Negativo, in quanto la Cassazione ha stabilito che le sentenze di valore inferiore a 1033euro non sono soggette a imposta di registro.
L'attuale ricorrente è un avvocato che aveva patrocinato più persone in diversi procedimenti contro l'Enel, tutti conclusisi in senso sfavorevole agli assistiti. Siccome egli aveva chiesto in ciascuno dei procedimenti la distrazione delle spese in suo favore, aveva erroneamente ritenuto di essere obbligato al versamento delle spese di registrazione delle...
Svolgimento del processo
1. Nel 2011 l'avvocato V. C. chiese ed ottenne, dal Giudice di pace di Serra San Bruno, vari decreti ingiuntivi nei confronti della società E. Distribuzione s.p.a. (che in seguito muterà ragione sociale in "E-Distribuzione s.p.a.; d'ora innanzi, per brevità, "l'E.");
a fondamento di ciascuno dei suddetti ricorsi monitori V. C. dedusse:
(-) di avere patrocinato una pluralità di persone, in vari procedimenti civili nei confronti dell'E. e di una terza società;
(-) tali giudizi si conclusero dinanzi al Tribunale in grado di appello, sfavorevolmente per i propri assistiti;
(-) poiché egli aveva chiesto, in ciascuno dei suddetti procedimenti, la distrazione in suo favore delle spese di lite, ritenne per errore di essere obbligato in proprio al pagamento delle spese di registrazione delle sentenze, ed a tanto provvide di tasca propria;
(-) avvedutosi dell'errore, chiese all'E. la rifusione di un terzo di quanto pagato, sul presupposto che le spese di registrazione, gravanti in solido su tutte le parti del giudizio, nel lato interno dell'obbligazione dovessero ripartirsi in parti uguali tra le (tre) parti di ogni giudizio.
2. L'E. propose opposizione avverso tutti i decreti ingiuntivi, invocando il difetto di legittimazione dell'attore, l'improcedibilità della domanda, l'inesistenza del credito.
Le varie opposizioni diedero vita a quattro diversi giudizi, che vennero riuniti.
Con sentenza 4.12.2012 n. 353 il Giudice di pace di Serra San Bruno accolse l'opposizione ritenendo che le sentenze pronunciate all'esito di giudizi di valore non eccedente euro 1.033 non fossero soggette a spese di registrazione, le quali pertanto erano state dall'avvocato V. C. erroneamente versate, sicché questi non poteva pretenderne la restituzione dall'E..
La sentenza fu appellata dal soccombente.
3. Con sentenza 25 giugno 2019 n. 586 il Tribunale di Vibo Valentia dichiarò l'appello inammissibile.
A fondamento della decisione il Tribunale ha adottato una lunga motivazione così riassumibile:
-) l'imposta di registro sulle sentenze è dovuta dalle parti del giudizio in solido;
-) l'avvocato, benché distrattario delle spese, non è parte del giudizio, salvo che si controverta sulla distrazione stessa;
-) l'attore, di conseguenza, era "carente di legittimazione ad agire" rispetto alla domanda di restituzione dell'imposta di registro.
4. La sentenza d'appello è stata impugnata per cassazione da V. C., con ricorso fondato su un motivo articolato in più profili. L'E. ha resistito con controricorso.
Motivi della decisione
1. Con l'unico motivo di ricorso il ricorrente lamenta sia la violazione di legge, sia l'omesso esame d'un fatto decisivo.
Il motivo, pur formalmente unitario, si articola in più censure.
1.1. Con una pnma censura il ricorrente deduce che il Tribunale avrebbe violato gli artt. 100 c.p.c. e 2036 c.c.; assume che egli, pagando l'imposta di registro senza esservi tenuto, aveva pagato il debito altrui, e quindi aveva eseguito un indebito soggettivo; che per effetto del pagamento, era subentrato ex art. 2036 c.c. nei diritti del creditore (i suoi assistiti) verso "l'effettivo debitore inadempiente", cioè l'E., tenuta alla rifusione della quota di imposta su essa gravante; che di conseguenza l'E. era obbligata a rifondergli tale quota.
