L'opposizione al precetto costituisce giudizio di cognizione, dunque tutte le vicende relative al credito portato in esecuzione, anche se successive alla data di notificazione dell'atto, devono essere considerate dal giudice dell'opposizione.
La vicenda ha ad oggetto la cessione di un credito tra cliente e avvocato, il cui accordo veniva poi sciolto mediante scrittura per mutuo dissenso senza darne notizia al ceduto.
Al momento in cui il cliente notificava l'atto di precetto al ceduto, egli dunque vi si opponeva, eccependo la carenza di titolarità del credito in capo all'opposto.
Il Tribunale di...
Svolgimento del processo
Con contratto del 26.6.2015, ritualmente notificato al ceduto B.F., D.M. cedeva all’avv. P.R. il credito derivante dalla sentenza del Tribunale di Gorizia n. 247/2012, che aveva condannato il predetto B. al pagamento, in favore del D., delle spese di lite, a conclusione di un giudizio in cui quest’ultimo era stato assistito proprio dall’avv. P.. Con successiva scrittura del 2.12.2015, non notificata al ceduto, il D. ed il P. scioglievano, per mutuo dissenso, il contratto di cessione di cui anzidetto. In data 30.3.2016 il D. notificava al B. atto di precetto, che costui opponeva, eccependo la carenza di titolarità del credito in capo all’intimante, opposto. Con sentenza n. 1609/2017 il Tribunale di Treviso accoglieva l’opposizione. Interponeva appello avverso detta decisione il D. e la Corte di Appello di Venezia, nella resistenza dell’appellante B., con la sentenza impugnata, n. 327/2019, rigettava il gravame. Propone ricorso per la cassazione di detta decisione D.M., affidandosi a cinque motivi. B.F., intimato, non ha svolto attività difensiva nel presente giudizio di legittimità. Con ordinanza interlocutoria n. 25154/2021 questa Corte, in esito all’adunanza camerale del 15.6.2021, ha invitato le parti a dedurre in relazione alla possibile nullità del contratto di cessione del credito intercorso tra il D. ed il P. in data 26.6.2015, per violazione della disposizione di cui all’art. 1261 c.c. A seguito della sollecitazione contenuta nell’ordinanza interlocutoria, la parte ricorrente ha depositato memoria in data 14.10.2021, con allegati documenti.
Motivi della decisione
Va innanzitutto esaminato il profilo della possibile nullità del contratto di cessione del credito intervenuto tra il D., cliente, e P., avvocato. Tale contratto, anche per effetto dei chiarimenti forniti dalla parte ricorrente a seguito dell’ordinanza interlocutoria di questa Corte, non è nullo, poiché il credito oggetto della cessione era già stato definitivamente accertato, con sentenza passata in giudicato, all’epoca della cessione stessa. Sul punto, il Collegio ritiene opportuno ribadire il principio secondo cui “In tema di divieto di cessione a favore di determinate persone di crediti e diritti litigiosi, il dato testuale dell'art. 1261 c.c. –il quale fa riferimento ad una "sorta controversia" avanti all'autorità giudiziaria– e la ratio di tale disposizione –diretta ad impedire speculazione sulle liti da parte dei pubblici ufficiali e degli esercenti un servizio di pubblica necessità, le cui funzioni hanno attinenza con gli uffici giudiziari delle rispettive sedi, oltreché evitare che il prestigio e la fiducia nell'autonomia di quelle persone possano rimanere pregiudicati da Atti di dubbia moralità– comportano che il divieto stesso non trova applicazione riguardo a credito la cui controversia sia stata definita con sentenza passata in giudicato” (Cass. Sez. 3, Sentenza n.1319 del 24/02/1984, Rv. 433447). In applicazione del medesimo principio, si è affermato che il divieto di cessione in esame “… non trova applicazione riguardo a crediti per i quali non sia ancora sorta una controversia giudiziaria” (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 11144 del 16/07/2003, Rv. 565151). Passando all’esame dei motivi di ricorso, con il primo di essi la parte ricorrente lamenta la violazione degli artt. 1260, 1264, 1265, 2697, 2704 c.c. e 115 c.p.c., perché la Corte