Il beneficio previsto dall'art. 142 L. fall. non contrasta con la cd. Sesta Direttiva.
Con sentenza n. 18124 del 6 giugno 2022, la Cassazione rigetta il ricorso e afferma il seguente principio di diritto: «In tema di fallimento, l'esdebitazione del fallito di cui agli artt. 142 e 143 L. fall. è applicabile anche ai debiti IVA, non contrastando con l'art. 4, par. 3, TUE...
Svolgimento del processo
L'Agenzia delle Entrate ricorre per cassazione, sulla base di quattro motivi di censura, avverso la sentenza della CTR del Piemonte, che ne ha rigettato l'appello, confermando l'illegittimità di cartella di pagamento con cui è stato chiesto a (omissis) il versamento di somme a titolo di IVA e IRAP per l'anno di imposta 2003.
I giudici di merito hanno affermato che tali somme non sono dovute posto che (omissis) , socio accomandatario della fallita (omissis) (e fallito in proprio) ha ottenuto dal Tribunale di Mondovì un decreto di esdebitazione in data 14 aprile 2008.
La predetta persona fisica, in effetti, aveva ottenuto un decreto di esdebitazione in forza del quale era stato liberato dal complesso dei debiti residui (tra cui anche alcuni di natura fiscale) nei riguardi dei creditori concorsuali rimasti insoddisfatti dalla liquidazione fallimentare. Nondimeno, l'Agenzia delle Entrate, in seguito al decreto di esdebitazione, ha ritenuto di procedere, per il tramite di (omissis), a richiedere i versamenti dei tributi, perorandone l'esclusione dall'alveo del beneficio.
Nel presente giudizio di legittimità con controricorso.
(omissis) si è costituito
Con ordinanza n. 13542 del 2015, questa Corte ha chiesto alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea di pronunciarsi sul seguente quesito pregiudiziale: "L'articolo 4, paragrafo 3, TUE e gli articoli 2 e 22 della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, devono essere interpretati nel senso che essi ostano all'applicazione, in materia di imposta sul valore aggiunto, di una disposizione nazionale che prevede l'estinzione dei debiti nascenti dall’IVA in favore dei soggetti ammessi alla procedura di esdebitazione disciplinata dagli artt.142 e 143 del R.D. n.267/1942".
La causa pregiudiziale C-493/15 è stata definita dal giudice unionale con sentenza del 16 marzo 2017.
Motivi della decisione
Con il primo motivo di ricorso si contesta la violazione ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. dell'art. 142 L. fall., per avere la CTR ritenuto opponibile ai crediti tributari l'esdebitazione.
Con il secondo motivo di ricorso si denuncia la violazione ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., dell'art. 142, commi 1 e 3, L. fall., anche alla luce dell'art. 3 Cost., per avere la CTR trascurato la non ammissibilità costituzionale dell'opponibilità dell'esdebitazione anche ai debiti tributari.
Con Il terzo motivo di ricorso si censura la violazione e/o falsa applicazione ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. dell'art. 142, comma 3, L. fall., per avere la CTR annullato la cartella di pagamento anche in relazione alle somme dovute a titolo di sanzioni.
Con il quarto motivo di ricorso si censura la violazione e/o falsa applicazione ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.dell'art. 142, comma 3, L. fall., per avere la CTR annullato tout court la cartella esattoriale impugnata, anziché provveduto a "simulare" il piano di riparto che si sarebbe potuto redigere se l'amministrazione finanziaria si fosse insinuata al fallimento, determinando di conseguenza "l'eccedenza eventualmente colpita dall'effetto esdebitatorio".
I motivi sono suscettibili di trattazione unitaria per intima connessione, investendo da convergenti angolazioni il tema generale della compatibilità dell'esdebitazione ex art. 142 L. fall. con il diritto dell'unione in materia di debiti IVA.
La compatibilità è stata motivatamente sancita da Corte di Giust., raccolta Giust. UE, 16 marzo 2017, causa C-493/15, che ha risposto negativamente al quesito sottopostole da questa Corte, confermando la piena adattabilità dell'istituto nazionale al diritto unionale e, segnatamente, escludendo che l'esdebitazione s'infranga nell'art. 4, par. 3, TUE e negli artt. 2 e 22 della Direttiva o 77/388/CEE, cd. "Sesta Direttiva", in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati Membri relative alle imposte sulla cifra o di affari e di sistema comune di imposta sul valore aggiunto.
Nella pronuncia resa il 16 marzo 2017, nella causa C-493/15, la Corte di Giustizia richiama il noto precedente rappresentato dalla sentenza del 7 aprile 2016, Causa C-546/14, Degano Trasporti, in particolare rimarcando che la libertà degli Stati membri nell'utilizzare i mezzi a propria disposizione al fine di garantire il prelievo IVA nei rispettivi territori è limitata dall'obbligo di assicurare l'effettiva riscossione delle risorse proprie dell'Unione. Tuttavia, proprio su questa base il giudice europeo rileva che il quadro sovranazionale non osta alla declaratoria di inesigibilità dei debiti IVA correlata all'applicazione della normativa interna sull'esdebitazione del fallito persona fisica, essendo la concessione del beneficio ex art. 142 L. fall. sottoposta a condizioni rigorose.
L'istituto in parola, introdotto dal D.Lgs. n. 5 del 2006, poggia, infatti, su un severo complesso di requisiti soggettivi di meritevolezza, indicati al primo comma della norma, e reclama un presupposto oggettivo, contenuto nel suo secondo comma.
