Risposta affermativa dalla Cassazione. Ma non solo, è riconosciuto il diritto al compenso anche quando la trattazione del processo si sia tradotta nell'esame degli scritti avversari e dei provvedimenti giudiziali emessi, seppur in assenza di istruzione probatoria.
Svolgimento del processo
1.- Con ricorso depositato nel marzo 2010, ai sensi degli artt. 2 e 3 della legge n. 89/2001, A.G. adiva la Corte d'appello di Roma (con successiva riassunzione, nel maggio 2013, presso la Corte d'appello di Perugia, all'esito della declaratoria di incompetenza territoriale della Corte di merito preventivamente adita) al fine di vedersi riconoscere l'equo indennizzo spettante per la durata non ragionevole del procedimento civile, parimenti in materia di equa riparazione, instaurato davanti alla Corte d'appello di Roma con ricorso depositato nell'ottobre 2004 e definito nel settembre 2009, dopo lo svolgimento di due gradi di giudizio.
2.- Con decreto n. 1367/2018, depositato il 4 maggio 2018, la Corte d'appello di Perugia accoglieva la domanda e condannava il Ministero della Giustizia al pagamento, in favore della ricorrente, della somma di euro 1.125,00, oltre interessi legali e spese di lite, liquidate in complessivi euro 405,00, con aggiunta di accessori come per legge e con distrazione in favore dei difensori istanti.
3.- Avverso tale pronuncia A.G. proponeva ricorso in cassazione, lamentando la violazione dei minimi tariffari nella liquidazione delle spese di lite. La Corte di legittimità, con ordinanza n. 29453/2009, depositata il 13 novembre 2019, accoglieva il ricorso, cassava il decreto impugnato e rinviava la causa alla Corte d'appello di Perugia anche per la regolamentazione delle spese del giudizio di cassazione.
4.- Riassunta la causa con ricorso depositato il 13 febbraio 2020, la Corte d'appello di Perugia, con il decreto di cui in epigrafe, condannava il Ministero della Giustizia al pagamento dei compensi relativi all'originario giudizio di merito, determinati in complessivi euro 915,00, oltre esborsi e accessori, dei compensi inerenti al giudizio di legittimità, liquidati in complessivi euro 900,00, oltre esborsi ed accessori, e dei compensi attinenti al giudizio di rinvio, tassati in complessivi euro 915,00, oltre esborsi ed accessori, tutti con distrazione in favore dei difensori antistatari. A sostegno dell'adottata pronuncia la Corte territoriale rilevava: a) che la liquidazione dei compensi dei tre giudizi doveva avvenire secondo le previsioni del d.m. n. 55/2014, avendo riguardo allo scaglione di riferimento compreso tra euro 1.100,01 ed euro 5.200,00, in ragione del valore della vertenza; b) che dovevano essere applicati i parametri minimi per effetto della speciale semplicità dell'affare ordinariamente introdotto attraverso la compilazione di formulari, della speditezza del rito camerale seguito, del non particolare pregio dell'attività prestata; e) che doveva essere esclusa ogni liquidazione per la fase istruttoria, in quanto non effettivamente svolta, alla stregua del disposto di cui all'art. 4, quinto comma, lettera e), ultimo inciso, del d.m. n. 55/2014.
5.- Avverso il decreto d'appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato a un unico motivo, A.G.. Ha resistito con controricorso l'intimato Ministero della Giustizia.
6.- La ricorrente ha presentato memoria.
Motivi della decisione
1- Con l'unico motivo proposto la ricorrente lamenta, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 91 c.p.c., 2233, secondo comma, c.c. e dei d.m. n. 55/2014 e n. 37/2018, per avere la Corte d'appello erroneamente escluso la liquidazione dei parametri minimi, sia nell'originario giudizio di merito sia nel giudizio riassunto, con riferimento alla fase di trattazione/istruzione. In proposito, la ricorrente deduce che il decreto della Corte di merito non avrebbe tenuto conto dell'attività svolta, consistente nell'esame degli scritti difensivi e documenti delle altre parti, attività ricadente nella fase di trattazione/istruzione
1.1.- Il motivo è fondato. Secondo il consolidato orientamento nomofilattico, va ordinariamente riconosciuto il compenso per la fase di trattazione/istruzione anche nei giudizi di equa riparazione, atteso che la fase di trattazione è normalmente ineludibile, salvo che non si dia specifica contezza dell'eccezionale integrazione di un'ipotesi di mancato svolgimento della fase di trattazione/istruzione ai sensi dell'art. 4, quinto comma, lettera e), ultimo inciso, del d.m. n. 55/2014, ossia allorché si precisi che non ricorra alcuna delle attività ivi elencate (Cass. Sez. 6-2, Ordinanza n. 164 del 05/01/2022; Sez. 6-2, Ordinanza n. 38509 del 06/12/2021; Sez. 6-2, Ordinanza n. 38505 del 06/12/2021; Sez. 6-2, Ordinanza n. 38477 del 06/12/2021; Sez. 6-2, Ordinanza n. 38475 del 06/12/2021; Sez. 6-2, Ordinanza n. 38474 del 06/12/2021; Sez. 6-3, Ordinanza n. 21743 del 27/08/2019; Sez. 6-3, Ordinanza n. 31559 del 03/12/2019; Sez. 6-3, Ordinanza n. 31558 del 03/12/2019; Sez. 6-3, Ordinanza n. 31557 del 03/12/2019). Segnatamente, ai sensi della richiamata lettera e), rientrano nella fase istruttoria: le richieste di prova, le memorie illustrative o di precisazione o integrazione delle domande o dei motivi d'impugnazione, eccezioni e conclusioni, l'esame degli scritti o documenti delle altre parti o dei provvedimenti giudiziali pronunciati nel corso e in funzione dell'istruzione, gli adempimenti o le prestazioni connesse ai suddetti provvedimenti giudiziali, le partecipazioni e assistenze