Cambio di rotta della Cassazione, la quale afferma che non viola il principio della domanda cautelare il giudice che, adito della richiesta di applicazione della misura cautelare dell'obbligo di dimora, prescriva d'ufficio all'indagato di non allontanarsi dall'abitazione in alcune ore del giorno.
Accogliendo parzialmente la richiesta dell'indagato, il Tribunale di Caltanissetta annullava l'ulteriore previsione disposta dal GIP di non allontanarsi dalla propria abitazione dalle ore 20.00 di alle ore 6.00 del giorno successivo.
Avverso tale decisione, il Pubblico Ministero propone ricorso in Cassazione sostenendo che il Tribunale,...
Svolgimento del processo
1. Con l'impugnato provvedimento, in parziale accoglimento della richiesta di riesame proposta nell'interesse di (omissis) avverso l'ordinanza emessa dal G.i.p. del Tribunale di Catanzaro, con la quale era stata applicata al predetto la misura cautelare dell'obbligo di dimora in (omissis) con la prescrizione di non allontanarsi dalla propria abitazione dalle ore 20 di ogni giorno alle ore 6 del giorno successivo, in relazione al reato di cui all'art. 73, commi 1 e 4, d.P.R. n. 309 del 1990, il Tribunale distrettuale di Caltanissetta annullava la misura cautelare, nella parte relativa alla prescrizione di non allontanarsi dalla propria abitazione nei orari indicati.
2. Avverso l'indicata ordinanza, il pubblico ministero ha proposto ricorso per cassazione affidato a un motivo, con cui deduce la violazione dell'art. 606, comma 1, lett. b) ed e) cod. proc. pen. Sostiene il ricorrente che il Tribunale, laddove ha eliminato l'indicata prescrizione per mancanza della domanda cautelare del pubblico ministero, sia incorso in un errore di diritto, in quanto l'art. 283, comma 4, cod. proc. pen. attribuisce al G.i.p. l'autonomo potere di impartire una prescrizione accessoria che attiene alla fisionomia propria della misura e la cui applicazione è rimessa alla valutazione discrezionale del giudice investito della domanda cautelare.
Motivi della decisione
1. Il ricorso è fondato.
2. Il Tribunale ha annullato la prescrizione impositiva del divieto di allontanamento dalla propria abitazione dalle ore 20 di ogni giorno sino alle ore 5 del giorno seguente ravvisando un'ipotesi di nullità di ordine generale ex art. 178, comma 1, lett. b) cod. proc. pen. in quanto il pubblico ministero si era limitato a chiedere la misura dell'obbligo di dimora, sicché il G.i.p., in difetto della domanda cautelare, non avrebbe potuto applicare una misura più grave di quella richiesta.
3. Si tratta di un'interpretazione errata.
4. È ben vero che, ai sensi dell'art. 291 cod. proc. pen., le misure cautelari personali sono disposte dal giudice su richiesta del pubblico ministero, sicché, in assenza della domanda cautelare, salvo i casi espressamente previsti dalla legge, al giudice è preclusa la possibilità di applicare ex officio misure cautelari personali.
5. Come magistralmente chiarito dalla Corte costituzionale con una sentenza resa a poca distanza dell'entrata in vigore del codice di rito, la cui attualità rimane intatta (n. 4 del 1992), "il procedimento di applicazione delle misure cautelari delineato dal codice postula, infatti, come indefettibile antecedente, uno specifico atto propulsivo rappresentato dalla 'domanda' che il pubblico ministero rivolge al giudice: se, quindi, come precisa la Relazione al Progetto preliminare, deve essere da un lato esclusa 'una legittimazione ai provvedimenti cautelari in capo al pubblico ministero .. così è da escludersi l'adozione di misure cautelari che prescinda dall'iniziativa del pubblico ministero il quale è, sotto questo profilo, soggetto necessariamente richiedente senza legittimazione a disporre, mentre, per converso, il giudice è soggetto decidente, ma non ex officio'. Al pubblico ministero, dunque, spetta il potere esclusivo di promuovere, attraverso la richiesta, il procedimento applicativo delle misure, non diversamente da ciò che accadrebbe ove si configurasse la richiesta stessa alla stregua di un atto di esercizio della 'azione cautelare'; sicché, alla domanda della parte pubblica, corrisponde la genesi di un fenomeno devolutivo, che assegna al giudice un potere decisorio, la 'quantità' del quale ben può essere circoscritta all'interno dei confini tracciati dal devolutum".
6. La giurisprudenza di legittimità, infatti, è saldamente attestata nel ritenere che in materia di misure cautelari personali vige il principio della "domanda cautelare" sia quando debba procedersi all'adozione di una misura, sia quando vengono in considerazione le modalità esecutive della misura stessa perché, ad esempio, le esigenze cautelari risultino aggravate, con la conseguenza che è illegittima l'iniziativa officiosa del giudice per le indagini preliminari il quale, in mancanza di una richiesta del pubblico ministero, disponga modalità più gravose di applicazione della misura (Sez. 6, n. 456 del 14/02/1992, Rv. 189781; Sez. 2, n. 47257 del 20/10/2009, Rv. 245368), ovvero provveda alla sostituzione ex officio, e senza parere del pubblico ministero, della misura degli arresti domiciliari con quella dell'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria (Sez. 2, n. 19549 del 18/05/2006, Rv. 234209; Sez. 6, n. 29593 del 04/07/2011, Rv. 250742; Sez. 2, n. 36159 del 31/03/2017 Rv. 270745).
