Con la sentenza in commento, la Cassazione ribadisce i criteri distintivi delle due fattispecie.
All'imputato veniva contestato di aver presentato denuncia in merito all'esistenza di un contratto di locazione verbale e di aver così indotto in errore il funzionario addetto dell'Ufficio del Registro dell'Agenzia delle Entrate, il quale procedeva ad attestare falsamente l'esistenza del relativo atto.
L'imputato propone ricorso in...
Svolgimento del processo
1. La Corte di appello di Lecce, con la sentenza emessa il 26 ottobre 2020, depositata il 30 dicembre 2020, riformava parzialmente la sentenza del Tribunale di Lecce, riconoscendo la sospensione condizionale della pena e la non menzione, confermando nel resto la sentenza di condanna a mesi otto di reclusione emessa nei confronti di J.O. per il delitto previsto dagli artt. 48, 81 e 479, in riferimento all'art. 476, comma 1, cod. pen. In particolare alla O. veniva contestato di aver presentato apposita denuncia in ordine all'esistenza di un contratto di locazione verbale stipulato con la Alfa 2005 s.r.l., così inducendo in errore il funzionario addetto dell'Ufficio del Registro dell'Agenzia delle Entrate di Lecce, che procedeva ad attestare falsamente con la registrazione l'esistenza del relativo atto, in vero mai stipulato.
2. Il ricorso per cassazione proposto nell'interesse di J.O. consta di due motivi, enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, secondo quanto disposto dall'art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
3. Il primo motivo deduce violazione di legge penale e vizio di motivazione in relazione gli artt. 48, 81 e 479, in riferimento all'art. 476, comma 1, cod. pen., nonché 192 e 125 cod. proc. pen., 111 Cost. In particolare la censura riguarda il difetto di motivazione e l'errore nell'applicazione della legge penale in ordine al dolo della fattispecie incriminatrice, che non sarebbe stato adeguatamente comprovato, per quanto emerso dalla testimonianza del teste Z., il funzionario dell'Ufficio del Registro, che avrebbe riferito della circostanza che la O. a malapena parlava l'italiano, non era in grado di saper scrivere, era all'oscuro della normativa penale italiana, ignorava la ragione per la quale stava dichiarando all'Agenzia delle Entrate l'esistenza del contratto di locazione verbale. Non veniva inoltre valorizzata, al fine di escludere il dolo, la circostanza che la attuale ricorrente fosse stata accompagnata da F.S., suo convivente, che per evitare le conseguenze dello sfratto per morosità avrebbe invitato la O. a denunciare la regolarità del rapporto locativo: l'insieme degli elementi descritti escluderebbero la prova del dolo di falsificazione.
4. Il secondo motivo è proposto per violazione di legge penale e vizio di motivazione in relazione alla mancata riqualificazione della condotta in quella di cui all'art. 483 cod. pen., nella quale il pubblico ufficiale si limita a trasfondere nell'atto la dichiarazione ricevuta, difettando nel caso in esame una attestazione di conformità al vero della dichiarazione del privato.
5. Richiesta dal difensore la discussione orale il 14 marzo 2022, il Sostituto Procuratore generale, ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso, quanto al primo motivo in quanto attinge il fatto nonché, quanto al secondo motivo, per genericità e comunque per manifesta infondatezza. Il difensore ha illustrato i motivi di ricorso e ha chiesto annullarsi la sentenza impugnata.
