Così la Cassazione con la decisione in commento, evidenziando che il diritto di visita può essere oggetto di restrizioni laddove possa comportare effetti destabilizzanti sui minori coinvolti.
Il Tribunale per i minorenni di Milano confermava la decisione adottata dal Tribunale in sede di separazione tra i genitori dei minori protagonisti della vicenda in esame, con la quale era stato disposto l'affidamento esclusivo degli stessi presso la madre e il coinvolgimento dei Servizi sociali per la regolamentazione degli incontri con il padre.
Appellavano la...
Svolgimento del processo
1. Con decreto del 20 marzo 2020, il Tribunale per i minorenni di Milano, pronunciando sul ricorso proposto dal Pubblico Ministero ai sensi dell'art; 330 cod. civ. nell'interesse dei minori G., S e MFC, confermò le statuizioni adottate dal Tribunale di Milano con sentenza del 15 novembre 2007, emessa nel giudizio di separazione tra i genitori CFC e JOT , che aveva disposto l'affidamento esclusivo dei minori alla madre, con l'attribuzione alla stessa della facoltà di decidere sulle questioni di maggiore importanza, e demandò ai Servizi sociali territorialmente competenti la regolamentazione della frequentazione con il padre CFC , con facoltà di sospensione in caso di pregiudizio, e la predisposizione di ogni intervento di aiuto e supporto per i minori, con un'attività di monitoraggio del nucleo familiare e della situazione dei minori, anche in collaborazione con i Servizi specialistici dell'Azienda sociosanitaria territoriale.
2. Il reclamo proposto da S e GFC ., rispettivamente zia e nonno paterno dei minori, è stato accolto dalla Corte d'appello di Milano, che con decreto del 29 gennaio 2021 ha disposto l'affidamento dei minori al Comune di Arese (VA), con collocamento presso la madre e l'attribuzione ai servizi sociali territorialmente competenti della facoltà di decidere sulle questi0n1 di maggior rilevanza, in caso di dissenso tra i genitori; ha in caricato inoltre i servizi sociali, in collaborazione con l'UONPIA territorialmente competente, di regolamentare le visite con il genitore non collocatario, attivare tutti gl'interventi di sostegno nell'interesse dei minori, mantenere la presa in carico degli stessi presso l'UONPIA, attivare ulteriori supporti di tipo socio-educativo-scolastico e/o di tipo psicologico/psichiatrico in favore dei minori, procedere ad interventi di supporto alla genitorialità, singola o di coppia, dei genitori, monitorare costantemente la situazione, individuare le cause di eventuali disagi dei minori e le soluzioni da adottarsi nel loro interesse, regolamentare le visite con il nucleo familiare paterno, informare tempestiva mente l'Autorità giudiziaria di situazioni di possibile pregiudizio per i minori. A fondamento della decisione, la Corte ha ritenuto che i risultati del monitoraggio effettuato sui minori e sul nucleo familiare, riportati nelle relazioni dei Servizi sociali incaricati dal decreto di primo grado, fossero sufficienti a giustificare l'affidamento dei minori al Comune, escludendo la necessità di procedere ad altre attività istruttorie, e segnatamente ad una c.t.u., la quale f avrebbe comportato nuovamente il coinvolgimento dei minori nel conflitto familiare, dal quale invece gli stessi avevano ormai bisogno di affrancarsi definitivamente. Ha osservato che la c.t.u. espletata nel giudizio di separazione aveva prodotto un'ampia e convincente analisi dei dati anamnestici, degli esami clinici, dell'osservazione psicologica e dei colloqui relativi ai componenti del nucleo familiare, aggiungendo che il monitoraggio dei Servizi sociali e dei Servizi specialistici aveva evidenziato la perdurante condizione di malessere dei minori, correlata al conflitto familiare che vedeva contrapposti i genitori, la zia ed il nonno paterno. Ha rilevato in particolare che la madre non era in grado di arginare le intromissioni del nucleo familiare paterno, che continuava a porre in essere iniziative autonome a sua insaputa, in tal modo destabilizzando ulteriormente i minori nell'esatta definizione del rapporto con i genitori, ed ha ritenuto pertanto che l'affidamento al Comune potesse consentire a questi ultimi di consolidare la capacità di relazionarsi con i figli prescindendo da rancori e rivendicazioni reciproche. Ha ritenuto altresì opportuno affidare ai Serviti sociali la facoltà di decidere sulle questioni di maggiore rilevanza, in caso di dissenso tra i genitori, al fine di evitare che l'assenza di comunicazione tra questi ultimi si traducesse in un pregiudizio per i minori, ed ha demandato al Comune anche la regolamentazione dei tempi e delle modalità di visita del nucleo familiare paterno, in quanto la zia ed i nonni non erano stati in grado di assicurare una fruttuosa collaborazione con i genitori per l'adempimento dei loro obblighi educativi.