di Appello avrebbe dovuto ravvisare che anche la retrocessione aveva data certa, desumibile dalla notificazione del precetto con cui l’originario creditore aveva ingiunto il pagamento della sorte oggetto prima della cessione, e poi della retrocessione. Ad avviso del ricorrente, non vi era alcun obbligo di menzionare nel precetto la retrocessione del credito, e comunque l’onere di notificazione dell’intervenuta retrocessione sarebbe stato assolto con la comparsa di costituzione nel giudizio di opposizione al precetto. Inoltre, il ricorrente eccepisce che il debitore ceduto non sarebbe terzo rispetto alla cessione. Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta la violazione degli artt. 1371 e 1372 c.c., perché la C.A. non avrebbe considerato che, per effetto della risoluzione del contratto di cessione, il ricorrente sarebbe rimasto l’unico titolare del credito azionato, indipendentemente dal momento in cui il predetto accordo di retrocessione fosse intervenuto, e quindi prima, o dopo, la notificazione del precetto. Le due censure, suscettibili di esame congiunto, sono fondate. Dall’esame della sentenza impugnata risulta testualmente che “… il B., a fronte della produzione da parte del convenuto opposto della citata scrittura privata, avvenuta dopo l’instaurazione del giudizio di opposizione, ne ha contestato la data certa” (cfr. pag. 5 della sentenza). La scrittura di retrocessione del credito, dunque, ancorché non indicata nella narrativa del precetto a suo tempo notificato dal D. al B. –fatto, questo, riconosciuto dallo stesso ricorrente– era comunque stata allegata agli atti del giudizio di opposizione al precetto, che ha pacificamente natura di giudizio di cognizione. Sul punto, va considerato che “L'opposizione all'esecuzione, di cui all'art 615 c.p.c., dà luogo ad un vero e proprio giudizio di cognizione, in cui il creditore procedente può proporre tutte le domande intese a rimuovere ogni eventuale ostacolo giuridico alla realizzazione del proprio diritto ed e anche facoltato a dedurre, in via riconvenzionale, un'ulteriore ragione creditoria che possa consentire in quella sede la formazione di un nuovo titolo esecutivo in sostituzione od in aggiunta a quello per cui si procede” (Cass. Sez. L, Sentenza n. 790 del 27/02/1975, Rv. 374157; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 2612 del 17/10/1964, Rv. 303930). Di conseguenza, “Nel giudizio di cognizione promosso dal debitore con opposizione a precetto per il pagamento di credito pecuniario, mentre la delibazione della legittimità del precetto va condotta con riferimento alla situazione esistente al momento dell'intimazione dello stesso, l'indagine sull'attuale esistenza del diritto della parte istante di procedere ad esecuzione forzata va effettuata attraverso la ricostruzione dei rispettivi rapporti fino al momento della decisione, e, quindi, tenendo conto non soltanto dei pagamenti che l'opponente deduca e dimostri di aver fatto, pure in corso di causa, ma anche delle nuove ragioni creditorie che l'opposto abbia dedotto in via riconvenzionale, al fine di ottenere un nuovo titolo esecutivo sostitutivo od integrativo di quello posto originariamente a base della procedura esecutiva” (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 27688 del 12/10/2021, Rv. 662607; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 2259 del 10/05/1978, Rv. 391660). Tanto è vero che “… ove sorga questione di imputazione dei pagamenti parziali eseguiti dal debitore ad uno piuttosto che ad altri crediti, il giudice che, ai soli fini della decisione sull'opposizione procede all'accertamento dei crediti esistenti fra le parti e all'imputazione ad essi dei pagamenti effettuati, non eccede dai limiti del petitum, segnati dalle richieste e deduzioni non solo dell'opponente ma anche dell'opposto. In tale ipotesi elemento del thema decidendum diventa anche l'accertamento degli altri crediti dedotti dall'opposto” (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 1572 del 01/06/1974, Rv. 