A nulla rileva il fatto che l'imputato ricopriva solo il ruolo di addetto alle consegne: il dato fattuale della gestione della società, infatti, deve prevalere su quello meramente formale.
Il Giudice di seconde cure confermava la pronuncia di primo grado con la quale l'imputato era stato condannato perché, nelle vesti di amministratore di fatto di una società e in concorso con l'amministratore di diritto (il padre), aveva occultato delle fatture emesse allo scopo di evadere le imposte sui redditi e sul valore aggiunto.
Contro tale decisione, l'imputato...
Svolgimento del processo
1. La Corte d'Appello di Ancona con sentenza dell’11 febbraio 2021 ha confermato la decisione del Tribunale di Fermo dell'11 ottobre 2018 (giudizio abbreviato) che aveva condannato L. D. alla pena di mesi 8 di reclusione relativamente al reato di cui agli art. 110 cod. pen. e 10, d. lgs. 74 del 2000, perché quale amministratore di fatto della società D. s.r.l. (che aveva ricoperto anche la carica di amministratore di diritto dal 12 giugno 2001 al 28 dicembre 2006), unitamente all'amministratore di diritto G. D., al fine di evadere le imposte sui redditi e sul valore aggiunto, occultavano le fatture emesse per finalità commerciale. Reato commesso fino al 16 settembre 2016 con condotta permanente.
2. L. D. ha proposto ricorso per cassazione, deducendo i motivi di seguito enunciati, nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall'art. 173, comma, disp. att., c.p.p.
2. 1. Mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione con travisamento della prova.
La Corte di appello individua, tra gli elementi per la sussistenza della qualifica di amministratore di fatto del ricorrente, la circostanza che la Guardia di finanza rinveniva la documentazione contabile della società presso l'abitazione del ricorrente; abitazione riferibile solo a L. D.. Invece, nello stesso immobile di (omissis), (omissis), risiede anche l'amministratore di diritto, padre del ricorrente. L'immobile è di proprietà di G. D. (in comproprietà con la moglie). Risulta, pertanto, logico e naturale che la documentazione contabile fosse nell'abitazione in oggetto. Il dato di fatto emergente dalla documentazione (anche catastale) è stato, quindi, travisato dalla Corte di appello.
Tale travisamento è risultato decisivo per affermare la qualifica di amministratore di fatto del ricorrente.
2. 2. Illogicità e contraddittorietà della motivazione. Violazione di legge (art. 192 cod. proc. pen.).
Per le decisioni di merito il padre del ricorrente, amministratore di diritto della società, per la sua età avanzata non poteva amministrare la società. Non esiste, però, nessuna evidenza che una persona di 80 anni non possa essere l'amministratore di una società. Tale considerazione della sentenza impugnata, oltre che congetturale ed illogica, non rispecchia neanche le prove, in quanto i testi escussi (V. A. e V. G.) hanno dichiarato che l'amministratore della società era G. D..
2. 3. Mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione. Violazione di legge (art. 2639 cod. civ.).
La qualifica di amministratore di fatto ex art. 2639 cod. civ. presuppone l'esercizio in modo continuativo e significativo dei poteri inerenti alla qualifica o alla funzione, un'apprezzabile attività di gestione non occasionale. Per la Corte di appello la qualifica di amministratore di fatto del ricorrente sarebbe provata da tre elementi: il ricorrente aveva sporto alcune denunce relative alla società D. s.r.l.; il padre del ricorrente, amministratore di diritto, aveva un'età avanzata; presso l'abitazione del ricorrente sarebbe stata rinvenuta la documentazione contabile della società.
Invero, le denunce risalgono agli anni 2008-2010, periodo precedente a quello di cui all'imputazione; l'età di 80 anni del padre non costituisce elemento per affermare l'impossibilità di essere l'amministratore effettivo della società e i testi hanno riferito che l'amministratore era solo G. D.; la documentazione contabile è stata trovata presso l'abitazione dell'amministratore di diritto e non in quella, esclusiva, del ricorrente.
Inoltre, nell'ambito delle indagini condotte dalla P.G., presso gli istituti bancari, non è stata rinvenuta documentazione sottoscritta dal ricorrente.
2. 4. Violazione di legge (art. 10, d. lgs. 74 del 2000). Contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione.
Solo tre fatture non sono state rinvenute, per un imponibile inferiore alle 3.000,00 euro, a fronte di 59 fatture emesse nell'anno di imposta 2001 dalla società. L'occultamento delle tre fatture avrebbe comportato l'evasione di circa 2.100,00 di imposte (compreso l'IVA).
La mancanza delle tre fatture, pertanto, dovrebbe essere giustificata da un disguido e non da una volontà di evasione. Le fatture erano state consegnate ad un professionista per il recupero del credito (cliente G. L. s.r.l., poi fallita), senza la conservazione di una copia nella contabilità.