3. Avverso il predetto decreto hanno proposto ricorso per cassazione S e GFC, per sei motivi. Ha resistito con controricorso l'Avv. EB, in qualità di curatrice speciale dei minori. Gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo d'impugnazione, i ricorrenti denunciano la viola zione e la falsa applicazione degli artt. 330 e 333 cod. civ., nonché l'omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, censurando il decreto impugnato per aver immotivatamente escluso la necessità di disporre Urla c.t.u., allargata anche al nucleo familiare, ai fini di una valutazione all'attualità dello stato psicofisico dei minori e del pregiudizio dagli stessi subìto, nonché dell'individuazione delle relative cause e degli strumenti per porvi rimedio. Premesso che in proposito la Corte territoriale si è limitata ad evidenziare la conflittualità in atto tra i genitori, sostengono che proprio il pregiudizio subìto dai minori avrebbe imposto d'individuare e strategie più efficaci per porre rimedio al malessere dagli stessi manifestato, al fine di adottare le soluzioni più idonee in ordine all'affidarne to ed al collocamento. Aggiungono che, nel rigettare l'istanza, il decreto impugnato non ha fatto alcun cenno ai nuovi elementi risultanti dal parere espresso dal loro consulente, non ha considerato che in primo grado si era proceduto soltanto all'ascolto dei minori, peraltro in assenza di registrazione e di contraddittorio tra le partì, e non ha tenuto conto del tempo trascorso dalla c.t.u. espletata nel giudizio di separa zione, dell'età ormai raggiunta dai minori e delle incongruenze emergenti dalle relazioni acquisite.
2. Con il secondo motivo, i ricorrenti deducono la violazione e la falsa applicazione degli artt, 115 e 116 cod. proc. civ., nonché l'omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, ribadendo che il decreto impugnato ha rimesso di valutare gli elementi risultanti dalla relazione del loro consulente.
3. I due motivi, da esaminarsi congiuntamente, in quanto aventi ad og getto questioni strettamente connesse, sono infondati. Come riconosce la stessa difesa dei ricorrenti, la scelta di procedere a c.t.u. costituisce oggetto di un potere discrezionale del giudice, il cui esercizio in senso positivo o negativo risulta incensurabile in sede di legittimità, a con dizione che, soprattutto in presenza di un'istanza di parte, la decisione di non disporla risulti adeguatamente motivata, anche in maniera implicita, attraverso la dimostrazione di poter risolvere autonomamente, sulla base di corretti criteri, i problemi connessi alla valutazione degli elementi rilevanti ai fini della decisione, per il cui apprezzamento risulti necessario il possesso di particolari cognizioni tecnico-scientifiche (cfr. Cass., Sez. I, 1/09/2015, n. 17399; Cass., Sez. II, 3/01/2011, n. 72; Cass., Sez. lav., 7/01/2009, n. 50). L'esigenza di una rigorosa motivazione è destinata ad assumere una articolare rilevanza nei giudizi come quello in esame, che, in quanto aventi ad oggetto l'affidamento di minori e la titolarità o l'esercizio della responsabilità genitoriale, implicano delicatissime valutazioni in ordine allo stato psico-fisico dell'interessato ed al contesto familiare ed ambientale in cui risulta inserito, nonché alle sue esigenze di carattere assistenziale, sanitario ed educativo ed alla capacità dei genitori o di coloro cui sono affidati di farvi fronte in maniera appropriata, in modo tale da assicurare una sana crescita del minore ed un armonioso sviluppo della sua personalità: qualora pertanto, a fronte dell'acquisizione di informazioni, dati ed elementi di giudizio a mezzo dei servizi sociali, sia fatta richiesta di una c.t.u, per una migliore valutazione della situazione complessiva del minore e per l'individuazione dei provvedimenti da adottare nel suo interesse, il giudice che non intenda disporla è tenuto, proprio in considerazione dei diritti personalissimi coinvolti nei procedimenti in materia di filiazione e della rilevanza negli stessi accordata alle risultanze di perizie e cons lenze, a motivare specificamente la propria decisione, dando conto delle ragioni che lo inducono a ritenerla superflua (cfr. Cass., Sez. I, 26/06/2019, n. 17165; 7/05/2019, n. 12013; 26/03/2015, n. 6138). Tale dovere cli motivazione deve ritenersi nella specie adeguatamente adempiuto, avendo il decreto impugnato proceduto ad un'approfondita analisi degli elementi di valutazione risultanti dalle relazioni trasmesse dai Servizi sociali e da quelli specialistici che si sono occupati della vicenda in esame, ne l'ambito