Seppur idoneo ad evitare l'interruzione della causa, l'atto di riassunzione verso un soggetto diverso rispetto al debitore effettivo non interrompe altresì la prescrizione.
L'attuale ricorrente si rivolgeva al Tribunale per avere subito un'ingiusta vicenda processuale nella quale era stato accusato di aver agito sul suo conto corrente in danno di terzi, mentre le condotte a lui ascritte erano riconducibili ai dipendenti della Banca. Essendo nelle more del giudizio intervenuta la liquidazione coatta amministrativa della Banca, il giudizio...
Svolgimento del processo
1.-P.P. ha agìto nei confronti del Credito Commerciale T. spa, con atto di citazione del 17 novembre 1993, sostenendo di aver subìto un'ingiusta vicenda processuale in cui era stato falsamente accusato di avere agìto sul suo conto corrente in danno di terzi, quando invece le condotte a lui ascritte erano state poste in essere da dipendenti della banca.
2.-Poiché in corso di giudizio era intervenuta la liquidazione coatta amministrativa del Credito Commerciale T., ed il giudizio era stato interrotto con provvedimento del 19 novembre 1999, il ricorrente ha provveduto, si, alla riassunzione, ma nei confronti della Banca Popolare E.R. che aveva rilevato attività e passività del Credito Commerciale T.. La B. si è costituita in quel giudizio eccependo di essere successore a titolo particolare in alcuni crediti solamente, e non già successore universale. Il giudizio si è concluso con sentenza del Tribunale di Nocera Inferiore, del 2 luglio 2001, che ha accolto l'eccezione della Banca B., dichiarando la propria incompetenza in favore del Tribunale fallimentare.
3.-In ragione di ciò, il 23 marzo del 2005 il ricorrente ha proposto nuovo ricorso davanti al Tribunale fallimentare di Salerno perché il suo credito fosse insinuato nella procedura di liquidazione del Credito T., ma il Tribunale ha ritenuto ormai prescritta la domanda, in ragione del fatto che l'atto introduttivo, costituito dalla citazione del 1993, non era stato seguìto da alcuna altra interruzione, posto che il giudizio era stato estinto per la sua mancata riassunzione. Riteneva in sostanza il Tribunale che, avendo il ricorrente riassunto la causa nei confronti del soggetto sbagliato, era come se non l'avesse riassunta affatto, con la conseguenza che il giudizio si era dunque estinto e che era rimasto solo l'effetto interruttivo della prescrizione legato all'atto introduttivo, ma da quell'atto erano decorsi i termini di prescrizione del diritto. Questa decisione è stata integralmente confermata dalla Corte di appello di Salerno.
4.-Ricorre P.P. con un solo motivo di censura. La Banca Popolare E.R. si è costituita con controricorso.
Motivi della decisione
5.- Con l'unico motivo di ricorso il ricorrente denuncia violazione degli articoli 2945 e 2934 del codice civile. Sostiene che la Corte d'appello ha erroneamente ritenuto estinto il giudizio per difetto di sua regolare riassunzione, in quanto egli lo aveva riassunto nei confronti del soggetto cessionario dei rapporti attivi e passivi della parte venuta meno, e che dunque tale riassunzione doveva considerarsi comunque utile ai fini della interruzione della prescrizione; che comunque la decisione di incompetenza territoriale del Tribunale non poteva essere equiparata ad una decisione di estinzione del processo. Il motivo è infondato. Infatti, la questione posta dal motivo di ricorso è se la riassunzione del processo nei confronti di soggetto diverso, ossia erroneamente individuato, possa considerarsi una valida riassunzione o comporti l'estinzione del processo, con ciò che ne segue in tema di interruzione della prescrizione. E' principio di diritto che "una volta eseguito tempestivamente il deposito del ricorso in cancelleria con la richiesta di fissazione di una udienza, il rapporto processuale, quiescente, è ripristinato con integrale perfezionamento della riassunzione, non rilevando a tal fine l'eventuale errore sulla esatta identificazione della controparte contenuto nell'atto di riassunzione, che opera, in relazione al processo, in termini oggettivi ed è valido, per raggiungimento dello scopo ai sensi dell'art. 156 cod. proc. civ., quando contenga gli elementi sufficienti ad individuare il giudizio che si intende far proseguire. Pertanto, in caso di fusione per incorporazione fra società, seguita dalla cessione dell'azienda dalla società incorporante ad altro soggetto, ove il processo sia stato interrotto a causa della fusione, è sufficiente - ai fini della tempestività della riassunzione e per evitare l'estinzione del processo - il deposito, presso la cancelleria del giudice, dell'atto di prosecuzione del giudizio, ancorché questo sia stato notificato soltanto nei confronti del cessionario dell'azienda e successore a titolo particolare nel diritto controverso, potendo l'incompletezza del contraddittorio essere sanata dal giudice attraverso l'ordine di integrazione del contraddittorio nei confronti della società incorporante, successore a titolo universale". (Cass. 17679/ 2009; Cass. 1016/ 2013; Cass. 7661/ 2015; Cass. 2174/ 2016; Cass. 6921/ 2019) Tuttavia, questo principio serve soltanto ai fini della validità della riassunzione, ma non può considerarsi utile per ritenere interrotta la prescrizione: significa che è evitata l'estinzione del processo anche quando la riassunzione avvenga nei confronti del soggetto sbagliato. Ma, per potersi ritenere interrotta la prescrizione, occorre che la dichiarazione di voler far valere il diritto deve indirizzarsi verso il debitore effettivo, e non nei riguardi di un soggetto diverso. Nella fattispecie, la riassunzione è stata rivolta verso la Banca Popolare E.R., che, essendo successore a titolo particolare, del debitore, non è succeduto però nel rapporto che il debitore aveva con il dante causa, e dunque l'atto, pur valido ad evitare l'interruzione della causa, non è valido ad interrompere la prescrizione. Le spese, in ragione della difficoltà di individuazione del soggetto successore nel rapporto particolare, possono compensarsi.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Compensa le spese. Ai sensi dell'art. 13, comma 1- quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, la Corte dà atto che il tenore del dispositivo è tale da giustificare il pagamento, se dovuto e nella misura dovuta, da parte ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.