo di controllo giudiziario;
d) gli effetti conformativi della presente sentenza anche alla luce delle novità contenute nel d.l. n. 152/2021, conv. in l. n. 233/2021;
e) la possibile persistenza dell’interesse alla decisione del ricorso ai soli fini risarcitori.
1.a- Quanto alla misura interdittiva oggetto del presente ricorso ed alla sua idoneità a produrre effetti, dopo l’ammissione al controllo giudiziario, il Collegio ritiene che:
- l’interdittiva antimafia fotografa una situazione di acclarata “contaminazione mafiosa dell’impresa” in un determinato momento storico, sulla base dell’istruttoria svolta dall’autorità prefettizia e dagli organi di supporto tecnico (forze di polizia, organismi consultivi creati ad hoc, etc…); detta situazione è riconosciuta dalla stessa impresa che chiede l’ammissione al controllo giudiziario, in quanto l’accoglimento dell’istanza presentata ai sensi dell’art. 34 bis co. 6-7, d.lgs. n. 159/2011, presuppone il riconoscimento che la contaminazione sussiste, ma la circostanza che il giudice della prevenzione penale la reputi occasionale;
- la letteratura giuridica in materia ha, nel tempo, evidenziato notevoli problematiche connesse alla questione della efficacia nel tempo dell’interdittiva, con possibili ricadute in termini di potenziale lesione di diritti garantiti a livello costituzionale e comunitario (tra tutti, il diritto alla libera iniziativa imprenditoriale ed i conseguenti effetti sul diritto al lavoro, sul sistema dell’accesso al credito, etc…), laddove, già al momento della emissione dell’interdittiva da parte dell’autorità prefettizia, gli elementi raccolti soffrono obbligatoriamente, ma fisiologicamente di carenza di attualità in ragione del necessario intreccio tra procedimenti penali (viste le tempistiche ed i vincoli legati, anche, alla sussistenza del segreto istruttorio) ed il procedimento amministrativo;
- a maggior ragione, all’esito del percorso di monitoraggio e possibile risanamento dell’impresa tramite la misura del controllo giudiziario (la quale può avere una durata da uno a tre anni), l’architettura dell’informativa antimafia originaria sconta un deficit imprescindibile di attualità, che non riguarda esclusivamente mere sopravvenienze di fatto eventuali (ad esempio, nuove operazioni di polizia giudiziaria, altri dati informativi raccolti su frequentazioni controindicate, etc…), ma anche e soprattutto le ragioni per le quali, all’esito del controllo giudiziario e a prescindere dal rispetto o meno delle misure prescrittive, siano ritenute persistenti, eliminate o invece addirittura aggravate le condizioni di possibile influenza da parte di associazioni mafiose;
- sul punto, Corte Cost. n. 57/2020, nell’affermare la conformità dell’istituto dell’interdittiva al principio di legalità sostanziale ed a quello di ragionevolezza, evidenzia – con riferimento alla validità temporale della misura – come: “un ruolo particolarmente rilevante assume il carattere provvisorio della misura…È questo il senso della disposizione dell’art. 86, comma 2, del d.lgs. n. 159 del 2011, secondo il quale l’informativa antimafia ha una validità limitata di dodici mesi, cosicché alla scadenza del termine occorre procedere alla verifica della persistenza o meno delle circostanze poste a fondamento dell’interdittiva, con l’effetto, in caso di conclusione positiva, della reiscrizione nell’albo delle imprese artigiane, nella specie, e in generale del recupero dell’impresa al mercato. E va sottolineata al riguardo la necessità di un’applicazione puntuale e sostanziale della norma, per scongiurare il rischio della persistenza di una misura non più giustificata e quindi di un danno realmente irreversibile…”.