della quale ha posto correttamente in risalto la drammatica situazione esistenziale dei minori, coinvolti in un grave e prolungato conflitto familiare, le complesse problematiche di ordine educativo, psicologico e psichiatrico dagli stessi manifestate, sfociate in comportamenti autolesionistici e finanche in tentativi di suicidio, e la conseguente necessità d'interventi terapeutici e di supporto adeguati alle loro specificità, nonché l'incapacità dei genitori di relazionarsi con i figli prescindendo da reciproci rancori e rivendica zioni e l'interferenza destabilizzante dei componenti del nucleo familiare paterno. Pur non avendo proceduto all'audizione dei genitori e degli altri familiari coinvolti nel conflitto, i quali hanno comunque partecipato attivamente al procedimento, la Corte di merito non ha affatto omesso di valutarne il comportamento e l'attitudine ad occuparsi dei minori, essendosi specificamente soffermata sulle difficoltà incontrate dalla madre nella gestione degli stessi e f sulla sua incapacità di arginare l'invadenza della zia e del nonno paterno, sullo atteggiamento oppositivo di questi ultimi e sugli effetti perturbativi delle iniziative educative da loro autonomamente adottate, nonché sulla fragilità per sonale manifestata dal padre. E' alla luce dei dati emergenti dall'attività di osservazione e monitoraggio svolta dagli operatori sociali e sanitari, ritenuti idonei a consentire l'individuazione dei provvedimenti da adottare nell'interesse dei minori, che la Corte di meritoria ritenuto opportuno disporne l'affidamento all'ente territorialmente competente, con l'attribuzione ai Servizi sociali del compito di assumere le decisioni di maggiore importanza, in caso di disaccordo tra i genitori: a tal ime, essa ha dato peraltro atto anche della positiva evoluzione manifestatasi del comportamento di questi ultimi, osservando che le inadeguatezze educative dagli stessi manifestate non avevano impedito loro di sviluppare progressivamente un atteggiamento collaborativo nei confronti degli operatori, e confermando pertanto il collocamento dei minori presso la madre. E' stata proprio la ritenuta sufficienza del materiale probatorio acquisito a convincere la Corte dell'inopportunità di disporre una c.t.u., in ordine alla quale ha d'altronde sottolineato anche l'effetto pregiudizievole di un'ulteriore esposizione dei minori al perdurante conflitto in atto nel gruppo parentale ed alla necessità di dover esprimere preferenze o giudizi nei confronti dei genitori e egli altri familiari, in una fase in cui, anche per effetto dell'età ormai raggiunta, essi hanno bisogno di rendersi autonomi e concentrarsi sullo sviluppo della loro personalità, sotto la guida dei terapeuti e degli educatori. Nel contestare tale apprezzamento, i ricorrenti non sono in grado di evidenziare lacune argomentative o incongruenze logiche del ragionamento seguito per giungere alla decisione, ma si limitano a dolersi della mancata valutazione della relazione di consulenza da loro depositata, senza peraltro trascriverne almeno i passi salienti a corredo delle proprie censure, nonché ad evidenziare i divergenti giudizi espressi dai Servizi sociali e specialistici in ordine ai quozienti intellettivi dei minori, senza neppure curarsi di illustrare la rilevanza specifica che tali indicatori, non menzionati in alcun modo nel decreto impugnato, hanno o avrebbero dovuto spiegare ai fini della decisione.
4. Con il terzo motivo, i ricorrenti lamentano la violazione e la falla applicazione degli artt. 330 e 333 cod. civ., nonché l'omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, osservando che la Corte territoriale ha omesso di procedere alla loro audizione, la quale avrebbe consentito di escludere la sussistenza di un conflitto con la madre dei minori e di recriminazioni fondate su valutazioni personali, e di chiarire che e iniziati e da loro assunte erano state intraprese nell'interesse esclusivo dei minori. Aggiungono che, avuto riguardo anche alla disponibilità da loro manifestata a rendersi affidatari dei minori, la rilevata conflittualità non escludeva la necessità di svolgere un'accurata indagine in ordine alla loro idoneità a rivestire il predetto ruolo, prima di procedere all'affidamento al Comune. Rilevano inoltre che, nel rigettare l'istanza di ammissione della c.t.u., la Corte d'appello non ha considerato che il Tribunale per i minorenni aveva rigettato la richiesta di videoregistra zione dell'audizio11e dei n4'inori, ih tal modo impedendo di verificare il modo in cui la stessa era stata concretamente condotta.