Motivi della decisione
1. Il primo motivo è manifestamente infondato, dunque inammissibile. La sentenza impugnata al fol. 2, sullo specifico motivo di gravame afferente la prova del dolo chiarisce, in modo esauriente, che O., allorché si recò presso l'Ufficio del Registro dell'Agenzia delle Entrate di Lecce, denunciando un contratto di locazione verbale stipulato fra se stessa e la società Alfa 2005, era ovviamente a conoscenza di non averlo stipulato. In tal senso, O. aveva piena contezza della falsità della sua denuncia all'Ufficio del Registro, senza che alcuna rilevanza possa avere avuto la scarsa comprensione della lingua italiana, anche alla luce di quanto osservato della sentenza del Tribunale (fol. 5), alla quale la Corte di appello rinvia, che ha escluso che siano rilevate problematicità tali da determinare incomprensioni linguistiche. D'altro canto, come osservato dalle sentenze di merito, che si propongono come "doppia conforme", dato l'ampio rinvio della Corte di appello alla pronuncia del Tribunale (fol. 1), è emersa la prova del dolo generico richiesto dalla norma incriminatrice ai fini dell'elemento soggettivo, consistente nella rappresentazione e nella volontà dell"'immutatio veri", mentre non è richiesto l"'animus nocendi" né l'"animus decipiendi", con la conseguenza che il delitto sussiste sia quando la falsità sia compiuta senza l'intenzione di nuocere, sia anche quando la sua commissione sia accompagnata dalla convinzione di non produrre alcun danno (Sez. 5, n. 17929 del 20/01/2020, B., Rv. 279214; Sez. 5, n. 12547 del 08/11/2018, dep. 2019, S., Rv. 276505). Certamente si è anche evidenziato che, se deve escludersi che il dolo generico possa ritenersi sussistente per il solo fatto che l'atto contenga un asserto obiettivamente non veritiero, dovendosi, invece, verificare anche che la falsità non sia dovuta ad una leggerezza dell'agente, come pure ad una incompleta conoscenza e o errata interpretazione di disposizioni normative o, ancora, alla negligente applicazione di una prassi amministrativa (Sez. 1, n. 27230 del 11/09/2020, T., Rv. 279785; Sez. 3, Sentenza n. 30862 del 14/05/2015, S., Rv. 264328), tuttavia deve considerarsi dolosa la falsa attestazione, ad esempio, di un accertamento in realtà mai compiuto (Sez. 5, n. 35548 del 21/05/2013, F., Rv. 257040; Sez. 5, n. 15255 del 15/03/2005, S., Rv. 232138). In definitiva, allorquando non emerge un mero profilo di negligenza, ma una evidente consapevolezza della falsità della attestazione, come è nel caso in esame, il dolo è integrato. La O., si legge nella sentenza del Tribunale, al fol. 2, ebbe a recarsi per denunciare all'Ufficio del Registro un contratto di locazione verbale a proprio nome, consentito dalla disciplina tesa a favorire l'emersione dell'evasione fiscale. In primo luogo, l'attuale ricorrente chiese al funzionario se risultasse un contratto registrato a suo nome, così dimostrando di avere contezza di quale fosse la finalità della sua presenza presso l'Ufficio del Registro: il contratto a suo nome non poteva essere già registrato in quanto inesistente (era invece esistente quello registrato il 6 novembre 2012, fra la Alfa 2005 S.r.l. e S. F., in ordine al medesimo immobile, oggetto di una azione di sfratto per morosità notificata il 18 giugno 2013). Poi, appena sette giorni dopo la notifica dell'atto per morosità, dichiarava l'esistenza del contratto di locazione verbale, denunciandolo all'Ufficio del Registro con finalità di ottenere un regime di favore, quanto a durata e canoni di locazione, per quanto previsto dall'art. 3, comma 8, del d.lgs. 14 marzo 2011, n. 32 che, oltre a introdurre il regime fiscale della cd. "cedolare secca", sanciva: «Ai contratti di locazione degli immobili ad uso abitativo, comunque stipulati, che, ricorrendone i presupposti, non sono registrati entro il termine stabilito dalla legge, si applica la seguente disciplina: a) la durata della locazione è stabilita in quattro anni a decorrere dalla data della registrazione, volontaria o d'ufficio; b) al rinnovo si applica la disciplina di cui all'articolo 2, comma 1, della citata legge n. 431 del 1998; c) a decorrere dalla registrazione il canone annuo di locazione è fissato in misura pari al triplo della rendita catastale, oltre l'adeguamento, dal secondo anno, in base al 75 per cento dell'aumento degli indici ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie degli impiegati ed operai. Se il contratto prevede un canone inferiore, si applica comunque il canone stabilito dalle parti». La tesi alternativa a quella prospettata con l'imputazione, quest'ultima ritenuta fondata dai giudici del merito, viene sostenuta nel corso del dibattimento proprio dal F., le cui dichiarazioni sono state però ritenute, con motivazione convincente e logica, inattendibili. Pertanto sono manifestamente infondate le censure di vizio di motivazione e errata applicazione della legge penale, quanto al dolo del delitto contestato.
