L'impresa proprietaria del solaio si autodenuncia ma l'abuso edilizio ha giovato ad alcuni condomini, soprattutto all'inquilina del piano di sopra, che perciò si oppongono. L'opera va comunque demolita.
TAR Toscana, sez. III, sentenza (ud. 22 febbraio 2022) 3 maggio 2022, n. 606
Svolgimento del processo / Motivi della decisione
1. I sig.ri G.T., L.T. e F.T., quest'ultima in proprio e in qualità di legale rappresentante della ditta Im. s.a.s., sono proprietari di quattro unità immobiliari facenti parte di un fabbricato posto nel Comune di (F.), in Via (F.).
L'appartamento di mq 489 posto al piano terreno e una porzione del piano primo del fabbricato, occupati da un istituto bancario, sono di proprietà della società IM..
Sulla chiostra interna, posta al livello del primo piano, utilizzata come locale macchine per il riscaldamento/raffreddamento degli uffici dell'istituto bancario, insisteva originariamente
una copertura in lamiera di natura precaria, destinata a proteggere i suddetti impianti dalla sporcizia e dalle intemperie.
Nel 2001, in accordo con gli altri condomini, ma senza acquisire alcun titolo abilitativo, la società IM. ha effettuato lavori di consolidamento di tale copertura, rendendola praticabile, per poterla pulire e manutenere, mediante accesso dall'appartamento posto al piano secondo, di proprietà della società F. e poi venduto, nel 2013, alla sig.ra F.T..
Considerata la situazione di abusività del solaio e tenuto conto che lo stesso impediva all'altro immobile posto al primo piano, di proprietà del sig. Ch., di prendere aria e luce dalla chiostra, la società IM. ha manifestato l'intenzione di provvedere alla rimozione dell'opera e a tal fine, stante l'opposizione manifestata dai sig.ri To., ha presentato autodenuncia al Comune.
L'amministrazione, quindi, con ordinanza n. 6 del 15 gennaio 2016, ha accertato che le modifiche al solaio originario erano state realizzate senza il rilascio dei titoli edilizi necessari e ha ordinato la demolizione dell'opera alla società IM. e alla sig.ra F.T., proprietaria dell'appartamento posto al piano secondo.
Quest'ultima, assieme agli altri condomini, odierni ricorrenti, ritenendo di avervi titolo ed essendo interessata alla conservazione del solaio calpestabile realizzato, ha presentato istanza di accertamento di conformità in sanatoria, evidenziando peraltro che l'intervento sarebbe stato da ricondurre ad un'ipotesi di manutenzione straordinaria - passibile di sanzione pecuniaria e non di demolizione e che, in caso di demolizione del solaio, si sarebbero generati problemi di tenuta statica per l'intero fabbricato.
Al rilascio del provvedimento di sanatoria si è opposta invece la società IM., evidenziando, in sede procedimentale, di avere l'esclusiva proprietà del solaio da demolire e di essere quindi l'unico soggetto legittimato a chiedere l'eventuale regolarizzazione postuma dell'opera abusiva.
Il Comune, senza esaminare la pratica nel merito, con provvedimento del 27 novembre 2017, notificato a mezzo pec in data 28 novembre 2017, ha rigettato l'istanza presentata dai ricorrenti, sul presupposto che la sola ed esclusiva proprietaria del bene da demolire fosse la società IM. e che gli altri condomini non fossero perciò legittimati a presentare la richiesta di regolarizzazione.
2. Avverso detto provvedimento sono insorti gli odierni ricorrenti.
I) Con il primo motivo di ricorso essi lamentano la violazione e falsa applicazione dell'art. 209 della L.R.T. n. 1/2005 e dell'art. 36 del d.P.R. n. 380/2001, oltreché l'eccesso di potere per erronea e insufficiente motivazione.
