Il sindacato della Suprema Corte non può giungere sino a misurare “gravità ed eccezionalità”, al di fuori delle ipotesi in cui all'affermazione del giudice non corrispondano le evidenze di causa o alla giurisprudenza consolidata.
Nell'ambito di una controversia su un contratto preliminare avente ad oggetto la costruzione di un appartamento, con la sentenza n. 15495 del 16 maggio 2022 la Cassazione discute della compensazione delle spese di lite del doppio grado di giudizio e, nello specifico, sulle gravi ed eccezionali ragioni ai fini dell'integrale compensazione. A tal proposito,...
Svolgimento del processo
Per quel che qui è di utilità i fatti salienti di causa possono riassumersi per come segue. I.S., con contratto del 17/7/2001, si rese promissaria acquirente di un appartamento che il promittente alienante, R.B., si era obbligato a costruire su una determinata particella di terreno. Resosi inadempiente il promittente alienante, la S., citò in giudizio il B., trascrivendo la domanda il 22/5/2003. Con sentenza del 2008, il Tribunale fece luogo del consenso mancante, ai sensi dell’art. 2932 cod. civ. Effettuata offerta reale del corrispettivo ancora dovuto, al quale il Tribunale aveva subordinato l’effetto traslativo, con atto notarile del 10/8/2009 venne effettuata l’individuazione catastale dell’immobile. Nelle more il B., con atto notarile del 30/10/2003, ebbe a vendere l’appartamento oggetto del contratto preliminare a C.R., che, a sua volta, lo ebbe a trasferire a N.P.. Or poiché la P. si rifiutò di rilasciare l’immobile, la S. la citò in giudizio chiedendo accertarsi la prevalenza della trascrizione della domanda giudiziale dalla medesima effettuata, sulle successive trascrizioni trascritte in danno del B., con la conseguente inefficacia, invalidità e inopponibilità di quest’ultime all’attrice; dichiararsi la medesima proprietaria dell’appartamento e condannarsi la convenuta al rilascio. N.P., si oppose alla domanda e chiese di chiamare in giudizio la R. e il notaio che aveva rogato l’atto del di lei acquisto, E.M.. La R., resistette, a sua volta, alla domanda e chiese chiamare in giudizio il B. e il notaio che aveva rogato l’atto del di lei acquisto, T.A.. La M., oppostasi alla domanda, chiese chiamarsi in causa per essere manlevata il geom. L.T., che aveva effettuato le visure. Quest’ultima si oppose alla domanda e addebitò ogni responsabilità al notaio, declinando la propria. L’A. si oppose alla domanda e chiamò in causa A. S.p.a., per essere garantita sulla base del contratto di assicurazione. L’A. si oppose alla domanda, ma escluse essere tenuta alla copertura assicurativa del sinistro, di spettanza delle A. d’Italia S.p.a.. Il Tribunale riunì alla causa quella successivamente adita dall’A. nei confronti di I.A. S.p.a., poi G.I. S.p.a. per essere manlevata. Esperita ctu, il Tribunale rigettò la domanda principale e, di conseguenza, tutte le domande di manleva, condannando l’attrice al rimborso del 70% delle spese di tutte le altre parti, compensando il residuo 30%. La Corte d’appello di Trieste accolse l’impugnazione della S. limitatamente al regolamento delle spese, che compensò per intero, rigettando nel resto l’appello. Queste, in sintesi le ragioni della decisione di secondo grado. La sentenza, dopo aver preso in rassegna il contenuto dell’art. 2665 cod. civ., il quale afferma che l’inesattezza o l’omissione di alcune delle indicazioni richieste dalla legge per una corretta trascrizione non nuoce alla validità di essa, salvo che induca <<incertezza sulle persone, sul bene o sul rapporto giuridico>>, confermando la decisione del Tribunale, reputa essersi verificata una tale incertezza, non risolvibile attraverso l’esame della nota di trascrizione. Era rimasto accertato, anche con l’apporto del ctu, che nel quadro “B” della nota, deputata ad accogliere i riferimenti catastali, erano stati riportati, invece che i dati dell’immobile, quelli dell’area prima della costruzione (particelle 151, 148 e 22. F. 12), con erroneo riferimento al catasto dei fabbricati, invece che a quello dei terreni. L’incertezza che ne era derivata non risultava risolvibile esaminando il quadro “D”, nel quale era stato annotato trattarsi di un appartamento identificato al C.E.U. sub F. 12, particella 176, subalterno n. 4. Ciò perché l’indicazione di dati catastali non pertinenti e l’erronea indicazione del catastato terreni nel quadro “B” non avrebbero potuto essere superati analizzato il quadro “D”, stante l’interno contrasto non risolvibile. I.S. ricorre avverso la sentenza d’appello sulla base di due motivi. Resistono con separati controricorsi, in seno ai quali propongono ricorso incidentale A. S.p.a. (un motivo), C.R. (due motivi), N.P. (un motivo), E.M. (un motivo). Resistono, altresì’, con separati controricorsi, T.A. e G.I. S.p.a. L’A., la M. e A. hanno depositato memorie.