Pertanto, se, in generale, il Collegio condivide l’orientamento della giurisprudenza secondo cui il mero decorso del termine di un anno, ex art. 86 Codice Antimafia, non vale di per sé a privare di efficacia la misura interdittiva, ferma restando la possibilità dell’interessato di richiedere autonomamente un aggiornamento del provvedimento prefettizio prospettando elementi istruttori nuovi, nel caso di specie l’elemento di novità che rende definitivamente inefficace l’originaria interdittiva è dato proprio dall’ammissione dell’impresa al controllo giudiziario. Invero, il controllo giudiziario consente all’impresa di operare legittimamente sul mercato, ed anzi le impone di dimostrare l’occasionalità dei contatti controindicati e la dissociazione da tali contatti, attraverso veri e propri atti di self-cleaning;
- in conclusione, ad avviso di questo Collegio, in caso di ammissione di una impresa al controllo giudiziario, l’interdittiva antimafia perde efficacia e l’autorità prefettizia dovrà verificare se, in considerazione della prospettata occasionalità del contagio e tenuto conto di quanto accaduto durante il periodo del controllo, sia ancora sussistente il pericolo di infiltrazione ovvero se esso sia venuto definitivamente meno e l’impresa possa tornare ad operare a pieno titolo sul mercato.
1.b- Postulata la necessità dell’aggiornamento del provvedimento originario, affinchè l’istituto venga declinato conformemente ai principi costituzionali ed eurounitari, il Collegio intende individuare il soggetto su cui incombe l’obbligo/l’onere di attivare il procedimento di aggiornamento e valutare le relative ricadute sulla possibile lesione del diritto di difesa del destinatario della misura, laddove tale procedimento non venga attivato.
Al di là del dato normativo, per come interpretato dalla giurisprudenza costituzionale con la sentenza n. 57/2020 sopra citata, la quale non riconosce una definitiva ultrattività dell’interdittiva, il Collegio ritiene che una lettura costituzionalmente orientata della normativa di cui all’art. 34 bis co. 6 e 7 del Codice Antimafia, impone che al decorso del termine di efficacia del disposto controllo sia già stato avviato e concluso il procedimento di verifica della persistenza o meno del pericolo di infiltrazione mafiosa, tenuto conto della condotta assunta dall’impresa durante il periodo del controllo.
Pertanto, mentre in generale, per come detto sopra, spetta all’interessato fornire elementi nuovi che giustifichino la revisione del negativo giudizio prognostico insito in un provvedimento interdittivo al fine di ottenere l’aggiornamento del provvedimento negativo, nel caso dell’ammissione dell’impresa al controllo giudiziario, l’istruttoria deve essere avviata d’ufficio, perché l’elemento nuovo è fornito dal giudice della prevenzione, che ha qualificato il contatto come occasionale e che ha ritenuto l’impresa potenzialmente suscettibile di essere risanata.
Ne consegue che:
- in caso di inerzia, l’interessato può attivare il rito del silenzio-inadempimento (artt. 31 e 117 c.p.a.);
- qualora la nuova informativa contenga un giudizio prognostico negativo, sorgerà l’interesse dell’impresa a proporre un nuovo ricorso;
- in caso di giudizio prognostico positivo da parte della Prefettura, invece, il controllo giudiziario dovrà cessare, anche se fosse stata medio tempore reiterata la misura di prevenzione da parte dal giudice della prevenzione e l’impresa tornerà quindi sul mercato, libera da ogni forma di monitoraggio.
Se così non fosse si determinerebbe l’elusione dei limiti di compatibilità costituzionale e comunitaria della normativa antimafia, come delineati dalla citata sentenza della C. Cost. n. 57/2020.
1.c- Quanto alla natura del provvedimento di “aggiornamento” dell’interdittiva antimafia, in ragione dell’ammissione al controllo giudiziario, ritiene il Collegio che il nuovo provvedimento, anche se negativo, non possa mai considerarsi meramente confermativo del precedente, perché la Prefettura ha l’obbligo, come detto sopra, di effettuare una nuova istruttoria. Ecco la ragione per cui, rispetto a tale provvedimento (ove lesivo), sorgerà l’interesse al ricorso dell’impresa attinta da interdittiva e ciò al fine di non vedersi definitivamente preclusa l’attività economica.
Da tutte le superiori premesse, in applicazione della normativa applicabile ratione temporis e del diritto vivente, ne consegue necessariamente l’improcedibilità del ricorso proposto dalla -OMISSIS-, per sopravvenuto difetto di interesse.
