Svolgimento del processo / Motivi della decisione
1. F.D. e L.B. hanno proposto ricorso, articolato in tre motivi, avverso la sentenza n. 704/2017 della Corte d’appello di Milano, pubblicata in data 20 febbraio 2017. Resiste con controricorso il Condominio C.P.U. di Via (omissis) in Bresso.
2. F.D. e L.B., insieme ad E.M. e M.C., impugnarono la deliberazione approvata dall’assemblea dell’8 luglio 2009 del Condominio C.P.U., in relazione alle spese relative alla “locazione cespiti” 2007/2008 e 2008/2009, nonché ai lavori di rifacimento della impermeabilizzazione della soletta del locale caldaia ed all’acquisto e posa in opera di fioriere sul tetto della predetta centrale termica dell’impianto condominiale, installata in un immobile di proprietà di alcuni condomini oggetto di locazione in favore del condominio. Gli attori allegarono, in particolare: la violazione dei loro diritti patrimoniali per la “sproporzionata ed ingiustificata (quasi) quadruplicazione del canone di locazione della centrale termica”, portato per l’esercizio 2008- 2009 ad € 11.938,00 (rispetto a quello precedente di € 3.840,00) esteso retroattivamente anche all’esercizio 2007-2008 ed in assenza di prova documentale del correlativo esborso; la violazione delle regole di diritto, che non consentono la variazione annuale del canone (salvo eventuale aggiornamento secondo indici ISTAT); l’illegittimità degli addebiti di € 10.971,00 (per rifacimento dell’impermeabilizzazione della centrale termica) e di € 1.188,00 (per acquisto e posa di fioriere sul tetto della predetta centrale termica), trattandosi di opere estranee alle parti comuni condominiali, ma aventi natura straordinaria e volte a soddisfare unicamente i proprietari della centrale termica. Perciò gli attori chiesero l’annullamento della deliberazione assembleare dell’8 luglio 2009 limitatamente alle quattro partite di spesa, nonché, all’occorrenza, delle corrispondenti clausole del contratto di locazione che fossero eventualmente invocate a giustificazione della ripartizione di dette partite a carico dei condomini e che risultassero generiche, vessatorie, sproporzionate e prive di causa e sinallagma, non avendo almeno i quattro ricorrenti-condomini mai sottoscritto tali clausole ex art. 1341 c.c. Il Tribunale di Milano, con sentenza n. 4197/2015, rigettò le domande. Proposero gravame F.D. e L.B., insieme ad E.M. e M.C., gravame respinto dalla Corte d’appello di Milano.
3. La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, comma 2, e 380 bis.1, c.p.c.
4. Va premesso che il ricorso per cassazione è stato proposto soltanto da F.D. e L.B. nei confronti del Condominio C.P.U.. Erano stati tuttavia parti dei pregressi gradi del giudizio, attori in primo grado e poi appellanti, come emerge dalla sentenza impugnata, altresì E.M. e M.C.. Secondo unanime orientamento di questa Corte, l'impugnazione di una delibera assembleare di condominio determina fra i condomini che siano stati parte del giudizio una situazione di litisconsorzio processuale, sicché, ove la sentenza che ha statuito su tale impugnativa venga impugnata da alcuni soltanto di tali condomini, il giudice del gravame deve disporre, ex art. 331 c.p.c., l'integrazione del contraddittorio nei confronti degli altri, quali parti di una causa inscindibile, ancorché il gravame concerna, come nel caso in esame, le sole spese di lite, trattandosi di capo accessorio che condivide il carattere di inscindibilità della causa principale (ex multis, Cass. Sez. 2, 26/09/2017, n. 22370). In ogni modo, nel caso in esame, la fissazione del termine ex art. 331 c.p.c., in forza del principio della ragionevole durata del processo, deve ritenersi superflua, in quanto il ricorso appare "prima facie" inammissibile, alla stregua dell’art. 360-bis, n. 1, c.p.c., e l'integrazione del contraddittorio si rivela, perciò, attività del tutto ininfluente sull'esito del procedimento (Cass. Sez. U, 23/09/2013, n. 21670). Anche l’eventuale ricorso incidentale tardivo proposto dalle parti chiamate ad integrare il contraddittorio perderebbe ogni efficacia in conseguenza della dichiarazione di inammissibilità della impugnazione principale, ai sensi dell’art. 334, comma 2, c.p.c. Ancora in via pregiudiziale, non va disposta la riunione tra il presente giudizio e quello, contraddistinto come R.G. 30775/2018, anch’esso pendente innanzi alla Corte di cassazione, avente ad oggetto l’impugnazione della sentenza n. 1389/2018 della Corte d’appello di Milano, trattandosi di ricorsi proposti contro sentenze diverse pronunciate in separati giudizi. Pur attenendo le cause connesse a identiche questioni di diritto, la riunione non perseguirebbe alcun obbiettivo utile in termine di economia e minor costo dei due giudizi, né favorirebbe la loro ragionevole durata.