I ricorrenti ritengono che, in base alle disposizioni citate, l'istanza di accertamento di conformità in sanatoria possa essere presentata sia dal proprietario del bene, sia dal responsabile dell'abuso, da intendersi non solo come il materiale esecutore dell'intervento, ma anche come colui che ha la materiale disponibilità del bene abusivo al momento dell'emissione della misura sanzionatoria; i ricorrenti, pur non avendo materialmente posto in essere il solaio, sarebbero, quanto meno, corresponsabili dell'abuso, perché non hanno impedito alla IM. di edificarlo e ancorarlo alle pareti perimetrali di proprietà condominiale e perché se ne sono comunque avvalsi.
II) Con la seconda censura vengono denunciati i vizi di eccesso di potere per difetto di istruttoria, travisamento dei fatti, contraddittorietà manifesta e difetto e contraddittorietà nella motivazione, oltre alla violazione delle norme del codice civile in materia di condominio, poiché il Comune avrebbe errato nel ritenere il solaio di proprietà della società IM. e nel negare la legittimazione dei ricorrenti alla presentazione dell'istanza di sanatoria.
Da un lato, infatti, la rappresentazione catastale della corte come parte dell'immobile di proprietà della società IM. non avrebbe valore probatorio vincolante; dall'altro lato, il contratto di acquisto dell'unità immobiliare di IM. farebbe riferimento soltanto allo spazio della corte interna sovrastante il piano terreno e confinante con il vano scale, senza prevedere alcunché in ordine alla proprietà della copertura apposta a chiusura e protezione di tale spazio.
Detto solaio, secondo parte ricorrente, rientrerebbe piuttosto nell'esclusiva proprietà della sig.ra F.T., in quanto spazio aperto al quale si accede esclusivamente dal suo appartamento e di cui costituisce la materiale continuazione, priva di copertura.
D'altra parte, sarebbe stato lo stesso Comune a legittimare la sig.ra F.T. alla presentazione dell'istanza di sanatoria, nel momento in cui le ha ingiunto la rimozione del manufatto, assieme alla società IM..
Infine, i ricorrenti evidenziano che il solaio poggia sulle pareti interne perimetrali della chiostra, di proprietà condominiale, e che - essendo stato realizzato per consentirne la pulizia e la manutenzione - sarebbe comunque posto al servizio dell'intero condominio, se non addirittura di proprietà condominiale.
In forza delle suddette circostanze, contrariamente a quanto affermato dal Comune, la sig.ra F.T. e gli altri ricorrenti avrebbero piena legittimazione a presentare l'istanza di accertamento di conformità in sanatoria.
III) Con il terzo motivo di ricorso i ricorrenti deducono la violazione e falsa applicazione degli artt. 200 e 206 e della L.R.T. n. 65/2014, oltre alla mancata decisione su punti essenziali dell'istanza e al difetto assoluto di motivazione e di istruttoria, poiché il Comune non avrebbe tenuto conto del fatto che l'intervento realizzato costituiva il mero consolidamento di un solaio preesistente ancorato alle pareti perimetrali dell'edificio ed era pertanto qualificabile come manutenzione straordinaria che, in caso di mancata acquisizione del titolo autorizzatorio, può comportare l'irrogazione di una sanzione pecuniaria e non la rimozione dell'opera.
3. Il Comune di (F.), seppure ritualmente evocato in giudizio, non si è costituito. Si è costituita invece la controinteressata IM., chiedendo il rigetto del gravame.
4. In vista dell'udienza di trattazione del ricorso nel merito, le parti costituite si sono scambiate memorie conclusionali e di replica, insistendo nelle rispettive tesi difensive.
5. All'esito dell'udienza pubblica del 22 febbraio 2022, sentite le parti come da verbale, la causa è stata trattenuta per la decisione.
6. Le censure, che possono essere esaminate congiuntamente per ragioni di connessione, sono infondate.
Va innanzi tutto precisato che sfugge alla giurisdizione del giudice amministrativo adito l'accertamento della proprietà del solaio di cui il Comune ha ordinato la rimozione, trattandosi evidentemente di una questione che rientra nella giurisdizione del giudice ordinario, dinanzi al quale dovranno essere promosse o proseguite le relative iniziative giudiziarie.
