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4 maggio 2022
Restituito lo smartphone sequestrato: sussiste comunque l’interesse ad impugnare il provvedimento?

Errato l'orientamento giurisprudenziale secondo cui l'interesse ad impugnare il provvedimento di sequestro è diverso a seconda della natura “analogica” o “digitale” del suo oggetto.

La Redazione

Il Tribunale di Bari accoglieva l'istanza di riesame proposta contro il decreto di perquisizione e di sequestro probatorio emesso dal PM, volto alla ricerca e al sequestro di documentazione e apparecchiature informatiche nell'ambito di un procedimento penale che non vedeva, allo stato, l'istante quale indagato.
Durante il procedimento di riesame, il PM trasmetteva alla cancelleria i provvedimenti didissequestro e di restituzione dei beni sequestrati, evidenziando che non si era verificato alcun pregiudizio dei sistemi informatici. La difesa dell'istante, d'altra parte, aveva invece ribadito l'interesse attuale e concreto alla discussione dell'impugnazione ai fini dell'utilizzabilità delle risultanze del sequestro in dibattimento, vista l'estrazione di copie forensi dallo smartphone dell'interessato.
Contro l'ordinanza di annullamento, il Procuratore della Repubblica propone ricorso per cassazione, lamentando la mancata declaratoria di inammissibilità della richiesta di riesame per carenza di interesse.

Con la sentenza n. 17878 del 4 maggio 2022, la Corte di Cassazione dichiara il ricorso inammissibile, ribadendo l'orientamento giurisprudenziale in base al quale nel sequestro di supporti informatici, la copia del dato informatico in esso contenuto e il suo trattenimento non possono ritenersi una “restituzione del bene” in sequestro se il valore del dato risulti ancora sottratto all'avente diritto. Per questo, si ritiene che «l'interesse nell'impugnazione in tema di sequestro probatorio di dati informatici dovesse ravvisarsi nella tutela del diritto di ogni soggetto alla disponibilità “esclusiva del proprio “patrimonio informativo”, la cui lesione era ipotizzabile anche in caso di restituzione del supporto contenente i dati, e la cui tutela assumeva connotazioni pressanti soprattutto nei casi di sequestro avente ad oggetto informazioni incidenti sul diritto alla riservatezza o al segreto».
Sulla scorta di tale orientamento, le Sezioni Unite hanno ribadito più volte che anche qualora venisse restituito il supporto sul quale era contenuto il dato, permane comunque l'interesse ad impugnare il provvedimento ablativo, per verificarne la sussistenza dei presupposti applicativi. Tale interesse deve essere concreto e attuale, specifico e oggettivamente valutabile in base ad elementi che indichino in termini univoci la lesione di interessi primari derivanti dall'indisponibilità delle informazioni contenute nel documento; inoltre, esso deve essere provato. Proprio tale precisazione si collega a quanto detto sopra sull'interesse alla «disponibilità esclusiva del “patrimonio informativo”».
Quanto alla valutazione circa la sussistenza dell'interesse concreto al riesame, la Cassazione evidenzia che essa, qualora non sia possibile sulla base di quanto già evidente, deve essere oggetto di specifiche allegazioni della parte interessata.

Concludendo, gli Ermellini definiscono errata la tesi secondo cui l'interesse all'impugnazione del sequestro è diverso a seconda della natura “analogica” o “digitale” del contenuto del provvedimento.
Del resto, nel caso di specie, ove l'oggetto sequestrato era lo smartphone dell'interessato, sarebbe stato sufficiente per quest'ultimo dedurre la presenza dei dati personali e professionali in esso contenuti, sulla scorta di quanto già affermato anche dalla giurisprudenza della Corte EDU, per la quale il sequestro di uno smartphone e dei dati in esso contenuti comporta un'ingerenza nel diritto al rispetto della corrispondenzaex art. 8 CEDU.
Sussistendo, dunque, l'interesse all'esclusiva disponibilità dei dati estratti dallo smartphone dell'istante, la Cassazione dichiara il ricorso del Procuratore inammissibile.

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