Con la sentenza in commento, la Cassazione ha ribadito che i beni donati in funzione della "promessa di matrimonio", come i soldi prestati da un nubendo all'altro per l'acquisto della casa, devono essere resi se le celebrazioni, per qualsiasi ragione, non hanno luogo.
- accoglieva l'eccezione della ragazza, la quale aveva dedotto di avere restituito...
Svolgimento del processo
Nella causa fra ex fidanzati C.O. e M.R., promossa dal primo nei confronti della seconda per la restituzione di somme versatale per la ristrutturazione dell'immobile da adibire a casa coniugale, il Tribunale così decideva: a) rispetto alla pretesa del C., il quale aveva dedotto di aver versato la somma di€ 42.500,00 di cui € 15.000,00 in contanti e il resto con bonifico, disconosceva il versamento in contanti, mentre riteneva raggiunta la prova del bonifico; ciò posto, rigettava la domanda, ritenendo fondata, sulla scorta delle prove assunte, l'eccezione della M., la quale aveva dedotto di avere restituito l'importo corrispondente al bonifico ricevuto; b) riconosceva che la responsabilità della rottura del fidanzamento era da ascrivere al C., condannato al risarcimento del danno per importo largamente inferiore a quello richiesto. Contro la pronuncia il C. proponeva appello, reiterando la pretesa di restituzione per l'intero importo di € 42.500,00. La M. proponeva a sua volta appello incidentale, chiedendo il rimborso della somma di € 5.000,00, che deduceva di avere versato in acconto per l'acquisto di mobili. La Corte d'appello accoglieva in parte l'appello principale e condannava la M. al pagamento della somma di € 15.000,00, riconoscendo la prova del versamento in contanti; rigettava l'appello incidentale. Per la cassazione della sentenza la M. ha proposto ricorso, affidato a sei motivi. Il C. ha resistito con controricorso, contenente ricorso incidentale affidato a un unico motivo. La ricorrente ha depositato memoria.
Motivi della decisione
1. Il primo motivo del ricorso principale denuncia violazione dell'art.112 c.p.c., per omissione di pronuncia sull’eccezione di inammissibilità dell'appello, per difetto di specificità dei motivi e perché conteneva domanda nuova. Il secondo e il terzo motivo del ricorso principale denunciano la violazione delle norme processuali sulle quali si fondavano le eccezioni di inammissibilità dell'appello, che non aveva i requisiti richiesti dall'art. 342 c.p.c. (secondo motivo) e conteneva una domanda nuova (terzo motivo). Il quarto motivo del ricorso principale denuncia omissione di pronuncia sull'eccezione con la quale l'attuale ricorrente aveva eccepito il passaggio in giudicato della statuizione con la quale il primo giudice aveva accertato che la responsabilità della rottura degli sponsali fosse da ascrivere al C.; con il motivo in esame si deduce inoltre che la Corte di merito avrebbe dovuto riconoscere la mancanza di idonea impugnazione della statuizione di primo grado che aveva negato che fosse stata data la prova del versamento in contanti. Con il quinto motivo del ricorso principale la ricorrente si duole perché è stata pronunciata condanna a suo carico per l'importo di € 15.000,00, nonostante il riconoscimento che la responsabilità della rottura degli sponsali fosse da ascrivere al C..
2. Il primo motivo è infondato. Costituisce principio acquisito che il mancato esame da parte del giudice di una questione puramente processuale non è suscettibile di dar luogo al vizio di omissione di pronuncia, il quale si configura esclusivamente nel caso di mancato esame di domande od eccezioni di merito, ma può configurare un vizio della decisione per violazione di norme diverse dall'art. 112 c.p.c. se, ed in quanto, si riveli erronea e censurabile, oltre che utilmente censurata, la soluzione implicitamente data dal giudice alla problematica prospettata dalla parte (Cass. n. 321/2016; n. 22860/2004). In effetti, i motivi del ricorso principale, dal secondo al quinto, sono volti a tale scopo: il C., in appello, avrebbe preteso la restituzione della somma oggetto della originaria domanda a titolo di risarcimento del danno, senza impugnare la statuizione di primo grado che gli imputava la responsabilità per la rottura degli sponsali; inoltre avrebbe impugnato in modo non idoneo il rigetto della domanda relativamente al supposto versamento in contanti. Conseguentemente, la Corte d'appello, accogliendo la domanda riferita all'importo di € 15.000,00, che il C. assumeva di avere anticipato in contanti, avrebbe violato il giudicato. I motivi, da esaminare congiuntamente., sono infondati. L'esame dell'atto di appello del C., consentito alla Corte in conseguenza della natura di errar in procedendo del complesso delle censure (Cass. n. 21944/2019; n. 22130/2004), evidenzia che esso aveva i requisiti di ammissibilità richiesti dall'art 342 c.c. Il C. ha insistito in appello nella richiesta di condanna di controparte al pagamento dell'intera somma inizialmente richiesta: quindi, a fortiori, anche della parte che assumeva di aver versato in contanti, per la quale il primo giudice aveva ritenuto che mancasse la prova tal fine con l'impugnazione l'appellante ha sollecitato una diversa considerazione delle deposizioni testimoniali. In base a tale diversa considerazione si doveva riconoscere che egli aveva versato, in previsione delle nozze, oltre a ciò che aveva costituito oggetto di bonifico, anche la somma in contanti di € 15.000,00. Tanto