Svolgimento del processo
1. Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte di appello di Brescia riformava parzialmente - quanto alla pena che riduceva ad anni cinque di reclusione - la sentenza del Tribunale di Cremona del 22 dicembre 2020 che aveva condannato l'imputata B. L. C. per i reati di maltrattamenti in famiglia, di calunnia e di sottrazione all'estero di figli minorenni.
In particolare, alla imputata era stato contestato il reato di cui agli artt. 572, 61-quinquies cod. pen. per aver maltrattato dall'agosto 2017 con condotta perdurante la figlia minore, nata il 29 giugno 2011, costringendola a disegnare sé stessa ed il padre in atteggiamenti sessuali, ripetendole ossessivamente che il padre e la nonna paterna compivano su di lei atti sessuali, istruendola sulla narrazione di atti sessuali da riferire alla p.g. e ai consulenti, conducendola in Romania, così da cagionarle una sindrome da alienazione parentale e alterando il suo normale sviluppo della sfera emotiva e sessuale (capo A); del reato di cui agli artt. 81 e 368 cod. pen. per aver, con la richiesta all'ospedale di visitare la figlia in ordine a presunti abusi sessuali e con le sommarie informazioni testimoniali rese alla P.S. nell'agosto 2017, incolpato falsamente il padre della bambina di reati sessuali in danno di quest'ultima (capo B); nonché del reato di cui all'art. 574-bis cod. pen. per aver sottratto dal 10 ottobre 2018 con condotta perdurante le due figlie minori al padre, unico esercente la responsabilità genitoriale, conducendole contro la volontà di quest'ultimo in Romania (capo C).
2. Avverso la suddetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l'imputata, denunciando, a mezzo di difensore, i motivi di seguito enunciati nei limiti di cui all'art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Violazione di legge in relazione all'art. 178, lett. c) cod. proc. pen. e seguenti articoli, per la mancata partecipazione dell'imputata.
Si eccepisce la nullità di entrambe le sentenze di merito.
La imputata aveva chiesto di partecipare personalmente alle udienze del 12 maggio e 16 giugno 2020 (in cui si dovevano escutere i testimoni) e non dava il suo consenso a partecipare da remoto.
La questione di nullità è stata eccepita subito dal difensore.
La Corte di appello ha reiterato l'errore interpretativo del primo giudice, dimenticando quanto dispone il comma 12-bis dell'art. 83 d.l. n. 18 del 2020, come modificato dal d.l. n. 28 del 2020, che ha introdotto una deroga alla partecipazione in modalità da remoto.
In ogni caso, la Corte di appello ha anche travisato i dati processuali, quanto all'udienza del 12 maggio 2020, ritenendo erroneamente che dal verbale risultasse che l'imputata aveva rinunciato a comparire, quando invece la stessa aveva dichiarato di voler essere presente, non consentendo a partecipare in modalità da remoto.
2.2. Vizio di motivazione.
Si contesta la motivazione sulla ritenuta responsabilità, basata in primo grado sulla narrazione della bambina, all'epoca dell'età di cinque anni e ritenuta non affidabile come teste dalle psicologhe incaricate come consulenti tecnici del P.M., in quanto dipendente e non in grado di percepire i ricordi degli eventi che l'avevano riguardata.
La Corte di appello non ha superato le obiezioni difensive sull'affidabilità delle sue dichiarazioni, ritenendo inoltre non necessaria una perizia sulla capacità a testimoniare della minore.
Vi erano invece tutti gli elementi che rendevano necessario questo approfondimento istruttorio, soprattutto considerando che la Corte di appello ha operato un frazionamento nel raccorto tra circostanze affidabili e quelle frutto di contaminazione "patologica" della minore dalla madre.
Questo aspetto andava approfondito ancor prima di escutere la minore, visto che la bambina si era trovata tra due fuochi incrociati: prima nell'ambiente materno e poi l'influenza paterna, una volta prelevata in Romania in modo traumatico dalla polizia e catapultata in un ambiente ostile alla madre, stante le pregresse denunce da questa effettuate.
Va poi considerato che la narrazione dei fatti in dibattimento da parte della bambina è ben diversa e maggiormente ostile verso la madre che l'avrebbe maltrattata (circostanza questa non riferita in precedenza).
Non è stata inoltre sentita l'altra bambina.
Quanto poi al dolo della imputata nel denunciare gli abusi ad opera del padre della bambina, non sono state valutate le dichiarazioni sia della figlia maggiorenne sia del legale, che rivelavano come non vi fosse alcuna volontà calunniatoria.
La valutazione della personalità effettuata dal dott. Albonetti rivela che l'imputata sia un soggetto labile e suggestionabile. Quindi lungi dall'alterare la realtà, l'imputata si è piuttosto fortemente preoccupata per la situazione emersa. Sono stati svalorizzati immotivatamente gli elementi a favore della imputata, come la testimonianza della prima figlia.
