Con la sentenza in commento, la Cassazione precisa cosa succede nel caso in cui l'allegazione del creditore consenta l'identificazione del credito pignorato e nel caso in cui ciò non sia possibile.
Svolgimento del processo
1. Con atto ex art. 543 cod. proc. civ., notificato il 20/1/2016, G.A. pignorava «i compensi e tutte le somme dovute da C. H. S.r.l. [terzo pignorato] a C.B. [debitore del procedente] per i tioli sopra specificati o per qualsiasi altro titolo, con le limitazioni di legge».
2. Non essendo stata resa la dichiarazione ex art. 547 cod. proc. civ., il giudice dell’esecuzione fissava una nuova udienza, alla quale compariva soltanto il creditore; questo depositava atto notificato al terzo pignorato e visura camerale da cui si evinceva che C.B. era l’amministratore delegato della C. H..
3. Il giudice dell’esecuzione, preso atto della mancata dichiarazione della società, concedeva termine alla parte creditrice per il deposito di nota di precisazione del proprio credito e, con successiva ordinanza dell’11/3/2017, disponeva l’assegnazione a G.A. del credito «non contestato» sino alla concorrenza di Euro 205.273,90; il provvedimento veniva poi confermato nel corso dell’udienza del 17/3/2017 de- putata alla comparizione delle parti.
4. In data 6/4/2017 la C. H. S.r.l. proponeva opposizione agli atti esecutivi avverso l’ordinanza di assegnazione del credito, con- testando la sussistenza del credito pignorato.
5. Sospesa l’esecuzione, nel giudizio di merito si costituivano le parti (il debitore e il terzo pignorato con la medesima difesa); con la sentenza n. 3997 dell’11/9/2019, il Tribunale di Torino – dopo aver respinto l’eccezione di inammissibilità dell’opposizione e aver espressamente affermato la sua tempestività – accoglieva l’opposizione ex art. 617 cod. proc. civ. e dichiarava la nullità dell’ordinanza di assegnazione.
6. Il giudice di merito riteneva che l’atto di pignoramento fosse generico nell’indicazione delle somme dovute dal terzo e che, dunque, in assenza di dichiarazione positiva di quest’ultimo, fosse preclusa al giudice l’adozione dell’ordinanza ex art. 553 cod. proc. civ., non potendo trovare applicazione, in forza dell’art. 548 cod. proc. civ. (come modificato dall’art. 13, comma 1, lett. m-bis), n. 1, D.L. 27 giugno 2015, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla L. 6 agosto 2015, n. 132), il meccanismo della ficta confessio per la mancanza di un’allegazione del creditore idonea a consentire l’identificazione del credito (di conseguenza, si sarebbe dovuto applicare l’art. 549 cod. proc. civ.); quanto al mezzo impiegato per contrastare l’ordinanza di assegnazione, il Tribunale affermava che l’opposizione ex art. 617 cod. proc. civ. è esperibile non soltanto per la mancata conoscenza del provvedimento per irregolarità della notificazione o per caso fortuito o forza maggiore (ipotesi a cui si riferisce l’art. 548 cod. proc. civ.), ma anche per un vizio proprio dell’atto dell’esecuzione, quale quello dedotto dall’opponente.
7. Avverso la predetta decisione G.A. proponeva ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo; resistevano, con unico controricorso, la C. H. S.r.l. e C.B., i quali deposita- vano memoria ex art. 380-bis.1 cod. proc. civ..
Motivi della decisione
1. Il ricorrente censura la decisione impugnata (con motivo formulato ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.) per violazione e falsa applicazione dell’art. 548 cod. proc. civ., per avere il Tribunale reputato ammissibile l’opposizione ex art. 617 cod. proc. civ. esperita dal terzo per motivi diversi da quelli prescritti dalla succitata disposi- zione; sostiene che, con la riforma dell’espropriazione presso terzi, l’inerzia del terzo pignorato acquisisce in ogni caso la portata di riconoscimento del proprio debito e che l’unico rimedio a sua disposizione presuppone la prova della mancata partecipazione al processo per non averne avuto tempestiva conoscenza per irregolarità della notificazione o per caso fortuito o forza maggiore. La censura è infondata.
2. Come noto, il legislatore ha soppresso il giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo pignorato, quantomeno come giudizio incidentale al processo esecutivo da svolgersi nelle forme ordinarie, e ha differenziato il regime giuridico dell’espropriazione de qua proprio con riguardo agli effetti dell’inerzia del terzo.
