È irrilevante se l'indisponibilità consegua ad inerzia o ritardo non già del Pubblico Ministero ma degli uffici chiamati a dare esecuzione al provvedimento. L'impedimento determina un vizio nel procedimento di acquisizione della prova per l'illegittima compressione del diritto di difesa, conseguendone una nullità a regime intermedio.
Il Tribunale del riesame Napoli confermava l'ordinanza del GIP e applicava agli indagati la misura cautelare del divieto di dimora e degli arresti domiciliari poiché ritenuti gravemente indiziari dei delitti di associazione a delinquere. Avverso tale decisione, gli indagati propongono ricorso deducendo che era stata erroneamente disattesa...
Svolgimento del processo
Con ordinanza emessa il 21 ottobre 2021 il Tribunale del riesame di Napoli ha confermato l'ordinanza con cui il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli Nord ha applicato a BG la misura cautelare del divieto di dimora nelle province di Napoli e Caserta e a BM, BV, BM e BF quella degli arresti domiciliari, poiché ritenuti gravemente indiziati dei delitti di associazione a delinquere, bancarotta documentale, emissione di fatture per operazioni inesistenti, trasferimento fraudolento di valori e autoriciclaggio.
Avverso l'anzidetta ordinanza del Tribunale del riesame gli indagati, a mezzo dì difensori, hanno proposto ricorsi per cassazione deducendo i seguenti motivi:
1) violazione di legge, per essere stata erroneamente disattesa l'eccezione di nullità delle intercettazioni, sollevata in ragione del mancato rilascio della copia delle registrazioni, tempestivamente richiesta;
2) violazione di legge e vizi della motivazione, per essere stata disattesa l'eccezione di inutilizzabilità delle intercettazioni, pur non essendo le registrazioni delle intercettazioni disponibili nemmeno al Pubblico ministero, con conseguente nullità originaria della richiesta e dell'ordinanza, perché fonda e su emergenze non disponibili agli atti di Procura né Inserite nell'archivio di cui all’art. 269 cod. proc. pen., in violazione dell'art. 268.4 cod. proc. pen.;
3) violazione di legge e vizi della motivazione, p1r non avere Il giudice per le indagini preliminari effettuato un'autonoma valutazione rispetto alla richiesta del Pubblico ministero, come si desumerebbe dagli elementi indicati nella memoria prodotta dinanzi al Tribunale del riesame;
4) violazione di legge e vizi della motivazione in relazione all'art. 512 bis c.p., non essendosi il Tribunale del riesame fatto carico di esaminare le vite economiche degli indagati, al f ne di provare ad ipotizzare di ricondurle al paradigma delineato dalla Corte d Cassazione, che la Corte costituzionale ha Indicato quale necessario presupposto dello scrutinio di legittimità nella normativa di prevenzione;
5) violazione di legge e vizi della motivazione in relazione all'art. 648 ter.1 cod. pen. Premesso che in tema di riciclaggio ed autoriciclaggio non è necessario che la sussistenza del delitto presupposto sia stata accertata da una sentenza di condanna passata in giudicato, essendo sufficiente che il fatto costitutivo di tale delitto non sia stato giudizialmente escluso nella sua materialità e che il giudice procedente per il riciclaggio o autoriciclaggio ne abbia incidentalmente ritenuto la sussiste, in mancanza imponendosi l'assoluzione dell'imputato perché il fatto non sussiste, i ricorrenti hanno dedotto: per quanto riguarda il capo 5), il delitto di autoriclclaggio troverebbe il proprio presupposto nei delitti di bancarotta fraudolenta distrattiva, che, però, sono stati esclusi dall'originario giudice; per quanto riguarda il capo 4), il profitto del reato di intestazione fraudolenta sarebbe commisurato al capo 13) in euro 200.000,00, assolutamente Insufficiente sul piano logico a permettere l'investimento riciclatorio, contestato per euro 505.000, anche perché la stessa somma dovrebbe costituire l'oggetto dell'altro autoriciclaggio di cui al capo 6); quanto al delitto di autoriciclaggio di cui al capo 9), il Tribunale del riesame non avrebbe tenuto conto del fatto che l'emissione di