5. Il primo motivo del ricorso di F.D. e L.B. deduce la violazione degli artt. 112 e 115 c.p.c., “per mancata corrispondenza fra chiesto e pronunciato e per omessa pronuncia nonché per disapplicazione ed inosservanza delle risultanze processuali”. Si assume che la sentenza impugnata non ha dato risposta alla domanda in ordine alla legittimità o meno dell’aumento fino al quadruplo del canone di locazione del locale caldaia. Vengono censurati sia un “errore di fatto”, quanto alla negazione che fosse stato oggetto del giudizio di primo grado un contratto di locazione, sia uno “logico”, in quanto “l’esistenza di un rapporto locativo tra comunione di condomini/condominio non è stato affatto estranea al materiale di causa, come da ammissione degli stessi appellanti e comunque da prova documentale del fatto che alcuni condomini in data 28/10/04 avevano acquistato il locale della centrale termica ed erano così succeduti nel rapporto contrattuale di locazione all’originaria impresa costruttrice B. Impresa Costruzioni spa, che si era riservata la proprietà di tale locale e lo aveva concesso in locazione al condominio contro pagamento di un canone annuo”. A ciò si aggiungerebbe un “triplice errore di diritto”: 1) la mancata corrispondenza tra “quanto chiesto dagli appellanti, ossia la dichiarazione di nullità o annullabilità della deliberazione dell’assemblea condominiale dell’8/7/2009 per la lesione dei propri diritti individuali e patrimoniali e per violazioni di regole di diritto, consistenti nella illegittima ed autolesionistica quadruplicazione del canone già determinato in forza del contratto locativo vigente, in assenza di documentazione contabile e in difetto del quorum deliberativo per votazione di condomini in conflitto di interessi con il condominio”; e “quanto pronunciato dai Giudici di primo e secondo grado, che hanno contestato invece agli appellanti la carenza di legittimazione attiva ad impugnare il contratto di locazione (!!!) intercorrente fra il Condominio e la comunione di (alcuni) condomini, succeduti al precedente ed originario locatore ed erroneamente ritenuti i loro contraddittori in luogo del Condominio”; 2) inoltre, la “rilevata adozione all’unanimità dei presenti, della delibera 8/7/2009 in punto di ‘approvazione del consuntivo della gestione ordinaria 2008/2009’, non dispensava di certo la Corte d’Appello adita dal potere-dovere di esaminare e pronunciarsi sulle denunziate cause di nullità ed annullabilità della predetta delibera dell’assemblea condominiale, che aveva illegittimamente ed arbitrariamente: quadruplicato (con arbitraria decisione assunta in difetto di competenza, in conflitto di interessi ed in violazione delle norme locative) il canone dovuto dai condomini in forza del contratto di locazione originariamente intercorso fra impresa costruttrice e condominio ed ancora vigente, e leso in tal modo i diritti individuali e patrimoniali dei ricorrenti-appellanti, che attraverso la autolesionistica quadruplicazione del canone erano stati indebitamente gravati di maggiori spese”; 3) infine, “la Corte d’Appello, per confermare la sentenza di primo grado e per rigettare l’appello…., ha dovuto inoltre e purtroppo disattendere le risultanze processuali, incorrendo così anche nella violazione dell’art. 115 c.p.c., allorché: a) ha negato che gli appellanti avessero espressamente censurato la sentenza di primo grado sulla erroneamente ed inutilmente sollevata questione della carenza di legittimazione ad interloquire sul rapporto di locazione (…); b) ha imputato agli appellanti l’omessa indicazione del canone dovuto in concreto nel caso di specie, benché gli stessi ne avessero denunciato la illegittima quadruplicazione rispetto a quello dovuto, la cui misura sia