Per questa tipologia di contratto è richiesta la forma scritta “ad substantiam”, sia per la stipula che per la risoluzione. L'assenza di tale requisito determina una nullità rilevabile anche d'ufficio.
Una società immobiliare adiva dinanzi al Tribunale il conduttore allo scopo di far accertare che quest'ultimo aveva lasciato senza preavviso l'immobile locatogli ad uso abitativo dall'attrice, così violando quanto stabilito all'art. 5 del contratto. Nello specifico, la disposizione sanciva che la facoltà della parte conduttrice di recedere dal...
Svolgimento del processo
1. La società Immobiliare M. di L. B. & C. S.a.s. (d’ora in poi, “Immobiliare M.”) ricorre, sulla base di due motivi, per la cassazione della sentenza n. 918/18, del 17 maggio 2018, della Corte di Appello di Firenze, che - accogliendo il gravame esperito da A. T. avverso la sentenza n. 849/17, del 7 febbraio 2017, del Tribunale di Siena rigettato – ne ha rigettato la domanda di condanna del T. al pagamento, oltre che di un residuo del canone di locazione per il mese di dicembre 2011 e dell’intero canone per le mensilità di gennaio 2012, dell'indennità per mancato preavviso del recesso, pari a € 2.855,00 (corrispondenti all'importo di cinque mensilità del canone locatizio).
2. Riferisce, in punto di fatto, l'odierna ricorrente di aver radicato un giudizio innanzi al Giudice di pace di Poggibonsi (dichiaratosi, poi, incompetente, in favore del Tribunale di Siena, innanzi al quale lo stesso veniva riassunto) allo scopo di far accertare che il T., alla fine del mese di gennaio del 2012, lasciava senza alcun preavviso l'immobile locatogli ad uso abitativo dalla Immobiliare M., così violando quanto stabilito all'art. 5 del contratto. Esso, infatti, conformemente a quanto previsto dall'art. 4 della legge 27 luglio 1978, n. 392, sanciva che la facoltà della parte conduttrice di recedere dal contratto dovesse esercitarsi con un preavviso di almeno sei mesi, da inviarsi a mezzo di raccomandata a/r.
Risultando, inoltre, il locatario anche moroso nel pagamento di un residuo del canone di locazione per il mese di dicembre 2011, nonché dell'intero canone per la mensilità di gennaio 2012, l'allora parte attrice chiedeva la condanna del T. al pagamento degli importi corrispondenti, nonché della somma dovuta a titolo di indennità per mancato preavviso.
Accolta la domanda dal giudice di prime cure, quello di appello – dopo aver dato corso alla prova testimoniale non ammessa in primo grado, tesa a dimostrare che il T. avesse manifestato verbalmente, il 5 settembre 2011, la volontà di disdettare l'immobile - riformava integralmente quella decisione, ritenendo raggiunta la prova sia in ordine al valido esercizio della facoltà di recesso, sia in merito all'assenza di morosità del conduttore.
3. Avverso la pronuncia della Corte toscana ricorre per cassazione Immobiliare M., sulla base - come detto - di due motivi.
3.1. Con il primo motivo è denunciata - ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. Civ - violazione e/o falsa applicazione dell'art. 1, comma 4, del d.lgs. 9 dicembre 1998, n. 431 e dell'art. 1372 c.c..
Si censura la sentenza impugnata per aver ritenuto - sulla scorta della deposizione testimoniale resa dal nipote del conduttore (la cui ammissibilità è, peraltro, contestata con il secondo motivo di ricorso) - che la disdetta potesse essere data verbalmente dal conduttore.
Essendo, difatti, la locazione di immobili ad uso abitativo un contratto soggetto alla forma scritta "ad substantiam", pena la sua nullità, anche la disdetta doveva essere resa con comunicazione scritta (è richiamata Cassa Sez. 6-3, ord. 27 settembre 2017, n. 22647).
Né, in senso contrario, varrebbe richiamare la giurisprudenza di questa Corte in materia di recesso dal contratto di locazione immobiliare ad uso non abitativo, non solo per la eterogeneità delle due fattispecie, ma anche perché tale indirizzo richiede, pur sempre, che la dichiarazione di recesso sia portata a conoscenza del locatore con "mezzo equipollente" alla raccomandata a/r, dove l'equipollenza richiede che vi sia una comunicazione scritta.
D’altra parte, poi, nel caso che occupa, la necessità della forma scritta era ribadita pure da un'apposita clausola contrattuale, donde la denunciata violazione anche dell'art. 1372 cod. civ.
3.2. Il secondo motivo denuncia - sempre ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. violazione e falsa applicazione degli artt. 2721, 2724, 2725 e 2726 cod. civ.