relative ad attività istruttorie, gli atti necessari per la formazione della prova o del mezzo istruttorio anche quando disposto d'ufficio, la designazione di consulenti di parte, l'esame delle corrispondenti attività e designazioni delle altre parti, l'esame delle deduzioni dei consulenti d'ufficio o delle altre parti, la notificazione delle domande nuove o di altri atti nel corso del giudizio compresi quelli al contumace, le relative richieste di copie al cancelliere, le istanze al giudice in qualsiasi forma, le dichiarazioni rese nei casi previsti dalla legge, le deduzioni a verbale, le intimazioni dei testimoni, comprese le notificazioni e l'esame delle relative relate, i procedimenti comunque incidentali comprese le querele di falso e quelli inerenti alla verificazione delle scritture private. La previsione aggiunge che, al fine di valutare il grado di complessità della fase, rilevano, in particolare, le plurime memorie per parte, necessarie o autorizzate dal giudice, comunque denominate ma non meramente illustrative, ovvero le plurime richieste istruttorie ammesse per ciascuna parte e le plurime prove assunte per ciascuna parte. In ultimo, la norma precisa che la fase rileva ai fini della liquidazione del compenso quando effettivamente svolta. Senonché sia nell'originario giudizio di merito sia nel giudizio di rinvio vi è stata inevitabilmente la disamina da parte della ricorrente quantomeno degli scritti difensivi della controparte e dei provvedimenti giudiziali adottati, benché essi non prefigurassero la necessità di procedere all'istruzione. Ne consegue che le deduzioni della ricorrente colgono nel segno, atteso che il Ministero della Giustizia si è costituito nel giudizio di merito e nel giudizio di rinvio e che, ai sensi dell'art. 4, quinto comma, lettera e), del d.m. n. 55/2014, nella fase istruttoria rientra anche l'esame degli scritti o documenti delle altre parti (Cass. Sez. 6-2, Ordinanza n. 2308 del 06/02/2015). Pertanto, in materia di spese di giustizia, la trattazione del processo, che si traduca, nei termini anzidetti, nell'esame degli scritti avversari e dei provvedimenti giudiziali emessi, anche in assenza di istruzione probatoria, legittima il diritto al compenso della relativa fase (Cass. Sez. 6-2, Ordinanza n. 34575 del 16/11/2021; Sez. 6-3, Ordinanza n. 20993 del 02/10/2020; Sez. 6-2, Ordinanza n. 4698 del 18/02/2019).
2.- Il ricorso deve, dunque, essere accolto. Alla cassazione del decreto impugnato segue la decisione nel merito, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, ai sensi dell'art. 384, secondo comma, c.p.c. Infatti, qualora sia impugnato per cassazione il quantum della liquidazione delle spese compiuta dal giudice di merito, e non siano necessari accertamenti di fatto, alla luce del principio di economia processuale e di ragionevole durata del processo, di cui all'art. 111 Cost., che impone di non trasferire una causa dall'uno all'altro giudice quando il giudice rinviante potrebbe da sé svolgere le attività richieste al giudice cui la causa è rinviata, è consentito alla Corte decidere la causa nel merito ex art. 384 c.p.c., liquidando le spese non solo del giudizio di legittimità, ma anche dei gradi di merito, in quanto sarebbe del tutto illogico imporre il giudizio di rinvio, al solo fine di provvedere ad una liquidazione che, in quanto ancorata a parametri di legge, ben può essere direttamente compiuta dal giudice di legittimità (Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 31935 del 05/11/2021; Sez. L, Sentenza n. 14199 del 24/05/2021; Sez. L, Sentenza n. 14199 del 24/05/2021; Sez. L, Sentenza n. 211 del 11/01/2016; Sez. L, Sentenza n. 26012 del 29/12/2015; Sez. 3, Sentenza n. 1761 del 28/01/2014; Sez. L, Sentenza n. 12856 del 28/12/1998). Pertanto, il Ministero della Giustizia deve essere condannato alla refusione, in favore della ricorrente, oltre che dei compensi già liquidati nell'originario giudizio di merito e nel giudizio riassunto, anche dell'ulteriore voce, per ognuno di tali giudizi, ascrivibile allo svolgimento della fase di trattazione/istruzione, secondo il paramento minimo tariffario previsto dalla tabella n. 12 allegata al d.m. n. 55/2014, come aggiornata dal d.m. n. 37/2018, entro lo scaglione compreso tra euro 1.100,01 ed euro 5.200,00, per un importo di euro 283,50 cadauno. Sicché i compensi complessivi dovuti per ognuno dei due citati giudizi ammontano ad euro 1.198,50, oltre esborsi come liquidati e accessori come per legge, con distrazione in favore dei difensori antistatari. Le spese del presente procedimento seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo, con applicazione dei parametri di cui alla tabella n. 13 allegata al d.m. n. 55/2014, relativi allo scaglione compreso tra euro 0,01 ed euro 1.100,00, alla stregua del valore della controversia antistatari.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione, cassa e, decidendo nel merito, condanna il Ministero della Giustizia alla refusione, in favore della ricorrente, dei compensi dei due giudizi di merito, che liquida per ogni giudizio, in complessivi euro 1.198,50, oltre esborsi come liquidati e accessori come per legge, con distrazione a beneficio dei difensori anti statari. Condanna il controricorrente alla refusione, in favore della ricorrente, delle spese del presente procedimento, che si liquidano in complessivi euro 600,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre accessori come per legge, con distrazione a beneficio dei difensori antistatari.