Motivi della decisione
1. Con i due osmotici motivi, che appare opportuno trattare unitariamente, la ricorrente denuncia violazione degli artt. 2652 e 2665 cod. civ., nonché l’omesso esame id un fatto controverso e decisivo. La ricorrente, dopo avere criticato la motivazione della sentenza di primo grado, giudicata incoerente, spiegando che nel quadro “B” non avrebbero che potuto annotarsi i dati catastali indicati nel contratto preliminare e non altri, addebita alla Corte d’appello di essersi appiattita sulla motivazione del Tribunale, senza compiere <<grandi sforzi argomentativi>>, assegnando, inoltre <<un peso determinante all’errore contenuto al Quadro B dove le particelle ivi indicate (e peraltro neanche esistenti al momento della domanda giudiziale) sono erroneamente attribuite al catasto fabbricati>>. Doveva inoltre ritenersi che la sentenza era incorsa in omessa motivazione, non avendo tenuto conto delle conclusioni del ctu, il quale aveva chiarito che il quadro “D” fa parte integrante della nota di trascrizione e che le particelle 151, 148 e 22 del foglio 12, costituenti l’area definita dalle tre particelle originarie, richiamate nel contratto preliminare e nella domanda giudiziale, risultano già soppresse al momento della trascrizione della domanda, con la conseguenza che <<la loro indicazione nel Quadro B si rendeva necessaria solo per rispettare la regola della conformità tra titolo e nota>>. Per contro la Corte di Trieste aveva effettuato il solo riferimento alla relazione del consulente, laddove il tecnico aveva sostenuto che in assenza dell’atto di identificazione catastale vi sarebbe stata <<incertezza nella corretta individuazione dell’immobile>>, con conseguente <<impossibilità di adempiere alla funzione di rendere l’atto opponibile a terzi in caso di conflitto tra più acquirenti del medesimo immobile>>. La sentenza non aveva preso in esame le articolate osservazioni del ctu, il quale si era soffermato sulla funzione integrativa del quadro “D”, sulla funzione dell’atto di identificazione, sulla importanza delle annotazioni nel quadro “D”, che il sistema consente di formulare in forma discorsiva.