369737; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 1230 del 05/06/1967, Rv. 327732). La decisione della Corte di Appello di Venezia oggetto di impugnazione si pone in contrasto con i richiamati principi, poiché il giudice di merito ha ritenuto che il credito azionato dal D. con il precetto opposto dal B. dovesse sussistere, ed essere certificate da atto avente data certa opponibile al debitore ceduto, anteriore alla data della notificazione del precetto stesso. In tal modo il giudice di merito ha arrestato l’indagine relativa all'esistenza e all’ammontare del credito precettato alla data del precetto opposto, senza tenere in alcun conto le vicende successive del rapporto giuridico dal quale il credito traeva origine. Vicende che, invece, secondo il consolidato insegnamento di questa Corte il giudice dell’opposizione all’esecuzione deve considerare posto che –come detto– l'indagine sull'attuale esistenza del diritto della parte istante di procedere ad esecuzione forzata va effettuata attraverso la ricostruzione dei rispettivi rapporti fino al momento della decisione. Nel caso specifico, risulta pacifico che il D. si era costituito nel giudizio di opposizione al precetto introdotto dal B., dando atto con la comparsa di costituzione e risposta dell’intervenuta retrocessione del credito azionato e depositando agli atti del giudizio di merito la copia del relativo atto di retrocessione. Quest’ultimo, di conseguenza, avrebbe dovuto essere esaminato dal giudice dell’opposizione, poiché anche la cessione del credito costituisce una vicenda del rapporto giuridico suscettibile di essere apprezzata, non soltanto con riferimento alla data della notificazione del precetto opposto, ma fino alla data della decisione del relativo giudizio di opposizione. Da quanto precede deriva l’accoglimento dei primi due motivi di ricorso. L’accoglimento di essi, nei termini indicati, implica l’assorbimento delle altre doglianze, con le quali il ricorrente lamenta, rispettivamente: l’omesso esame di un fatto decisivo, perché la Corte di Appello non avrebbe considerato che il precetto intimato dall’odierno ricorrente era regolare, quando all’importo globale ed alle singole voci in esso esposti (terzo motivo); l’omesso esame della malafede con cui avrebbe agito il debitore, il quale avrebbe tenuto un comportamento complessivamente teso a non pagare quanto dovuto (quarto motivo); l’ingiusto governo delle spese, che sarebbe stato operato dalla Corte distrettuale senza tener conto della parziale soccombenza dell’odierno intimato. La sentenza impugnata va dunque cassata, in relazione ai primi due motivi di ricorso, e la causa rinviata alla Corte di Appello di Venezia, in differente composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità. Il giudice di merito procederà al riesame della fattispecie, osservando il seguente principio di diritto: “Poiché l’opposizione al precetto costituisce giudizio di cognizione, tutte le vicende relative al credito portato in esecuzione, ancorché successive alla data di notificazione del predetto atto, devono essere considerate dal giudice dell’opposizione, il quale è tenuto a procedere ad una verifica dell’esistenza del credito stesso, e del suo esatto ammontare, con riferimento alla data della decisione del predetto giudizio di opposizione. Ne consegue che il creditore opposto, ove non abbia specificato nel precetto la fonte del suo credito, è legittimato a fornire detta specificazione nel corso del giudizio di opposizione al precetto, documentando l’esistenza e l’importo attuale del credito stesso; il giudice dell’opposizione, in tal caso, è tenuto a tener conto delle deduzioni e allegazioni fornite dall’opposto nel corso del giudizio di opposizione”.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione accoglie i primi due motivi di ricorso e dichiara assorbiti gli altri. Cassa la sentenza impugnata, in relazione alle censure accolte, e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte di Appello di Venezia, in differente composizione.