1.d- Il Collegio ritiene, a questo punto, di dedicare un passaggio alle prospettive derivanti dalle innovazioni normative apportate dal d.l. n. 152/2021, conv. in l. n. 233/2021 e ciò anche al fine di individuare gli effetti conformativi della presente sentenza.
L’art. 47 d.l. n. 152/2021, conv. in l. n. 233/2021 (Amministrazione giudiziaria e controllo giudiziario delle aziende) recita: “1. All'articolo 34-bis del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, sono apportate le seguenti modificazioni: a) al comma 1, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Nel caso in cui risultino applicate le misure previste dall'((articolo)) 94-bis, il ((tribunale)) valuta se adottare in loro sostituzione il provvedimento di cui al comma 2, ((lettera b) ))»; b) al comma 6, secondo periodo, le parole «Il tribunale, sentiti il procuratore distrettuale competente e» sono sostituite dalle seguenti: «Il tribunale, sentiti il procuratore distrettuale competente, il prefetto che ha adottato l'informazione antimafia interdittiva nonché»; c) il comma 7 è sostituito dal seguente: «7. Il provvedimento che dispone l'amministrazione giudiziaria prevista dall'articolo 34 o il controllo giudiziario ai sensi del presente articolo sospende il termine di cui all'articolo 92, comma 2, nonché gli effetti di cui all'articolo 94. Lo stesso provvedimento è dalla cancelleria del tribunale ((al prefetto della provincia in cui ha sede)) legale l'impresa, ai fini dell'aggiornamento della banca dati nazionale unica della documentazione antimafia di cui all'articolo 96, ed è valutato anche ai fini dell'applicazione delle misure di cui all'articolo 94-bis nei successivi cinque anni.»”.
L’art. 48 d.l. n. 152/2021, conv. in l. n. 233/2021 (Contraddittorio nel procedimento di rilascio dell'interdittiva antimafia) recita: “1. Al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, sono apportate le seguenti modificazioni: a) all'articolo 92: 1) la rubrica è sostituita dalla seguente: «Procedimento di rilascio delle informazioni antimafia»; 2) il comma 2-bis è sostituito dai seguenti: «2-bis. Il prefetto, nel caso in cui, sulla base degli esiti delle verifiche disposte ai sensi del comma 2, ritenga sussistenti i presupposti per l'adozione dell'informazione antimafia interdittiva ovvero per procedere all'applicazione delle misure di cui all'articolo 94-bis, e non ricorrano particolari esigenze di celerità del procedimento, ne dà tempestiva comunicazione al soggetto interessato, indicando gli elementi sintomatici dei tentativi di infiltrazione mafiosa. Con tale comunicazione è assegnato un termine non superiore a venti giorni per presentare osservazioni scritte, eventualmente corredate da documenti, nonché per richiedere l'audizione, da effettuare secondo le modalità previste dall'articolo 93, commi 7, 8 e 9. In ogni caso, non possono formare oggetto della comunicazione di cui al presente comma elementi informativi il cui disvelamento sia idoneo a pregiudicare procedimenti amministrativi o attività processuali in corso, ovvero l'esito di altri accertamenti finalizzati alla prevenzione delle infiltrazioni mafiose. La predetta comunicazione sospende, con decorrenza dalla relativa data di invio, il termine di cui all'articolo 92, comma 2. La procedura del contraddittorio si conclude entro sessanta giorni dalla data di ricezione della predetta comunicazione. 2-ter. Al termine della procedura in contraddittorio di cui al comma 2-bis, il prefetto, ove non proceda al rilascio dell'informazione antimafia liberatoria: a) dispone l'applicazione delle misure di cui all'articolo 94-bis, dandone comunicazione, entro cinque giorni, all'interessato secondo le modalità stabilite dall'articolo 76, comma 6, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, qualora gli elementi sintomatici dei tentativi di infiltrazione mafiosa siano riconducibili a situazioni di agevolazione occasionale; b) adotta l'informazione antimafia interdittiva, procedendo alla comunicazione all'interessato entro il termine e con le modalità di cui alla lettera a), nel caso di sussistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa. Il prefetto, adottata l'informazione antimafia interdittiva ai sensi della presente