1.1. Il complesso censuratorio è inammissibile.
1.1.1. Occorre partire dal principio secondo il quale l'accertamento dell'esistenza dello stato di incertezza costituisce giudizio di fatto insindacabile in Cassazione se immune da vizi logici e giuridici e sorretto da congrua motivazione, nei termini di cui alla seguente massima: In forza dell'art. 2665 c.c. non ogni omissione od inesattezza nella nota di trascrizione determina l'invalidità della trascrizione stessa, ma solo quelle che ingenerano incertezze sulle persone, sul bene e sulla natura giuridica dell'atto; e l'accertamento dell'esistenza dello stato di incertezza, soprattutto ove incentrato sulla ritenuta idoneità dell'univocità del riferimento ritraibile dal codice fiscale, costituisce giudizio di fatto insindacabile in Cassazione se immune da vizi logici e giuridici e sorretto da congrua motivazione (Sez. 6, n. 13543, 30/05/2018, Rv. 648808). Il ragionamento della Corte è logicamente ripercorribile (l’incertezza non era risolvibile attraverso un esame della nota, sia pure ponendo a confronto i due quadri compilati e non poteva addebitarsi al terzo l’onere di ricercare aliunde). Siamo, quindi, sicuramente al di fuori dell’apparenza motivazionale. La giustificazione motivazionale è di esclusivo dominio del giudice del merito, con la sola eccezione del caso in cui essa debba giudicarsi meramente apparente; apparenza che ricorre, come di recente ha ribadito questa Corte, allorquando essa, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all'interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche, congetture (Sez. 6, n. 13977, 23/5/2019, Rv. 654145, ex multis; ma già S.U. n. 22232/2016); - a tale ipotesi deve aggiungersi il caso in cui la motivazione non risulti dotata dell’ineludibile attitudine a rendere palese (sia pure in via mediata o indiretta) la sua riferibilità al caso concreto preso in esame, di talché appaia di mero stile, o, se si vuole, standard; cioè un modello argomentativo apriori, che prescinda dall’effettivo e specifico sindacato sul fatto; - siccome ha già avuto modo questa Corte di più volte chiarire, la riformulazione dell'art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall'art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall'art. 12 delle preleggi, come riduzione al "minimo costituzionale" del sindacato di legittimità sulla motivazione, con la conseguenza che è pertanto, denunciabile in cassazione solo l'anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all'esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali; anomalia che si esaurisce nella "mancanza assoluta di motivi sotto l'aspetto materiale e grafico", nella "motivazione apparente", nel "contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili" e nella "motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile", esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di "sufficienza" della motivazione (S.U., n. 8053, 7/4/2014, Rv. 629830; S.U. n. 8054, 7/4/2014, Rv. 629833; Sez. 6-2, ord., n. 21257, 8/10/2014, Rv. 632914). È del tutto evidente che non si versa qui in alcuna delle ipotesi residuali di cui sopra: gli argomenti utilizzati dal giudice sono puntualmente ripercorribili e risultano collegati al caso esaminato e alle risultanze di causa. Quel che, in sostanza il ricorrente contesta è la soluzione sposata dalla sentenza. Un tale ragionamento, non solo assolve all’obbligo motivazionale, ma spiega, altresì, i richiami alla ctu. Né, peraltro, il giudice è tenuto a riportare per intero il contenuto dell’elaborato peritale, dovendo limitarsi a cogliere i profili di rilievo comunque risolutori.
1.1.2. La suggestione derivante da un caso di recente affrontato da questa Corte non appare risolutiva. Dalla la sentenza n. 20543/2019 risulta estratta la massima seguente: In tema di trascrizione, ai sensi dell'art. 2665 c.c. l'omessa indicazione dei dati catastali degli immobili - e a "fortiori" l'indicazione di dati catastali non corretti - determina l'invalidità della relativa nota di trascrizione solo se induca incertezza sui soggetti, sui beni o sul rapporto cui essa inerisce e sempre che non sia consentito individuare, senza possibilità di equivoci, gli elementi essenziali del contratto. (Nella fattispecie, la S.C. ha cassato la sentenza gravata che aveva dichiarato la nullità della nota di trascrizione relativa ad un capannone perché identificato con i soli dati catastali del terreno su cui insisteva, sebbene la sua ubicazione e consistenza fossero chiaramente desumibili dal quadro D della medesima nota). Invero, nel caso in esame, la Corte d’appello, con giudizio di merito in questa sede non sindacabile, ha spiegato che, pur tenuto conto di quanto esplicitato al quadro “D”, l’incertezza permaneva. In definitiva trattavasi d’una incertezza non risolvibile attraverso l’analisi intrinseca della trascrizione e, perciò, invalidante. Invero, la disciplina della trascrizione persegue lo scopo di favorire le attività negoziali soggette a trascrizione, assegnando al terzo contraente l’onere di verificare la titolarità e libertà del bene di cui si tratta limitandosi a esaminare la trascrizione a danno del dante causa ed esonerandolo, per contro, d’ogni ulteriore indagine conoscitiva e, a maggior ragione, esplorativa, implicante fonti di sapere estrinseche.
