Viene meno l'applicazione del principio solidaristico in quanto le due condotte non danno luogo ad un illecito plurisoggettivo ma risultano del tutto autonome.
All'attuale ricorrente, rappresentante di una ditta individuale, veniva contestato il delitto
Svolgimento del processo
1. Con sentenza del 21/10/2021, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano applicava (tra gli altri) a P.M. - ai sensi dell'art. 444 cod. proc. pen. - la pena di un anno di reclusione in ordine al delitto di cui all'art. 8, d. lgs. 10 marzo 2000, n. 74; contestualmente, disponeva la confisca di beni mobili ed immobili nella disponibilità dell'imputato, fino alla concorrenza di 177.279,46 euro, "solo per il caso e nei limiti di impossibile recupero del debito tributario dall'ente E. Service s.r.l."
2. Propone ricorso per cassazione il M., a mezzo dei propri difensori, deducendo i seguenti motivi: - violazione degli artt. 8 e 12-bis, d. lgs. n. 74 del 2000. Il Tribunale, accolto il patto sanzionatorio, ha disposto - a carico dell'imputato - la confisca di una somma di denaro, quale profitto corrispondente ad un illecito risparmio di imposta, che, tuttavia, sarebbe stato conseguito non dal M. (emittente le fatture per operazioni inesistenti, quale legale rappresentante dell'omonima ditta individuale), imputato ex art. 8, d. lgs. n. 74 del 2000, ma da D.D. (utilizzatore delle stesse fatture, quale legale rappresentante della "E. Service s.r.l.), imputato ai sensi dell'art. 2, stesso decreto. Ne consegue che l'eventuale profitto di reato sarebbe stato conseguito non dalla ditta individuale del M., ma dalla "E. Service", che avrebbe portato in dichiarazione le fatture medesime, con conseguente risparmio di imposta. La misura ablatoria, pertanto, sarebbe illegittima, perché presupporrebbe in capo al ricorrente un profitto non conseguito; dalla mera emissione dei documenti, infatti, non si ricaverebbero vantaggi personali o risparmio di imposta, né quest'ultimo deriverebbe ex se all'utilizzatore, che lo potrebbe ottenere - lui solo - esclusivamente portando in dichiarazione le fatture stesse; circostanza, peraltro, del tutto ipotetica e non richiesta dall'art. 8 in rubrica che, infatti, sarebbe sostenuto dal dolo specifico diretto a terzi; - violazione delle medesime norme, unitamente all'art. 9, stesso decreto, in punto di confisca per equivalente. Esaminando una diversa opzione interpretativa della stessa confisca, peraltro neppure richiamata dalla sentenza, il ricorso esclude poi che la misura possa esser stata disposta a carico del M. a titolo di concorso con l'utilizzatore delle fatture, dato che l'applicazione dell'art. 110 cod. pen. sarebbe espressamente vietata dall'art. 9, d. lgs. n. 74 del 2000; - mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione. Ancora come mera evenienza, infine, il ricorso esclude che la confisca possa esser stata disposta ipotizzando un qualche legame del M. con la "E. Service", quel che sarebbe escluso dalla lettera della rubrica e, peraltro, non sarebbe sostenuto da alcuna motivazione.
Motivi della decisione
4. Il ricorso risulta fondato.
5. Occorre premettere che al M. è stato contestato il delitto di cui agli artt. 81 cpv. cod. pen., 8, d. lgs. n. 74 del 2000, perché, nella qualità di legale rappresentante della omonima ditta individuale, aveva emesso numerose fatture per operazioni oggettivamente inesistenti - dal 2015 al 2019 - al fine di consentire alla "E. Service s.r.l." l'evasione delle imposte sui redditi e sul valore aggiunto nella misura di cui alla rubrica.
6. Questo reato è stato fatto oggetto di negozio sanzionatorio ex art. 444 cod.proc. pen., ratificato dal G.i.p. di Milano con la sentenza qui impugnata.
7. Con la stessa pronuncia, peraltro, il Giudice ha disposto a carico del M. la confisca dei beni fino alla concorrenza di una somma di danaro, il cui ammontare coincide con il profitto - id est: risparmio di imposta – conseguito dall'utilizzatore delle fatture medesime, la citata "E. Service s.r.l."; confisca, peraltro, disposta per equivalente, ossia solo "per il caso e nei limiti di impossibile recupero del debito tributario" da quest'ultima.