Del resto, giova rammentare che nell'ambito del procedimento per il rilascio di un titolo edilizio (anche in sanatoria, come nel caso di specie), l'amministrazione non è tenuta ad approfondire ogni singolo aspetto astrattamente idoneo a riflettersi sull'accertamento del regime proprietario dell'immobile.
L'amministrazione ha il dovere di svolgere un'istruttoria adeguata, volta a verificare la sussistenza di un collegamento soggettivo qualificato tra chi propone l'istanza e il bene oggetto dell'autorizzazione.
Per tale ragione, come più volte ripetuto dalla giurisprudenza, il potere di verifica del titolo legittimante non impone all'amministrazione di svolgere complessi e laboriosi accertamenti, diretti a ricostruire tutte le vicende riguardanti l'immobile considerato, al fine di accertare ogni aspetto potenzialmente idoneo ad incidere sul regime dominicale di esso (Cons. Stato, sez. IV, 23 maggio 2016 n. 6312; Cfr. anche Cons. Stato, sez. IV, 12 marzo 2007, n. 1206); né tale accertamento può essere effettuato in questa sede, ove l'oggetto del giudizio è la legittimità del provvedimento di diniego del condono e, più precisamente, il controllo della valutazione operata dall'amministrazione nell'accertamento del titolo legittimante la domanda di condono (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 16 novembre 2020, n. 7061).
In questa sede, pertanto, il Collegio si limiterà a verificare la legittimità del provvedimento amministrativo di diniego impugnato, tenendo conto delle evidenze documentali e probatorie prodotte dalle parti in sede procedimentale e nel presente giudizio.
Ebbene, alla luce delle precisazioni sopra riportate, non appare censurabile la valorizzazione degli elementi probatori raccolti dal Comune, che hanno portato ad escludere la legittimazione dei soggetti che hanno richiesto il rilascio del titolo edilizio in sanatoria.
Le prove fornite, invero, portano a ritenere che la proprietà del solaio realizzato nel 2001 a copertura dello spazio sottostante alla chiostra sia di proprietà della società IM. e che la sig.ra F.T. e gli altri ricorrenti siano invece privi di un titolo idoneo ad impedire la rimozione del manufatto abusivamente realizzato, previo rilascio del titolo sanante.
La società IM., in particolare, ha fornito al Comune l'atto di compravendita del 26 novembre 1999 e la documentazione catastale, dai quali risulta che la chiostra interna, sovrastante ai locali del piano terreno e confinante con il vano scale condominiale, è di esclusiva pertinenza dell'appartamento di proprietà della controinteressata (cfr. docc. 3 e 4 della controinteressata).
A quanto precede si aggiunga che la costruzione del nuovo solaio calpestabile è avvenuta nel 2001, a cura e spese di IM. (cfr. doc. 7 della controinteressata), al fine di consentire, da una parte, la copertura delle apparecchiature tecniche collocate nella chiostra di proprietà di IM., poste al livello del primo piano, e dall'altra la pulizia e la manutenzione della copertura medesima.
Ciò si evince dalla nota del 2 novembre 2001, con cui il tecnico della IM., all'epoca della realizzazione del manufatto, ha affermato che "Dopo aver dato l'assenso alla sostituzione della tettoia della chiostra, l'arch. To. Fe., comproprietaria dell'immobile, ha chiesto di realizzare la copertura con solaio praticabile. Ha giustificato la nuova costruzione, con la possibilità di effettuare la pulizia della copertura, altrimenti difficile su di una tettoia. La terrazza non sarebbe comunque direttamente accessibile dalla proprietà To., ma solo scavalcando il parapetto della finestra della Loro abitazione. Tutte le spese esuberanti quanto occorrenti per la tettoia (preventivata in L.10.000.000) se le assumerebbero i To." (cfr. doc. 6 della controinteressata).
