Nel caso di specie, la vittima aveva subito un'aggressione di gruppo proseguita con l'inseguimento e l'accoltellamento da parte di un solo giovane. Per la Cassazione, bisogna approfondire se colui che ha partecipato al pestaggio di gruppo fosse a conoscenza dell'arma detenuta dal singolo.
L'imputato propone ricorso in Cassazione avverso la decisione della Corte d'Appello con cui era stata confermata la sua responsabilità penale per aver concorso nel tentato omicidio della vittima. Quest'ultima era stata aggradita da un gruppo di ragazzi, tra i quali vi era anche l'imputato, poiché si era rifiutata di riferire loro dove fosse l'amico, iniziale bersaglio del gruppo. La vittima aveva tentato di fuggire ma era stata raggiunta da un ragazzo minorenne del gruppo, il quale lo aveva colpito alle spalle con tre fendenti a mezzo di un coltello.
In sede di legittimità, l'imputato lamenta l'insussistenza dell'elemento soggettivo che consente di ravvisare il concorso del medesimo nel reato commesso dal minorenne. In particolare, il ricorrente sostiene che, per affermare il concorso morale nella successiva azione aggressiva del minorenne, si sarebbe dovuto affrontare lo snodo della conoscenza della disponibilità del coltello da parte del minore, profilo del tutto ignorato dai Giudici di merito.
Per la Cassazione il motivo è fondato. Sulla questione ricorda che «In tema di concorso anomalo
Sbaglia dunque la Corte d'Appello a non approfondire la questione relativa alla consapevolezza del ricorrente della detenzione dell'arma da parte del minorenne, in quanto risulta prodromico per affrontare il tema del tipo di concorso ascrivibile ricorrente stesso. È necessario tener conto della dinamica dell'aggressione, in un primo momento avvenuta mediante pestaggio collettivo, poi proseguita soltanto dal minore armato di coltello, il quale aveva inseguito ed accoltellato la vittima.
Con sentenza n. 22735 del 10 giugno 2022, la Cassazione dispone l'annullamento della sentenza con rinvio alla Corte d'Appello.
Svolgimento del processo
1. Con sentenza del 25/3/2021 la Corte d'appello di L'Aquila ha confermato la sentenza del 2/7/2019 del Tribunale di Pescara che aveva condannato C. C. alla pena di sette anni di reclusione per avere concorso nel tentato omicidio di S. M. M. A., esclusa l'aggravante dei futili motivi, e concesse le circostanze attenuanti generiche equivalenti alla residua aggravante dell'essersi l'imputato avvalso del concorso di un minorenne; fatto commesso a Pescara il giorno 2 ottobre 2011.
La vicenda materiale, occorsa durante un sabato notte, era consistita in un'aggressione ai danni del S. M. condotta da un gruppo di sei o sette ragazzi, tra i quali vi era C. C., che avevano effettuato un pestaggio della vittima a calci e pugni, in quanto il S. si era rifiutato di riferire loro dove fosse il suo amico F. C., iniziale bersaglio del gruppo.
S. M. aveva cercato di fuggire, ma era stato raggiunto dal minore D. D., il quale lo aveva colpito alle spalle con tre fendenti a mezzo di un coltello.
2. Avverso detta sentenza l'imputato ha proposto ricorso per cassazione a mezzo del difensore, avv. M. G., avanzando i seguenti motivi di impugnazione.
2.1. Il ricorrente denuncia violazione di legge in relazione agli artt. 110 e 116, commi 1 e 2, cod. pen., e vizio di motivazione nella triplice definizione normativa con riguardo alla ritenuta sussistenza del concorso nel reato.
Rilevata l'illogicità del ritenuto movente dell'aggressione - dare una lezione al S. M., il quale non aveva rivelato al gruppo dove si trovasse il suo amico F. C. - definita dalla stessa Corte territoriale come "razionalmente inspiegabile", se ne deduce che manca una base per affermare la sussistenza dell'elemento soggettivo, a titolo di concorso morale agevolativo, in capo al C. per il tentato omicidio perpetrato dal minorenne D. D..
