L'obbligo di traduzione degli atti in favore dell'imputato alloglotta, anche se irreperibile o latitante, sussiste a pena di nullità nel caso in cui egli abbia eletto domicilio presso il difensore o se la notifica debba essere eseguita mediante consegna a quest'ultimo.
Svolgimento del processo
1. Con sentenza del 20 novembre 2020 la Corte d'appello di Bologna ha respinto l'impugnazione proposta da W.J. nei confronti della sentenza del 23 aprile 2014 del Tribunale di Forlì, con la quale la stessa era stata condannata alla pena di un anno e quattro mesi di reclusione e 400,00 euro di multa, in relazione al delitto di cui agli artt. 3, comma 2, n. 8, e 4, n. 7, I. n. 75 del 1958 (per aver sfruttato e favorito la prostituzione di più persone di nazionalità cinese, pagando il canone di locazione dell'appartamento nel quale veniva svolta tale attività, rifornendo le prostitute di generi alimentari e facendosi consegnare da loro la metà dei proventi; in Cesena, fino al 29 marzo 2013).
2. Avverso tale sentenza l'imputata ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi.
2.1. In primo luogo, ha eccepito la nullità del decreto di citazione per il giudizio d'appello, in quanto notificato mediante consegna al difensore in assenza della preventiva rinnovazione del decreto di irreperibilità e della traduzione di tale atto in lingua cinese. Ha esposto che l'elezione di domicilio doveva essere considerata nulla, in quanto non tradotta in lingua cinese e ricusata dal difensori con dichiarazione depositata nel corso dell'udienza preliminare ai sensi dell'art. 157, comma 8 bis, cod. proc. pen., cosicché avrebbe dovuto essere emesso un nuovo decreto di irreperibilità; inoltre, il decreto di citazione per il giudizio di appello, anche se notificato presso il difensore, avrebbe dovuto essere tradotto in lingua cinese, come tempestivamente eccepito nel giudizio d'appello, con la conseguente nullità della sentenza impugnata (si richiama la sentenza n. 23347 del 2017).
2.2. Con un secondo motivo ha eccepito l'inutilizzabilità, ai sensi dell'art. 63 cod. proc. pen., delle dichiarazioni rese da C.L., su cui risultava fondata l'affermazione di responsabilità della ricorrente, in quanto la stessa doveva essere considerata coindagata per il reato di immigrazione clandestina di cui all'art. 10 bis d.lgs. 286/98, essendo sufficiente a tal fine che sussistano indizi di responsabilità a carico del dichiarante. Ha inoltre evidenziato che la medesima C.L. aveva, in ogni caso, dichiarato di essersi sempre prostituita da sola, con la conseguente erroneità della affermazione della configurabilità della circostanza aggravante dello sfruttamento della prostituzione di più persone, che avrebbe quindi dovuto essere esclusa, con la conseguente riduzione del termine massimo di prescrizione del reato, che sarebbe interamente decorso il 29 settembre 2020.
2.3. Con il terzo motivo ha denunciato la violazione dell'art. 512 cod. proc. pen., essendo prevedibile l'allontanamento e l'irreperibilità della testimone, di cui non erano neppure state eseguite adeguate ricerche, in violazione dell'art. 6 CEDU e dell'art. 526 cod. proc. pen. Ha esposto che l'irreperibilità della testimone straniera era prevedibile, trattandosi di cittadina straniera sedicenne clandestina, presente nel territorio dello Stato da tre anni, priva di documenti, senza fissa dimora e neppure in possesso di una utenza telefonica, e comunque la stessa non era neppure stata adeguatamente ricercata per citarla a comparire, con la conseguente insussistenza dei presupposti per poter dare lettura delle dichiarazioni dalla stessa rese nel corso delle indagini.
2.4. Infine, con un quarto motivo, ha denunciato la violazione dell'art. 175 cod. pen. e la mancanza e la contraddittorietà della motivazione, nella parte relativa alla mancata concessione del beneficio della non menzione della condanna, fondata erroneamente e impropriamente sulla tipologia del reato e su una non meglio illustrata valutazione di gravità della condotta.
Motivi della decisione
1. Il primo motivo, mediante il quale è stata eccepita la nullità della sentenza impugnata a causa della notificazione del decreto di citazione per il giudizio d'appello mediante consegna al difensore domiciliatario e senza tradurlo in lingua cinese, nonostante l'inefficacia dell'elezione di domicilio presso detto difensore, in quanto ricusata da quest'ultimo, è fondato e assorbente.
2. La Corte d'appello, nell'esaminare l'eccezione di nullità della notificazione del decreto di citazione per il giudizio d'appello, che è stata fondata sulla invalidità della sua esecuzione, in quanto compiuta mediante consegna al difensore di fiducia che aveva ricusato l'elezione di domicilio e sulla mancata traduzione dell'atto da notificare, la ha disattesa sulla base del rilievo che in mancanza di un domicilio valido presso il quale eseguire la notificazione questa non poteva che essere eseguita mediante consegna al difensore, ai sensi dell'art. 161, comma 4, cod. proc. pen., riportandosi all'insegnamento di cui alla sentenza n. 10358 del 2020 (cioè Sez. 2, n. 10358 del 14/01/2020, Romanov, Rv. 278427, secondo cui "In tema di elezione di domicilio effettuata dall'imputato presso il difensore d'ufficio, qualora quest'ultimo non accetti la veste di domiciliatario, come consentito dal comma 4-bis dell'art. 162 cod. proc. pen., introdotto della legge 23 giugno 2017, n. 103, e l'imputato non provveda ad effettuare una nuova e diversa elezione di domicilio, si deve procedere comunque mediante notifica allo stesso difensore ai sensi dell'art. 161, comma 4, cod. proc. pen., diversamente determinandosi una situazione di stallo non superabile").