Distonica ad un quadro di maltrattamenti è la testimonianza delle psicologhe e delle maestre che riferiscono di bambine pulite, ordinante e ben seguite nei compiti scolastici.
Nell'imputazione non si fa cenno a maltrattamenti fisici. La bambina non aveva mai fatto cenno ad essi prima della escussione dibattimentale, pur risultando per un minore tali accadimenti di immediata percezione rispetto alle pressioni psicologiche.
2.3. Violazione dell'art. 2 cod. pen.
È stata erroneamente applicata la nuova e più grave disciplina sanzionatoria dell'art. 572 cod. pen. introdotta dalla novella della I. n. 69 del 2019, perché si è qualificata come condotta maltrattante anche il trattenimento della bambina all'estero.
Tale condotta, già sanzionata ai sensi dell'art. 574-bis cod. pen., non può essere ritenuta di per sé una condotta di maltrattamento, senza accertare le conseguenze che la stessa ha avuto sulla minore.
2.4. Mancanza di motivazione sul diniego delle attenuanti generiche.
La motivazione sul punto stride con i dati raccolti di segno positivo (così la corretta condotta processuale, lo stato psicologico che dimostrava una buona fede nell'agire).
3. La parte civile ha presentato una memoria, con cui chiede la declaratoria di inammissibilità del ricorso, con conferma delle statuizioni civili e penali della sentenza impugnata.
Motivi della decisione
1. Il ricorso è fondato solo nei limiti di seguito indicati, risultando per il resto i motivi proposti infondati e a tratti anche inammissibili.
2. Il primo motivo è all'evidenza infondato.
Risulta che l'imputata, all'epoca del primo grado, era sottoposta alla misura cautelare della custodia in carcere in relazione al presente procedimento e aveva chiesto di partecipare "personalmente" alle udienze dibattimentali e non da remoto, e che al rigetto della richiesta aveva rinunciato al collegamento da remoto. Correttamente i Giudici di appello hanno ritenuto applicabile alla richiesta formulata dall'imputata il comma 12 dell'art. 83 d.l. n. 18 del 2020, conv. nella I.
n. 27 del 2020 e non il comma 12-bis del medesimo articolo.
Infatti, il comma 12 cit. prevedeva che dal 9 marzo 2020 al 30 giugno 2020 (ovvero nel periodo in cui si erano tenute le udienze in questione), la partecipazione a qualsiasi udienza delle "persone detenute, internate o in stato di custodia cautelare" dovesse essere assicurata, ove possibile, solo mediante videoconferenze o con collegamenti da remoto, applicate, in quanto compatibili, le disposizioni di cui ai commi 3, 4 e 5 dell'articolo 146-bis del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271. Quindi per le persone che si trovano in detto stato (come lo era la ricorrente), l'unica forma di partecipazione all'udienza era quella da "remoto" e la rinuncia tale forma di partecipazione veniva a costituire rinuncia a partecipare al dibattimento.
Il comma 12-bis cit. si applicava, come prevede chiaramente l'incipit, solo nei restanti casi.
3. Il secondo motivo declina censure che in larga parte attengono al merito della valutazione delle fonti di prova, replicando anche graficamente le critiche versate nell'appello, e che comunque sono prive di fondamento.
Quanto in particolare alla richiesta di perizia sulla capacità a testimoniare della minore, di tale richiesta non vi è traccia nelle richieste dell'appello.
In ordine alla valutazione di tale capacità, la Corte di appello ha risposto adeguatamente sul punto e il difensore lungi del correlarsi con tali argomentazioni, replica aspecificatamente le censure di appello.
Le osservazioni delle psicologiche, riportate dal difensore, si riferivano invero al giudizio espresso da costoro nel procedimento penale aperto a carico del padre per i presunti abusi sessuali nei confronti della bambina e si riferivano proprio alla narrazione "contaminata" della bambina ad opera della madre in ordine a detti abusi e non riguardavano quindi la generale capacità di testimoniare della minore. Le stesse consulenti avevano infatti riferito che la bambina, una volta non più convivente con la madre e distante da quel contesto familiare, aveva maturato un distacco dalla madre e una maggiore consapevolezza degli avvenimenti e comunque era riscontrabile il solo ascendente sulla minore "adultizzata" da parte della madre che cercava con la minore un inappropriato rapporto di complicità.
La Corte di appello ha anche analizzato l'intrinseca coerenza del racconto della minore reso in dibattimento, che rivelava come la stessa avesse potuto elaborare anche eventi traumatici di difficile interpretazione.
