Qualora la parte non si presenti all'interrogatorio finalizzato a provare l'avvenuto pagamento mediante quietanza, il giudice può ritenere ammessi i fatti con libera valutazione.
Parte attrice chiedeva al Giudice di Pace la condanna del convenuto al pagamento di una somma di denaro a titolo di saldo del corrispettivo dovuto per l'occupazione di alcune aule dell'istituto scolastico di proprietà dell'attrice. Quest'ultima, a sostegno della sua richiesta, precisava di aver pattuito mediante contratto con il convenuto che i locali sarebbero...
Svolgimento del processo
1. Con atto notificato il 25 febbraio 2013 la Direzione didattica statale del primo circolo di San Giorgio Jonico convenne in giudizio, davanti al Giudice di pace di San Giorgio Jonico, X. L., in qualità di rappresentante della comunità cinese esistente in loco, chiedendo che fosse condannato al pagamento della somma di euro 3.695,31 a titolo di saldo del corrispettivo dovuto per l'occupazione di alcune aule dell'istituto scolastico.
A sostegno della domanda espose che con contratto dell'11 ottobre 2010 era stato pattuito che fino al 31 agosto 2011 i locali sarebbero stati utilizzati per un corso di lingua cinese.
Si costituì in giudizio il convenuto, chiedendo il rigetto della domanda e rilevando che la somma concordata, pari ad euro 8.000, era stata integralmente pagata, come da quietanza liberatoria annessa al contratto.
Il Giudice di pace rigettò la domanda e compensò le spese di lite.
2. Avverso questa sentenza ha proposto appello la Direzione didattica suindicata e il Tribunale di Lecce, dopo aver espletato le prove orali ammesse in appello, con sentenza del 26 settembre 2019, in accoglimento del gravame e in riforma della decisione del primo giudice, ha condannato X. L. al pagamento della somma di euro 3.695,31, con gli interessi e con il carico delle spese dei due gradi di giudizio.
Ha osservato il Tribunale che in atti vi era la quietanza liberatoria attestante l'avvenuto pagamento della somma di euro 8.000. Poiché, però, l'appellante aveva sempre rilevato, già in primo grado, che la quietanza conteneva un errore «di battitura», era stata ammessa anche la prova per interrogatorio e X. L. non si era presentato a renderla. Per tale ragione, richiamando l'art. 2726 cod. civ. e sostenendo che la quietanza può essere superata dall'opposta confessione giudiziale, il Tribunale ha ritenuto che la mancata risposta all'interrogatorio formale equivalga alla confessione, togliendo efficacia alla quietanza. Da tale ricostruzione la sentenza è pervenuta all'accoglimento della domanda così come proposta, affermando che il pagamento non era avvenuto per la totalità della somma dovuta, contrariamente a quanto risultava dalla quietanza.
3. Contro la sentenza del Tribunale di Lecce propone ricorso X. L. con atto affidato a due motivi.
Resiste la Direzione didattica statale del primo circolo di San Giorgio Ionico con controricorso.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione m camera di consiglio, sussistendo le condizioni di cui agli artt. 375, 376 e 380-bù cod. proc. civ., e le parti hanno depositato memorie.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta violazione dell'art. 345, terzo comma, cod. proc. civ. e nullità della sentenza, per aver ammesso l'interrogatorio formale in appello.
Sostiene il ricorrente che quel mezzo di prova non era stato richiesto in primo grado, ma solo in appello, per cui il Tribunale non avrebbe dovuto ammettere l'interrogatorio in appello.
1.1. Il motivo non è ammissibile.
Rileva la Corte che, essendo stato introdotto il presente giudizio nel 2013, era da ritenere ormai applicabile, ratione temporis, la previsione dell'art. 345, terzo comma, cod. proc. civ., nel testo attualmente vigente, secondo cui nel giudizio di appello non sono ammessi nuovi mezzi di prova, neppure qualora il Collegio li ritenga indispensabili (in tal senso, quindi, non potrebbe applicarsi il principio, invocato nel controricorso, di cui alla sentenza 4 maggio 2017, n. 10790, delle Sezioni Unite di questa Corte).
