Svolgimento del processo / Motivi della decisione
- Il Tribunale di Roma, con sentenza n. 7874 del 2009, in accoglimento della domanda formulata da V.C. - in qualità di acquirente dell'appartamento sito in Roma, via (omissis) - nei confronti di M.L., nella qualità di venditrice, condannava la convenuta alla restituzione della somma pari ad euro 17.738,93 corrisposta dall'attrice in favore del Condominio a titolo di oneri condominiali di cui al decreto ingiuntivo n. 7492/2004, emesso nei confronti dell'attrice quale proprietaria dell'immobile, affermando che detti oneri erano di spettanza della convenuta venditrice in quanto relativi a voci di spesa antecedenti l'alienazione dell'appartamento, con condanna della venditrice alla rifusione delle spese di lite;
- sul gravame interposto dalla L., la Corte di appello di Roma, nella resistenza dell'appellata, con sentenza n. 5266/2015, accoglieva l'appello e, in riforma della sentenza impugnata, respingeva la originaria domanda. In particolare, per quanto di rilievo ancora in questa sede, la Corte capitolina affermava che, essendo i contributi condominiali in questione precedenti di oltre due anni la compravendita, l'obbligazione oggetto di causa non era solidale fra le parti per cui l'azione proposta dalla C. non poteva essere qualificata di regresso ai sensi dell'art. 1299 c.c., ma quale adempimento del terzo di un debito altrui, con conseguente richiesta di restituzione da parte dell'effettivo debitore, essendo pacifico che il soggetto obbligato nei confronti del Condominio fosse la L.. Ciò posto, il giudice del gravame accertava che la L., "ben prima" del pagamento effettuato in corso di causa dalla C., aveva rappresentato a quest'ultima che le delibere sulle quali il Condominio fondava il proprio credito erano radicalmente nulle in quanto effettuate senza la partecipazione di tutti gli aventi diritto, manifestando così l'intenzione di non voler procedere al pagamento e di far valere dette nullità nell'ipotesi di ingiunzione da parte del Condominio. Concludeva la Corte del merito che la C. non era legittimata a richiedere la restituzione di quanto "malamente pagato", per non aver dato immediata comunicazione alla debitrice effettiva della ricevuta notifica del decreto ingiuntivo relativo ad un debito altrui e avendo così impedito alla L. di difendersi e opporsi tempestivamente;
- avverso la decisione della Corte di appello di Roma, la C. propone ricorso per cassazione fondato su due motivi, cui resiste con controricorso la L.;
- in prossimità dell'adunanza camerale la ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
- con il primo motivo la ricorrente lamenta, ex art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1173, 1180, 1218, 1322 c.c. nonché la violazione e la falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. per aver il giudice di secondo grado erroneamente inquadrato la fattispecie come adempimento del terzo dopo aver correttamente riconosciuto che le somme riportare nel decreto ingiuntivo erano di spettanza della controparte. La ricorrente sostiene di vantare un diritto di credito nei confronti della venditrice sia in forza della clausola prevista al punto n. 3 del contratto di compravendita con la quale controparte si sarebbe impegnata a consegnare all'acquirente l'immobile libero da pesi, gravami, vincoli, oneri e privilegi, sia in ragione della contestuale scrittura privata in manleva intercorsa inter partes. Aggiunge, inoltre, che la fattispecie in esame non rientrerebbe nel paradigma di cui all'art. 1180 c.c., rivestendo non già la qualità di terzo ma quella di nuova proprietaria dell'appartamento e, come tale, sarebbe obbligata al pagamento degli oneri nei rapporti con il Condominio, dovendosi qualificare il debito condominiale oggetto di causa come obbligazione reale. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia, ex art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c., il vizio di motivazione della sentenza impugnata per omesso esame circa un fatto controverso e decisivo in relazione all'art. 1137 c.c. e 305 c.p.c. per aver il giudice di appello rigettato la domanda della C. per non avere quest'ultima attivato un procedimento monitorio di opposizione a decreto ingiuntivo che le avrebbe consentito di chiamare in causa controparte così da permetterle di poter eccepire la nullità delle delibere condominiali poste a fondamento del decreto ingiuntivo. Ad avviso della ricorrente, la sua eventuale opposizione a decreto ingiuntivo non avrebbe mai comportato una declaratoria di nullità delle predette delibere, poiché sarebbero state già impugnate dalla L. in due precedenti giudizi, conclusisi entrambi, uno, con sentenza definitiva di rigetto dell'opposizione e l'altro con dichiarazione di estinzione per mancata riassunzione. I motivi di ricorso, da esaminarsi congiuntamente data la loro intrinseca connessione, sono fondati. Va premesso che, secondo pacifica giurisprudenza di questa Corte, in tema di ripartizione delle spese condominiali tra venditore ed acquirente dell'immobile, il previgente art. 63, comma 2, disp. att. c.c. ratione temporis applicabile - ora, in forza della I. n. 220 del 2012, art. 63, comma 4, disp. att. c.c. - delinea a carico dell'acquirente un'obbligazione solidale, non propter rem, ma autonoma, in quanto costituita ex novo dalla legge esclusivamente in funzione di rafforzamento dell'aspettativa creditoria del Condominio su cui incombe, poi, l'onere di provare l'inerenza della spesa all'anno in corso o a quello precedente al subentro dell'acquirente (Cass. n. 21860 del 2020). In altri termini, la responsabilità solidale dell'acquirente per il pagamento dei contribuiti dovuti al Condominio dal venditore è limitata al biennio precedente all'acquisto, trovando applicazione l'art. 63, secondo comma, disp. att. c.c., e non già l'art. 1104 c.c., atteso che, ai sensi dell'art. 1139 c.c., le norme sulla comunione in generale si estendono al condominio soltanto in mancanza di apposita disciplina (Cass. n. 2979 del 2012 e Cass. n. 16975 del 2005). Del resto, giova ribadire che il principio dell'ambulatorietà di cui all'art. 63 disp. att. c.c., secondo cui l'acquirente di un'unità immobiliare condominiale può essere chiamato a rispondere dei debiti condominiali del suo dante causa, solidamente con lui, ma non al suo posto, opera solo nei confronti dei rapporti esterni con il condominio, non anche nei rapporti interni tra acquirente e venditore. In quest'ultimo rapporto, salvo che non sia diversamente convenuto dalle parti, è operante il principio generale della personalità delle obbligazioni, con la conseguenza che l'acquirente dell'appartamento risponde soltanto delle obbligazioni condominiali sorte in epoca successiva al momento in cui, acquistandolo, è divenuto condomino e qualora sia chiamato a rispondere delle obbligazioni condominiali sorte in epoca anteriore, in virtù del principio dell'ambulatorietà, ha comunque diritti a rivalersi nei confronti del suo dante causa (Cass. n. 1956 del 2000). Tanto premesso, la Corte di appello ha preliminarmente chiarito che i contributi condominiali oggetto di causa erano maturati ben prima del biennio precedente la stipula della compravendita, pertanto l'obbligazione oggetto di causa non poteva essere solidale e, di conseguenza, l'azione della C. non poteva essere qualificata come azione di regresso ex art. 1299 c.c., dovendo la fattispecie in esame essere inquadrata quale adempimento del terzo di un debito altrui, con conseguente richiesta di restituzione all'effettiva debitrice. Ebbene, rileva questo Collegio che al di fuori dell'ipotesi di responsabilità solidale prevista dall'art. 63 disp. att. c.c., l'unico soggetto obbligato al pagamento delle spese nei confronti del Condominio era la L., in qualità di proprietaria dell'unità immobiliare al momento dell'adozione delle delibere condominiali fonti dell'obbligazione de qua. Esclusa l'azione di regresso, la Corte distrettuale, nell'inquadrare la fattispecie di causa quale adempimento di terzo di un debito