2. Quanto ai ricorsi incidentali è opportuno prendere in unitaria rassegna quelli di M., P. e R., i quali, pur con diverse sfumature e precisazioni, contestano la decisione d’appello con la quale, in parziale accoglimento del terzo motivo della S., venne disposta compensazione delle spese di lite del doppio grado, reputando che <<la particolare complessità della vicenda e la natura dei motivi di infondatezza della domanda - già valutati dal Tribunale ai fini della disposta compensazione parziale delle spese di lite - configurano, ad avviso della Corte, quelle “gravi ed eccezionali ragioni” qui apprezzabili - nel vigore del testo dell’art. 92 c.p.c. antecedente alle modifiche introdotte dal d. l. 132/2014, conv. in l. 162/2014 - ai fini della integrale compensazione delle spese di lite>>. Nello specifico tutti i predetti ricorrenti incidentali denunciano la violazione o la falsa applicazione degli artt. 91, co. 1 e 92, co. 2, nel testo vigente al tempo. Inoltre la R. lamenta l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo, in relazione all’art. 360, n. 5, cod. proc. civ.
2.1. In primo luogo deve sùbito evidenziarsi l’inammissibilità della prospettata omissione, essendo bastevole sul punto richiamare gli argomenti riportati a confutazione del ricorso principale. Val la pena soggiungere che ha Corte d’appello ha legittimamente riesaminato il capo delle spese di primo grado, essendo a ciò chiamata da uno dei motivi d’appello. Quanto al resto valgono le considerazioni che seguono.
2.1.1. Il comma secondo dell’art. 92 cod. proc. civ., ante riforma del 2014 e post riforma del 2009 (l. n. 69/2009), che qui trova applicazione, dispone: <<Se vi è soccombenza reciproca o concorrono altre gravi ed eccezionali ragioni, esplicitamente indicate in motivazione, il giudice può compensare, parzialmente o per intero, le spese tra le parti>>. Questa Corte ha condivisamente spiegato che ai sensi dell'art. 92, comma 2, cod. proc. civ., come riformulato dalla l. n. 69 del 2009 ("ratione temporis" applicabile), la compensazione delle spese legali può essere disposta, in difetto di soccombenza reciproca, per "gravi ed eccezionali ragioni", tra le quali, trattandosi di nozione elastica, rientra la situazione di obiettiva incertezza sul diritto controverso (Sez. L., n. 21157, 7/8/2019, Rv. 654806). Nel rispetto del tenore rigoroso della norma si è, peraltro, soggiunto che la formula motivazionale non soddisfa il precetto normativo ove non superi la soglia della genericità (cfr., Cass. nn. 221/2016, 11217/2016, 14411/2016, 22310/2017) e proprio perché si tratta di soddisfare una specifica regola normativa il giudizio è censurabile in cassazione (Cass. n. 23059/2018). La Corte d’appello, nella piena consapevolezza della disposizione normativa “ratione temporis” applicabile, non si è trincerata dietro una insondabile formula di stile, ma, proprio come richiede la legge, ha esplicitamente indicato quelle che per essa costituivano <<gravi ed eccezionali ragioni>>, riportandosi alla vicenda giudiziale in concreto. Il “peso” della “gravità” e della “eccezionalità” non può essere sindacato in questa sede al difuori dell’ipotesi della motivazione apparente, siccome delineata dalla giurisprudenza di questa Corte (cfr., ex multis, Sez. 6, n. 13977, 23/5/2019, Rv. 654145, ex multis; ma già S.U. n. 22232/2016; Sez. 6, n. 13977, 23/5/2019, Rv. 654145, ex multis; ma già S.U. n. 22232/2016; S.U., n. 8053, 7/4/2014, Rv. 629830; S.U. n. 8054, 7/4/2014, Rv. 629833; Sez. 6, n. 21257, 8/10/2014, Rv. 632914). In altri termini, al di fuori della reciproca soccombenza, il giudice può compensare in tutto o in parte le spese di lite a condizione che esplicitamente individui le “gravi” ed “eccezionali” ragioni. Della sussistenza di esse può conoscere il Giudice della legittimità e ove il