bastava a escludere l'inammissibilità dell'appello. È stato chiarito, infatti, che l'appellante, il quale intenda dolersi di una erronea ricostruzione dei fatti da parte del giudice di primo grado. può limitarsi a chiedere al giudice di appello di valutare ex novo le prove già raccolte e sottoporgli le argomentazioni difensive già svolte in primo grado, senza che ciò comporti di per sé l'inammissibilità dell'appello (Cass. n. 3115/2018; S.U., n. 27199/2017). Consegue da quanto sopra che la Corte d'appello, nel pronunciare la condanna della M. al pagamento della somma di€ 15.000,00, ha dato seguito a una impugnazione efficacemente proposta, senza incorrere nella violazione del giudicato. L'esame dell'atto di appello evidenzia inoltre che il C., nell'insistere nella domanda di pagamento, ha giustificato la pretesa invocando espressamente l'applicabilità dell'art 80 c.c.., per il quale i doni fatti a causa di matrimonio devono essere restituiti se il matrimonio non ha luogo, per qualsiasi ragione. Sono pertanto del tutto irrilevanti le considerazioni del ricorso sulla mancata impugnazione della statuizione del tribunale che gli attribuiva la responsabilità della rottura. Tale contenuto della sentenza di primo grado riguardava la domanda riconvenzionale della attuale ricorrente e l'appello incidentale, non la domanda principale del C., che anche in appello costituiva esercizio dell'azione di restituzione dei doni ex art. 80 c.c. Invero, presupposto di tale azione è la circostanza che i doni siano stati fatti "a causa della promessa di matrimonio", cioè nella presuppos1z1one della celebrazione del futuro matrimonio, conseguendone il diritto alla restituzione per la sola ipotesi che il matrimonio non sia stato contratto e senza alcuna rilevanza delle cause del mancato matrimonio (Cass. n. 1260/1994). In materia questa Corte ha precisato che l'acquisto di un appartamento da parte di uno dei nubendi, finanziato con denaro dell'altro, m previsione del matrimonio, è configurabile come donazione indiretta, che, in quanto finalizzata alle nozze, rientra nella previsione di cui all'art. 8(1 c.c. (Cass. n. 29980/2021).
3. Con il sesto motivo del ricorso principale la ricorrente si duole perché la Corte d'appello non ha accolto la domanda per la restituzione dell'acconto per l'acquisto di mobili. La ricorrente sostiene che il fatto non era stato contestato e, in ogni caso, era comprovato dalla scrittura intercorsa con il venditore, rispetto alla quale la corte di merito aveva dato una interpretazione non corretta. Il motivo è infondato. La denunciata violazione del principio di non contestazione, infatti, si risolve in una petizione di principio, in assenza di qualsiasi disamina del contenuto degli atti dell'avversario dal quale la Corte d'appello av arebbe dovuto avvisare la "non contestazione" sul sostenimento della spesa (Cass. n. 12840/2017). Si deve ad ogni modo ricordare che l'accertamento della sussistenza di una contestazione ovvero d'una non contestazione, rientrando nel quadro dell'interpretazione del contenuto e dell'ampiezza dell'atto della parte, è funzione del giudice di merito, sindacabile in cassazione solo per vizio di motivazione (Cass. n. 27490/2019). In quanto all'ulteriore censura di cui al motivo in esame, essa, sotto la veste della violazione dei canoni interpretativi, si risolve nella inammissibile richiesta di una valutazione del documento diversa da quella data dal giudice di merito e conforme a quella soggettiva del deducente. La Corte d'appello ha riconosciuto che il documento conteneva le condizioni della vendita, fra le quali era previsto il versamento di un acconto; ha aggiunto che il fatto che un acconto fosse previsto non voleva dire di per sé che esso fosse stato anche pagato. Il ragionamento non rileva alcun errore logico o giuridico. Esso costituisce perciò apprezzamento di merito incensurabile m questa sede (Cass. n. 5537 /1999; n. 13359/1999; n. 16162/2003).
4. Con unico motivo di ricorso incidentale il C. si duole della decisione nella parte in cui la Corte d'appello ha riconoscimento che la M. aveva restituito l'importo di€ 27.5000, oggetto di bonifico. Il ricorso incidentale è infondato. Con esso, infatti, il ricorrente non formula alcuna censura contro la decisione, limitandosi genericamente a postulare l'ingiustizia della medesima. Ciò è in palese contrasto con la natura del giudizio di cassazione, che è un giudizio a critica vincolata, delimitato e vincolato dai motivi di ricorso (Cass. n. 11603/2018), i quali non possono essere affidati a deduzioni generali e ad affermazioni apodittiche, con le quali la parte non prenda concreta pos121one, articolando specifiche censure esaminabili dal giudice di legittimità sulle singole conclusioni tratte dal giudice del merito m relazione alla fattispecie decisa (Cass. n. 1479/ 2018).
5. In conclusioni sono rigettati sia il ricorso principale, sia il ricorso incidentale. Spese compensate. Ci sono le condizioni per dare atto della sussistenza dei presupposti dell'obbligo del versamento, da parte della ricorrente principale e del ricorrente incidentale, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso principale e il ricorso incidentale, dichiara interamente compensate le spese di lite; ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei processuali per il versamento, da parte della ricorrente e del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.