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14 giugno 2022
La Corte costituzionale dice sì alla domanda di messa alla prova anche rispetto all’ipotesi di nuove contestazioni di reati connessi

La Consulta dichiara incostituzionale l'art. 517 c.p.p. laddove non consente all'imputato di richiedere la sospensione del procedimento con messa alla prova con riferimento a tutti i reati a lui addebitati, ivi compresi quelli concorrenti oggetto di nuova contestazione nelle more del dibattimento.

La Redazione

Il Tribunale di Palermo sollevava questioni di legittimità costituzionale in relazione all'art. 517 c.p.p. con riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., nella parte in cui non prevede la possibilità per l'imputato di richiedere al giudice dibattimentale la sospensione del procedimento con messa alla prova con riguardo al reato concorrente oggetto di nuova contestazione.

 

Nello specifico, la norma censurata consente al PM di procedere nelle more del dibattimento a contestazioni suppletive consistenti nell'aggiunta di un'aggravante ovvero, come nel caso concreto, nell'addebito di uno o più reati collegati a quello originariamente contestato, commessi con la stessa azione od omissione oppure con condotte diverse ma rientranti nello stesso disegno criminoso.
Secondo il Tribunale, l'art. 517 c.p.p. così formulato violerebbe:

  • L'art. 24 Cost. poiché la richiesta di riti alternativi, tra i quali rientra anche la sospensione del procedimento con messa alla prova, costituisce una modalità di esercizio del diritto di difesa tra le più qualificanti;
  • L'art. 3 Cost. in ragione della discriminazione che subirebbe l'imputato per accedere ai riti speciali, causata dalla maggiore o minore esattezza/completezza della valutazione discrezionale sulle risultanze delle indagini preliminari operate dal PM, oltre al fatto che sarebbe irragionevole non equiparare questo caso a quelli nei quali è possibile accedere ai riti alternativi a seguito di nuova contestazione.

Ebbene, con la sentenza n. 146 del 14 giugno 2022, la Corte costituzionale dichiara le suddette questioni di legittimità costituzionale fondate, tenendo conto delle innumerevoli pronunce che hanno dichiarato l'illegittimità costituzionale degli artt. 516 e 517 c.p.p. nella parte in cui non consentono all'imputato di accedere ai riti speciali in caso di nuove contestazioni, superando la storica distinzione tra nuove contestazioni “patologiche” e nuove contestazioni “fisiologiche”.
Come afferma la Consulta, ciò risponde ad una duplice esigenza:

  • Tutelare la pienezza del diritto di difesa dell'imputato;
  • Evitare una irragionevole disparità di trattamento tra l'imputato che ha potuto confrontarsi con l'imputazione completa prima dell'inizio del dibattimento e l'imputato il cui capo d'accusa sia stato integrato o precisato solo in un momento successivo, quando ormai il termine per scegliere il rito alternativo era scaduto.

In ossequio a ciò, la Corte costituzionale ritiene di dover restituire all'imputato il diritto di esercitare le sue scelte difensive, ivi compresa la domanda di messa alla prova, anche rispetto all'ipotesi di nuove contestazioni di reati connessi ai sensi dell'art. 517 c.p.p.. Peraltro, come precisa la Corte, ciò non è ostacolato dalla circostanza che la messa alla prova sia concessa in relazione a più reati connessi tra loro.

 

In conclusione, la Corte costituzionale dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 517 c.p.p. nella parte in cui non prevede, dopo la contestazione di reati connessi a norma dell'art. 12, comma 1, lett. b), c.p.p., la possibilità per l'imputato di richiedere la sospensione del procedimento con messa alla prova con riferimento a tutti i reati a lui addebitati.

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