Svolgimento del processo
l’avv. P.L. ha chiesto di essere ammesso al passivo del fallimento di A. Costruzioni s.r.l., in prededuzione o subordinatamente in privilegio, per il compenso professionale relativo all’attività di advisor legale che egli aveva svolto per l’ammissione della società al concordato preventivo; la domanda è stata respinta sulla base di un’eccezione di inadempimento, e in particolare perché la prestazione non era stata svolta con l’ordinaria diligenza, sicché il concordato era stato dichiarato inammissibile per la non fattibilità del piano in ragione delle criticità tecniche e giuridiche non rilevate dal medesimo legale; l’opposizione dell’avv. L. è stata a sua volta respinta dal Tribunale di Roma, e avverso il relativo decreto, depositato il 17-11-2020, è ora proposto ricorso per cassazione in unico motivo, al quale la curatela fallimentare resiste con controricorso.
Motivi della decisione
I. - l’unico motivo di ricorso denunzia la violazione o falsa applicazione degli artt. 98 e 99 legge fall., 1460 e 2697 cod. civ., in considerazione dell’erroneità del giudizio del Tribunale in punto di legittimità dell’eccezione di inadempimento, nonché per la mancanza, apparenza o comunque illogicità della motivazione esibita al riguardo del disconoscimento integrale del credito;
II. il motivo è inammissibile; il ricorso investe l'an del credito azionato (e non la sua collocazione), sicché il presente giudizio non è condizionato dagli approdi giurisprudenziali in tema di prededucibilità o meno, nel fallimento consecutivo, del credito del professionista che abbia coadiuvato il debitore nella domanda o nella proposta di concordato preventivo;
III. - il Tribunale, con congrua e completa motivazione, ha rilevato che il concordato preventivo era stato dichiarato inammissibile per rilievi attinenti alla non fattibilità giuridica della proposta e del piano; ha stabilito che la suddetta non fattibilità era da correlare a deficienze riferibili anche e proprio all’attività dell’advisor legale, che quella proposta e quel piano aveva indicato come giuridicamente fattibile, al di là delle problematiche afferenti all’operato dell’attestatore o degli organi della società in bonis; in questo senso il Tribunale ha specificamente ricostruito le carenze del piano, sia dal punto di vista delle prospettate falcidie (operate verso crediti erariali senza un’apposita transazione fiscale), sia dal punto di vista delle ipotizzate degradazioni (relative a crediti privilegiati ma prive del necessario presupposto tecnico), sia dal punto di vista della determinazione dell’attivo concordatario - in massima parte riferito al valore di realizzo di crediti contestati in radice e al valore di partecipazioni in società con patrimonio netto negativo, oltre che al valore di asseriti crediti verso enti a loro volta posti in concordato preventivo e attinti da sequestri penali; ha quindi ritenuto che l’inammissibilità della proposta fosse eziologicamente connessa (anche) all’inadeguatezza in sé della prestazione del suddetto professionista, resa in modo non rispondente al modello legale di concordato prescelto dall’impresa;
IV. - questa Corte, affermando che “in tema di ammissione al passivo fallimentare del credito del professionista che abbia redatto la relazione di cui all'art. 161, comma 3, l.fall., in presenza di eccezione di inadempimento sollevata dalla curatela, il giudice non può negare l'ammissione sul fondamento di una diversa ragione di inadempimento, trattandosi di eccezione rimessa all'esclusiva iniziativa di parte” (così Cass. n. 15807-21), ha dato implicita conferma all’orientamento già invalso presso la giurisprudenza di merito secondo cui è legittimo, invece, salvo appunto il rispetto dell’iniziativa di parte, invocare l’eccezione anzidetta onde paralizzare la domanda di insinuazione avanzata dal professionista che, a qualunque titolo, abbia coadiuvato il debitore nella procedura di concordato;
V. - nel caso di specie risulta finanche dal ricorso che l’eccezione di inadempimento era stata sollevata dalla curatela in termini sovrapponibili a quelli riscontrati dal tribunale, al punto che (con certo grado di contraddizione) il ricorrente proprio questo finisce per lamentare: e cioè che “quali ragioni di inadempimento rilevanti ex art. 1460 c.c. (ai fini del disconoscimento del credito insinuato)“ fossero state individuate dal tribunale “le medesime censure avanzate (..) nella procedura concordataria ai fini della declaratoria di inammissibilità del ricorso per concordato preventivo”;
VI. - sennonché è perfettamente legittimo per la curatela eccepire l’inadempimento del professionista che abbia fatto da advisor legale del debitore, poiché il suo credito deriva da un comune rapporto contrattuale; ed è perfettamente legittimo invocare a sostegno dell’inadempimento le carenze giuridiche della proposta e del piano siccome non rilevate, e anzi specificamente avallate, dal detto professionista; in questa prospettiva l’eccezione di inadempimento opera nel consueto modo desunto dalla ormai ventennale giurisprudenza di questa Corte, ferma nel principio per cui, se è vero che il creditore che agisca per l'adempimento deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto e il relativo termine di scadenza, mentre il debitore convenuto è gravato dell'onere della prova del fatto estintivo dell'altrui pretesa, costituito dall'avvenuto adempimento, è altrettanto vero che un eguale criterio di riparto dell'onere della prova deve ritenersi applicabile al caso inverso, in cui il debitore convenuto per l'adempimento, si avvalga dell'eccezione di inadempimento ex art. 1460 - risultando, in tal caso, invertiti i ruoli delle parti in lite, poiché il debitore eccipiente può limitarsi ad allegare l'altrui inadempimento, e il creditore agente deve dimostrare lui il proprio adempimento, ovvero la non ancora intervenuta scadenza dell'obbligazione (v. Cass. Sez. U n. 13533-01);
VII. - il principio opera degli esatti termini anche ove si discorra di insinuazione fallimentare; ne segue che l’eccezione di inadempimento del professionista che abbia operato quale advisor legale ai fini della predisposizione della domanda, della proposta e del piano concordatario, è idonea a paralizzarne la pretesa creditoria relativa al compenso in sé e per sé considerato, salva la prova del corretto adempimento della prestazione secondo il modello legale prescelto per il concordato; e laddove invece il giudice del merito abbia concretamente ritenuto inadempiente il suddetto professionista, in coerenza con l’eccezione sollevata dalla curatela, la relativa valutazione integra un giudizio di fatto, che se motivato (come nella specie) resta insindacabile in sede di legittimità;
VIII. – il ricorso, di conseguenza, va ritenuto inammissibile poiché essenzialmente teso ad avversare – a valle di un’errata ricostruzione giuridica – giustappunto la valutazione in fatto; le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alle spese processuali, che liquida in 10.200,00 EUR, di cui 200,00 EUR per esborsi, oltre accessori e rimborso forfetario di spese generali nella massima percentuale di legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello relativo al ricorso, se dovuto.