3. Tale affermazione, in ordine alla idoneità della consegna dell'atto da notificare all'imputato mediante consegna al difensore che abbia ricusato l'elezione di domicilio quando non vi siano altri domicili idonei dell'imputato non è, però, condivisibile. Al riguardo questa Corte ha già affermato che "in tema di lezione di domicilio effettuata dall'imputato presso il difensore d'ufficio, qualora quest'ultimo non accetti la veste di domiciliatario, come consentito dal comma 4-bis dell'art. 162 cod. proc. pen., introdotto della legge 23 giugno 2017, n. 103, e l'imputato non provveda ad effettuare una nuova e diversa elezione di domicilio, deve procedersi alla notificazione ai sensi degli artt. 157 ed eventualmente 159 cod. proc. pen., in quanto, se si effettuasse la notificazione allo stesso difensore ai sensi dell'art. 161, comma 4, cod. proc. pen., ne risulterebbe frustrata la specifica finalità del comma 4-bis dell'art. 162 cit. di rendere reale ed effettiva la conoscenza del processo da parti di chi si trovi sottoposto a procedimento penale ed assistito da un difensore d'ufficio" (Sez. 1, n. 17096 del 09/03/2021, A., Rv. 281198; nel medesimo già, diffusamente, Sez. 2, n. 27935 del 03/05/2019, B.C., Rv. 276214). Si tratta di orientamento che il Collegio condivide e ribadisce, stante la inelubile necessità di garantire che la mancata partecipazione al processo da parte dell'imputato, assente o anche contumace, sia ascrivibile a una determinazione di rinuncia volontaria e non alle disfunzioni che possono crearsi nel rapporto professionale con il difensore, di fiducia o d'ufficio, destinatario di un'elezione di domicilio rifiutata e resa priva di efficacia, orientamento che costituisce sviluppo del principio di diritto formulato nella sentenza Ismail delle Sezioni Unite (Sez. U, n. 23948 del 28/11/2019, I., Rv. 279420, secondo cui "ai fini della dichiarazione di assenza non può considerarsi presupposto idoneo la sola elezione di domicilio presso il difensore d'ufficio, da parte dell'indagato, dovendo il giudice, in ogni caso, verificare, anche in presenza di altri elementi, che vi sia stata l'effettiva instaurazione di un rapporto professionale tra il legale domiciliatario e l'indagato, tale da fargli ritenere con certezza che quest'ultimo abbia avuto conoscenza del procedimento ovvero si sia sottratto volontariamente alla stessa").
4. La Corte d'appello ha, inoltre, erroneamente considerato il rilievo difensivo in ordine alla mancata traduzione dell'atto da notificare alla imputata, la cui necessità non è esclusa dalla consegna dell'atto stesso al difensore, in quanto l'atto da notificare è, comunque, destinato alla part, anche se consegnato per suo conto al difensore, e dunque deve egualmente essere tradotto, anche se destinato a soggetto irreperibile, come nel caso in esame o latitante. L'obbligo di traduzione degli atti in favore dell'imputato alloglotta, anche se irreperibile o latitante, sussiste a pena di nullità ex art. 178, lett. c), cod. pen., anche nel caso in cui egli abbia eletto domicilio presso il difensore o se la notifica debba essere eseguita mediante consegna a quest'ultimo, avendo il difensore solo l'obbligo di ricevere gli atti destinati al proprio assistito, ma non anche quello di procedere alla loro traduzione (così Sez. 6, n. 30143 del 07/07/2021, L.M., Rv. 281705, che in motivazione ha precisato che l'elezione di domicilio presso un difensore attiene solo alle modalità di notificazione degli atti processuali e non comporta la rinuncia dell'indagato alloglotta alla traduzione degli atti nella propria lingua; conf. Sez. 1, n. 40584 del 26/10/2021, dep. 2021, N.F., Rv. 282125), cosicché erroneamente è stata esclusa la necessità della traduzione dell'atto da notificare alla ricorrente, sia pure mediante consegna al difensore.
5. La sentenza impugnata deve, quindi, essere annullata senza rinvio, trasmettendo gli atti alla Corte d'appello di Bologna per l'ulteriore corso, ossia affinché proceda a una nuova citazione dell'imputata, nel rispetto delle garanzie previste per l'imputato alloglotta e mediante notificazione della citazione a giudizio che consenta l'effettiva conoscenza del processo da parte della imputata.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone trasmettersi gli atti alla Corte d'appello di Bologna per l'ulteriore corso. In caso di diffusione del presente provvedimento si omettano le generalità e gli altri identificativi a norma dell'art. 52 d.lqs. 196/03 in quanto imposto dalla legge.