lettera, verifica altresì la sussistenza dei presupposti per l'applicazione delle misure di cui all'articolo 32, comma 10, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114 e, in caso positivo, ne informa tempestivamente il Presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione. 2-quater. Nel periodo tra la ricezione della comunicazione di cui al comma 2-bis e la conclusione della procedura in contraddittorio, il cambiamento di sede, di denominazione, della ragione o dell'oggetto sociale, della composizione degli organi di amministrazione, direzione e vigilanza, la sostituzione degli organi sociali, della rappresentanza legale della società nonché della titolarità delle imprese individuali ovvero delle quote societarie, il compimento di fusioni o altre trasformazioni o comunque qualsiasi variazione dell'assetto sociale, organizzativo, gestionale e patrimoniale delle società e imprese interessate dai tentativi di infiltrazione ((mafiosa possono)) essere oggetto di valutazione ai fini dell'adozione dell'informazione interdittiva antimafia.»; b) all'articolo 93, il comma 7 è sostituito dal seguente: «7. Il prefetto competente all'adozione dell'informazione ((antimafia)), sulla base della documentazione e delle informazioni acquisite nel corso dell'accesso, può invitare in sede di audizione personale i soggetti interessati a produrre ogni informazione ritenuta utile, anche allegando elementi documentali, qualora non ricorrano particolari esigenze di celerità del procedimento ovvero esigenze di tutela di informazioni che, se disvelate, ((siano suscettibili)) di pregiudicare procedimenti amministrativi o attività processuali in corso, ovvero l'esito di altri procedimenti amministrativi finalizzati alla prevenzione delle infiltrazione mafiose.»”.
L’art. 49 d.l. n. 152/2021, conv. in l. n. 233/2021 (Prevenzione collaborativa) recita, infine: “1. Al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, dopo l'articolo 94, è inserito il seguente: «Art. 94-bis (Misure amministrative di prevenzione collaborativa applicabili in caso di agevolazione occasionale). - 1. Il prefetto, quando accerta che i tentativi di infiltrazione mafiosa sono riconducibili a situazioni di agevolazione occasionale, prescrive all'impresa, società o associazione interessata, con provvedimento motivato, l'osservanza, per un periodo non inferiore a sei mesi e non superiore a dodici mesi, di una o più delle seguenti misure: a) adottare ed efficacemente attuare misure organizzative, anche ai sensi degli articoli 6, 7 e 24-ter del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, atte a rimuovere e prevenire le cause di agevolazione occasionale; b) comunicare al gruppo interforze istituito presso la prefettura competente per il luogo di sede legale o di residenza, entro quindici giorni dal loro compimento, gli atti di disposizione, di acquisto o di pagamento effettuati, gli atti di pagamento ricevuti, gli incarichi professionali conferiti, di amministrazione o di gestione fiduciaria ricevuti, di valore ((non inferiore a 5.000 euro)) o di valore superiore stabilito dal prefetto, sentito il predetto gruppo interforze, in relazione al reddito della persona ((o al patrimonio e al volume di affari)) dell'impresa; c) per le società di capitali o di persone, comunicare al gruppo interforze ((i finanziamenti, in qualsiasi forma, eventualmente erogati)) da parte dei soci o di terzi; d) comunicare al gruppo interforze i contratti di associazione in partecipazione stipulati; e) utilizzare un conto corrente dedicato, anche in via non esclusiva, per gli atti di pagamento e riscossione di cui alla lettera b), nonché per i finanziamenti di cui alla lettera c), osservando, per i pagamenti previsti dall'articolo 3, comma 2, della legge 13 agosto 2010, n. 136, le modalità indicate nella stessa norma. 2. Il prefetto, in aggiunta alle misure di cui al comma 1, può nominare, anche d'ufficio, uno o più esperti, in numero comunque non superiore a tre, individuati nell'albo di cui all'articolo 35, comma 2-bis, con il compito di svolgere funzioni di supporto finalizzate all'attuazione delle misure di prevenzione collaborativa. Agli esperti di cui al primo periodo spetta un compenso, ((determinato)) con il decreto di nomina, non superiore al 50 per cento di quello liquidabile sulla base dei criteri stabiliti dal decreto di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 4 febbraio 2010, n. 14. Gli oneri relativi al pagamento di tale compenso sono a carico dell'impresa, società o associazione. 