3. In base all’art. 548 cod. proc. civ., se il terzo non rende alcuna dichiarazione nonostante la sua convocazione ad un’apposita udienza successiva alla prima e se l’allegazione del creditore (nell’atto di pignoramento) consente l’identificazione del credito pignorato, quest’ultimo va inteso come non contestato (ficta confessio) e il giudice dell’esecuzione procede alla sua assegnazione; in tal caso, il provvedimento conclusivo può essere impugnato dal terzo pignorato con l’opposizione ex art. 617 cod. proc. civ. (e, segnatamente, con ricorso al giudice dell’esecuzione; v. Cass., Sez. 3, Sentenza n. 17663 del 02/07/2019, Rv. 654675-01) soltanto se prova di non aver avuto tempestiva conoscenza del processo esecutivo per irregolarità della notificazione o per caso fortuito o forza maggiore. La dimostrazione delle predette circostanze costituisce presupposto indefettibile per l’ammissibilità dell’opposizione avverso l’ordinanza ex art. 553 cod. proc. civ. con cui il terzo proponga doglianze inerenti alla sussistenza e all’entità del credito oggetto della ficta confessio (Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 30090 del 26/10/2021, non massimata). La norma non può essere intesa, invece, come una limitazione alla proponibilità dell’opposizione per vizi propri del provvedimento giudiziale, cioè non dipendenti dalla mera applicazione del meccanismo di «non contestazione» e, dunque, non concernenti il credito «non contestato ai fini del procedimento in corso e dell’esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione». Perciò, come già statuito da questa stessa Sezione, «non ravvisandosi i presupposti per ridurre eccessivamente ed immotivatamente gli spazi di tutela per il terzo pignorato … al terzo pignorato che non ha reso la dichiarazione di quantità deve ritenersi tuttora assicurata la possibilità di proporre l’opposizione anche nelle forme ordinarie, a prescindere dai presupposti di ammissibilità indicati nell’art. 548, ultimo comma, c.p.c., laddove egli intenda far valere vizi propri del provvedimento di assegnazione, al di fuori delle situazioni che possano aver dato luogo ad una incolpevole omissione della dichiarazione di quantità» (Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 30090 del 26/10/2021).
4. Se, invece, il terzo non rende alcuna dichiarazione (nonostante la sua convocazione ad un’apposita udienza successiva alla prima), ma l’allegazione del creditore non consente l’identificazione del credito pignorato, in forza dell’art. 549 cod. proc. civ. il giudice dell’esecuzione, su istanza di parte e nel contraddittorio tra le parti e con il terzo, procede ad un accertamento endoesecutivo, che può concludersi con l’ordinanza di assegnazione, suscettibile di impugnazione ex art. 617, comma 2, cod. proc. civ. (come ribadito dalla già citata Cass., Sez. 3, Sentenza n. 17663 del 02/07/2019).
5. Orbene, nel caso di specie, il giudice di merito ha ritenuto – con pronuncia non attinta dal motivo di ricorso – che l’opponente avesse prospettato (con ricorso ex art. 617, comma 2, cod. proc. civ. reputato tempestivo) l’illegittimità dell’ordinanza ex art. 553 cod. proc. civ., deducendo, tra l’altro, l’inesistenza del credito che ne formava oggetto. Il Tribunale ha poi specificato che l’inerzia del terzo pignorato doveva essere inquadrata nell’ipotesi dell’art. 549 cod. proc. civ., perché il credito pignorato era stato solo genericamente indicato dal creditore procedente (come consentito dall’art. 543 cod. proc. civ.; v. Cass., Sez. 3, Sentenza n. 6518 del 20/03/2014, Rv. 630204-01) in maniera inidonea a consentirne l’esatta identificazione, con la conseguenza che l’ordinanza di assegnazione emessa in base al meccanismo della ficta confessio ex art. 548 cod. proc. civ. doveva reputarsi illegittima, in quanto intrinsecamente inficiata dall’erronea applicazione della succitata disposizione.
6. La censura dell’odierno ricorrente non coglie quest’ultima ratio decidendi e si incentra sulla pretesa impossibilità di esperire (in ogni caso) l’opposizione ex art. 617 cod. proc. civ. avverso l’ordinanza di assegnazione senza la dimostrazione del presupposto, dettato dall’art. 548 cod. proc. civ., della mancata conoscenza del processo esecutivo per irregolarità della notificazione o per caso fortuito o forza maggiore. Proprio in base alla ricostruzione del dettato normativo, invece, si deve invece confermare la statuizione del giudice di merito, che ha ritenuto ammissibile l’opposizione de qua avverso l’ordinanza, perché affetta da un vizio proprio, costituito dall’erronea applicazione dell’art. 548 cod. proc. civ. e, cioè, della norma (non applicabile) che il ricorrente invoca col proprio ricorso.
7. In conclusione, il ricorso va respinto; ne consegue la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, le quali sono liquidate, secondo i parametri normativi, nella misura indicata nel dispositivo.
8. Va dato atto, infine, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, Legge 24 dicembre 2012, n. 228, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dell’art. 1-bis dello stesso art. 13.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente a rifondere ai controricorrenti le spese di questo giudizio, liquidate in Euro 7.300,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre ad accessori di legge; ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, qualora dovuto.