L'interruzione del processo avviene nel momento in cui il procuratore della parte dichiara alle altre la morte dell'assistito, seppur mediante nota scritta scambiata e depositata in via telematica, ed è questo il momento da cui decorre il termine per la riassunzione del processo.
La vicenda in esame trae origine dalla domanda proposta dal Condominio nei confronti del proprio ex amministratore allo scopo di ottenerne la condanna al pagamento di una somma a titolo di responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, considerando, tra le altre cose, le condotte di appropriazione di denaro dal conto corrente condominiale.
La domanda veniva...
Svolgimento del processo / Motivi della decisione
G.T. e L.P., quali eredi di C.P., propongono ricorso articolato in unico motivo avverso la sentenza n. 1959/2021 della Corte d’appello di Milano, depositata in data 24 giugno 2021. Il Condominio di Corso Lodi 75, Milano, non ha svolto attività difensive. Il giudizio attiene alla domanda formulata dal Condominio di Corso Lodi 75 nei confronti del proprio ex amministratore C.P., per ottenerne la condanna al pagamento della somma di € 66.375,05 a titolo di responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, deducendosi, tra l’altro, condotte di appropriazione di denaro dal conto corrente condominiale. La domanda era stata accolta dal Tribunale di Milano con sentenza n. 4506/2019. Propose appello C.P. con citazione notificata il 10 giugno 2019. In applicazione delle disposizioni legislative in materia di giustizia civile per contrastare l'emergenza epidemiologica da COVID-19, con provvedimento comunicato il 30 luglio 2020 veniva disposto lo svolgimento dell’udienza di precisazione delle conclusioni mediante lo scambio e il deposito in telematico di note scritte. Nelle note scritte depositate in data 21 settembre 2020, il procuratore di C.P. dichiarò che era sopravvenuta in data 4 novembre 2019 la morte del proprio assistito. All’udienza del 6 ottobre 2020 conseguente alla trattazione scritta la Corte d’appello riservava la causa per la decisione. Con istanza dell’8 ottobre 2020 il difensore dell’appellante chiedeva la revoca della precedente ordinanza e la dichiarazione di interruzione del processo per la morte di C.P.. Con decreto n. 3605/2020, comunicato alle parti il 13 ottobre 2020, la Corte d’appello dichiarava interrotto il processo. Con ricorso depositato in data 13 gennaio 2021, G.T. e L.P., quali eredi di C.P., riassunsero il giudizio. All’udienza di prosecuzione fissata per il 16 marzo 2021 la causa venne nuovamente riservata per la decisione e la Corte d’appello dichiarò l’estinzione del processo, considerando che la morte di C.P. era stata dichiarata dal suo difensore con le note scritte depositate in data 21 settembre 2020, sicché, acquisita da tale data la conoscenza legale dell’evento per tutte le parti, risultava tardiva, rispetto al termine ex art. 305 c.p.c., la prosecuzione operata dalle eredi dell’appellante in data 13 gennaio 2021. L’unico motivo del ricorso di G.T. e L.P. denuncia la “violazione e falsa applicazione degli artt. 300, 301, 305 e 307 c.p.c.: la Corte d’appello ha inopinatamente rilevato d’ufficio l’estinzione del giudizio, ritenendo che la riassunzione del processo da parte delle eredi beneficiate dell’appellante in data 13.01.2021 fosse stata tardivamente proposta, non potendosi calcolare il termine trimestrale di cui all’art 305 c.p.c. dall’ordinanza con la quale la Corte, solo in data 13.10.2020, ha effettivamente interrotto il processo, dopo averlo illegittimamente trattenuto in decisione all’udienza cartolare del 6 ottobre 2020, tenendo in completo non cale la dichiarazione di intervenuto decesso resa dal procuratore dell’appellante sig. C.P.. Infatti, all’udienza “cartolare” del 6 ottobre 2020 (fissata per la precisazione delle conclusioni) il Collegio non dava minimamente atto della dichiarazione di intervenuto decesso dell’appellante sig. C.P. resa dal difensore costituito con le note scritte depositate anteriormente all’udienza e, anziché dichiarare interrotto il processo, tratteneva la causa per la decisione sulle conclusioni (mai) precisate dalla difesa del sig. P.; il processo veniva poi effettivamente interrotto solo con provvedimento della Corte comunicato alle parti il 13 ottobre 2020, da cui ha necessariamente preso corso il termine trimestrale ex art. 305 c.p.c. per riassumere il processo su ricorso delle eredi beneficiate dell’appellante, depositato il 13 gennaio 2021”. Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso potesse essere dichiarato inammissibile, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all'art. 380-bis c.p.c., in relazione all'art. 375, comma 1, n. 1), c.p.c., il presidente ha fissato l'adunanza della camera di consiglio. Le ricorrenti hanno presentato memoria. Il motivo di ricorso non supera lo scrutinio ex art. 360-bis, n. 1, c.p.c., atteso che la sentenza impugnata ha deciso in modo conforme alla giurisprudenza di questa Corte la questione di diritto inerente alla decorrenza del termine per la prosecuzione o riassunzione del processo a seguito di interruzione per morte della parte costituita. Secondo orientamento giurisprudenziale consolidato, infatti, nell’ipotesi di morte o perdita della capacità della parte costituita, la dichiarazione dell’evento interruttivo può essere validamente effettuata dal difensore della parte colpita da esso al difensore della controparte, ai sensi del combinato disposto degli artt. 170 e 300 c.p.c. (nella specie, mediante nota scritta scambiata e depositata in telematico nell’ambito dello svolgimento di udienza in attuazione delle misure di contrasto dell’emergenza epidemiologica da COVID-19), decorrendo il termine di tre mesi ex art. 305 c.p.c. per la prosecuzione o riassunzione da tale data, nella quale si realizza la conoscenza legale dell’evento interruttivo, e non da quella della successiva formale dichiarazione di interruzione del processo, avente natura meramente ricognitiva, senza che tale disciplina incida negativamente sul diritto di difesa delle parti (Cass. Sez. Unite, 20/03/2008, n. 7443; Cass. Sez. 6 - 3, 15/09/2017, n. 21375; Cass. Sez. 3, 15/01/2013, n. 773). Alcun rilievo in senso diverso spiegano l’ordinanza di riserva in decisione della causa adottata all’udienza del 6 ottobre 2020, come la successiva istanza di revoca di tale ordinanza avanzata l’8 ottobre 2020 dal difensore dell’appellante e quindi ancora la declaratoria dell’interruzione del 13 ottobre 2020, dovendosi, tra l’altro, considerare che la dichiarazione o la notificazione della morte o della perdita della capacità della parte costituita, effettuata dal difensore ai sensi dell'art. 300, comma 1, c.p.c., determina la cessazione dell'ultrattività del mandato alla lite estintosi a causa dell'evento interruttivo e, quindi, la perdita dello "ius postulandi" in capo allo stesso. Dichiarata dal procuratore la morte della parte costituita, si determina, dunque, la preclusione di ogni ulteriore attività processuale, con conseguente nullità di tutti gli atti eventualmente compiuti prima che sia stata dichiarata l'interruzione del processo (ex multis, Cass. Sez. 6 - 3, 29/09/2015, n. 19267). Spetta peraltro al giudice del merito accertare cha la dichiarazione della morte della parte, cui l’art. 300 c.p.c. ricollega l'effetto interruttivo del processo, sia stata resa dal suo procuratore con manifestazione non affetta da dubbi o incertezze. Lo svolgimento dell’udienza in forma cartolare, mediante lo scambio e il deposito in telematico di note scritte contenenti le sole istanze e conclusioni, nelle modalità previste dalle disposizioni per l’esercizio dell’attività giurisdizionale nella vigenza dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, non esclude (al contrario di quanto si assume nella memoria ex art. 380 bis. comma 2, c.p.c. delle ricorrenti) la configurabilità della dichiarazione che, a norma dell'art. 300 c.p.c., comporta l'interruzione del processo, ove sia finalizzata al conseguimento di tale effetto. Né, in forza dei richiamati principi, comportano un differimento della decorrenza dell’effetto interruttivo gli “errores in procedendo” che le ricorrenti, sempre in memoria, attribuiscono alla Corte d’appello, la quale non avrebbe “letto” le note scritte depositate il 21 settembre 2020 e all’udienza cartolare del 6 ottobre 2020 aveva perciò omesso di dichiarare interrotto il processo. È peraltro noto che, in virtù dell'art. 307, comma 4, c.p.c., nella formulazione introdotta dall'art. 46 l. n. 69 del 2009, applicabile "ratione temporis", l'estinzione del processo per tardiva prosecuzione o riassunzione può essere dichiarata anche d'ufficio, con ordinanza del giudice istruttore o con sentenza del collegio. Deve quindi enunciarsi il seguente principio di diritto: l'evento della morte della parte costituita, che sia dichiarato in udienza - nella specie, mediante nota scritta scambiata e depositata in telematico nell’ambito dello svolgimento dell’udienza in forma cartolare, secondo le modalità previste dalle disposizioni per l’esercizio dell’attività giurisdizionale nella vigenza dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 -, produce, ai sensi dell'art. 300, comma 2, c.p.c., l'effetto automatico dell'interruzione del processo dal momento di tale dichiarazione, e il conseguente termine per la prosecuzione o riassunzione, come previsto dall'art. 305 c.p.c., decorre dal momento in cui interviene la dichiarazione del procuratore nei confronti delle altre parti, senza che abbia alcun rilievo, a tal fine, il momento nel quale venga adottato il successivo provvedimento giudiziale dichiarativo dell'intervenuta interruzione, avente natura meramente ricognitiva. Il ricorso va perciò dichiarato inammissibile, non dovendosi regolare le spese del giudizio di cassazione, in quanto l’intimato non ha svolto attività difensive. Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 - da parte delle ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte delle ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.