La Corte di appello ha poi ampiamente affrontato, con motivazione immune da vizi rilevabili in questa sede, la questione della attendibilità della minore. Tale tema va distinto da quella della capacità a testimoniare. La difesa opera invece una generica sovrapposizione tra i due piani, replicando in modo aspecifico e astratto le critiche di appello rispetto a quanto accertato dai Giudici di appello (così in ordine all'audizione dell'altra sorella minore, cfr. pag. 26; in ordine alla tipologia dei maltrattamenti, cfr. pag. 26; in ordine alle testimonianze" a favore", cfr. pag.
27 e 28 e 29).
Sul punto del dolo, la difesa articola critiche generiche e aspecifiche: i Giudici di appello hanno accertato come fosse emersa la preordinazione della imputata a costituire prove contro l'imputato.
4. Non può essere accolto l'ultimo motivo sulle attenuanti generiche, non essendo riscontrabili vizi giuridici o di manifesta illogicità nella motivazione della sentenza impugnata quanto al loro diniego, avendo la Corte di appello puntualmente risposto ai rilievi sollevati con l'appello. La difesa in questa sede ripercorre questioni nella ricostruzione della vicenda che la sentenza impugnata ha adeguatamente affrontato.
5. E' fondato invece è il terzo motivo.
La Corte di appello ha ritenuto che la sottrazione della minore e il suo trattenimento all'estero venisse nella specie a costituire una ulteriore condotta maltrattante di cui al capo A), protrattasi sino al 16 ottobre 2019, data dell'arresto dell'imputata in Romania a seguito di mandato di arresto europeo per questo procedimento.
Tale condotta avrebbe costituito per la minore una ulteriore vessazione di ordine morale, consistita nel suo sradicamento dal suo ambiente e dalla famiglia per essere trasferita in località estera.
In tale prospettiva la Corte di appello ha ritenuto, come già aveva fatto il primo giudice, che andasse applicata la cornice sanzionatoria più severa prevista per il reato di maltrattamenti dalla legge n. 69 del 2019. Nel rideterminare la pena, la Corte di appello è partita invero da una pena base per tale reato pari ad anni tre e mesi sei di reclusione.
La decisione della Corte di appello, quanto alla protrazione del reato di maltrattamenti, non appare corretta.
Il reato di maltrattamenti in famiglia può concorrere con quello di cui all'art. 574-bis cod.pen., in quanto quest'ultimo reato, quandanche riguardi il medesimo minore, viene ad incriminare le specifiche condotte tipizzate di "abductio" e di trattenimento del minore al di fuori del territorio dello Stato, che determinino un impedimento all'esercizio della responsabilità genitoriale e costituiscano al contempo una preclusione per il figlio di mantenere la comunanza di vita con i genitori.
Il reato di cui all'art. 574-bis cod. pen. ha infatti natura plurioffensiva, in quanto offende le prerogative di colui che esercita sul minore la responsabilità genitoriale (il genitore o il tutore) e anche, attraverso l'impedimento delle relazioni con quest'ultimo e il suo allontanamento dall'ambiente di abituale dimora, il diritto del minore a vivere nel suo habitat naturale (Sez. 6, n. 8660 del 11/12/2018, dep. 2019, Rv. 275086).
Quindi, il vulnus che la condotta descritta nel reato di cui all'art. 574-bis cod. pen. determina sul minore sottratto o trattenuto all'estero - come sopra indicato
- di per sé, non può costituire, per il principio del ne bis in idem sostanziale, un'ulteriore offesa rilevante ai fini dell'art. 572 cod. pen.
Ne consegue che la sentenza impugnata deve essere annullata sul punto della determinazione del trattamento sanzionatorio, che dovrà essere oggetto di nuovo giudizio che si atterrà ai rilievi sopra indicati quanto all'epoca di protrazione della condotta maltrattante di cui al capo A).
6. Conclusivamente la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio limitatamente al trattamento sanzionatorio per nuovo giudizio sul punto.
Nel resto il ricorso va rigettato.
La disposizione annullata, in quanto afferente esclusivamente alla misura della pena, non incide sul giudizio di colpevolezza dell'imputata, che perciò dev'essere dichiarato definitivo, a norma dell'art. 624 cod. proc. pen.
Va infine disposta in questa sede la condanna della ricorrente (Sez. 4, n. 9208 del 15/01/2020, Rv. 278908) alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile, che sono liquidate come indicato nel dispositivo.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio e rinvia ad altra Sezione della Corte di appello di Brescia per nuovo giudizio sul punto.
Rigetta il ricorso nel resto.
Condanna, inoltre, l'imputata alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile, in questa fase, S. R. V., in proprio e quale esercente la responsabilità genitoriale nei confronti delle minori M. V. e G. V., che liquida in complessivi euro 3.510, oltre accessori di legge.
Visto l'art. 624 cod. proc. pen., dichiara irrevocabile la sentenza in ordine alla responsabilità di C. B. L..