Il divieto di circolazione nelle corsie riservate ai mezzi pubblici non si applica ai ciclomotori in ragione delle ridotte dimensioni del mezzo.
In accoglimento dell'opposizione, il Giudice di Pace annullava i 12 verbali impugnati sul rilievo che «del divieto di circolazione nelle corsie riservate ai mezzi pubblici, posto dalla norma di cui all'articolo 7 del Codice della Strada, non dovessero ritenersi destinatari i conducenti di ciclomotore, in ragione delle...
Svolgimento del processo / Motivi della decisione
1. (omissis) ha proposto ricorso articolato in un unico motivo avverso la sentenza n.257/2021 del Tribunale di Bologna, pubblicata il 2 febbraio 2021.
2. L'intimato Comune di (omissis) non ha svolto attività difensive.
3. (omissis) propose opposizione a dodici verbali di accertamento di violazioni del Codice della Strada innanzi al Giudice di pace di (omissis). Con sentenza n. 2964/2019 del 26 ottobre 2019 l'adito Giudice di pace accolse l'opposizione ed annullò i verbali impugnati, sul rilievo che del divieto di circolazione nelle corsie riservate ai mezzi pubblici, posto dalla norma di cui all'articolo 7 del Codice della Strada, non dovessero ritenersi destinatari i conducenti di ciclomotore, in ragione delle ridotte dimensioni del mezzo, inidonee a costituire intralcio alla circolazione dei mezzi pubblici. Il Giudice di pace ritenne, peraltro, sussistenti "giusti motivi" per compensare le spese di lite. Avverso tale pronuncia, in relazione al capo relativo alle spese, (omissis) propose appello avanti al Tribunale di Bologna, il quale - integrando la motivazione del primo giudice - ha confermato la decisione di primo grado. Il Tribunale ha affermato che "[l]a motivazione [della sentenza di primo grado] si fonda su un'interpretazione dell'art.7 CdS del tutto innovativa, individuandone la ratio nella volontà del legislatore di garantire che i mezzi pubblici possano circolare in maniera spedita senza intralci, intralci che il Giudice di Pace ravvisa soltanto nei veicoli privati a quattro ruote, escludendo quelli a due ruote, in tal modo giungendo ad affermare che sarebbe carente di offensività in generale la circolazione di questi ultimi in tali aree. Ne consegue che sia stato configurato un motivo di compensazione che deriva proprio dalla novità della questione e sicuramente della sua interpretazione l'unico precedente negli stessi termini che la scrivente ha rinvenuto in materia è rappresentato da decisione emessa dal medesimo ufficio del Giudice di Pace di Bologna (sentenza pubblicata in data 30 maggio 2019 nel giudizio n. 5165/2018). Pertanto il Tribunale, pure esclusa la configurabilità di una soccombenza reciproca e nonostante la mancata indicazione di altre idonee ragioni di compensazione delle spese da parte del Giudice di pace, ha concluso che il profilo relativo alla possibilità di circolazione da parte dei ciclomotori/motocicli nelle corsie preferenziali costituisse questione del tutto nuova, tale da giustificare la compensazione stessa.
4. L'unico motivo del ricorso di (omissis) denuncia la violazione degli articoli 91 e 92 c.p.c., adducendo la violazione del principio di soccombenza da parte sia del giudice di primo grado che di quello dell'appello e evidenziando che la decisione adottata dal Giudice di pace non fosse del tutto innovativa, trovando un precedente nella sentenza Cass. n. 26311 del 2006.
5. Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso potesse essere dichiarato inammissibile, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all'art. 380-bis c.p.c., in relazione all'art. 375, comma 1, n. 1), c.p.c., il presidente ha fissato l'adunanza della camera di consiglio.