3. Le misure di cui al presente articolo cessano di essere applicate se il tribunale dispone il controllo giudiziario di cui all'articolo 34-bis, comma 2, lettera b). Del periodo di loro esecuzione può tenersi conto ai fini della determinazione della durata del controllo giudiziario. 4. Alla scadenza del termine di durata delle misure di cui al presente articolo, il prefetto, ove accerti, sulla base delle analisi formulate dal gruppo interforze, il venir meno dell'agevolazione occasionale e l'assenza di altri tentativi di infiltrazione mafiosa, rilascia un'informazione antimafia liberatoria ed effettua le conseguenti iscrizioni nella banca dati nazionale unica della documentazione antimafia. 5. Le misure di cui al presente articolo sono annotate in un'apposita sezione della banca dati di cui all'articolo 96, a cui è precluso l'accesso ai soggetti privati sottoscrittori di accordi conclusi ai sensi dell'articolo 83-bis, e sono comunicate dal prefetto alla cancelleria del ((tribunale)) competente per l'applicazione delle misure di prevenzione.». 2. ((Le disposizioni dell'articolo 94-bis del codice di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, introdotto dal comma 1 del presente articolo, si applicano anche)) ai procedimenti amministrativi per i quali, alla data di entrata in vigore del presente decreto, è stato effettuato l'accesso alla banca dati nazionale unica della documentazione antimafia e non è stata ancora rilasciata l'informazione antimafia. ((2-bis. Le misure adottate ai sensi dei commi 1 e 2 possono essere in ogni momento revocate o modificate e non impediscono l'adozione dell'informativa antimafia interdittiva.»))”.
Orbene, ancorché tale normativa non fosse in vigore al momento dell’adozione del provvedimento impugnato, si applicherà necessariamente al momento dell’aggiornamento dell’interdittiva da effettuarsi prima della conclusione del controllo giudiziario. Ne consegue che, con riferimento all’effetto conformativo nel caso di specie, la Prefettura dovrà effettuare una nuova istruttoria secondo il modello procedimentale c.d. “partecipato”, enucleato dalla riforma sopra citata.
Osserva, d’altra parte, il Collegio che lo strumento del controllo partecipativo in sede procedimentale, potrebbe costituire, da un lato, un modo per valorizzare gli effetti del contraddittorio nella fase istruttoria e, dall’altro, un modo per intervenire tempestivamente sulla situazione in divenire (valorizzando il carattere provvisorio della misura interdittiva, come più volte evidenziata dal Collegio), così da salvaguardare la presenza dell’impresa sul mercato.
In ultima analisi tale istituto potrebbe addirittura condurre (ove opportunamente utilizzato e valorizzato dalle Prefetture) a svuotare di contenuto l’istituto del controllo giudiziario, così riducendo al minimo le problematiche dell’interferenza tra il processo amministrativo avverso l’interdittiva e il giudizio del giudice della prevenzione penale in tema di controllo giudiziario.
Ad avviso del Collegio, le novelle normative consentono, ad oggi, di ritenere del tutto escluse le più volte prospettate questioni di compatibilità con la Costituzione e con la CEDU del sistema della prevenzione antimafia: l’afflittività delle misure interdittive rispetto al circuito economico-imprenditoriale al di fuori delle garanzie proprie del cd. “giusto processo” ed i limiti del sindacato del giudice amministrativo sui provvedimenti discrezionali adottati dal Prefetto (ai sensi degli artt. 84 e 91 Codice Antimafia), già superati per effetto di una lettura costituzionalmente orientata delle norme vigenti grazie al diritto vivente della giurisprudenza amministrativa, sono ora definitivamente esclusi da un modello “collaborativo” tra amministrazione e l’impresa sospettata di mafia, che ha inizio nella fase procedimentale e segue l’impresa stessa nell’andamento diacronico della vicenda, con misure bilanciate e tempestive.