Ha chiesto, quindi, l'annullamento della sentenza impugnata.
Motivi della decisione
4. Il ricorso deve rigettarsi con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Il travisamento del dato relativo all'abitazione del ricorrente non di suo uso esclusivo non risulta, peraltro, proposto in sede di appello.
Lo stesso, se commesso, è avvenuto in primo grado e non in appello, senza che nei motivi di appello sia stato proposto il relativo motivo: "Il travisamento della prova, se ritenuto commesso dal giudice di primo grado, deve essere dedotto al giudice dell'appello, pena la sua preclusione nel giudizio di legittimità, non potendo essere dedotto con ricorso per Cassazione il vizio di motivazione in cui sarebbe incorso il giudice di secondo grado se. il travisamento non gli era stato rappresentato" (Sez. 5, n. 48703 del 24/09/2014 - dep. 24/11/2014, Biondetti, Rv. 26143801).
4. La sentenza impugnata (e già la decisione di primo grado, in doppia conforme), con motivazione adeguata, immune da contraddizioni e senza manifeste illogicità, ritiene che il ricorrente fosse amministratore di fatto per più elementi: già dal 12 giugno 2001 al 28 dicembre 2016 era stato amministratore di diritto della società; aveva presentato varie denunce per conto della società (per smarrimento o danneggiamento di beni aziendali); il padre aveva un'età molto avanzata (81 anni) e la Guardia di Finanza nell'accesso all'abitazione del ricorrente rinveniva documentazione contabile della società, "non vi era, infatti, nessuna ragione di tenere in casa tale documentazione se avesse ricoperto un ruolo meramente operativo quale quello di addetto alle consegne".
L'accertamento della qualifica di amministratore di fatto è una questione di merito insindacabile in sede di legittimità, se motivata: "Ai fini dell'attribuzione della qualifica di amministratore di fatto è necessaria la presenza di elementi sintomatici dell'inserimento organico del soggetto con funzioni direttive in qualsiasi fase della sequenza organizzativa, produttiva o commerciale dell'attività della società, quali i rapporti con i dipendenti, i fornitori o i clienti ovvero in qualunque settore gestionale di detta attività, sia esso aziendale, produttivo, amministrativo, contrattuale o disciplinare ed il relativo accertamento costituisce oggetto di una valutazione di fatto insindacabile in sede di legittimità, ove sostenuta da congrua e logica motivazione" (Sez. 5 - , Sentenza n. 45134 del 27/06/2019 Ud. (dep. 06/11/2019) Rv. 277540 - 01).
La configurazione dell'amministratore di fatto inoltre è legislativamente prevista nell'art. 2639, comma 1, del Codice civile: "Per i reati previsti dal presente titolo al soggetto formalmente investito della qualifica o titolare della funzione prevista dalla legge civile è equiparato sia chi è tenuto a svolgere la stessa funzione, diversamente qualificata, sia chi esercita in modo continuativo e significativo i poteri tipici inerenti alla qualifica o alla funzione". L'amministratore di fatto oltre ai reati societari, di cui all'art. 2639 cod. civ., risponde anche di altri reati commessi in tale veste (vedi Sez. 5, n. 39535 del 20/06/2012 - dep. 08/10/2012, Antonucci, Rv. 253363, per i reati fallimentari, e Sez. 3, n. 23425 del 28/04/2011 - dep. 10/06/2011, Ceravolo, Rv. 250962, per i reati finanziari del d. lgs. n. 74 del 2000).
In giurisprudenza quindi si è giustamente posto l'accento non sul dato formale (amministratore di diritto, prestanome) ma sul criterio funzionalistico, o dell'effettività, e il dato fattuale della gestione sociale deve prevalere su quello solo formale.
5. L'occultamento delle tre fatture emerge dalla circostanza che la numerazione delle fatture della società non risultava lineare (progressiva), e le fatture mancanti (6, 18 e 48) erano ricostruite attraverso la sottoposizione di questionari ai clienti della società. Per la Corte di appello la mancanza delle fatture non poteva ritenersi una svista in relazione alla numerazione progressiva e all'acquisizione dei dati con i questionari ai clienti. Nessuna prova, del resto, risulta dell'affermazione del ricorrente di aver dato le fatture ad un professionista per il recupero del credito.
Infatti, in tema di reati tributari, l'elemento soggettivo del delitto di occultamento e distruzione di documenti contabili è integrato dal dolo specifico di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto o di consentire l'evasione fiscale di terzi, essendo irrilevanti, per contro, l'interesse o il movente che abbiano eventualmente spinto l'agente a commettere il reato (Vedi Sez. 7 - , Ordinanza n. 9439 del 06/12/2019 Cc., dep. 10/03/2020, Rv. 278872 - 01).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.