La conversione in lavoro part-time su accordo con il marito costituisce un contributo importante apportato alla famiglia, costituendo elemento che rientra nella valutazione sulla spettanza dell'assegno sotto il profilo della sua funzione perequativa-compensativa.
Il Giudice di prime cure pronunciava la cessazione degli effetti civili del matrimonio tra l'attuale ricorrente e l'allora moglie, respingendo le domande di quest'ultima tese ad ottenere l'assegno di divorzio ed una percentuale dell'indennità di fine rapporto percepita dal marito.
A seguito di gravame, la Corte d'Appello dichiarava il diritto della moglie ad un assegno mensile pari a...
Svolgimento del processo
Con sentenza del 27.3.18, il Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto pronunciò la cessazione degli effetti civili del matrimonio tra DAI e MGT e revi.9cò l'assegnazione della casa coniugale in favore della T, rigettando le domande proposte da quest'ultima in ordine all'assegno divorzile e ad una percentuale dell'indennità di fine rapporto percepita dal marito. La T propose appello che, con sentenza dell'8.7.19 fu accolto dalla Corte territoriale che dichiarò Il diritto dell'appellante all'assegno mensile per la somma di euro 100,00, con decorrenza dal passaggio in giudicato della sentenza di primo grado, nonché il diritto al conseguimento della percentuale dell'indennità di fine rapporto, per euro 15.105,34, con la relativa condanna dell'appellato al pagamento delle suddette somme. Al riguardo, la Corte d'appello osservò che: sussisteva una disparità economica tra le parti In quanto la T lavorava part-time percependo un reddito annuo di circa 9000,00 euro ed era cointestataria di tit0li con il figlio, mentre l'I era pensionato, percependo a tale titolo la somma annua lorda di euro 18000,00; la T era usufruttuaria per l'intero della casa coniugale, comproprietaria per il 50% di altro Immobile di cui l'I era usufruttuario, il quale era altresì proprietario di altri due immobili a titolo di successione ereditaria; tale situazione escludeva l'esigenza assistenziale da parte dell'appellante; sussistevano invece presupposti dell'assegno sotto li profilo compensativo-perequativo in quanto l'appellante, d'accordo con il marito, aveva deciso di convertire il rapporto lavorativo a tempo indeterminato in part-time, nel 2005, nell'interesse della famiglia, scelta che aveva comportato un sacrificio economico per la ex-coniuge, che non avrebbe potuto essere compensato dagli acquisti in comune, dalle attribuzioni patrimoniali avvenute in sede di separazione e dai risparmi dell'appellante, tenuto conto della durata del matrimonio; non era provato che la T potesse ottenere un ritorno al lavoro a tempo pieno, né che la stessa potesse ricercare altra occupazione più redditizia. DAI ricorre in cassazione con due motivi, illustrati con memoria. MGT resiste con controricorso, illustrato con memoria.
Motivi della decisione
Il primo motivo denunzia violazione e falsa applicazione dell'art. 5 I. n. 898/70, per aver la Corte d'appello riconosciuto l'assegno divorzile alla T non tenendo conto che quest'ultima non aveva dato alcun contributo alla famiglia, avendo risparmiato molto, frutto del suo lavoro, non dimostrando l'inadeguatezza dei suoi mezzi. Il secondo motivo denunzia violazione degli artt. 2697 c.c., 115, 132, c.p.c, 111, c.6, Cast., per aver la Corte territoriale omesso di motivare circa l'impossibilità dell'ex-coniuge di trovare un lavoro a tempo indeterminato, senza considerare che la T aveva taciuto del denaro depositato sul conto corrente. Il terzo motivo denunzia violazione degli artt. 5, I. n. 898/70, 2697 c.c., 115, 116, 132, c.p.c., 111, c.6, Cast., avendo la Corte d'appello accertato il diritto all'assegno divorzile omettendo l'esame delle prove offerte riguardo alla contrazione del suo reddito a seguito del pensionamento, e all'esiguità del patrimonio immobiliare (una casa in usufrutto dove vive e una seconda fatiscente, non produttiva di reddito e impossibile a vendere). Il ricorso è da rigettare. Il primo motivo è infondato. Al riguardo, va osservato che, in materia di assegno divorzile, il giudizio sull'adeguatezza dei redditi degli ex coniugi - cui consegue nell'ipotesi di accertato squilibrio determinato dallo scioglimento del vincolo, l'operatività del meccanismo compensativo-retributivo per l'attribuzione e determinazione in concreto - deve essere improntato al criterio dell'effettività, con valutazione da svolgersi all'attualità e , non In forza di un giudizio ipotetico, le cui premesse, quanto alla loro verificabilità, restino incerte, o si fondino su un ragionamento ipotetico i cui esiti vengano ricalcati su pregressi contesti individuali ed economici, non più rispondenti a quello i riferimento (Cass., n. 35710/21). Nel valutare la spettanza dell'assegno divorzile si deve dunque tenere conto della funzione non solo assistenziale ma anche perequativa e compensativa di tale contributo; ovvero, i vari criteri sono da ritenere equiordinati, essendo lo squilibrio economico-reddituale una precondizione di fatto della decisione sulla spettanza dell'assegno divorzile. È stato ancora rilevato che la funzione equilibratrice del reddito degli ex-coniugi, anch'essa assegnata dal legislatore all'assegno divorzile, non è finalizzata alla ricostituzione del tenore di vita endoconiugale, ma al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall'ex coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex-coniugi (Cass., SU, n. 18287/18; n. 24250/21). Orbene, nel caso concreto, la Corte territoriale, in conformità dell'orientamento nettamente maggioritario di questa Corte (Cass., SU n. 18287/18; Cass., n. 5603/20; Cass., n. 24250/21; n. 38362/21) ha fatto corretta applicazione dei principi suddetti; invero, accertata la sussistenza di una disparità economica fra le parti, la Corte di merito ha riconosciuto il diritto della T all'assegno divorzile, per aver la stessa apportato un rilevante contributo alla famiglia attraverso la conversione del rapporto di lavoro in part-time, d'accordo con il marito, considerato che l'assegno risponde alla funzione perequativa-compensativa, essendo al riguardo del tutto irrilevante il riferimento del ricorrente al risparmi accumulati dall'ex- moglie. Il secondo motivo è inammissibile. La Corte d'appello ha ritenuto che i fattori individuali, territoriali ed economico-sociali escludevano la concreta possibilità dell'ex-moglie di svolgere attività lavorativa, considerando anche le patologie da cui era affetta l'appellata che ne diminuiva le possibilità di lavoro. Ne consegue che la doglianza del ricorrente tende al riesame dei fatti sottesi all'accertamento delle concrete attitudini lavorative della T attesa l'esauriente motivazione della sentenza impugnata. Il terzo motivo è parimenti inammissibile, tendendo al riesame dei fatti circa la consistenza dei redditi e del patrimonio del ricorrente, fatti accertati in maniera esauriente dalla Corte territoriale. Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio che liquida nella somma di euro 1700,00 di cui 200,00 per esborsi, oltre alla maggiorazione del 15% quale rimborso forfettario delle spese generali ed accessori di legge. Ai sensi dell'art. 13, comma 1quater, del d.p.r. n.115/02, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1bìs dello stesso articolo 13, ove dovuto.