La pendenza del procedimento volto ad ottenere una pronuncia di addebitabilità della separazione non determina la sospensione del giudizio di divorzio, difettando il requisito della pregiudizialità dell'una rispetto all'altra controversia.
Svolgimento del processo
Il Tribunale di Roma con sentenza non definitiva n. 1627/2018 ha pronunciato la separazione personale dei coniugi M.P. e A.D. e, con separata ordinanza, ha disposto di procedere con l'istruttoria sulle altre domande proposte dalle parti aventi ad oggetto la dichiarazione di addebito e la regolamentazione degli altri aspetti economici. Pendenti tali altri capi di domanda nel processo di separazione, il ricorrente introduceva giudizio di divorzio presso il Tribunale di Roma (n. 15260/2018 RG) che, con sentenza non definitiva n. 4529/2019 datata 28.2.2019, dichiarava la cessazione degli effetti civili del matrimonio, sospendendo il giudizio per gli altri capi di domanda in attesa dell'esito della definizione del giudizio di separazione e in particolare dell'esito della domanda di addebito proposta in tale sede. Successivamente, il giudice della separazione pronunciava sentenza definitiva n. 2622/2021, pubblicata in data 12.02.2021, dichiarando l'addebito della separazione alla moglie. A fronte di tale ultima pronuncia, il ricorrente depositava nel giudizio di divorzio (n. 15250/2018 RG) istanza ex art. 297 c.p.c. di riassunzione del giudizio che, con ordinanza depositata il 29.03.2021, veniva ritenuta inammissibile dal Tribunale di Roma in quanto la sentenza che dichiarava l'addebito della separazione alla sig.ra D. emessa nel giudizio di separazione personale, rubricato n. 47303/2015 RG, non era passata in giudicato (essendo stata appellata dalla sig.ra D.). Avverso la decisione di inammissibilità dell'istanza di riassunzione adottata dal Tribunale di Roma, il sig. P. ha proposto ricorso per regolamento di competenza sostenendo che il Tribunale aveva violato la disciplina della sospensione necessaria ex art. 295 c.p.c. in quanto aveva erroneamente ritenuto obbligato e comunque indispensabile, al fine di poter proseguire il giudizio di divorzio sospeso, il passaggio in giudicato della decisione relativa al giudizio sulla domanda di addebito della separazione personale (n.2622/2021), ritenendo quest'ultimo giudizio pregiudicante rispetto a quello pregiudicato concernente lo scioglimento degli effetti civili del matrimonio (n. 15260/2018 RG) e avente, allo stato, ad oggetto, presupposti per il riconoscimento dell'assegno divorzile.
Motivi della decisione
Il Collegio ritiene, nell'esercizio dei poteri di statuizione attribuiti al sindacato della Corte di Cassazione in sede di regolamento di competenza che le consentono di apprezzare la legittimità della disposta sospensione, che l'istanza di regolamento di competenza proposta dal ricorrente debba essere accolta. In primo luogo, va premesso che codesta Corte ha chiarito (si veda da ult. Cass Sez Un. n. 21763/2021) come sia ammissibile il regolamento necessario di competenza nei confronti del provvedimento che abbia respinto l'istanza di riassunzione del processo sospeso, proposta ai sensi dell'art. 297 c.p.c., in quanto l'art. 42 c.p.c., pur essendo norma speciale, è suscettibile d'interpretazione estensiva a tale ipotesi, parimenti connotata dal vincolo di necessità della tempestiva riassunzione al fine di reagire contro un'abnorme quiescenza (al limite, sine die) del processo, non più giustificata dall'esigenza di un accertamento pregiudiziale che procrastini oltre la durata ragionevole il giudizio sospeso. Nel caso di specie, il provvedimento impugnato ha respinto l'istanza di riassunzione del processo di divorzio che era stato sospeso in attesa della definizione del giudizio di separazione. A fondamento della sospensione, il Tribunale di Roma, nel giudizio di divorzio, ha