Nonostante ciò, la censura è inammissibile perché la parte non l'ha adeguatamente supportata. Risulta infatti dall'atto di citazione di primo grado che in quella sede non furono chieste prove e tuttavia è certo che nel giudizio di primo grado furono espletate delle prove orali (è la stessa sentenza impugnata a dirlo e non vi sono contestazioni sul punto). La sentenza del Tribunale precisa, poi, che l'appellante aveva censurato l'errata valutazione compiuta dal Giudice di pace «in ordine al rigetto delle prove orali per interrogatorio formale e per testi», il che viene a significare che la prova per interrogatorio era stata evidentemente richiesta. È quindi da osservare che il ricorrente avrebbe dovuto supportare la censura, in questa sede, in altro modo, dando conto dettagliatamente delle richieste di prove avvenute in primo grado, per cui il motivo è da ritenere inammissibile.
2. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta violazione degli artt. 2702, 2730 e 2733 cod. civ. in riferimento agli artt. 311, 167, 228, 230 e 232 cod. proc. civ., con conseguente nullità della sentenza.
Ad avviso del ricorrente, la quietanza è una dichiarazione unilaterale di riconoscimento dell'avvenuto pagamento ed integra una confessione stragiudiziale. Essa può essere contestata solo se sia frutto di un errore di fatto o perché rilasciata a seguito di violenza e può essere vinta dalla confessione del debitore che riconosca di non aver eseguito il pagamento. La mancata risposta all'interrogatorio formale, però, non è equiparabile ad una dichiarazione e non potrebbe, quindi, ritenersi come una confessione.
2.1. Il motivo non è fondato.
La giurisprudenza di questa Corte ha affermato che la quietanza assume valore di confessione stragiudiziale (sentenza 21 febbraio 2014, n. 4196, e ordinanza 14 dicembre 2018, n. 32458; v. sul punto anche Sezioni Unite, sentenza 22 settembre 2014, n. 19888).
Come correttamente rilevato dal Tribunale, però, è stato anche affermato che la quietanza, come dichiarazione di scienza del creditore assimilabile alla confessione stragiudiziale del ricevuto pagamento, può essere superata dall'opposta confessione giudiziale del debitore, che ammetta, nell'interrogatorio formale, di non aver corrisposto la somma quietanzata; invero, l'art. 2726 cod. civ. limita, quanto al fatto del pagamento, la prova per testimoni e per presunzioni, non anche la prova per confessione (sentenza 22 ottobre 2013, n. 23971). Ne consegue che, potendo il giudice, con libera valutazione, ritenere ammessi i fatti di cui all'interrogatorio formale ove la parte chiamata a renderlo non si sia presentata (art. 232 cod. proc. civ.), la conclusione del Tribunale è corretta, dovendosi ammettere che la mancata risposta possa avere una valenza eguale e contraria rispetto alla confessione stragiudiziale, di regola revocabile solo per errore di fatto o violenza (art. 2732 cod. civ.).
Rileva infine il Collegio, ad ulteriore supporto delle considerazioni svolte, che nel caso m esame il Tribunale ha stabilito, con un accertamento di fatto non sindacabile in questa sede, che l'odierno ricorrente aveva versato la somma di euro 4.000 pochi giorni dopo la stipulazione del contratto. E poiché la quietanza era contenuta all'interno del contratto stesso, il pagamento successivo, da parte dell'occupante, di una somma che, in tesi, era stata già versata, costituisce prova indiscutibile dell'esistenza di un errore di fatto che inficia la portata confessoria della quietanza stessa.
3. Il ricorso, pertanto, è rigettato.
A tale esito segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate ai sensi del D.M. 10 marzo 2014, n. 55.
Sussistono, inoltre, le condizioni di cui all'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi euro 2.000, di
cui euro 200 per esborsi, oltre spese generali e accessori di legge.
Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, dà atto della sussistenza delle condizioni per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.