1.e- Infine, sul versante processuale, il Collegio si domanda, (in via meramente incidentale), se in caso di ammissione al controllo dell’impresa attinta da interdittiva, possa residuare in sede giurisdizionale (nel ricorso avverso l’interdittiva) un interesse alla decisione ai fini meramente risarcitori, alla luce del disposto di cui all’art. 34 co. 3 c.p.a. (e ciò in disparte la questione della regolamentazione del regime delle spese del giudizio, in base al principio della soccombenza virtuale).
Ad avviso del Collegio a tale quesito deve in generale essere data risposta positiva perché, qualora la domanda risarcitoria sia stata proposta, dato che secondo la prima prospettazione dell’impresa ricorrente essa sarebbe stata illegittimamente attinta da interdittiva e ciò le potrebbe aver causato dei danni, la declaratoria di improcedibilità del ricorso per sopravvenuto difetto di interesse determinatasi per effetto dell’ammissione al controllo, non eliderebbe gli eventuali danni medio tempore prodotti dall’interdittiva, i cui effetti sono sospesi ex lege ex art. 34 bis, co 7, ma solo ex nunc.
Orbene, tale domanda risarcitoria sarebbe però palesemente infondata, e ciò risulterebbe acclarato proprio in ragione dell’intervenuta presentazione dell’istanza di ammissione al controllo giudiziario.
Si ribadisce infatti che, nel caso di informativa prefettizia negativa, l’ammissione alla misura riabilitativa, da parte del Tribunale ordinario, passa – oltre che per una esplicita istanza da parte dell’impresa attinta da interdittiva – anche e soprattutto da un vaglio in chiave sostanziale sulla “occasionalità” del contagio mafioso, che costituisce, però, un elemento fattuale incontestato, anzi è dato per presupposto dell’ammissibilità dell’istanza ex art. 34 bis, co. 6-7, d.lgs. n. 159/2011.
Ne consegue che nel momento in cui l’impresa (successivamente alla proposizione del ricorso giurisdizionale al T.a.r., contenente anche la domanda risarcitoria o la prospettazione dell’intenzione di proporla al fine di radicare la persistenza dell’interesse alla decisione) propone l’istanza per l’ammissione al controllo giudiziario, riconosce, come si è già detto, la legittimità del provvedimento prefettizio impugnato e quindi esclude in radice finanche l’esistenza del fatto illecito, con ciò determinando, eventualmente, la necessaria declaratoria dell’infondatezza nel merito della domanda risarcitoria ove già proposta.
In conclusione, quanto ai rapporti tra interdittiva e controllo giudiziario:
a) l’impresa attinta da interdittiva è legittimamente esclusa dal mercato e solo se ammessa al controllo può riprendere ex nunc ad operare. All’esito di tale controllo sarà ammessa o esclusa dal mercato per effetto di un nuovo provvedimento prefettizio, obbligatoriamente adottato prima della conclusione del primo periodo di ammissione al controllo giudiziario, con conseguente improcedibilità del ricorso quanto alla originaria interdittiva;
b) la legittimità dell’originario provvedimento interdittivo esclude in radice l’esistenza del fatto illecito e determina l’infondatezza nel merito della domanda risarcitoria, ove proposta.
Nel caso di specie, come si è detto, in assenza di domanda risarcitoria (o di prospettata intenzione di proporla), il ricorso deve semplicemente essere dichiarato improcedibile.
2. Il Collegio, de iure condendo, propone, da ultimo, una riflessione sul coordinamento dei meccanismi e degli effetti propri degli istituti dell’informazione antimafia, del controllo giudiziario e della prevenzione collaborativa nella loro chiave sostanziale e nella loro proiezione processuale, sin dalla fase cautelare, al fine di perseguire un ragionevole bilanciamento tra le innegabili conseguenze dirompenti dell’interdittiva sulla possibile sopravvivenza dell’impresa (qualora il provvedimento si riveli, ex post, illegittimo, ovvero il contagio mafioso sia stato occasionale) e la problematica della corretta aggiudicazione delle commesse e attribuzione dei finanziamenti pubblici.