Peraltro, secondo il progetto originario, l'accesso alla copertura calpestabile, finalizzato a consentirne la manutenzione e la pulizia, doveva avvenire attraverso una finestra presente nell'appartamento della sig.ra To.; mentre la porta finestra - che ha consentito un più agevole accesso al solaio e, di conseguenza, l'utilizzo di esso come terrazza pertinenziale dell'appartamento posto al secondo piano - risulta essere stata realizzata per iniziativa e a cura della sig.ra F.T., senza specifica autorizzazione e senza l'attribuzione di un titolo giuridicamente rilevante all'utilizzo esclusivo della copertura.
Al contrario, nell'atto compravendita stipulato nell'anno 2013 tra la società e la sig.ra F.T., si riconosce all'acquirente esclusivamente un "... diritto d'uso gratuito e precario della chiostra interna, di proprietà di terzi sovrastante i locali del piano terreno, accessibile dall'immobile compravenduto", escludendosi perciò - testualmente - la sussistenza di un titolo qualificato rispetto alla chiostra e al solaio di cui si controverte, che ne costituisce la relativa copertura (cfr. doc. 5 della controinteressata).
Da tanto si evince che l'opera non è stata realizzata, a cura e spese di IM., per consentire l'accesso e il godimento personale del solaio alla sig.ra To., bensì in funzione di copertura delle sottostanti attrezzature della società controinteressata, mediante un manufatto che potesse, al contempo, essere mantenuto pulito.
A fronte degli elementi appena evidenziati, il fatto che la sig.ra To. Fe. abbia usato il solaio come terrazza pertinenziale del proprio appartamento non basta a configurare un diritto di proprietà esclusivo in capo alla stessa.
Così come, il fatto che il solaio sia ancorato alle mura perimetrali interne alla chiostra, di proprietà condominiale, e che i condomini possano avere in qualche misura concorso alla realizzazione dell'abuso (quanto meno tollerandolo) non vale ad escludere la proprietà del solaio stesso in capo alla IM. e il diritto di quest'ultima di demolirlo.
In conclusione, i ricorrenti, non hanno fornito elementi sufficienti ad ingenerare, quanto meno, un dubbio rilevante e significativo in ordine alla proprietà del solaio in capo alla società IM., tale da imporre all'amministrazione lo svolgimento di ulteriori approfondimenti istruttori.
E dunque il Comune, a fronte dei dati probatori forniti dalla società IM., con provvedimento che non appare inficiato dai denunciati vizi di difetto di istruttoria ed erroneità dei presupposti, ha legittimamente rigettato l'istanza di accertamento di conformità in sanatoria presentata dai ricorrenti, che non hanno titolo per opporsi alla volontà del proprietario del bene abusivo che intenda provvedere alla sua rimozione.
A tale ultimo proposito, infatti, va precisato che la legge e la giurisprudenza consentono che l'istanza di sanatoria sia presentata dal proprietario dei beni interessati dall'abuso, dagli autori dello stesso o dai soggetti che abbiano una relazione qualificata con il bene; tuttavia, ciò non significa che l'opera illegittima possa essere mantenuta senza il consenso, e addirittura contro il volere, del proprietario, che è e rimane l'esclusivo titolare del potere di disposizione del bene, fatto salvo - naturalmente - l'eventuale risarcimento del danno subito dai terzi che vantino diritti reali o di godimento destinati a rimanere frustrati dalla soppressione del bene stesso (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 16 novembre 2020, n. 7061 cit.).
I ricorrenti, dunque, in presenza di una formale opposizione della società IM., non possono ritenersi legittimati a presentare l'istanza di sanatoria del solaio per ottenerne la regolarizzazione ex post e la conservazione, in luogo della demolizione; e ciò indipendentemente dalla qualificazione urbanistico-edilizia dell'intervento.
7. Visto quanto precede, il ricorso è infondato e va respinto, con assorbimento di ogni ulteriore profilo di censura.
8. Le spese del giudizio devono essere liquidate a favore della controinteressata, secondo il criterio della soccombenza, nella misura indicata nel dispositivo.
Nulla è invece dovuto per le spese nei confronti del Comune di (F.), non costituito in giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese di lite a favore della società controinteressata IM. S.p.A., liquidandole in complessivi euro 3.000,00 (tremila/00), oltre oneri accessori come per legge.