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17 maggio 2022
Prelievi abusivi di energia elettrica: quando l’onere della prova è a carico dell’utente?

La vicenda trae origine dall'azione intrapresa dall'utente tesa all'accertamento dell'insussistenza del debito a lui contestato da parte della società di distribuzione dell'energia elettrica per via di alcuni prelievi irregolari dei quali l'utente asserisce non esserci alcuna prova.

La Redazione

L'attuale ricorrente si rivolgeva al Tribunale per accertare l'insussistenza del debito a lui contestato da parte della società che si occupava della distribuzione di energia elettrica per via di asseriti prelievi irregolari avvenuti tra il 2002 e il 2015. Il Giudice di primo grado accoglieva la domanda di accertamento negativo a causa della mancanza di prova circa la data di inizio del prelievo fraudolento, considerando altresì la cessazione dell'utenza avvenuta nel 2011.
A seguito di impugnazione, la Corte d'Appello accoglieva il gravame sul presupposto che comunque era stato accertato il prelievo fraudolento di energia elettrica dal contatore intestato all'utente perché, nonostante il distacco per morosità, dai rilievi tecnici esperiti era emerso che il misuratore a servizio POD era bruciato, non consentendo dunque la registrazione dei consumi, ma comunque era stato rilevato un assorbimento di energia elettrica.
Contro tale decisione, l'utente si rivolge alla Suprema Corte lamentando, tra le altre cose, l'assenza di qualsiasi dato numerico a prova dell'asserito prelievo fraudolento.

Con l'ordinanza n. 15771 del 17 maggio 2022, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso, rilevando che in materia di contratti di somministrazione, se è vero che «la rilevazione dei consumi mediante contatore è assistita da una mera presunzione semplice di veridicità sicché, in caso di contestazione, grava sul somministrante, anche se convenuto in giudizio con azione di accertamento negativo del credito, l'onere di provare che il contatore era perfettamente funzionante» è anche vero che «il principio opposto è stato affermato con riferimento a pretese di pagamento che traggono fondamento, invece, dall'accertamento di prelievi abusivi».
In ossequio a tale principio, la Cassazione ha di recente affermato che nel caso in cui il contatore risulti manomesso, l'utente che voglia fare accertare che l'alterazione del contatore sia avvenuta per mano di terzi e a sua insaputa, contestando l'anomalia dei consumi registrati perché eccessiva, deve essere lui stesso a provare la sproporzione manifesta del consumo rilevato rispetto a quello effettivamente sostenuto qualora manchi una prova evidente dell'alterazione. Inoltre, l'utente sarà tenuto a provare anche l'attività illecita del terzo.
Alla luce di tali argomentazioni, la Cassazione non riscontra alcuna violazione dell'art. 2697 c.c. circa l'inesistenza del credito vantato, considerando che la violazione si configura solo se il giudice abbia attribuito l'onere della prova a una parte diversa rispetto a quella che ne era onerata sulla base delle regole di scomposizione delle fattispecie fondate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni.
Segue il rigetto del ricorso.

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