Sotto il primo aspetto, il perimetro del beneficio è circoscritto al solo fallito diligente e collaborativo, ossia al soggetto che in grado di vantare, ad ampio spettro, una "buona condotta". Per potere ottenere l'esdebitazione, infatti, la persona fisica deve aver cooperato con gli organi della procedura (n. 1), non aver fatto ritardare lo svolgimento di essa (n. 2), non avere violato la consegna al curatore della corrispondenza relativa ai rapporti patrimoniali compresi nel fallimento (n. 3), non avere beneficiato di altra esdebitazione nei dieci anni precedenti la domanda (n. 4), non avere distratto l'attivo, simulato il passivo, aggravato l'insolvenza o fatto ricorso abusivo al credito (n. 5), non avere subito una condanna con sentenza passata in giudicato per bancarotta fraudolenta o delitti contro l'economia pubblica, l'industria e il commercio e altri delitti compiuti in connessione con l'esercizio dell'attività di impresa (n. 6).
Sotto secondo aspetto, quello oggettivo, la procedura esdebitatoria esige, non solo che il patrimonio del debitore sia stato liquidato nella sua totalità (tanto che al debitore non rimanga all'attualità alcunché da dare in aggiunta), ma che i creditori concorsuali siano stati soddisfatti almeno in parte.
L'istituto, in altri termini, per come è congegnato è tanto intransigente da non contrastare, secondo la Corte di Giustizia, con l'"obbligo degli Stati membri di garantire il prelievo integrale dell'IVA nel loro territorio nonché la riscossione effettiva delle risorse proprie dell'Unione".
Solo col concorso di presupposti rigidi, l'esdebitazione vale, in effetti, ad assicurare il superamento della regola "ordinaria" della responsabilità perpetua del debitore, di cui all'art. 2740 c.c., norma-cardine a tenore della quale il debitore risponde dell'adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri (salvi appunto i soli casi stabiliti dalla legge).
Nella condivisa ricostruzione del giudice unionale, il rigore delle condizioni che contrassegnano la procedura di esdebitazione ex art. 142 L. fall. assume valenza decisiva, atteso che i requisiti e presupposti contemplati dalla norma sono suscettibili di offrire "garanzie per quanto riguarda segnatamente la riscossione dei credi IVA", senza che, per il tramite dell'istituto, si addivenga ad "una rinuncia generale e indiscriminata alla riscossione" del tributo.
Su queste basi, giova evidenziare come l'art. 142 L.Fall. ricomprenda nel recinto dell'esdebitazione tutte le obbligazioni derivanti da rapporti inerenti all'esercizio dell'impresa, ab implicito, ma inequivocabilmente, annettendovi anche i debiti tributari e le correlate sanzioni. Nel novero ristretto delle esclusioni dall'efficacia liberatoria del beneficio sono annoverati unicamente gli obblighi di mantenimento e alimentari, i debiti per il risarcimento dei danni da fatto illecito extracontrattuale, le sanzioni penali ed amministrative di carattere pecuniario non accessorie dei debiti estinti (non anche tutte le sanzioni in quanto tali), le obbligazioni derivanti da rapporti estranei all'esercizio d'impresa.
Non si fa menzione dei rapporti tributari, i quali d'altronde sono certamente comprimibili, sol che si consideri che nel contesto della concorsualizzazione dei debiti essi si mostrano sia falcidiabili (ex art. 160, comma 2, L. fall.), sia transigibili (ex art. 182-ter L. fall.) (v. nello specifico Cass., Sez. Un., 27 dicembre 2016, n. 26988).
Sebbene la sentenza resa nella causa C-493/15 non la richiami in parte qua la pronuncia emessa nella causa C-546/14 evidenziava incisivamente che "l'obbligo della riscossione effettiva non può essere assoluto", ammettendo, piuttosto, deroghe specifiche e delimitate (punto 35), e che "uno Stato membro può ragionevolmente ritenere legittima la rinuncia al pagamento integrale di un credito IVA, purché siffatte circostanze siano eccezionali, puntuali e limitate e purché lo Stato membro non crei significative differenze nel modo in cui sono trattati i soggetti d'imposta nel loro insieme e, pertanto, non pregiudichi il principio di neutralità fiscale" (punto 36)".
In effetti, benché la Corte di Giustizia non si soffermi sulla relativa ratio - limitandosi ad argomentare sul rigore appagante delle condizioni di accesso al beneficio ex art. 142 L. fall. - l'esdebitazione risponde proprio alla rilevante esigenza, avvertita in misura svincolato dai debiti pregressi (c.d. discharge), di ripartire e riproporsi nella società (c.d. fresh restart), senza dover scontare riproporsi nella società (c.d. fresh restart), senza dover scontare vita natural durante un'insormontabile limitazione nel reinserimento nel circuito sociale ed economico in ragione di debiti rimasti insoluti. L'esdebitazione del fallito ex art. 142 L. fall. è stata introdotta proprio sulla scia di altre legislazioni europee e dell'impulso unionale che proprio sull'esdebitazione insiste nel crinale fra la Raccomandazione della Commissione 2014/135/UE del 12 marzo 2014 alla Direttiva Europea 2019/1023.
Il ricorso va in ultima analisi rigettato alla luce del principio di diritto che così si declina: "In tema di fallimento, l'esdebitazione del fallito di cui agli artt. 142 e 143 L. fall. è applicabile anche ai debiti IVA, non contrastando con l'art. 4, par. 3, TUE e con gli artt. 2 e 22 della Direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977 (cd. "Sesta Direttiva"), in materia di sistema comune di imposta sul valore aggiunto".
Il corso e l'esito del giudizio postulano la compensazione delle
relative spese.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Compensa le spese del giudizio.