4.1. Il motivo è inammissibile. Come si è detto, la Corte d'appello ha ampiamente giustificato la propria scelta di affidare i minori all'ente territorialmente competente, evidenziando l'opportunità di sottrarli agli effetti destabilizzanti del perdurante conflitto tra i genitori e celle iniziative autonomamente assunte dai familiari del padre, la cui intromissione nelle decisioni inerenti alla crescita ed all'educazione dei minori era stata ripetutamente segnalata dagli operatori sociali, unitamente al disorientamento prodotto nei minori dall'assenza di coordinamento e di consultazione con i genitori ed allo stato di tensione indotto, in particolare, dall'eccessiva rigidità dei metodi educativi adottati dalla zia paterna nei con fronti della nipote. A fronte di tale apprezzamento, fondato su precisi riferimenti alle risultanze istruttorie, nessun rilievo può assumere la scelta di non procedere all'audizione dei ricorrenti, non imposta da alcuna disposizione di legge e comunque non lesiva del loro diritto di difesa, compiutamente esercitato attraverso un'attiva partecipazione al procedimento; la motivazione della predetta scelta emerge peraltro chiaramente, ancorché per implicito( dall'affermata sufficienza degli elementi di valutazione acquisiti, la cui idoneità ad evidenziare una sostanziale incapacità della zia e del nonno paterno di collaborare fruttuosamente con i genitori, sconsigliando l'affidamento dei minori agli stessi, ne rendeva superflua l'audizione, essenzialmente finalizzata alla manifestazione della loro disponibilità a farsi carie-o della crescita e dell'educazione dei nipoti ed a chiarire le ragioni del loro atteggiamento nei confronti della madre. Quanto poi all'omessa videoregistrazione dell'ascolto dei minori è appena il caso di rilevare che, indipendentemente dal carattere non obbligatorio di tale adempimento, del quale l'art. 336-bis, terzo comma, cod. civ. prevede l'effettuazione in alternativa alla redazione del processo verbale (la cui rituale formazione, anche sotto il profilo della necessaria de scrizione del contegno tenuto dai minori, nella specie non è stata in alcun modo contestata), il relativo divorzio, in quanto attinente al procedimento di primo grado, avrebbe dovuto essere dedotto in sede di reclamo.
5. Con il quarto motivo, i ricorrenti denunciano la violazione e la falsa applicazione degli artt. B15 bis, 317-bis e 336 cod. civ., nonché l'omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, censurando il decreto impugnato per aver demandato ai Servizi sociali la regolamentazione delle modalità di frequentazione con essi ricorrenti, in contrasto con il loro diritto d'intrattenere rapporti significativi con i minori. Rilevano che in proposito la Corte territ0riale si è limitata ad evidenziare il rapporto conflittuale con la madre, in tal modo stigmatizzando l'iniziativa da loro assunta con il reclamo, senza considerare che quest'ultimo aveva condotto alla modifica dell'affida m nto esclusivo disposto in primo grado,
6. Con il quinto motivo, i ricorrenti deducono la violazione e la falsa applicazione dell'art. 132, secondo comma, n. 4 cod. proc. civ. e dell'art. 111, sesto comma, Cost., osservando che, nel rigettare la loro domanda di affidamento dei minori e nel demandare ai Servizi sociali la regolamentazione della frequentazione con gli stessi, in virtù della rilevata conflittualità, la Corte territoriale non ha considerato che la rilevata conflittualità, oltre a risalire ad epoca remota e a riguardare i genitori, nonostante i danni arrecati ai minori, non poteva impedire la conservazione del rapporto tra gli stessi e la famiglia paterna,
7. Con il sesto motivo, i ricorrenti lamentano la violazione e la falsa applicazione dell'art. 8 della CEDU e dell'art. 117 Cast., sostenendo che le restrizioni apportate al loro diritto di visita comportano il rischio d'interruzione f delle relazioni con i minori, pregiudicandone l'interesse, in contrasto con il rispetto effettivo della loro vita privata e familiare, che impone la conserva zione dei legami con il nucleo familiare.
