La vicenda trae origine dall'azione intrapresa dall'utente tesa all'accertamento dell'insussistenza del debito a lui contestato da parte della società di distribuzione dell'energia elettrica per via di alcuni prelievi irregolari dei quali l'utente asserisce non esserci alcuna prova.
L'attuale ricorrente si rivolgeva al Tribunale per accertare l'insussistenza del debito a lui contestato da parte della società che si occupava della distribuzione di energia elettrica per via di asseriti prelievi irregolari avvenuti tra il 2002 e il 2015. Il Giudice di primo grado accoglieva la domanda di accertamento negativo a causa della mancanza di prova circa la data di inizio del prelievo fraudolento, considerando altresì la cessazione dell'utenza avvenuta nel 2011.
A seguito di impugnazione, la Corte d'Appello accoglieva il gravame sul presupposto che comunque era stato accertato il prelievo fraudolento di energia elettrica dal contatore intestato all'utente perché, nonostante il distacco per morosità, dai rilievi tecnici esperiti era emerso che il misuratore a servizio POD era bruciato, non consentendo dunque la registrazione dei consumi, ma comunque era stato rilevato un assorbimento di energia elettrica.
Contro tale decisione, l'utente si rivolge alla Suprema Corte lamentando, tra le altre cose, l'assenza di qualsiasi dato numerico a prova dell'asserito prelievo fraudolento.
Con l'ordinanza n. 15771 del 17 maggio 2022, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso, rilevando che in materia di contratti di somministrazione, se è vero che «la rilevazione dei consumi mediante contatore è assistita da una mera presunzione semplice di veridicità sicché, in caso di contestazione, grava sul somministrante, anche se convenuto in giudizio con azione di accertamento negativo del credito, l'onere di provare che il contatore era perfettamente funzionante» è anche vero che «il principio opposto è stato affermato con riferimento a pretese di pagamento che traggono fondamento, invece, dall'accertamento di prelievi abusivi».
In ossequio a tale principio, la Cassazione ha di recente affermato che nel caso in cui il contatore risulti manomesso, l'utente che voglia fare accertare che l'alterazione del contatore sia avvenuta per mano di terzi e a sua insaputa, contestando l'anomalia dei consumi registrati perché eccessiva, deve essere lui stesso a provare la sproporzione manifesta del consumo rilevato rispetto a quello effettivamente sostenuto qualora manchi una prova evidente dell'alterazione. Inoltre, l'utente sarà tenuto a provare anche l'attività illecita del terzo.
Alla luce di tali argomentazioni, la Cassazione non riscontra alcuna violazione dell'
Segue il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo
- che N. R. ricorre, sulla base di due motivi, per la cassazione della sentenza n. 1/18/20, dei 16 ottobre 2020, della Corte di Appello di Catania, che - accogliendo il gravame esperito dalla società E-Distribuzione S.p.a. contro la sentenza n. 1973/18, del 20 novembre 2018, del Tribunale di Siracusa - ha rigettato la domanda di accertamento negativo dallo stesso proposta contro le società E. Servizio Elettrico S.p.a. (poi divenuta Servizio Elettrico Nazionale) e E. Distribuzione S.p.a. (in seguito, E-Distribuzione S.p.a.), accogliendo, invece, la domanda riconvenzionale di quest'ultima, condannando il R. al pagamento dell'importo di euro 66.557,58;
- che in punto di fatto, l’odierno ricorrente riferisce di aver adito il tribunale siracusano, convenendo in giudizio le società E. Servizio Elettrico S.p.a. cd E. Distribuzione S.p.a., affinché fosse accertata l’insussistenza 2016, n. (omissis).A), per consumi dettrici, ricostruiti per prelievi irregolari dal 17 giugno 2002 al 19 ottobre 2015;
- che all'esito del giudizio di primo grado, nel quale proponeva domanda riconvenzionale di pagamento f nel Distribuzione S.p.a., l'adito giudicante accoglieva la domanda di accertamento negativo (rigettando, invece, la riconvenzionale), sui rilievo della carenza di prova della data di inizio del prelievo fraudolento, non avendo il creditore provato che, dal 17 giugno 2012, il contatore fosse divenuto irraggiungibile dal gestore, e ciò a fronte della cessazione della utenza fin dal 12 febbraio 2011;
- che esperito gravame da E-Distribuzione S.p.a (nuova denominazione di E. Distribuzione), il giudice di appello lo accoglieva, sul presupposto che era stato, comunque, "accertato il prelievo fraudolento di energia elettrica dal contatore intestato al R. poiché, sebbene distaccato per morosità dal mese di novembre 2011, dalla verifica condotta dai tecnici dell'appellante il 29 ottobre 2015, e non contestata, era emerso che "il misuratore a servizio POD era bruciato”, sicché “esso non consentiva la registrazione dei consumi”, ma “nonostante l’utenza fosse cessata”, si rilevava “il consumo di 10° per fase”, o meglio, “un assorbimento di energia circa di 60 kW di potenza trifase”
