Svolgimento del processo
Con sentenza del 12/3/2018 il Tribunale di Roma ha respinto il gravame interposto dal sig. Andrea Costanzo in relazione alla pronunzia G. di P. Roma n. 29952/13, di improcedibilità per <<mancato esperimento del tentativo obbligatorio di conciliazione>> della domanda proposta nei confronti della società T. I. S.p.a. di restituzione di somma corrispondente a illegittimi addebiti relativi a contratto tra di essi intercorrente e <<disattivazione di servizi mai richiesti>>. Avverso la suindicata pronunzia del giudice dell'appello il Costanzo propone ora ricorso per cassazione, affidato a 4 motivi, illustrati da memoria. Resiste con controricorso la società T. I. S.p.a., che ha presentato anche memoria.
Motivi della decisione
Con il 1° motivo il ricorrente denunzia < <violazione e falsa applicazione>> dell'art. 1 L. n. 249 del 1977, in relazione all'art. 360, 1° co. n.3, c.p.c.. Si duole essersi dal giudice dell'appello giudicato nel merito anziché <<provvedere d'ufficio a fissare un termine>> per l'esperimento del tentativo obbligatorio di conciliazione. Il motivo è fondato e va accolto nei termini di seguito indicati. Come le Sezioni Unite di questa Corte hanno (con pronunzia emessa ex art. 363, 1° co. n. 3, c.p.c.) avuto modo di affermare, in tema di controversie tra gli organismi di telecomunicazioni e gli utenti il mancato previo esperimento del tentativo obbligatorio di conciliazione previsto all'art. 1 L. n. 249 del 1997 per poter introdurre una controversia in materia di telecomunicazioni dà luogo alla improcedibilità e non alla improponibilità della domanda; ne consegue che, ove difetti tale adempimento, il giudizio debba essere sospeso con concessione di un termine per svolgere il tentativo di conciliazione e prosegua all'esito di esso, non potendosi definire, come nell'ipotesi dell'improponibilità, con una pronuncia in rito ( v. Cass., Sez. Un., 28/4/2020, n. 8241 ). Costituendo il tentativo di conciliazione una condizione (non già di proponibilità ma solo) di procedibilità della domanda, il giudice -anche di appello- è dunque tenuto a sospendere il giudizio e a fissare un termine per consentire alle parti di dar luogo al tentativo di conciliazione de quo, con rinvio dell'udienza ad un momento successivo, per la eventuale prosecuzione dinanzi a sé in caso di relativo esito negativo o di inutile decorso del termine concesso, con rinnovazione del giudizio, fatta in ogni caso salva l'originaria introduzione dell'azione agli effetti sostanziali e processuali -per cui restano validi gli atti compiuti e ferme le preclusioni già maturate- ( v. Cass., Sez. Un., 28/4/2020, n. 8241. Cfr. altresì Cass., 28/2/2018, n. 4575; Cass., 4/12/2015, n. 24711 Cass., 2/9/2015, n. 17480. E già Cass., 27/6/2011, n. 14103). Orbene, nel confermare la declaratoria di improcedibilità del giudice di prime cure per <<mancato esperimento del tentativo obbligatorio di conciliazione>> della domanda proposta dall'originario attore ed odierno convenuto nei confronti della società T. I. S.p.a. di restituzione di somma corrispondente a illegittimi addebiti relativi a contratto tra di essi intercorrente e <<disattivazione di servizi mai richiesti>>, il giudice dell'appello ha invero disatteso il suindicato principio. Della medesima, assorbiti gli altri motivi, s'impone pertanto la cassazione in relazione, con rinvio al Tribunale di Roma, che in diversa composizione procederà a nuovo esame, facendo del suindicato disatteso principio applicazione. Il giudice del rinvio provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il 1° motivo di ricorso, assorbiti gli altri. Cassa in relazione l'impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, al Tribunale di Roma, in diversa composizione.