Si contesta, in questo caso, la decisione della Corte fiorentina di dare corso alla prova testimoniale, essendo la stessa inammissibile - a dire della ricorrente - in relazione a fatti (nella specie, il recesso dalla locazione) che, in quanto relativi ad un contratto da provarsi per iscritto, qual è la locazione, risulterebbero anch'essi soggetti allo stesso regime. Del pari, neppure l'avvenuto pagamento di quanto dovuto quale residuo del canone di locazione del dicembre 2011, nonché quale intera mensilità per gennaio 2012, avrebbe potuto essere provato per iscritto, giusta il disposto dell'art. 2726, comma 1, cod. civ..
In ogni caso, poi, il giudice di appello non avrebbe motivato come necessario - le ragioni che, in ipotesi, avrebbero consentito di derogare (a norma dell'art. 2721, comma 2, cod. civ.) al divieto di prova testimoniale stabilito per i contratti di valore superiore a 2,58 euro.
4. Il T. è rimasto solo intimato.
5. Il Procuratore Generale presso questa Corte, in persona di un suo sostituto, ha fatto pervenire conclusioni scritte, nel senso dell'accoglimento del ricorso.
Motivi della decisione
6. Il ricorso va accolto, nei limiti di seguito indicati.
6.1. Il primo motivo è fondato.
6.1.1. Questa Corte, come evidenziato dall'odierna ricorrente, ha escluso la validità del preavviso orale dell’intenzione, della parte conduttrice, di recedere dal contratto di locazione, e ciò in quanto "la risoluzione consensuale di un contratto può avvenire anche con una manifestazione tacita di volontà, salvo che per il contratto da risolvere non sia richiesta la forma scritta ad substantjam", tale ultimo essendo il caso che occupa, visto che "il contratto di locazione ad uso abitativo stipulato senza la forma scritta ex art. 1, comma 4, della l. n. 431 del 1998 è affetto da nullità assoluta, rilevabile da entrambe le parti e d'ufficio, attesa la ratio pubblicistica del contrasto all'evasione fiscale"; di qui, locazione ad uso abitativo, soggetto all'obbligo di forma scritta ai sensi dell'art. 1, comma 4, della l. n. 431 del 1998, deve essere risolto con comunicazione scritta, non potendo, in questo caso, trovare applicazione il principio di libertà delle forme" (così, in motivazione, Cass. Sez. 6-3, ord. 27 settembre 2017, n. 22647, R". 645726-01).
D'altra parte, nella vicenda in esame, le parti avevano contrattualmente ribadito, con apposita clausola, che il recesso del conduttore fosse comunicato per iscritto. Ciò comportava, quindi, l’applicazione dell’art. 1352 c.c., a mente del quale le forme convenzionalmente stabilite anche per singole clausole contrattuali si intendono volute per la validità delle stesse. La norma "de qua" è stata ritenuta da questa Corte applicabile anche al recesso, "costituendo un atto negoziale unilaterale dal contenuto negativo, nel senso che pone fine agli effetti sostanziali della permanenza del contratto rispetto al quale si esplica", di talché sussiste, "anche nella fattispecie di atto di recesso, la presunzione che l'articolo 1352 cod. civ. trae dall'adozione negoziale della forma scritta" (così, in motivazione, Cass. Sez. 6- 3, ord. 9 luglio 2019, n. 18414, Rv. 654618-01).
6.2. Il secondo motivo - che resta assorbito dall'accoglimento del primo solo in relazione alla prova dell'avvenuto recesso, ma non pure del pagamento dei residui canoni di locazione - è, in tale censura, inammissibile.
6.2.1. Se si muove, infatti, dalla premessa che i limiti di ammissibilità della prova testimoniale, ex art. 2721 cod. civ., non attengono all'ordine pubblico, ma sono dettati nell'esclusivo interesse delle parti private, con la conseguenza che la prova deve ritenersi ritualmente acquisita, ove la parte interessata non ne abbia tempestivamente eccepito l'inammissibilità in sede di assunzione o nella prima difesa successiva (Cass. Sez. 1, orda 19 febbraio 2018, n. 3956, Rv. 647235-01), costituiva onere ciò che, nella specie, non dell'odierna ricorrente dimostrare risulta avvenuto - di aver formulato l'eccezione senza ritardo; di talché, in assenza di tale dimostrazione, il motivo va ritenuto inammissibile.
7. In conclusione, il solo primo motivo di ricorso va accolto e la sentenza impugnata cassata in relazione, rinviando alla Corte di Appello di Firenze, in diversa sezione e composizione, per la decisione nel merito - nell'osservanza del principio di diritto di cui al 5 6.1.1. - oltre che sulle spese anche del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiarando in parte assorbito e in parte inammissibile il secondo, e cassa in relazione la sentenza impugnata, rinviando alla Corte di Appello di Firenze, in diversa sezione e composizione, per la decisione nel merito, oltre che sulle spese anche del presente giudizio.