- che avverso la sentenza della Corte etnea ricorre per cassazione il R., sulla base - come detto - di due motivi;
- che il primo motivo denuncia violazione dell'art. 2697 cod. civ., sul rilievo che E. Distribuzione non avrebbe "fornito nessun dato numerico sull'asserito prelievo fraudolento, né tantomeno un riscontro “strumentale” sul prelievo medesimo, giacchè, anzi, “da quel poco riportato nella fattura, è in dubbio se vi fosse addirittura un prelievo di energia elettrica non transitante dal misuratore o alterato con conseguente errore di misura nella quantificazione dei consumi”;
- che il secondo motivo denuncia "violazione degli obblighi imposti dalla delibera 200/1999 dell’AE in relazione alle modalità con cui compiere i controlli sugli impianti di rilevazione;
- che hanno resistito all'impugnazione, con distinti controricorsi, la società E-Distribuzione e Servizio Elettrico Nazionale, chiedendone la declaratoria di inammissibilità e, comunque, il rigetto;
- che la proposta del relatore, ai sensi dell'art. 380-bis cod. proc. civ., è stata ritualmente comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell'adunanza in camera di consiglio per il 16 febbraio 2022.
Motivi della decisione
- che il ricorso va rigettato;
- che il primo motivo non e fondato;
- che, in tema di contratti di somministrazione, se è vero che "la rilevazione dei consumi mediante contatore è assistita da una mera presunzione semplice di veridicità sicché, in caso di contestazione, grava sul somministrante, anche se convenuto in giudizio con azione di accertamento negativo del credito, l'onere di provare che il contatore era perfettamente funzionante" (da ultimo, Cass. Sez. 6-3, ord. 24 giugno 2021, n. 18195, Rv. 661676-01, Cass. Sez. 3, ord. 19 luglio 2018, n. 19154, Rv. 649731-02), il principio opposto è stato affermato con riferimento a pretese di pagamento che traggono fondamento, invece, dall'accertamento di prelievi abusivi;
- che, difatti, come rammentano le odierne controricorrenti, questa Corte ha affermato che, quando “l’apparecchio-contatore risulta manomesso”, l’utente che intenda far accertare che “la alterazione dell’apparecchio è avvenuta ad opera di terzi”, e a sua insaputa, così contestando, pertanto, “l’anomalia dei consumi registrati ritenuta
eccessiva", è tenuto - sempre, beninteso, "il difetto di prova evidente della alterazione dello strumento" (prova qui, invece, ritenuta sussistente) - "a dimostrare la sproporzione manifesta del consumo rilevato rispetto a quello effettivamente sostenuto", dovendo altresì "provare l'attività illecita del terzo" (Cass. Sez. 3, ord. 21 maggio 2019, n. 13605, non massimata);
- che, pertanto, nessuna violazione dell'art. 2697 cod. civ., 111 relazione alla "inesistenza del credito vantato", ricorre nel caso di specie, visto che tale violazione, "censurabile per cassazione ai sensi dell'art. 360, comma i, n. 3), cod. proc. civ., e configurabile soltanto nell'ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l'onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi cd eccezioni" (così Cass. Sez. 3, 2018, n. 13395, Rv. 649038-01; in senso conforme anche Cass. Sez. 6-3, ord. 31);
- che il secondo motivo è inammissibile;
- che, difatti, gli obblighi dei quali è lamentata la violazione -alle verifiche che il somministrante è tenuto a compiere in costanza di rapporto, mentre nella specie, veniva cessato lo stesso dal 12 febbraio 2011;
- che le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo;
- che in ragione del rigetto del ricorso, va dato atto – ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall'art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto secondo un accertamento spettante all'amministrazione giudiziaria (Cass. Sez. Un., scnt. 20 febbraio 2020, n. 4315, Rv. 657198- 01), pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso, condannando N. R. a rifondere, alle società E-Distribuzione S.p.a. e Servizio Elettrico Nazionale, le spese del presente giudizio, che liquida per ognuno in euro 5.600,00, oltre euro 200,00 per esborsi, nonché 15% per spese generali più accessori di legge.
Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 15, nel testo introdotto dall'art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo, se dovuto, a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.