2. Il secondo motivo è inammissibile, in quanto fondato su motivi non specifici, ossia generici ed indeterminati, che ripropongono le stesse ragioni già esaminate e ritenute infondate dal giudice del gravame o che risultano carenti della necessaria correlazione tra le argomentazioni riportate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell'impugnazione. (Sez. 4, n. 18826 del 09/02/2012, P., Rv. 253849), in difetto di una critica puntuale al provvedimento, che confuti in fatto e/o in diritto le argomentazioni in virtù delle quali i motivi di appello non sono stati accolti (Sez. 6 n. 23014 del 29/04/2021, B., Rv. 281521). Infatti, nessuna censura specifica sul punto è stata rivolta alla sentenza impugnata, che ha fatto buon governo dei criteri distintivi delle fattispecie di falso ideologico commesso dal pubblico ufficiale in atto pubblico e falso ideologico commesso da privato in atto pubblico: infatti, l'orientamento costante della Corte di cassazione configura l'ipotesi criminosa prevista dal combinato disposto degli artt. 48 e 479 cod. pen. quando l'attestazione, di cui l'atto pubblico è destinato a provare la verità, proviene dal pubblico ufficiale, autore immediato, in seguito ad errore determinato dall'inganno del terzo, autore mediato; mentre si configura l'ipotesi prevista dall'art. 483 cod. pen., qualora l'attestazione del privato, della quale l'atto pubblico è destinato a provare la verità, ha ad oggetto fatti che il pubblico ufficiale si limita a riportare nell'atto pubblico come riferiti dal privato, sicché l'attestazione è limitata soltanto all'esatta riproduzione nell'atto della dichiarazione del privato, autore immediato della falsità (Sez. 5, n. 22839 del 17/04/2019, D., Rv. 276632; Sez. 5, n. 37944 del 31/05/2017, B., Rv. 270762, che ha ritenuto integrato il delitto ex art. 48-479 cod. pen. in ordine alla condotta di colui che dichiari all'operatore degli uffici del Pubblico Registro Automobilistico di essere proprietario, sì da ottenerne la immatricolazione, di alcune autovetture non nella propria disponibilità; Sez. 2, n. 5239 del 18/01/2013, A., Rv. 254976, sulla necessità che l'atto del pubblico ufficiale abbia una autonoma funzione probatoria rispetto alla scrittura privata). Nel caso di specie, il pubblico ufficiale è il funzionario dell'Ufficio del Registro, che ai sensi degli artt. 3, coma 1, lett. a), 12 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 (Approvazione del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro) è tenuto alla registrazione dei contratti verbali di locazione, per i quali uno dei contraenti presenti la denuncia, e il contratto denunciato ai fini del citato testo unico «assume la qualità di atto». Inoltre, la registrazione «attesta l'esistenza degli atti ed attribuisce ad essi data certa di fronte ai terzi a norma dell'art. 2704 del codice civile» (art. 18, comma 1, d.P.R. n. 131 del 1986). Da tutto ciò deriva che la registrazione è atto non solo di ricezione della denuncia del privato, ma ha forza probatoria sia quanto all'esistenza dell'atto registrato - fino a quel momento solo verbale - sia quanto alla data della stipula, che coincide con quella della registrazione ed è opponibile ai terzi, compresa l'Amministrazione finanziaria per la determinazioni in ordine al maggior reddito imponibile del locatore (pacificamente l'Amministrazione finanziaria viene indicata quale terzo al quale opporre l'atto registrato dalla Corte di cassazione civile: Sez. 5 civ., n. 7621 del 24/03/2017, Rv. 643472; Sez. 5 civ., n. 29451 del 17/12/2008, Rv. 606050; Sez. 5 civ., n. 26360 del 11/12/2006, Rv. 595681). Quanto alla data, per altro, si è ritenuto che la registrazione, diretta a stabilire la data certa dell'atto, sia idonea ad attribuire ad esso la qualifica di documento di fede privilegiata (Sez. 5, n. 1 del 15/01/1968, D., Rv. 106942).
3. Pertanto in tema di reati di falso, integra il delitto previsto dagli artt. 48 e 479 cod. pen. la condotta di colui che denunci falsamente il contratto verbale di locazione inducendo in errore il funzionario dell'Ufficio del Registro che, procedendo alla registrazione, attesta con atto pubblico fidefacente l'esistenza dell'atto e attribuisce allo stesso data certa, opponibile ai terzi a norma dell'art. 2704 cod. civ, ai sensi dell'art. 18, comma 1, d.P.R. n. 131 del 1986.
4. Dall'inammissibilità del ricorso discende la condanna della ricorrente, ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.