Lamentele dalla classe, secondo alcuni studenti l'insegnante nascondeva addirittura il registratore dietro i libri. In una comunità così ristretta la voce captata elettronicamente costituisce un dato personale poiché l'interessato è facilmente identificabile.
Svolgimento del processo
1. La Corte d'Appello di Milano, con sentenza dell'11 maggio 2016, confermava la sentenza del Tribunale della stessa sede, che aveva respinto la domanda proposta da L.M., docente della scuola secondaria superiore statale, per la dichiarazione della illegittimità dell'ordine di servizio del dirigente dell'Istituto scolastico del 20 aprile 2010, con il quale gli veniva vietato di registrare le lezioni svolte in classe.
2. La Corte territoriale osservava che in base al DPR nr. 249/1998 (Regolamento recante lo Statuto degli studenti della scuola secondaria), art. 2, il docente deve coinvolgere gli studenti nelle decisioni rilevanti, tenendo conto del loro eventuale dissenso.
3. Inoltre, a tenore dell'articolo 4, comma uno, lettera a) del codice della privacy, costituiva «trattamento» dei dati personali anche la loro registrazione, indipendentemente dalla successiva comunicazione o diffusione. Secondo il provvedimento del Garante della privacy del 20 gennaio 2005, in caso di registrazione di immagini e suoni, anche per uso personale, occorreva informare preventivamente gli interessati, acquisire il loro consenso informato ed osservare tutte le cautele previste.
4. In punto di fatto il giudice dell'appello esponeva che, secondo alcuni studenti, il M. non solo non aveva informato gli alunni della registrazione ma perfino celato il registratore dietro i libri; in ogni caso, il docente aveva compiuto una scelta unilaterale non partecipata e non aveva chiesto alcun consenso.
5. Doveva altresì considerarsi che, secondo le direttive del MIUR e del Garante della privacy, era rimessa alla valutazione dell'Istituto scolastico la possibilità di disciplinare la registrazione della lezione o l'uso di videofonini. Nella specie il regolamento dell'Istituto vietava l'uso dei cellulari nelle classi; il divieto doveva estendersi a tutti gli apparecchi idonei a registrare audio o video. La condotta del M. aveva dunque violato un divieto legittimamente posto dal regolamento di Istituto.
6. Né poteva tacersi che gli interessati erano minorenni sicché in tutte le decisioni doveva avere una considerazione preminente l'interesse superiore del fanciullo, ai sensi della Convenzione di New York del 20 novembre 1989.
7. Infine, il potere conformativo del datore di lavoro poteva estendersi a regolamentare le modalità di svolgimento delle mansioni; era legittimo il divieto del dirigente scolastico di registrare le lezioni, con potenziale registrazione delle conversazioni degli studenti, al fine di tutelare la loro riservatezza e di impedire contrasti tra alunni e docente. Nessun principio di rango costituzionale garantiva, invece, al docente il diritto a registrare le proprie lezioni, essendo inconferente il richiamo all'articolo 97 Cost.
8. Ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza L.M., articolato in un unico motivo di censura; il Ministero dell'istruzione, dell’Università e della Ricerca e l'Istituto Scolastico I.I.S. G.L. di Milano, cui il ricorso è stato notificato presso la avvocatura distrettuale dello Stato, sono rimasti intimati.
Motivi della decisione
1. Con l'unico motivo di ricorso viene denunciata- ai sensi dell'articolo 360 nr. 3 cod.proc.civ. - la violazione e falsa applicazione: - del DPR nr. 249/1998, articolo 2, commi da due a cinque; - del D.Lgs. nr. 196/2003 e succ. mod., articolo 5, comma tre; - del provvedimento del Garante della Privacy del 20 gennaio 2005; - del regolamento dell'Istituto scolastico di Istruzione Superiore «G.L.» articolo 6 ; - del D.Lgs nr. 150/2009, articolo 1, comma due; - dell'articolo 97, comma 1 Cost.
2. Il ricorrente ha contestato la interpretazione delle fonti posta a base della decisione impugnata e dedotto la loro erronea applicazione in fattispecie non pertinente.
3. Il ricorso è in parte inammissibile, nel resto infondato.
4. Le censure sono inammissibili quanto alla denuncia di violazione del provvedimento del Garante della Privacy del 20 gennaio 2005 e del regolamento di Istituto, atti non rientranti nella previsione dell'articolo 360 nr. 3 cod.proc.civ. in quanto privi di efficacia normativa.