fatture per operazioni inesistenti è funzionale all'evasione da parte di terzi e non genera un diretto vantaggio economico a favore dell'emittente in relazione al risparmio di imposta. Premesso che la Corte di Cassazione ha affermato che per il reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti si deve far riferimento non tanto al profitto quanto al prezzo del reato, i ricorrenti hanno dedotto che il denaro, i beni o le altre utilità, provenienti dalla commissione del delitto di autoriciclaggio, non potrebbero essere quantificati nell'ammontare delle fatture, sicché nel caso in esame resterebbero indefiniti e non dimostrati; quanto al capo 14) né il Giudice delle indagini preliminari né il Tribunale avrebbero collegato tale delitto ad un necessario illecito profitto presupposto;
6) violazione dell'art. 8 D.Lgs n. 74/2000 e vizi di motlvazione, per non avere il Tribunale del riesame individuato il profitto del delitto di emissione di fatture per operazioni inesistenti tenendolo distinto dall'ammontare delle fatture o dal risparmio tributario del destinatario;
7) violazione dell'art. 43 D.Lgs n. 504/1995 e vizi della motivazione, per essere l'accisa, che si assume evasione, solo ipotizzata dalla polizia giudiziaria e non quantificata con assoluta certezza: compito, questo, gravante sull'accusa e non sull'indagato, come Invece affermato dal Tribunale del riesame, secondo cui le generiche contestazioni dei ricorrenti non erano suffragate da accertamenti tecnici, suscettibili di valutazioni. Escluse dal giudice per le Indagini preliminari le distrazioni fallimentari, solo il profitto di questo delitto dovrebbe costituire la provvista materiale, I vero it)sufficiente, che dovrebbe giustificare le contestazioni di autoriciclaggio e fraudolenta intestazione;
8) violazione dell'art-. 43 D.Lgs n. 504/1995 e vizi di motivazione in relazione ad alcuni posizioni soggettive: FB sarebbe Incensurato; GB sarebbe gravato da due sole multe, irrogate oltre 45 anni fa; il coindagato e avrebbe escluso qualsiasi partecipazione di GB
ai fatti oggetto del procedimento.
All'odierna udienza camerale, celebrata ai sensi dell'art. 127 cod. proc. pen., si è proceduto al controllo della regolarità degli avvisi di rito; all'esito, le parti P. esenti hanno concluso come da epigrafe e questa Corte Suprema, riunita in camera di consiglio, ha deciso come da dispositivo in atti.
Motivi della decisione
1. I ricorsi meritano accoglimento.
I ricorrenti hanno innanzitutto reiterato l'eccezione di nullità originaria della richiesta e dell'ordinanza cautelare, per non essere stati posti a disposizione della difesa i supporti delle conversazioni telefoniche intercettate e utilizzate ai fini dell'adozione del provvedimento applicativo delle misure cautelari.
Come emerge anche dall'ordinanza impugnata, i ricorrenti si erano attivati per chiedere l'ascolto delle registrazioni delle conversazioni intercettate, avendo inviato via PEC all'ufficio di Procura la relativa istanza 1'11 ottobre 2021, prima dell'attivazione della procedura di riesame, proposta il 13 ottobre 2021.
Con nota dell'Ufficio di Procura è stato loro comunicato che la difesa era autorizzata all'ascolto delle intercettazioni, con la precisazione che ciò sarebbe avvenuto all'esito della materiale acquisizione, da parte della Polizia giudiziaria delegata, del relativi supporti.
Il Tribunale del riesame ha disatteso l'eccezione di nullità dell'ordinanza impugnata, proposta dal ricorrenti, avendo ritenuto che "la circostanza che la segreteria del Pubblico ministero ha omesso di contattare il difensore, per informarlo della materiale disponibilità dei supporti e della possibilità di fissare un appuntamento online, non pregiudica le prerogative difensive, non essendo previsto alcun obbligo In tal senso e gravando dunque sulla difesa l'onere di attivarsi per procedere all'ascolto e all'acquisizione delle registrazioni, anche richiedendo, nel caso di oggettiva lmpossibllità di completare la propria attività, il rinvio dell'udienza di riesame ai sensi dell'art. 309, comma 9 bis, cod. proc. pen. ".