8. I predetti motivi, da esaminarsi congiuntamente, in quanto aventi ad oggetto profili diversi della medesima questione, sono inammissibili. Come questa Corte ha già avuto modo di affermare, il diritto degli ascendenti a mantenere rapporti significativi on i nipoti minorenni, previsto dallo art. 317-bis cod. civ., non ha un carattere incondizionato, essendo il suo esercizio subordinato ad una valuta ione del giudice avente di mira l'esclusivo interesse del minore, ovverosia la realizzazione di un progetto educativo e formativo, volto ad assicurare un sano ed equilibrato sviluppo della personalità del minore, nell'ambito del quale possa trovare spazio anche un'attiva partecipazione degli ascendenti, quale espressione del loro coinvolgimento nella sfera relazionale ed affettiva del nipote (cfr. Cass., Sez. VI, 12/06/2018, n. 15238). Tale coinvolgimento, costituente il presupposto indispensabile per una fruttuosa cooperazione degli ascendenti all'adempimento degli obblighi educativi e formativi dei genitori, non è stato affatto negato dal decreto impugnato, il quale non ha assolutamente previsto l'interruzione dei rapporti con la zia ed il nonno paterno, ma, come si è detto, si è limitato a dare atto della conflittualità esistente tra gli stessi e la madre dei minori e dell'atteggiamento non collaborativo manifestato dai ricorrenti, evidenziando l'effetto destabilizzante delle iniziative educative da loro assunte in piena autonomia e senza alcun coordinamento con i genitori, quale elemento di giudizio a favore dell'affidamento dei minori ad un soggetto estraneo al gruppo parentale. Nel contestare il predetto apprezzamento, i ricorrenti non sono in grado d'individuare le lacune argomentative o le carenze logiche del ragionamento seguito dal decreto impugnato, ma si limitano ad insistere sulla propria tesi difensiva, in tal modo dimostrando non solo di non avere colto esattamente la portata del provvedimento impugnato, ma anche di voler sollecitare una nuova valutazione dei fatti, non consentita a questa Corte, alla quale non spetta il compito di riesaminare il merito della controversia, ma solo quello di controllare la correttezza giuridica delle argomentazioni svolte nella sentenza impugnata, nonché la coerenza logico-formale delle stesse, nei limiti in cui le f relative anomalie motivazionali sono ancora deducibili con il ricorso per cassazione, a seguito della riformulazione dell'art. 360, primo comma, n. 5 cod. proc. civ. ad opera dell'art. 54, comma primo, lett. b), del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni dalla le ge 7 agosto 2012, n. 134 (cfr. Cass., Sez. Un., 7/04/2014, n. 8053; Cass., Sez. 6, 16/07/2014, n. 16300; 9/06/2014, n. 12928). Non può condividersi, in contrario, il richiamo dei ricorrenti all'art. 8 della CEDU, nell'interpretazione fornitane dalla Corte EDU, secondo cui l'impegno degli Stati contraenti ad astenersi da ingerenze arbitrarie nella vita privata e familiare comprende anche obblighi positivi, concernenti il rispetto della vita familiare anche nelle relazioni tra li individui, tra cui quello di predisporre un arsenale giuridico adeguato e sufficiente a garantire i diritti legittimi degli interessati, tale da consentire allo Stato di adottare misure idonee a riunire il figlio minore al genitore ed cariche ai nonni, nonché di adottare tutte le misure preparatorie che consentano di pervenire a tale risultato (cfr. Corte EDU, sent. 7/t2/2017ì Beccarini e Ridolfi c. Italia; 17/11/2015, Bondavalli c. Italia; 21/01/2015, Manuello e Nevi c. Italia; 2/11/2010, N.. Romania; 9/06/ 1998, Branda c. Italia): nell'enunciare tale principio, la Corte EDU ha infatti precisato che l'obbligo per le autorità nazionali di adottare misure volte ad assicurare la riunione tra il figlio e il genitore non è assoluto, dovendo le stesse tenere conto degli interessi e dei diritti e delle libertà di tutte le persone interessate, in particolare degli interessi del minore e dei diritti conferiti allo stesso dall'art. 8 della Convenzione (cfr. Corte EDU, sent. 29/06/2004, V. c. Repubblica Ceca; 22/11/2005, R c. Portogallo). 9. Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile. La natura della causa giustifica l'integrale compensazione delle spese processuali. Trattandosi di procedimento esente dal contributo unificato, non trova applicazione l'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall'art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Compensa integralmente le spese processuali. Dispone che, in caso di utilizzazione della presente ordinanza in qualsiasi forma, per finalità di informazione scientifica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, sia omessa l'indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi delle parti riportati nella ordinanza.