5. Nel resto il ricorso è infondato.
6. Giova premettere che i fatti di causa si sono svolti in epoca antecedente al Regolamento UE 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016- regolamento generale sulla protezione dei dati- entrato in vigore il 24 maggio 2016 ed applicabile dal 25 maggio 2018 (articolo 99 del regolamento); parimenti non si applicano ratione temporis nella fattispecie di causa le modifiche al D.Lg. 30 giugno 2003 nr. 196 (Codice in materia di protezione dei dati personali) introdotte dal D.Lgs. 10 agosto 2018, nr. 101.
7. Rileva in causa l'articolo 4, comma uno, lettera a) D.Lgs nr. 196/2003, come vigente ratione temporis, a tenore del quale per «trattamento» si intende qualunque operazione, con o senza l'ausilio di strumenti elettronici, concernente (tra le altre attività) la registrazione di dati. Ai sensi della successiva lett. b) dello stesso comma uno è «dato personale» «qualunque informazione» relativa a persona fisica, identificata o identificabile, anche indirettamente, mediante riferimento a qualsiasi altra informazione, ivi compreso un numero di identificazione personale.
8. La espressione «qualunque informazione» comprende, in conformità alla disciplina europea- all'epoca costituita dalla direttiva 95/56/CE, poi abrogata dal regolamento del 2016, articolo 94- tanto dati oggettivi che mere valutazioni; ciò che rileva è che si tratti di informazioni inerenti ad una persona fisica e che quest'ultima sia identificata o identificabile (in termini: Cassazione civile sez. I, 31/05/2021, nr.15161).
9. La voce di una persona registrata da un apparecchio elettronico costituisce, dunque, un dato personale se e in quanto essa consente di identificare la persona interessata. Del resto, dal considerando nr.16 e nr. 17 della direttiva 95/46/CE risulta che essa si applica al trattamento di dati in forma di suoni o immagini relativi a persone fisiche, se è automatizzato.
10. Ora, nella registrazione della lezione che si svolge in una classe possono essere contenuti interventi degli studenti, la cui persona è facilmente identificabile, trattandosi di una comunità ristretta.
11. La parte ricorrente neppure pare contestare questo rilievo ed assume, piuttosto, ricorrere l'ipotesi di cui all'articolo 5, comma tre, D.Lgs. nr. 196/2003, nella formulazione all'epoca vigente, secondo la quale: «Il trattamento di dati personali effettuato da persone fisiche per fini esclusivamente personali è soggetto all'applicazione del presente codice solo se i dati sono destinati ad una comunicazione sistematica o alla diffusione. Si applicano in ogni caso le disposizioni in tema di responsabilità e di sicurezza dei dati di cui agli articoli 15 e 31».
12. Il ricorrente deduce, anche in questa sede, il ricorrere di un fine esclusivamente personale, consistente nell'ascolto della lezione al fine di migliorare la propria didattica.
13. Ora rispetto a tale fine, pur a volerne ipotizzare il carattere «esclusivamente» personale, è del tutto inconferente la registrazione delle voci degli studenti; ed è pacifico in causa che l'intervento della dirigente fu determinato proprio dai rilievi degli studenti, che lamentavano la lesione dei propri diritti.
14. Né risulta dimostrato in causa dal docente, sul quale ricadeva il relativo onere, che le registrazioni non comprendevano gli interventi degli alunni.
15. Ne deriva che legittimamente la dirigente scolastica, richiesta dagli alunni di adottare provvedimenti, dispose la cessazione delle registrazioni.
16. Il ricorso deve essere pertanto nel complesso respinto.
17. Tale conclusione esime, per il principio della durata ragionevole del giudizio, dal disporre la rinnovazione della notificazione alla Presidenza della Regione Sicilia presso l'Avvocatura generale, stante la nullità della notifica eseguita presso l'Avvocatura distrettuale (sul principio, ex aliis, Cass. 13/01/2021, n.394; Cass. 26/11/2020, n.26997; Cass. nr. 6924/2020).
18. Non vi è luogo a provvedere sulle spese.
19. Trattandosi di giudizio instaurato successivamente al 30 gennaio 2013 sussistono le condizioni per dare atto- ai sensi dell'art.1 co 17 L. 228/2012 (che ha aggiunto il comma 1 quater all'art. 13 DPR 115/2002) - della sussistenza dei presupposti processuali dell'obbligo di versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la impugnazione integralmente rigettata, se dovuto (Cass. SU 20 febbraio 2020 n. 4315).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese. Ai sensi dell'art. 13 co. 1 quater del DPR 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.