Siffatta motivazione è inficiata da vizi.
La Corte Costituzionale, con sentenza dell'8-10 ottobre 2008, n. 336, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 268 cod. proc. pen., nella parte in cui non prevede che, dopo la notificazione o l'esecuzione dell'ordinanza che dispone una misura cautelare personale, il difensore possa ottenere la trasposizione su nastro magnetico delle registrazioni di conversazioni o comunicazioni intercettate, utilizzate ai fini dell'adozione del provvedimento cautelare, anche se non depositate.
Il Giudice delle leggi ha ricordato che, alla stregua del diritto vivente, in tal senso essendo orientata la costante ed uniforme giurisprudenza di legittimità, «in caso di incidente cautelare, se il pubblico ministero presenta al giudice per le indagini preliminari richiesta di misura restrittiva della libertà personale, può depositare, a supporto della richiesta stessa, solo i brogliacci e non le registrazioni delle comunicazioni intercettate»; «la trascrizione (anche quella peritale) non costituisce la prova diretta di una conversazione, ma va considerata solo come un'operazione rappresentativa in forma grafica del contenuto di prove acquisite mediante la registrazione fonica». La Corte Costituzionale ha, quindi, considerato come «l'ascolto diretto delle conversazioni o comunicazioni intercettate non può essere surrogato dalle trascrizioni effettuate, senza contraddittorio, dalla polizia giudiziaria», condensate in appunti o in sintesi di esse e come risultino «spesso rilevanti le intonazioni della voce, le pause, che, a parità di trascrizione dei fonemi, possono mutare in tutto o in parte il senso di una conversazione>>, riconoscendo il diritto della difesa di accedere alla prova diretta: diritto che implica, come naturale conseguenza, quello di ottenere la trasposizione su nastro magnetico delle registrazioni medesime ovvero quello di essere messi in grado di ascoltare le registrazioni.
La giurisprudenza della Corte di Cassazione, nella sua più autorevole espressione, ha ulteriormente chiarito che, in tema di riesame, l'illegittima compressione del diritto di difesa, derivante dall'ingiustificato ritardo del Pubblico ministero nel consentire al difensore l'accesso alle registrazioni di conversazioni Intercettate e sommariamente trascritte dalla polizia giudiziaria nei cosiddetti brogliacci di ascolto, utilizzati al fini dell'adozione di un'ordinanza di custodia cautelare, dà luogo a una nullità di ordine generale a regime intermedio, ai sensi dell'art. 178, lett. c), cod. proc. pen., e che qualora ta e vizio sia stato ritualmente dedotto in sede di riesame e il Tribunale non abbia potuto acquisire il relativo supporto fonico entro il termine perentorio di cui all'art. 309, nono comma, cod. proc. pen., le suddette trascrizioni non possono essere utilizzate come prova nel giudizio "de libertate" (in tal senso, Cass. Sez. Unite del 22/4/2010 n. 20300, Lasala, Rv 246907).
Si è precisato (Sez. 4, n. 25964 de 18/6/2021, Rv. 281974) che, ove al difensore sia stato ingiustificatamente impedito il diritto di accesso alle registrazioni, poste a base della richiesta del Pubblico ministero, tanto non determina la nullità del genetico provvedimento impositivo, legittimamente fondato sugli atti a suo tempo prodotti a sostegno della sua richiesta dal pubblico ministero; nè comporta l'Inutilizzabilità degli esiti delle captazioni effettuate, perché questa scaturisce solo nelle Ipotesi indicate dall'art. 271, comma 1, cod. proc. pen.; né, ancora, comporta la perdita di efficacia della misura, giacché la revoca e la perdita di efficacia della misura cautelare conseguono solo nelle ipotesi espressamente previste dalla legge (artt. 299, 300, 301, 302, 303, 309, comma 10, cod. proc. pen.).