nell’atto introduttivo che nell’atto di appello era stata ripetutamente specificata in € 3.840,00”. Il secondo motivo di ricorso allega la violazione o falsa applicazione degli artt. 1135, 1136 e 1137 c.c. nonché degli artt. 1421, 1571, 1587, 2373 c.c. per “ritenuta illegittimità della impugnata deliberazione dell’assemblea condominiale, che aveva quadruplicato il canone di locazione per l’esercizio 2008-2009 con estensione retroattiva all’esercizio 2007-2008”. Il secondo motivo di ricorso ribadisce ciò che già afferma la prima censura. Si conclude che l’impugnata deliberazione dell’assemblea condominiale dell’8 luglio 2009 era viziata: a) “per eccesso di potere, non rientrando nella competenza dell’assemblea la unilaterale ed autolesionistica variazione in aumento del canone di locazione a danno dei condomini”; b) “per illegittima ed illecita incidenza sui diritti individuali e patrimoniali dei condomini-non proprietari (come erano e sono appunto i ricorrenti), che sono stati arbitrariamente gravati di spese indebite”; c) “per illegittima ed inammissibile variazione ad € 11.938,86 del canone già determinato in forza del contratto di locazione ancora vigente nella misura di € 3.840,00”; d) per illegittimità e per inveridicità della contabilità condominiale sia per assenza di qualsiasi ‘giustificativo di cassa’ e sia per favoreggiamento all’evasione fiscale attraverso illecita compensazione delle contrapposte partite di credito e di debito”; e) “per avvenuta inclusione nella maggioranza deliberante (diversamente non conseguita) dei condomini proprietari-locatori i quali, pur essendo in contrasto di interessi con il Condominio, gli hanno accollato un onere economico a tutto e solo loro vantaggio e nel contempo a tutto e solo danno dei condomini non proprietari”. Il terzo motivo del ricorso di F.D. e L.B. deduce la violazione o falsa applicazione degli artt. 1135, 1136 e 1137 c.c. nonché degli artt. 1341, 1342, 1421, 1575, 1576 e 2373 c.c., “per ritenuta illegittimità della impugnata deliberazione dell’assemblea condominiale, che ha posto a carico dei conduttori-locatori spese straordinarie e voluttuarie di competenza del locatore. I ricorrenti sottolineano che per potersi ritenere legittima e valida la deliberazione assembleare impugnata (con la quale erano state poste a carico dei condomini spese straordinarie e voluttuarie non inerenti alle parti comuni condominiali, ma di competenza del proprietario locatore) doveva farsi necessario riferimento al sottostante contratto di locazione, di cui pertanto dovevano essere previamente accertate la permanente vigenza e la piena validità ed efficacia, in quanto la mancanza dell’una e/o dell’altra condizione avrebbe costituito un impedimento insormontabile all’accollo di dette spese ad un locatario non vincolato da obbligazioni contrattuali.
6. I tre motivi di ricorso vanno esaminati congiuntamente, per la loro evidente connessione, e si rivelano inammissibili sotto più profili.
6.1. I motivi di ricorso sono sprovvisti dei caratteri di tassatività e specificità imposti dagli artt. 360 e 366, comma 1, n. 4, c.p.c., riducendosi ad una critica generica della sentenza impugnata, formulata sotto una molteplicità di profili tra loro confusi e inestricabilmente combinati. Il vizio di violazione o falsa applicazione di norme di diritto, previsto dall'art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., è dedotto mediante l’indicazione di una pluralità di disposizioni asseritamente violate, ma mancano specifiche argomentazioni, intese a dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto, contenute nella sentenza gravata, debbano ritenersi in contrasto con ciascuna delle norme individuate dal ricorrente come regolatrici della fattispecie.