Il prospettato equo bilanciamento assiologico è stato comunque garantito finora da questo T.a.r. – nella fase cautelare – attraverso la celere fissazione dell’udienza di merito, nelle more della definizione, da parte del giudice penale, dell’eventuale istanza di ammissione al controllo giudiziario, che comunque, si è detto, non va a sanare ex post la perdita dei requisiti di partecipazione ad una gara pubblica, ovvero la perdita di pubblici finanziamenti non accantonati.
Fermo restando che lo strumento della prevenzione collaborativa, pur se confinato alla scelta discrezionale dell’autorità prefettizia, ove opportunamente valorizzato, potrebbe costituire una ulteriore forma di anticipazione della tutela in chiave di tempestiva ripresa dell’attività economica dell’impresa sul libero mercato, ad avviso di questo Collegio, la fissazione dell’udienza di merito dovrebbe essere invece prevista dalla stessa legge come un obbligo ex officio e ciò nel termine massimo di mesi sei dal deposito del ricorso.
Ciò che auspica, infine, in aggiunta il Collegio, per rafforzare le garanzie di difesa dell’impresa attinta da interdittiva ed il principio di effettività della tutela giurisdizionale, è la previsione di un termine di “stand-still” per la stazione appaltante/P.A. erogatrice dei contributi pubblici, nelle more del vaglio del Tribunale della Prevenzione (il quale dovrebbe decidere celermente), affinché l’impresa non perda definitivamente la possibilità di accedere all’aggiudicazione delle commesse pubbliche ovvero la possibilità di ottenere l’erogazione dei finanziamenti pubblici nell’ambito delle procedure in itinere (con contributi limitati e presenza di soggetti controinteressati). Detto termine potrebbe essere ancorato a quello fissato per il Tribunale ordinario per decidere sull’istanza di controllo.
3.- Ciò detto, per tutte le ragioni sopra esposte, il ricorso proposto dalla -OMISSIS-, per come integrato dai motivi aggiunti, è divenuto improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse.
4.- Quanto al regime delle spese, a rigore, in applicazione del principio della soccombenza virtuale, esse andrebbero poste a carico della parte ricorrente.
Invero, anche al fine di distinguere il diverso ambito del giudizio del giudice della prevenzione penale (che valuta l’occasionalità del contatto, ma che riconosce la legittimità del provvedimento prefettizio) rispetto all’ambito del giudizio del giudice amministrativo (che valuta la situazione di potenziale di pericolo di infiltrazione mafiosa, secondo la regola del “più probabile che non” - i.e. del “50% +1”, per come ricostruita sulla base degli indici sintomatici elaborati dalla consolidata giurisprudenza), si riporta letteralmente, un significativo condivisibile passaggio del provvedimento di ammissione di -OMISSIS- al controllo giudiziario: “…ritenuta l’aderenza del provvedimento prefettizio ai presupposti di legge, in considerazione del ruolo di vertice rivestito in passato da -OMISSIS-e la permanenza dell’azienda nella sfera di interesse, quanto meno mediato, di quest’ultimo…” .
Appare, dunque, chiaro come la valutazione del Tribunale della Prevenzione si connoti – come richiede la natura dell’istituto – esclusivamente sul giudizio prognostico di possibilità di recupero dell’impresa, senza sconfessare le risultanze prefettizie, le quali, costituiscono un presupposto necessario, non solo in chiave processuale per attivare il relativo rimedio, ma anche in chiave sostanziale, con riferimento alla sussistenza di una cointeressenza – lo si ribadisce, acclarata – tra l’impresa e l’associazione mafiosa.
D’altra parte, l’assoluta novità della questione trattata e la conseguente pronuncia in rito, giustificano eccezionalmente l’integrale compensazione delle spese del giudizio tra le parti costituite.
Nulla spese per le parti non costituite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto e integrato con i motivi aggiunti, lo dichiara improcedibile.
Spese compensate tra le parti costituite.
Nulla spese per le parti non costituite.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte ricorrente e delle persone fisiche citate in sentenza, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento di ogni elemento idoneo alla loro individuazione.