Di contro, avere impedito il diritto di accesso suddetto determina un vizio nel procedimento di acquisizione della prova per l'illegittima compressione del diritto di difesa e non inficia l'attività di ricerca della stessa ed il risultato probatorio, in sé considerati. Esso comporta, quindi, una nullità di ordine generale a regime intermedio, ai sensi dell'art. 178, lett. c), cod. proc. pen., soggetta al regime, alla deducibilità ed alle sanatorie di cui agli artt. 180, 182 e 183 cod. proc. pen.
Nel caso in esame, l'istanza di accedere alle registrazioni è stata ritenuta tempestiva dal Tribunale del riesame ma i supporti delle registrazioni non sono stati messi a disposizione degli indagati, a nulla rilevando se ciò fosse dipeso dal pubblico ministero o dagli uffici chiamati a dare esecuzione al provvedimento di questi. Questa Corte (Sez. 5, n. 22270 del 12/04/2011, Rv. 250006) ha precisato che la nullità generale a regime intermedio conseguente alla mancata disponibilità, in capo alla difesa, dei supporti, tempestivamente richiesti, delle conversazioni telefoniche intercettate e utilizzate ai fini dell'adozione di ordinanza di custodia cautelare, sussiste anche laddove detta indisponibilità consegua ad inerzia o ritardo non già del P.M. bensì degli uffici deputati a dare esecuzione al provvedimento dì questi.
Gli indagati, all'udienza dinanzi al Tribunale del riesame, nel riportarsi alla memoria depositata, hanno lamentato di non avere avuto la possibilità di ascoltare le originali registrazioni ed hanno indicato I giurisprudenza della Corte costituzionale e della Corte di cassazione sul tema, tra cui quella delle Sezioni Unite del 22/4/2010 n. 20300 (citata), con ciò dunque censurando la lesione del loro diritto di difesa e la nullità dell'ordinanza cautelare, quale sanzione strettamente correlata e conseguenziale all'anzidetta lesione.
Deve precisarsi che, contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale e come, Invece, già affermato da questa Corte (Sez. 6, n. 50760 del 26/09/2017, Rv. 271510), gli indagati non avevano l'onere di chiedere un rinvio dell'udienza. Tale rinvio, infatti, anche per un termine che la legge quantifica in un massimo di dieci giorni (cui corrisponde un analogo periodo temporale di ipotetica protrazione della custodia cautelare in essere), si comprende e giustifica se effettuato per ragioni direttamente dipendenti da esigenze strettamente ed esclusivamente difensive ma non anche se disposto per ovviare In qualche modo a omissioni e manchevolezze, sia pure incolpevoli, del Pubblico ministero, che si sono risolte in u a sostanziale violazione del dovere di deposito integrale degli atti ex art. 309, comma 5 cod. proc. pen. e, in particolare, delle intercettazioni telefoniche e ambientali effettuate durante le indagini preliminari.
Alla luce di quanto precede deve ritenersi, perciò, realizzata la nullità di cui sopra si è detto, tempestivamente dedotta nel corso dell'udienza camerale ed illegittimamente disattesa dal Tribunale del riesame.
Si impone, quindi, l'annullamento dell'ordinanza impugnata, con la regressione del procedimento allo stato in cui è stato compiuto l'atto nullo e la necessità della rinnovazione di quest'ultimo, con emenda dei vizi riscontrati (art. 185 cod. proc. pen.).
Giova ricordare che, in sede di rinvio, il procedimento non è più soggetto ai termini perentori indicati dall'art. 309, comma 10, cod. proc. pen, (Sez. U., n.5 del 17/04/1996, D'Avìno, Rv. 20446301).
2. Siffatto epilogo decisorio è pronunciato nei confronti di tutti i ricorrenti, non essendo stato documentato dal difensore il venir meno della misura cautelare applicata a BG posto a base della dichiarazione di rinuncia, formulata all'odierna udienza.
3. Le altre censure, formulate nei ricorsi, sono assorbite.
P.Q.M.
Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Napoli competente ai sensi dell'art. 309, co. 7, cod. proc. pen..