giudice si limitasse a una enunciazione astratta o, comunque, non puntuale, resterebbe violato il precetto di legge e, anche, se del caso, si verserebbe in presenza di motivazione apparente. Tuttavia, il sindacato di questa Corte non può giungere sino a misurare “gravità ed eccezionalità”, al di là delle ipotesi in cui all’affermazione del giudice non corrispondano le evidenze di causa o la giurisprudenza consolidata. Nel caso in esame, proprio la elasticità della nozione normativa, tale da includere situazione di obiettiva incertezza sul diritto controverso, risulta essere stata pienamente soddisfatta dalla Corte di Trieste, la quale ha, in concreto, come si è visto, evocato, non solo la complessità della vicenda processuale (resa evidente dal numero delle parti in causa e della diversità di posizione di ognuna d’esse), ma, anche, e soprattutto, la incertezza in ordine al fondamento della domanda. Incertezza del tutto evidente ove si tenga conto di quanto esposto più sopra al fine di disattendere il ricorso principale. Nel resto non possono che richiamarsi le osservazioni spese a riguardo della giustificazione motivazionale in sede di vaglio del ricorso principale. In sintesi può enunciarsi il seguente principio di diritto: <<la compensazione delle spese legali, in difetto di soccombenza reciproca, per "gravi ed eccezionali ragioni", ai sensi dell'art. 92, comma 2, cod. proc. civ., come riformulato dalla l. n. 69 del 2009 ("ratione temporis" applicabile), riporta a una nozione elastica, che ricomprende la situazione di obiettiva incertezza sul diritto controverso. Della sussistenza delle “gravi ed eccezionali ragioni” può essere chiamato a conoscere il giudice della legittimità e ove il giudice del merito si fosse limitato a una enunciazione astratta o, comunque, non puntuale, resterebbe violato il precetto di legge e, anche, se del caso, si verserebbe in presenza di motivazione apparente. Tuttavia il sindacato di questa Corte non può giungere sino a misurare “gravità ed eccezionalità”, al di là delle ipotesi in cui all’affermazione del giudice non corrispondano le evidenze di causa o alla giurisprudenza consolidata>>. Alla luce delle superiori considerazioni la critica mossa alla statuizione non supera lo scrutinio d’ammissibilità.
3. Il ricorso incidentale di A. censura la decisione d’appello per violazione o falsa applicazione degli artt. 91, co. 1, 92, co. 2 e 112 cod. proc. civ., lamentando che la Corte d’appello aveva errato a compensare con la S. le spese, che, invece, avrebbero dovuto essere poste a carico del notaio A., che aveva chiamato in causa la esponente. La doglianza è inammissibile: poiché A. non risulta aver impugnato con appello incidentale la sentenza di primo grado, la quale dispose il carico delle spese, sia pure in parte compensato, ai soli danni della S., sul punto si è formato il giudicato.
4. Le spese possono compensarsi fra tutte le parti in ragione della reciproca soccombenza.
5. Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02 (inserito dall'art. 1, comma 17 legge n. 228/12) applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente principale e dei ricorrenti incidentali di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, rispettivamente, previsto per il ricorso principale e per quelli incidentali, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
dichiara inammissibili il ricorso principale e quelli incidentali. Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02 (inserito dall'art. 1, comma 17 legge n. 228/12), si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente principale e dei ricorrenti incidentali di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, rispettivamente, previsto per il ricorso principale e per i ricorsi incidentali, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.