1.2. Con una seconda censura, il ricorrente lamenta che il Tribunale avrebbe omesso di considerare un "fatto decisivo", rappresentato dall'avvenuto pagamento integrale, da parte sua, dell'imposta di registro.
1.3. Il motivo è infondato, sebbene la motivazione della sentenza impugnata debba essere corretta.
La presente controversia scaturisce dal pagamento, eseguito da parte dell'odierno ricorrente, di quanto richiesto dall'erario a titolo di imposta di registro.
Il presupposto d'imposta fu il deposito di numerose sentenze pronunciate dal Tribunale in grado di appello, all'esito di giudizi in cui V. C., avvocato, aveva patrocinato una delle parti e chiesto la distrazione delle spese.
Tale presupposto d'imposta tuttavia era insussistente: questa Corte, infatti, ha stabilito che le sentenze di valore inferiore ad euro 1.033 non sono soggette ad imposta di registro, a nulla rilevando che esse siano state pronunciate in primo grado o in appello (Sez. 6 - 5, Ordinanza n. 5858 del 3.3.2021; Sez. 6 - 5, Ordinanza n. 5857 del 3.3.2021; Sez. 6 -5, Ordinanza n. 4725 del 22.2.2021; Sez. 5, Ordinanza n. 4326 del 18.2.2021; Sez. 6 - 5, Ordinanza n. 21050 del 2.10.2020; Sez. 5 - , Ordinanza n. 31278 del 04/12/2018; Sez. 6 - 5, Sentenza n. 16978 del 24/07/2014).
1.4. V. C., dunque, avendo pagato un indebito, non poteva pretenderne la restituzione pro quota da parte di pretesi coobbligati solidali: infatti, mancando il presupposto dell'imposta, mancava per ciò solo la solidarietà e, con essa, il diritto di regresso ex art. 1299 c.c.. Correttamente, dunque, il Tribunale ha ritenuto che V. C. non "avesse titolo" per pretendere/ildall'E. il pagamento richiesto col ricorso per decreto ingiuntivo.
1.5. Né a diverse conclusioni il Tribunale sarebbe potuto pervenire (lo si rileva per i fini di cui all'ultimo comma dell'art. 384 c.p.c.), se avesse esaminato le censure proposte dall'appellante e rimaste assorbite. Infatti:
-) il difetto di titolarità attiva dell'obbligazione è rilevabile d'ufficio, sicché in nessun vizio di ultrapetizione incorse il Giudice di pace, allorché ritenne non dovuta l'imposta di registro sulle sentenze conclusive di giudizi di valore inferiore a 1.033 euro;
-) nessuna domanda di "ingiustificato arricchimento" era ammissibile nei confronti dell'E. in sede di opposizione a decreto ingiuntivo: sia perché, non essendo dovuta nessuna imposta, nessun "arricchimento" l'E. poteva aver conseguito per effetto del pagamento indebito eseguito da V. C.; sia perché nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo l'opposto, rivestendo la posizione sostanziale di attore, non può avanzare domande diverse da quelle fatte valere con il ricorso monitorio, salvo il caso in cui, per effetto di una riconvenzionale formulata dall'opponente, egli si venga a trovare, a sua volta, nella posizione processuale di convenuto (ex multis, Sez. 2 - , Sentenza n. 5415 del 25/02/2019, Rv. 652929 - 02).
2. Una volta corretta la motivazione della sentenza impugnata nei sensi che precedono, il ricorso va dunque rigettato.
3. Le spese del presente giudizio di legittimità vanno compensate, in considerazione del fatto che la motivazione del provvedimento impugnato era comunque erronea, nonché del fatto che la giurisprudenza di legittimità circa l'esenzione dall'imposta di registro delle sentenze pronunciate dal Tribunale in grado di appello e di valore inferiore a euro 1.033 si è consolidata dopo l'introduzione del primo grado del presente giudizio.
P.Q.M.
(-) rigetta il ricorso;
(-) compensa integralmente tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità;
(-) ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.