8. Tale statuizione deve essere censurata.
9. Le Sezioni Unite di questa Corte (Sez. U, n. 26654 del 27/03/2008, Rv.239926) hanno affermato che "di fronte ad un illecito plurisoggettivo deve applicarsi il principio solidaristico che informa la disciplina del concorso nel reato e che implica l'imputazione dell'intera azione delittuosa e dell'effetto conseguente in capo a ciascun concorrente. Più in particolare, perduta l'individualità storica del profitto illecito, la confisca di valore può interessare indifferentemente ciascuno dei concorrenti anche per l'intera entità del profitto accertato (entro logicamente i limiti quantitativi dello stesso), non essendo esso ricollegato all'arricchimento di uno piuttosto che di un altro soggetto coinvolto, bensì alla corresponsabilità di tutti nella commissione dell'illecito, senza che rilevi il riparto del relativo onere tra concorrenti, che costituisce fatto interno a questi ultimi.
10. Il principio solidaristico, tuttavia, non trova applicazione nel caso, come quello in esame, relativo alla condotta posta in essere dal soggetto che emette fatture per operazioni inesistenti (art. 8 d.lgs. n. 74 del 2000) in relazione alla condotta posta in essere di chi si avvale delle stesse fatture (art. 2, stesso decreto); lo stesso decreto, infatti, all'art. 9 stabilisce che "In deroga all'art. 110 del codice penale: a) l'emittente di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti e chi concorre con il medesimo non è punibile a titolo di concorso nel reato previsto dall'art. 2; b) chi si avvale di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti e chi concorre con il medesimo non è punibile a titolo di concorso nel reato previsto dall'art. 8". Le due condotte, dunque, risultano del tutto "autonome" e non danno luogo ad un illecito plurisoggettivo, che duplicherebbe la responsabilità - sotto distinte fattispecie - con riguardo ad un'unica condotta illecita, con illegittimo pregiudizio per l'autore.
12. Questa Corte, pertanto, ha affermato il principio - qui da ribadire secondo cui, in materia di emissione di fatture per operazioni inesistenti, il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente non può essere disposto sui beni dell'emittente per il valore corrispondente al profitto conseguito dall'utilizzatore delle fatture medesime, poiché il regime derogatorio previsto dall'art. 9 citato impedisce l'applicazione in questo caso del principio solidaristico, valido nei soli casi di illecito plurisoggettivo. (Sez. 3, n. 35459 del 20/7/2016, M., non massimata; Sez.3, n. 42641 del 26/09/2013, Rv.257419).
13. Di seguito, peraltro, occorre rilevare che la determinazione del profitto del reato ex art. 8 in esame deve tener conto che l'emissione di fatture per operazioni inesistenti è funzionale all'evasione da parte di terzi e non genera un diretto vantaggio economico a favore dell'emittente in relazione al risparmio di imposta. Ne consegue che per lo stesso delitto deve farsi riferimento non tanto alla nozione di profitto, quanto a quella di prezzo del reato, venendo in considerazione per l'emittente il compenso pattuito o riscosso per eseguire il delitto, essendo prezzo del reato ciò che è dato o promesso per commetterlo. Solo in mancanza di acquisizioni processuali che consentano di determinare esattamente il prezzo del reato deve ritenersi corretto il sequestro preventivo, anche per equivalente, con riferimento a qualsiasi utilità, economicamente valutabile, immediatamente o mediatamente derivante dalla commissione del reato tributario, qualora accertata (Sez.3, n.50310 del 18/09/2014, Rv.261517).
14. Tanto premesso in termini generali, si osserva allora che il G.i.p. di Milano non ha fatto corretta applicazione di questi principi, riferendo al M., nella qualità, un profitto - espressamente indicato quale risparmio di imposta - che non gli è stato neppure contestato, e che invece risulta ascritto esclusivamente al D., quale legale rappresentante della "E. Service". La sentenza, peraltro, neppure accenna ad un ipotetico prezzo che il ricorrente avrebbe ottenuto per l'emissione delle fatture, limitandosi ad "estendere" impropriamente anche a questi un vantaggio fiscale del quale, tuttavia, la stessa decisione non fa emergere traccia.
15. Il ricorso, pertanto, deve essere accolto, e la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio, limitatamente alla confisca disposta a carico del M..
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla disposta confisca, confisca che elimina.