Nel caso di specie, si trattava della rinuncia al ricorso.
Il Tribunale di Roma accoglieva la domanda di una società e condannava il convenuto al pagamento di una somma a titolo di corrispettivo per la fornitura di prodotti farmaceutici. Proposto gravame, la Corte d'Appello confermava la decisione di primo grado. La controversia giunge in Cassazione.
La società ricorrente inviava a mezzo PEC la dichiarazione di...
Svolgimento del processo / Motivi della decisione
- il Tribunale di Roma, con sentenza pronunciata ex art. 281 sexies c.p.c. n. 19863 del 2015, accoglieva la domanda proposta da P. Italia s.r.l.. nei confronti di Istituto Neurologico M. N. s.r.l. ritenendola provata sulla base degli ordinativi e della fatture prodotte, e per l'effetto la condannava al pagamento della somma di euro 482.851,16, oltre interessi di mora ex art. 5 d.lgs. n. 2.31/2002 a titolo di corrispettivo per la fornitura di prodotti farmaceutici;
sul gravame interposto dalla INM - N., la Corte d'appello di Roma, nella resistenza dell'appellata, con ordinanza ex art. 348-bi.s c.p.c. dichiarava inammissibile l'impugnazione, confermando la pronuncia di primo grado, per avere la parte appellante, contumace in primo grado, sollevato l'eccezione di incompetenza per territorio per la prima volta solo in appello; nel merito, a fronte di un complessivo quadro indiziario, risultava incontestato dalla debitrice l'esistenza del rapporto contrattuale;
per la cassazione della sentenza del Tribunale di Roma ricorre l'INM N. sulla base di tre motivi e due motivi in riferimento all'ordinanza. della Corte d'appello di Roma;
- resiste la P. Italia con controricorso;
- in data 20.05.2021 è stata inviata a mezzo pec dalla società ricorrente dichiarazione di rinunzia al ricorso dell'l1.05.2021, sottoscritta .dal difensore del ricorrente, con correlata accettazione del difensore della controparte in data 12.05.2021.
All'adunanza camerale del 03.06.2021 con ordinanza in pari data invitava le parti a regolarizzate entro 60 giorni dalla comunicazione del provvedimento le rispettive dichiarazioni di rinuncia e di accettazione con le firme delle parti, adempimento che non risulta essere stato assolto.
Va, di conseguenza, osservato che l'atto di rinuncia risulta sottoscritto dal solo difensore della ricorrente e la procura rilasciatale dalla parte in calce al ricorso non la abilita espressamente e specificatamente (anche) a disporre del diritto in contesa mediante la rinunzia in oggetto.
Come questa Corte ha avuto modo di affermare, la legge non determina il contenuto necessario della procura, limitandosi a distinguere tra procura generale e speciale (art. 82, 2° co., c.p.c.), e a stabilire che il difensore può compiere e ricevere, nell'interesse della parte, tutti gli atti del processo che dalla legge non sono ad essa espressamente riservati, mentre non può compiere atti che importano disposizione del diritto in contesa, se non ne ha ricevuto espressamente il potere (art. 84 c.p.c.).
Orbene, alla procura alle liti, in assenza di specifica regolamentazione, si applica la disciplina codicistica sulla rappresentanza e sul mandato, avente un carattere generale rispetto a quella processualistica (v. Cass., Sez. Un., 14 marzo 2016 n. 4909; Cass., Sez. Un., 4 maggio 2006 n. 10209; Cass., Sez. Un., 28 luglio 2005 n. 15783; Cass., Sez. Un., 6 agosto 2002 n. 11759), ivi compreso in particolare il principio generale posto all'art. 1708 c.c. secondo cui il mandato comprende tutti gli atti necessari al compimento dell'incarico conferito (v. Cass., Sez. Un., 14 marzo 2016 n. 4909 cit.; Cass. 18 aprile 2003 n. 6264; Cass. 4 aprile 1997 n. 2910; Cass. 6 marzo 1979 n. 1392).
Pertanto, pur in presenza di una procura ad litem di contenuto scarno e generico, si è riconosciuto il potere del difensore di modificare la condotta processuale in relazione agli sviluppi e agli orientamenti della causa nel senso ritenuto più rispondente agli interessi del proprio cliente (v. Cass. 4 febbraio 2002 n. 1439; Cass. 3 luglio 1979 n. 3762), nonché di compiere con effetto vincolante per la parte, tutti gli atti processuali non riservati espressamente alla stessa, come ad esempio consentire od opporsi alle prove avversarie e di rilevarne l'utilità, rinunziare a singole eccezioni o conclusioni, ridurre la domanda originaria e rinunziare a singoli capi della domanda, senza l'osservanza di forme rigorose (v. Cass., Sez. Un., 14 marzo 2016 n. 4909 cit.; Cass. 24 settembre 2013 n. 21848; Cass. 8 gennaio 2002 n. 140; Cass. 10 aprile 1998 n. 3734).
Si è viceversa escluso che la procura alle liti come nella specie data al difensore con l'utilizzo di formule ampie e generiche, come nella specie, consenta al difensore di effettuare atti che importino disposizione del diritto in contesa, come transazione, confessione, rinunzia all'azione o all'intera pretesa azionata dall'attore nei confronti del convenuto, rinunzia agli atti del giudizio (v. Cass., Sez. Un., 14 marzo 2016 n. 4909 cit.; Cass. 17 dicembre 2013 n. 28146).
Tale atto denota peraltro la sopravvenuta carenza d'interesse al ricorso giacché la dichiarazione di rinunzia che come nel caso di specie sia sprovvista dei requisiti di cui all'art. 390, 2° co., c.p.c., non è idonea a produrre l'effetto dell'estinzione del processo per avvenuta rinunzia ai sensi del combinato disposto dagli artt. 390 e 391 c.p.c., ma si palesa idonea a rivelare il sopravvenuto difetto d'interesse del ricorrente a proseguire il processo stesso e a determinare così la cessazione della materia del contendere (v. Cass. 15 gennaio 2015 n. 963; Cass. 11 ottobre 2013 n. 23161; Cass. 15 settembre 2008 n. 23685; Cass. 6 dicembre 2004 n. 22806).
Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse.
Le spese di lite, essendo intervenuta controparte, seppure del solo difensore, compensate fra le parti l'accettazione della vanno interamente compensate tra le parti.
Non sussistono le condizioni per dare atto - ai sensi dell'art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto il comma 1-quater dell'art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 - della sussistenza dell'obbligo di versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, perché la ratio di tale disposizione va individuata nella finalità di scoraggiare le impugnazioni dilatorie o pretestuose, sicchè tale meccanismo sanzionatorio si applica per l'inammissibilità originaria ovvero per il rigetto, ma non per la cessazione di interesse ad una pronuncia sopravvenuta (cfr Cass. n. 13636 del 2015).
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso per sopravvenuta carenza di interesse;
dichiara interamente compensate fra le parti le spese del giudizio di cassazione.