richiamato l'applicazione dell'art. 295 c.p.c. in quanto ha ritenuto la pregiudizialità necessaria del primo giudizio (quello sulla separazione personale) rispetto a quello instaurato dinanzi a sé, tale da poter comportare un conflitto di giudicati e da imporre l'applicazione dell'art. 295 c.p.c. Ritiene il Collegio che nel caso di specie vada fatta applicazione del principio consolidato espresso anche di recente dalle Sezioni Unite di questa Corte (Cass. civ. S.U. n. 21763/2021 del 29 luglio 2021) secondo cui "salvi i casi in cui la sospensione del giudizio sulla causa pregiudicata sia imposta da una disposizione normativa specifica che richieda di attendere la pronuncia con efficacia di giudicato sulla causa pregiudicante, quando fra due giudizi esista un rapporto di pregiudizialità tecnica e quello pregiudicante sia stato definito con sentenza non passata in giudicato, la sospensione del giudizio pregiudicato non può ritenersi obbligatoria ai sensi dell'art. 295 c.p.c. (e se sia stata disposta, è possibile proporre subito istanza di prosecuzione in virtù dell'art. 297 c.p.c., il cui conseguente provvedimento giudiziale è assoggettabile a regolamento necessario di competenza), ma può essere adottata, in via facoltativa, ai sensi dell'art. 337, comma 2, c.p.c., applicandosi, nel caso del sopravvenuto verificarsi di un conflitto tra giudicati, il disposto dell'art. 336, c. 2, c.p.c". Pertanto, ha errato il Tribunale a disporre, a fronte della istanza di prosecuzione della parte ricorrente, il mantenimento della sospensione necessaria del processo di divorzio, motivandolo con la necessaria permanenza dell'applicazione dell'art. 295 cod. proc. civ. e rilevando che, nella causa pregiudicante relativa alla separazione personale dei coniugi, era già intervenuta sentenza di primo grado dichiarativa dell'addebito della separazione alla moglie ma la stessa non aveva acquisito efficacia di cosa giudicata per effetto dell'appello proposto dalla sig.ra D.. Il giudice avrebbe semmai potuto sospendere il processo dipendente, ma ai sensi dell'art. 337 c.p.c. mentre la sospensione necessaria del processo, ai sensi dell'art. 295 c.p.c., è di per sé illegittima, a prescindere da qualsiasi accertamento di merito circa la sussistenza del rapporto di pregiudizialità (v. anche Cass., Sez. Un., 19 giugno 2012, n. 10027). Inoltre sembra opportuno ribadire (cfr. Cass. Civ. n. 2009/1981 e n. 3529/1977) che "tra il giudizio di separazione giudiziale e il giudizio di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio non vi è alcun rapporto di pregiudizialità o di interdipendenza e ciò sia ai fini della decorrenza del termine per la proposizione della domanda, sia ai fini della determinazione dell'assegno di divorzio". Specificamente la circostanza che sia pendente, su iniziativa di uno dei coniugi in lite nel giudizio di divorzio, un procedimento rivolto a conseguire una pronuncia di addebitabilità della separazione, non può essere invocata né per paralizzare la domanda di divorzio, né per conseguire la sospensione del processo di divorzio, a norma dell'art. 295 cod. proc. civ., difettando il requisito della pregiudizialità dell'una rispetto all'altra controversia (cfr. Cass. civ. sez. I n. 6372 del 16 dicembre 2015). In virtù di quanto detto, il processo sulla cessazione degli effetti civili del matrimonio deve proseguire dinanzi al Tribunale di Roma che provvederà, anche, a regolare le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte, annulla l'ordinanza del Tribunale di Roma depositata il 29.03.2021 nel giudizio di divorzio n. 15260/ 2018 RG e dispone la prosecuzione del giudizio anche per la regolazione delle spese del presente procedimento. Dispone che siano omessi i nominativi e gli altri dati identificativi delle parti in caso di pubblicazione o diffusione della presente ordinanza.