6. La sentenza impugnata ha deciso la questione di diritto relativa alla compensazione delle spese processuali per "assoluta novità della questione trattata" in modo conforme alla giurisprudenza di questa Corte e l'esame del motivo di ricorso non offre elementi per mutare tale orientamento, ai sensi dell'art. 360 bis, n. 1, c.p.c. Occorre dare applicazione, ratione temporis, all'art. 92, comma 2, c.p.c., come sostituito dall'art. 13, d.l. 12 settembre 2014, n. 132, modificato in sede di conversione dalla l. 10 novembre 2014, n. 162. In forza di tale norma, il giudice può compensare le spese tra le parti, parzialmente o per intero, soltanto se vi è soccombenza reciproca, ovvero nel caso di assoluta novità della questione trattata o di mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti, o ancora, «qualora sussistano altre analoghe gravi ed eccezionali ragioni» (ciò a seguito della sentenza 19 aprile 2018, n. 77, della Corte Costituzionale) (Cass. Sez. 6 - 5, 18/02/2020, n. 3977 Cass. Sez. 6 - 2, 18/02/2019, n. 4696). La valutazione di "novità della questione", come quella di sussistenza delle "gravi ed eccezionali ragioni", che possono sorreggere il provvedimento di compensazione parziale o totale delle spese, devono essere esplicitamente motivate e riguardare specifiche circostanze o aspetti della controversia decisa. In tal senso, il Tribunale di Bologna, chiamato a valutare la correttezza della statuizione di compensazione delle spese adottata dal giudice di primo grado, ha congruamente provveduto ad integrare la motivazione della sentenza del Giudice di pace, in base ad argomenti radicati nelle risultanze acquisite al processo e contenuti entro i limiti del "devolutum", quali risultanti dall'atto di appello, spiegando perché la questione posta dal primo giudice a fondamento della sua decisione si connotasse come una "assoluta novità". Va riaffermato il principio secondo cui l'art. 92, comma 2, c.p.c., là dove (secondo il testo introdotto dal d.l. n. 132/2014, convertito in l. n. 162/2014, ed a seguito di Corte cost. 19 aprile 2018, n. 77), permette la compensazione delle spese di lite "nel caso di assoluta novità della questione trattata o mutamento della giurisprudenza", oppure allorché concorrano altre analoghe "gravi ed eccezionali ragioni", costituisce una norma elastica, quale clausola generale che il legislatore ha previsto per adeguarla ad un dato contesto storico-sociale o a speciali situazioni, non esattamente ed efficacemente determinabili a priori, ma da specificare in via interpretativa da parte del giudice del merito, con un giudizio censurabile in sede di legittimità, in quanto fondato su norme giuridiche. In particolare, anche la carenza di un uniforme orientamento interpretativo sul punto, l'opinabilità o le peculiarità delle questioni affrontate (come nella specie ritenuto dal Tribunale di Bologna quanto alla violazione del divieto di circolazione nelle corsie riservate ai mezzi pubblici di trasporto, ex art. 7, comma 4, Cod. Strada, da parte dei conducenti di ciclomotore, questione che lo stesso ricorrente riferisce affrontata in sede di legittimità soltanto dalla sparuta sentenza n. 26311 del 2006, peraltro in motivazione e senza enunciare un principio di diritto al riguardo) integrano le suddette nozioni, se ed in quanto siano sintomo di un atteggiamento soggettivo del soccombente, ricollegabile alla considerazione delle ragioni che lo hanno indotto ad agire o resistere in giudizio e, quindi, da valutare con riferimento al momento in cui la lite è stata introdotta o è stata posta in essere l'attività che ha dato origine alle spese, sempre che si tratti di questioni sulle quali si sia determinata effettivamente la soccombenza, ossia di questioni decise (Cass. Sez. U, 22/02/2012, n. 2572 Cass. Sez. 6-2, 07/01/2022, n. 284 Cass. Sez. 6- 2, 09/12/2021, n. 39127 Cass. Sez. 6 - 2, 10/02/2014, n. 2883 Cass. Sez. 6 - 5, 18/02/2020, n. 3977 Cass. Sez. L, 07/08/2019, n. 21157). Il ricorso va perciò dichiarato inammissibile, non dovendosi regolare le spese del giudizio di cassazione, in quanto l'intimato Comune di (omissis) non ha svolto attività difensive. Sussistono i presupposti processuali per il versamento - ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l'impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.