7. Ciò posto, sulla specifica questione oggetto del ricorso - ossia se violi il principio della domanda cautelare il giudice che, adito della richiesta di applicazione della misura cautelare dell'obbligo di dimora, d'ufficio prescriva all'indagato di non allontanarsi dall'abitazione in alcune ore del giorno, ai sensi dell'art. 283, comma 4, cod. proc. pen. - si registra un'unica decisione, con la quale si è affermato il principio secondo cui in materia di misure cautelari personali vige il principio della "domanda cautelare". Ciò, non soltanto quando debba procedersi all'adozione di una misura, ma pure quando vengano in considerazione le modalità esecutive della misura stessa perché le esigenze cautelari risultino aggravate. Con la conseguenza che è illegittima l'iniziativa officiosa del giudice per le indagini preliminari il quale, in mancanza di una richiesta del pubblico ministero, disponga modalità più gravose di applicazione della misura (Sez. 6, n. 456 del 14/02/1992, dep. 21/03/1992, S., Rv. 189781).
8. Ritiene il Collegio che tale conclusione non sia persuasiva per i motivi di seguito indicati.
9. Invero, l'interpretazione seguita dal Tribunale si scontra con il chiaro dato testuale dell'art. 283, comma 4, cod. proc. pen., il quale prevede espressamente che "il giudice può, con separato provvedimento, prescrivere all'imputato di non allontanarsi dall'abitazione in alcune ore del giorno, senza pregiudizio per le normali esigenze di lavoro", con ciò attribuendo al giudice, regolarmente investito della domanda cautelare, un potere discrezionale autonomo in ordine a un profilo del tutto accessorio della misura in esame, che, appunto, può essere disposto ex officio in relazione alla valutazione delle esigenze cautelari da preservare nel singolo caso concreto, e con il limite che da dette prescrizione non derivi pregiudizio per le normali esigenze di lavoro del soggetto a cui viene applicata la misura.
10. Pur se incidente sulla libertà di movimento, la prescrizione di cui all'art. 283, comma 4, cod. proc. pen. non è infatti assimilabile a una misura di tipo custodiale, quale gli arresti domiciliari, perché, come evidenziato dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 215 del 1999, "mentre la persona sottoposta alla misura degli arresti domiciliari, ancorché autorizzata ad assentarsi dal luogo degli arresti 'nel corso della giornata' (e, quindi, non per più giorni consecutivi) per cause specifiche e per recarsi in luoghi determinati, non cessa per ciò solo di essere in stato di custodia e, pertanto, in una condizione di 'non libertà', la persona sottoposta alla misura dell'obbligo di dimora è invece 'libera' nell'ambito del territorio individuato dalla ordinanza applicativa, anche nell'ipotesi in cui le venga prescritto l'obbligo di non allontanarsi dall'abitazione in alcune ore del giorno".
11. In questa direzione si colloca il principio secondo cui la misura cautelare dell'obbligo di dimora può essere accompagnata, ai sensi dell'art. 283, comma 4, cod. proc. pen., dal divieto di allontanarsi dall'abitazione per alcune ore del giorno, con il solo limite che tale divieto non sia di "pregiudizio per le normali esigenze di lavoro"; ne deriva che detta misura rimane ontologicamente diversa dagli arresti domiciliari, salvo che sia accompagnata dall'arbitraria imposizione all'imputato di obblighi tali da renderla assimilabile a questi ultimi (Sez. 2, n. 44502 del 03/07/2015, dep. 04/11/2015, C., Rv. 265169). Ciò conferma il carattere meramente accessorio della prescrizione di cui all'art. 283, comma 4, cod. proc. pen., che non sono assimilabili al contenuto di una misura incidente sulla libertà personale, prescrizione che, quindi, come espressamente previsto dalla norma, "può" essere disposta dal giudice, già legittimamente investito della domanda cautelare.
12. Deve perciò affermarsi che non viola il principio della domanda cautelare il giudice che, adito della richiesta di applicazione della misura cautelare dell'obbligo di dimora, d'ufficio prescriva all'indagato di non allontanarsi dall'abitazione in alcune ore del giorno, ai sensi dell'art. 283, comma 4, cod. proc. pen.
13. Da ciò deriva l'accoglimento del ricorso, con conseguente annullamento senza rinvio dell'ordinanza impugnata limitatamente all'annullamento della prescrizione di non allontanarsi dalla propria abitazione dalle ore 20 di ogni giorno alle ore 6 del giorno successivo, prescrizione che ripristina.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l'ordinanza impugnata limitatamente all'annullamento della prescrizione di non allontanarsi dalla propria abitazione dalle ore 20 di ogni giorno alle ore 6 del giorno successivo, prescrizione che ripristina. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 28 disp. att. c.p.p.