Si censura la grave carenza motivazionale sul punto della consapevolezza del C. della detenzione del coltello da parte del D., oltre che la mancata illustrazione dei requisiti per accollare al ricorrente la responsabilità concorsuale per il tentato omicidio, che richiedono la verifica dell'adesione dell'agente ad un reato commesso in forma concorsuale, la commissione da parte del concorrente di un reato diverso o più grave e l'esistenza del nesso causale, anche psicologico, fra l'azione del compartecipe e il reato diverso o più grave commesso da altro concorrente, reato che deve essere prevedibile in quanto logico sviluppo di quello concordato. Nel caso di specie, rileva il ricorrente, l'imputato C. aveva voluto commettere soltanto il reato di violenza privata in danno del S. M., per costringerlo a rivelare ove fosse l'amico C., mentre non avrebbe affatto previsto e voluto lo sviluppo inatteso dell'aggressione a colpi di coltello ad opera del minore, peraltro avvenuta in una seconda fase, nel corso dell'inseguimento della vittima al quale il C. non aveva partecipato.
In via subordinata, si censura il mancato riconoscimento dell'attenuante ex art. 116, comma 2, cod. pen., in tali termini dovendosi al più riconoscere la responsabilità concorsuale del C..
2.2. Nel secondo motivo si contesta l'affermata sussistenza dell'aggravante ex art. 112, comma 1 n. 4 cod. pen. - coinvolgimento nel reato di un minorenne - ritenuta integrata dai giudici di merito in base al mero rilievo del dato oggettivo. Invece, a tal fine, è necessario un quid pluris individuato nella induzione del minore a commettere il reato, o nell'avvalersi del minore nella commissione del reato. In tali termini si sono citati arresti della giurisprudenza di legittimità, concludendosi che detta aggravante avrebbe dovuto essere esclusa, in quanto l'aggressione armata in danno del S. M. era stata frutto di un impulso autonomo ed improvviso del minore D. D..
Motivi della decisione
1. Il ricorso è fondato nei seguenti termini.
1.1. Sussiste un problema di individuazione dell'elemento soggettivo che ha ispirato il C. nella vicenda, così come articolata, che si riflette sulla possibilità di ravvisare il concorso del ricorrente nel reato commesso dal minorenne. Il tema era stato introdotto con l'atto di appello, che aveva aggredito la dichiarazione di responsabilità del C. proprio sotto tale profilo, invocandone l'assoluzione perché il fatto non costituisce reato - dunque per difetto dell'elemento soggettivo - e rivendicando l'assenza di ogni contributo del C. alla fase successiva dell'inseguimento del S. M. e dell'accoltellamento da parte del minorenne.
Alla stregua della concorde ricostruzione operata nelle sentenze di merito, è da escludere che il C. avesse voluto soltanto forzare la vittima a riferire dove fosse il suo amico, avendo attivamente partecipato all'accerchiamento ed al pestaggio del S., come hanno testimoniato la stessa persona offesa e il teste oculare R. P.. Tuttavia, onde avvalorare il concorso morale ed agevolativo del C. nella successiva azione aggressiva del minorenne, si sarebbe dovuto affrontare lo snodo della conoscenza della disponibilità del coltello da parte del minorenne, profilo che è stato ignorato sia nella sentenza di primo grado che in quella di appello. Era questo il passaggio necessario a definire il concorso del C. nel delitto di tentato omicidio contestato al D. (il quale, peraltro, nel processo dinanzi al Tribunale per i Minorenni, è stato ritenuto responsabile a titolo di lesioni, e prosciolto per esito positivo della messa alla prova, senza svolgimento di istruttoria), altrimenti potendo soltanto riconoscersi un concorso nel pestaggio del S. M., reato al quale effettivamente il C. aveva contribuito con la sua azione consapevole.