6.2. La sentenza della Corte d’appello di Milano ha comunque preliminarmente osservato che si discute di un rapporto contrattuale di locazione intercorso tra i comproprietari del locale dove si trova la centrale termica ed il condominio, riguardo al quale non possono interloquire F.D. e L.B.; i giudici di secondo grado hanno pure evidenziato che l’impugnata deliberazione approvata dall’assemblea dell’8 luglio 2009 del Condominio C.P.U. conteneva unicamente l’approvazione del consuntivo della gestione ordinaria 2008/2009 e che l’autorità giudiziaria non può sindacare il merito delle scelte gestorie adottate dall’assemblea.
6.3. I tre motivi di ricorso non superano, allora, lo scrutinio ex art. 360- bis, n. 1, c.p.c., atteso che la Corte di Milano ha deciso le indicate questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza di questa Corte e l’esame delle censure non offre elementi per mutare tale orientamento.
6.4. Il ricorso neppure contiene, agli effetti dell’art. 366, comma 1, n. 6 c.p.c., la specifica indicazione del contenuto del contratto di locazione avente ad oggetto l’immobile in cui è sita la centrale termica condominiale. A quanto è dato comprendere, si ha riguardo ad una locazione stipulata nel comune interesse dal condominio nella veste di conduttore ed ha ad oggetto il godimento verso un corrispettivo di un immobile di proprietà di terzi che ne sono locatori. L’amministratore, in forza dei poteri di rappresentanza di cui agli artt. 1130 e 1131 c.c., previa autorizzazione dell’assemblea quando si tratti di atti che esulano dalle attribuzioni ordinarie del primo, può, invero, stipulare i contratti ed assumere le obbligazioni necessari alla conservazione e al godimento delle parti comuni, come alla fruizione dei servizi comuni dell'edificio (arg. da Cass. Sez. 2, 22/02/1997, n. 1640).
6.5. La titolarità di tali rapporti obbligatori conclusi per conto del condominio e la corrispondente legittimazione alle impugnative del negozio non spettano, tuttavia, in modo frazionato pro quota a ciascuno dei condomini, ma rimangono imputate alla collettività organizzata “condominio” quale unitaria parte contrattuale complessa, che esercita le posizioni e prerogative proprie dei contraenti attraverso i suoi organi (arg. da Cass. Sez. 3, 20/02/2009, n. 4245). Gli oneri economici derivanti dall’esecuzione dei contratti conclusi in nome e per conto del condominio vanno poi compresi tra le voci di spesa contabilizzate nel rendiconto da sottoporre all’approvazione dell’assemblea.
6.6. E’ conforme all’orientamento consolidato di questa Corte il principio secondo cui, in tema di condominio negli edifici, il sindacato dell'autorità giudiziaria sulle delibere assembleari non può estendersi alla valutazione del merito e al controllo della discrezionalità di cui dispone l'assemblea, quale organo sovrano della volontà dei condomini, ma deve limitarsi ad un riscontro di legittimità che, oltre ad avere riguardo alle norme di legge o del regolamento condominiale, può abbracciare anche l'eccesso di potere, purché la causa della deliberazione risulti - sulla base di un apprezzamento di fatto del relativo contenuto, che spetta al giudice di merito - falsamente deviata dal suo modo di essere, in quanto anche in tal caso lo strumento di cui all'art. 1137 c.c. non è finalizzato a controllare l'opportunità o convenienza della soluzione adottata dall'impugnata delibera in ordine ai costi da sostenere nella gestione delle spese relative alle cose e ai servizi comuni, ma solo a stabilire se la decisione collegiale sia, o meno, il risultato del legittimo esercizio del potere dell'assemblea (Cass. Sez. 6 - 2, 25/02/2020, n. 5061; Cass. Sez. 6 - 2, 17/08/2017, n. 20135). Ne consegue che esulano dall'ambito del sindacato giudiziale sulle deliberazioni condominiali le censure inerenti, come nella specie, alla convenienza o alla gravosità della somma che il condominio si obblighi a versare a terzi a titolo di canone per il godimento di beni condotti in locazione; o all’accollo in capo al condominio conduttore delle spese necessarie per il mantenimento della cosa in buono stato locativo, o per l’esecuzione di miglioramenti o addizioni alla stessa, seppur derogando convenzionalmente (come consentito: cfr. Cass. Sez. 3, 20/06/1998, n. 6158) alle disposizioni di cui agli artt. 1576, 1592 e 1593 c.c.
