Nel caso di specie, la procedura risulta incompleta poiché il legale non avrebbe dovuto limitarsi a redigere un verbale negativo di pignoramento dopo aver eseguito un solo accesso al domicilio del debitore.
In un giudizio avente ad oggetto la liquidazione del compenso per la difesa d'ufficio in un procedimento penale, l'avvocato propone ricorso in Cassazione censurando la decisione del Tribunale nella parte in cui aveva erroneamente ritenuto che il ricorrente non avesse completato la procedura esecutiva per il recupero del credito.
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Svolgimento del processo
- Il Tribunale di Cassino, con ordinanza del 3.5.2021, ha rigettato il ricorso per opposizione proposto dall’Avv. B. avverso il rigetto dell’istanza di liquidazione del compenso per la difesa d’ufficio esercitata in un procedimento penale;
- il Tribunale ha ritenuto che il difensore non avesse utilmente esperito la procedura per il recupero del credito in quanto, dopo aver chiesto il decreto ingiuntivo ed aver notificato l’atto di precetto, si era limitato ad eseguire un solo accesso, trovando la porta chiusa; aveva quindi redatto un verbale negativo di pignoramento in cui aveva dato atto di essere privo di mezzi idonei per l’apertura forzata;
- la procedura esecutiva doveva, invece, essere completata con la richiesta di nuovi accessi e, in caso di adempimento spontaneo del debitore, il difensore avrebbe dovuto chiedere l’ausilio della forza pubblica;
- per la cassazione dell’ordinanza ha proposto ricorso l’Avv. D. B. sulla base di un unico motivo;
- il Ministero della Giustizia non ha svolto attività difensiva;
- il Relatore ha formulato proposta di decisione, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., di manifesta fondatezza del ricorso;
Motivi della decisione
- Con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 116 c.p.c. e dell’art. 82 DPR 115/2002, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., per avere il Tribunale erroneamente ritenuto che il difensore non avesse completato la procedura esecutiva per il recupero del credito; il ricorrente rileva di aver tentato di recuperare il proprio credito, attraverso la richiesta di decreto ingiuntivo, il precetto e due tentativi di accesso non andati a buon fine e sostiene che il completamento del procedimento esecutivo, attraverso la richiesta della forza pubblica, costituiva un notevole aggravio di spesa per lo Stato ed un ingiustificato allungamento dei tempi di recupero del credito per il difensore;
- il Collegio, dissentendo dalla proposta del Relatore, ritiene che il motivo è inammissibile ai sensi dell’art. 360 bis, n.1, c.p.c.;
- secondo il costante orientamento di questa Suprema Corte, il difensore d'ufficio che abbia inutilmente esperito la procedura esecutiva, volta alla riscossione dell'onorario, ha diritto al rimborso dei compensi ad essa relativi in sede di liquidazione degli stessi da parte del giudice, ai sensi del combinato disposto degli art. 82 e 116 del DPR 115/2002 (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 22579 del 10/09/2019, Rv. 655220; Cass 30484/2017; Cass. Sez. 6-2, Ordinanza n. 27854 del 20/12/2011, Rv. 620470).
- è pacifico che l'esperimento del procedimento monitorio costituisce un passaggio obbligato per poter chiedere la liquidazione dei compensi, così come l’atto di precetto ed il pignoramento;
- la questione di diritto sottoposta dal ricorrente riguarda l’ipotesi in cui il creditore non abbia effettuato accesso al domicilio del debitore per sua assenza e per aver trovato la porta chiusa;
- in tale ipotesi, come correttamente affermato dal giudice di merito, non può dirsi completata la procedura esecutiva, ai sensi dell’art. 518 c.p.c., dovendo il creditore accertare che il debitore non si sia trasferito in altra località qualora all’atto dell’accesso la porta era chiusa e non erano presenti le persone indicate all’art.139 comma IV c.p.c., cui rivolgere l’ingiunzione;
- inoltre, al fine di completare la procedura esecutiva, il creditore può avvalersi dell’ausilio della forza pubblica;
- nel caso di specie, l'iter procedimentale necessario per il recupero del credito professionale si è arrestato ad un verbale di accesso negativo (quanto alla produzione del verbale del secondo accesso, il collegio rileva che non è stato dedotto il vizio di omesso esame di un fatto decisive, ai sensi dell’art.360, comma 1, n.5 c.p.c.): come risulta dal verbale di pignoramento, l’ufficiale giudiziario ha trovato la porta chiusa e, non avendo mezzi per procedere all’apertura forzata, “ha desistito”;
- l’iter procedimentale, dunque, non è stato completato con gli ulteriori adempimenti richiesti dalla legge, al fine di accertare l’infruttuoso recupero del credito;
- la procedura esecutiva non trova deroghe, ma, al contrario, richiede maggior rigore nell’ipotesi in cui obbligato al pagamento sia lo Stato, né il difensore è pregiudicato dall’esperimento della procedura esecutiva in quanto le spese sopportate, in caso di esperimento infruttuoso, vanno a lui rimborsate;
- il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile;
- non deve provvedersi sulle spese non avendo il Ministero svolto attività difensiva;
- ai sensi dell’art.13 comma 1 quater del DPR 115/2002, va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi dell’art.13 comma 1 quater del DPR 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.