1.2. Pertanto, le doglianze dirette a negare la consapevolezza del ricorrente della detenzione dell'arma da parte del minorenne devono essere approfondite dalla Corte di merito, in quanto tale passaggio risulta prodromico ad affrontare il tema del tipo di concorso ascrivibile al C., considerata la dinamica dell'aggressione, dapprima avvenuta mediante pestaggio C.vo, quindi proseguita soltanto dal minore D. armato di coltello, il quale aveva inseguito ed accoltellato la vittima.
In termini generali, si ribadisce che « In tema di concorso anomalo, ai fini dell'affermazione della responsabilità per il reato diverso commesso dal compartecipe, è necessaria la verifica della sussistenza di un nesso, non solo causale ma anche psicologico, tra la condotta del soggetto che ha voluto soltanto il reato meno grave e l'evento diverso, nel senso che quest'ultimo deve essere oggetto di possibile rappresentazione in quanto logico sviluppo, secondo l'ordinario svolgersi e concatenarsi dei fatti umani, fermo restando che la prognosi postuma sulla prevedibilità del diverso reato commesso dal concorrente va effettuata in concreto, valutando la personalità dell'imputato e le circostanze ambientali nelle quali l'azione si è svolta» (Sez. 5, n. 34036 del 18/06/2013, Malgeri e altri, Rv. 257251: in applicazione del principio, la Corte ha confermato la sentenza di appello che aveva escluso la configurabilità del concorso anomalo del compartecipe in una rissa aggravata rispetto all'omicidio commesso da uno dei partecipanti che era armato, ma per ragioni di servizio, in quanto guardia giurata in procinto di recarsi sul posto di lavoro, sul presupposto che appariva del tutto ragionevole, in base anche ai rapporti di amicizia con la vittima, ritenere che l'arma non sarebbe stata usata). E ancora, «In tema di concorso anomalo ex art. 116 cod. pen., l'affermazione di responsabilità per il reato diverso commesso dal concorrente richiede la verifica della sussistenza di un nesso, non solo causale ma anche psicologico, tra la condotta del soggetto che ha voluto soltanto il reato meno grave e l'evento diverso, che si identifica con il coefficiente della colpa in concreto, da accertarsi, secondo gli ordinari criteri della prevedibilità del diverso reato, sulla base della personalità dell'esecutore materiale e del contesto fattuale nel quale l'azione si è svolta» (Sez. 5, n. 306 del 18/11/2020, dep. 2021, Tasca, Rv. 280489).
2. Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato, in quanto la modifica legislativa di cui all'art. 3, comma 15 lett. A) della Legge 15/07/2009, n. 94, introducendo la locuzione «o con gli stessi ha partecipato» ha accentuato il carattere "oggettivo" di detta aggravante. In tali termini si è correttamente espressa l'impugnata sentenza, in coerenza con l'esegesi di legittimità di questa Corte, dovendosi ribadire che «In tema di reato concorsuale, qualora il reato sia realizzato da soggetto maggiore di età in concorso con un minorenne, l'accertamento della sussistenza dell'aggravante di cui all'art. 112, comma primo, n. 4, cod. pen. nei confronti del maggiorenne, prescinde dalla verifica circa la capacità del minore di resistere alle azioni suggestive altrui, atteso che la ratio della predetta aggravante è soltanto quella di inasprire il trattamento sanzionatorio nei confronti del maggiorenne che commetta, in concorso con minori, reati per i quali è previsto l'arresto in flagranza» (Sez. 2, n. 27975 del 01/03/2017, P., Rv. 270173; Sez. 5, n. 18836 del 09/07/2013, dep. 2014, P., Rv. 260194).
3. In conclusione, l'impugnata sentenza deve essere annullata, con rinvio alla Corte di appello di Perugia, ai sensi dell'art. 623, lett. c) cod. proc. pen., onde rivalutare la natura e l'estensione del concorso del ricorrente, secondo quanto si è indicato innanzi.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio alla Corte di appello di Perugia.
In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell'art. 52 D. Lgs. 196/03, in quanto imposto dalla legge.