6.7. È altrimenti incomprensibile anche il riferimento contenuto in ricorso all’eccesso di potere assembleare, il quale suppone, in realtà, un grave pregiudizio alla cosa comune, ex art. 1109 c.c., tale da consentire l’invalidazione della decisione approvata dalla maggioranza (cfr. Cass. Sez. 2, 05/11/1990, n. 10611).
6.8. Quanto alla deduzione del “conflitto di interessi” dei condomini- locatori, questa Corte ha anche già chiarito che, in tema di condominio, le maggioranze necessarie per approvare le delibere sono sempre inderogabilmente quelle previste dalla legge in rapporto a tutti i partecipanti ed al valore dell'intero edificio, ai fini sia del quorum costitutivo che di quello deliberativo, compresi i condomini in potenziale conflitto di interesse con il condominio, i quali possono (ma non debbono) astenersi dall'esercitare il diritto di voto, ferma la possibilità per ciascun partecipante di ricorrere all'autorità giudiziaria in caso di mancato raggiungimento della maggioranza necessaria per impossibilità di funzionamento del collegio (Cass. Sez. 6-2, 31/01/2018, n. 2415; Cass. sez. 6- 2, 25/01/2018, n. 1849; Cass. Sez. 2, 28/09/2015, n. 19131; Cass. Sez. 2, 30/01/2002, n. 1201). D'altro canto, l'accertamento dell'esistenza di una sicura divergenza tra specifiche ragioni personali di determinati singoli condomini, il cui voto abbia concorso a determinare la necessaria maggioranza, ed un parimenti specifico contrario interesse istituzionale del condominio, poiché coinvolge un'indagine di fatto riservata al giudice di merito, è sindacabile dal giudice di legittimità soltanto ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., e i ricorrenti non indicano, nel rispetto dell’art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c., "come" e "quando" la questione del conflitto di interessi era stata oggetto di discussione processuale tra le parti nelle pregresse fasi di merito e di specifica allegazione operata prima della maturazione delle preclusioni assertive.
6.9. La decisione sui rilievi inerenti alla nullità ed all’inefficacia delle clausole del contratto di locazione avrebbe, infine, imposto il litisconsorzio di tutti i contraenti.
6.10. In definitiva, va enunciato il seguente principio: il sindacato dell'autorità giudiziaria sulla contrarietà alla legge o al regolamento delle deliberazioni prese dall’assemblea dei condomini, ai sensi dell’art. 1137 c.c., nella specie in ordine alla ripartizione delle spese inerenti ad una locazione immobiliare stipulata nel comune interesse dal condominio in veste di conduttore ed avente ad oggetto il godimento di un immobile di proprietà di terzi, non può riguardare la convenienza economica dell’importo del canone pattuito o la legittimità dell’accollo in capo al condominio conduttore degli esborsi sostenuti per il mantenimento della cosa in buono stato locativo o per l’esecuzione di miglioramenti o addizioni alla stessa, né può concernere questioni relative alla nullità o all’inefficacia delle clausole del contratto di locazione.
7. Il ricorso va perciò dichiarato inammissibile, con condanna in solido dei ricorrenti a rimborsare al controricorrente le spese del giudizio di cassazione nell’importo liquidato in dispositivo. Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna in solido i ricorrenti a rimborsare al controricorrente le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi € 2.500,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge. Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater del D.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.