Home
Network ALL-IN
Quotidiano
Specializzazioni
Rubriche
Strumenti
Fonti
1 giugno 2022
La tettoia abusiva sfruttata come terrazzo da un condomino deve essere demolita

L'impresa proprietaria del solaio si autodenuncia ma l'abuso edilizio ha giovato ad alcuni condomini, soprattutto all'inquilina del piano di sopra, che perciò si oppongono. L'opera va comunque demolita.

La Redazione
Nel 2001 la società proprietaria di alcuni immobili di un edificio, in accordo con altri condomini ma senza acquisire titolo abilitativo, effettuava lavori di consolidamento di una copertura in lamiera sulla chiostra interna del primo piano, destinata a proteggere gli impianti di riscaldamento/raffreddamento degli uffici ospitati, rendendola praticabile, per poterla pulire e manutenere, mediante accesso dall'abitazione posta al piano secondo. Successivamente, dato che il solaio abusivo impediva all'altro appartamento del primo piano di prendere aria e luce dalla chiostra, l'azienda procedeva con l'autodenuncia al Comune, il quale ne ordinava la demolizione. La condomina del secondo piano, insieme ad altri, ritenendosi interessati alla conservazione dell'opera, proponevano istanza di accertamento di conformità in sanatoria ma il Comune rilevava la carenza di legittimazione in capo ad essi, riconoscendo l'esclusiva proprietà del bene all'impresa.
 
Avverso tale provvedimento, gli interessati propongono ricorso innanzi al TAR Toscana censurando, tra più motivi, la decisione dell'Ente poiché il solaio, poggiando sulle pareti interne perimetrali della chiostra, sarebbe di proprietà condominiale. Nello specifico, secondo essi, della donna in quanto spazio aperto al quale si accede esclusivamente dal suo appartamento e di cui costituisce la materiale continuazione, priva di copertura.
 
La Sezione Terza, in risposta alla censura, rigetta il ricorso con sentenza n. 606 del 3 maggio 2022, rilevando che i ricorrenti non hanno fornite prove tali da ingenerare almeno un dubbio circa proprietà del solaio in capo all'azienda.
 
Va infatti osservato che dai documenti disponibili (atto di compravendita e piano catastale) la chiostra interna, sopra i locali del piano terreno e confinante con il vano scale condominiale, è di esclusiva pertinenza dell'appartamento di proprietà della persona giuridica. Nello stesso negozio di compravendita dell'immobile sito al secondo piano si riconosce alla donna esclusivamente un «diritto d'uso gratuito e precario della chiostra interna, di proprietà di terzi sovrastante i locali del piano terreno, accessibile dall'immobile compravenduto». Sulla base di ciò, è evidente che l'opera non è stata realizzata dall'azienda per garantire l'accesso e il godimento personale del solaio alla condomina del secondo piano, bensì in funzione di copertura delle sottostanti attrezzature aziendali. 
 
Ancora, la porta finestra che garantiva un più agile accesso al solaio e, di conseguenza, l'utilizzo di esso come terrazza pertinenziale dell'appartamento posto al secondo piano, risulta essere stata realizzata per iniziativa della condomina senza specifica autorizzazione e senza l'attribuzione di un titolo giuridicamente rilevante. A nulla rileva, inoltre, che il solaio sia ancorato alle mura perimetrali interne alla chiostra, di proprietà condominiale, e che i condomini possano avere in qualche misura concorso alla realizzazione dell'abuso, tollerandolo. Trattasi di presupposti insufficienti per escludere la proprietà dell'opera in capo all'impresa e il diritto di questa di demolirlo.