altrui, ha rigettato la richiesta di restituzione delle somme corrisposte al Condominio avanzata dalla C., sull'assunto che sebbene la venditrice avesse dichiarato di tenere indenne l'acquirente, quest'ultima non avrebbe dovuto corrispondere le somme richieste in monitorio, in quanto le era stato comunicato che si trattava di richieste illegittime e che la venditrice era intenzionata ad opporsi. Di converso, la C., oltre a non comunicare la notifica del decreto alla reale debitrice, non aveva neanche proposto opposizione, impedendo così alla L. l'esperimento di ogni difesa. Orbene, la Corte del merito ha dato un valore assoluto alla comunicazione della L. relativa all'illegittimità della richiesta avanzata dal Condominio, omettendo di esaminare sia il contenuto della separata dichiarazione contestuale alla stipula dell'atto notarile, pacificamente intercorsa tra le parti (v. pag. 3 della sentenza impugnata), sia la natura dell'asserito vizio delle delibere condominiali poste a fondamento del credito. Di converso avendo individuato, ai fini dell'applicazione dell'art. 63, comma 2, disp. att. c.c., applicabile ratione temporis, che l'obbligo di partecipazione alle spese condominiali in esame era sorto prima del biennio precedente la vendita dell'appartamento, la Corte distrettuale, per imputare l'obbligo di partecipazione alla spesa avrebbe dovuto esaminare i termini dei loro accordi, trattandosi, peraltro, di patti inopponibili al Condominio. Nel caso di specie, infatti, è rimasto accertato in fatto come la venditrice M.L. e l'acquirente V.C., nella scrittura privata del 18 luglio 2001, contestuale al rogito, dopo avere concordato nell'atto pubblico (all'art. 3) che l'alienante si impegnava a consegnare alla parte compratrice l'appartamento libero da pesi e gravami, vincoli, oneri e privilegi, le parti precisavano la manleva, con la quale la prima si impegnava a tenere indenne la seconda "da ogni e qualsiasi onere" condominiale e dalle relative conseguenze afferenti due procedimenti giudiziari, R.G. n. 15673/1997 e R.G. n. 29130/2000, pendenti tra la venditrice ed il Condominio e dunque tutto quanto ancora fosse stato richiesto dal Condominio per i suddetti titoli e relativi giudizi dopo la data di perfezionamento della vendita. Trattasi all'evidenza non già di fattispecie di pagamento di terzo, come ritenuto dalla Corte di merito, in quanto pagamento non avvenuto spontaneamente bensì a seguito di richiesta del Condominio creditore, per cui sarebbe al più configurabile una ipotesi di indebito soggettivo "ex latere solventis" per essere il pagamento dovuto ad errore ex art. 2036 c.c. In altri termini, sulla C. non gravava alcun obbligo a saldare il debito che era pacificamente maturato in capo alla precedente condomina ed essendo tra le parti intervenuta la scrittura privata che ha disciplinato i loro rapporti interni, spetta all'acquirente legittimamente l'esercizio dell'azione di indebito soggettivo nei confronti della sua dante causa. D'altra parte anche la motivazione contenuta nella sentenza impugnata, circa la comunicazione di invalidità delle deliberazioni poste a base degli oneri condominiali pretesi, costituisce un obiter dictum giacché al condomino, che abbia versato al Condominio la parte di oneri dovuta dalla precedente condomina (sempre, beninteso, nel regime antecedente alla garanzia ex art. 63, comma 2, disp. att. c.c., introdotta dalla legge 11 dicembre 2012, n. 220), onde poter ottenere il rimborso di quanto da ella corrisposto, le deve essere consentito di avvalersi di azione per ottenere l'indennizzo da ingiustificato arricchimento, stante il vantaggio economico ricevuto dalla condomina insolvente (cfr. Cass., Sez. Un., 29 aprile 2009 n. 9946). Il ricorso va perciò accolto e la sentenza impugnata cassata con rinvio alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione, per un nuovo esame della vicenda alla luce dei principi sopra affermati. Il giudice del rinvio provvederà anche alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.