Il delitto è integrato quando l'ordinanza ex art. 700 c.p.c. riguarda la difesa della proprietà, del possesso o del credito. È, inoltre, necessario che l'obbligo imposto non sia coattivamente ineseguibile poiché richiede la necessaria collaborazione dell'obbligato.
Svolgimento del processo
1. Con sentenza n. 4341 del 2020 la Corte di appello di Milano, il 3 giugno 2021 ha confermato la condanna inflitta dal Tribunale di Milano a D. B. ex art. 388, comma 2, cod. pen. per essersi rifiutato di adempiere all'ordine del Giudice civile contenuto in una ordinanza emessa ex art. 700 cod. proc. civ. di restituire la documentazione contabile e fiscale inerente alla pregressa gestione, come commercialista, della Società E. s.r.l. prestando all'ufficiale giudiziario la collaborazione necessaria.
2. Nel ricorso presentato dal difensore di B. si chiede l'annullamento della sentenza deducendo vizio della motivazione circa la sussistenza del reato, riconosciuta trascurando che il mero rifiuto di ottemperare a un provvedimento del giudice non costituisce comportamento penalmente rilevante ex art. 388, comma 2, cod. pen. tranne che la natura personale delle prestazioni imposte o dello stesso provvedimento richiedano per esecuzione il contributo dell'obbligato. Si osserva che affinché vi sia elusione di un provvedimento si richiede una condotta volta a impedire il risultato al quale tende il provvedimento e che nella fattispecie all'ufficiale giudiziario sarebbe stato possibile acquisire la documentazione mediante un provvedimento di sequestro o con l'immissione nel suo possesso ricorrendo alla forza pubblica. Inoltre, si evidenzia che l'imputato con raccomandata dell'll novembre 2015 invitò il querelante a ritirare la documentazione contabile e i libri sociali presso il suo studio e che soltanto successivamente scrisse «è inutile che veniate se non avete pagato le fatture».
Motivi della decisione
1. L'inosservanza di una ordinanza cautelare emessa di urgenza dal giudice civile ex art. 700 cod. pen., è penalmente sanzionata ex art. 388, comma secondo, cod. pen., purché il contenuto del provvedimento attenga alla difesa della proprietà, del possesso o del credito. Inoltre il termine «elude» utilizzato nella disposizione va inteso in senso ampio, comprensivo di qualsiasi comportamento, positivo o negativo, perché l'elusione dell'esecuzione del provvedimento non deve necessariamente essere caratterizzata da scaltrezza o da una condotta subdola, per cui anche la inazione dell'obbligato può assumere rilievo, se l'esecuzione del provvedimento del giudice richiede la sua collaborazione (Sez. 6, n. 2925 del 18/11/1999, dep. 2000, Baragiani, Rv. 217332).
Nel caso in esame la sentenza impugnata assume erroneamente che senza la collaborazione dell'imputato i documenti non potessero essere acquisiti.
Risulta, infatti, che 1'11 novembre B., il quale - prima che il 16 dicembre 2015 fosse emesso il provvedimento ex art. 700 cod. proc. civ. - aveva sollecitato (con comunicazione alla quale poi aggiunse la clausola «è inutile che veniate se non avete pagato le fatture») i soci della E. (i quali avevano smesso di pagare le fatture da lui emesse) a ritirare tutta la documentazione contabile tra il 25 e il 30 novembre 2015 e che dopo, il 26 gennaio 2016 si limitò a addurre un mero rifiuto all'ufficiale giudiziario che gli chiedeva di consegnare la documentazione.
2. Va ribadito che il mero rifiuto di ottemperare ai provvedimenti previsti dall'articolo 388, comma secondo, cod. pen. non costituisce comportamento elusivo penalmente rilevante, a meno che l'obbligo imposto non sia coattivamente ineseguibile perché richiede per la sua attuazione la necessaria collaborazione dell'obbligato: infatti, l'interesse tutelato dall'art. 388 cod. pen. non è l'autorità in sé delle decisioni giurisdizionali, bensì l'esigenza costituzionale di effettività della giurisdizione (Sez. U, n. 36692 del 27/09/2007, Vuocolo, Rv. 236937; Sez. 6, n. 51668 del 25/11/2014, Italiano, Rv. 261450; Sez. 6, n. 2267 del 12/03/2014, dep. 2015, Agosta, Rv. 261796).
In altri termini, per integrare il reato non basta un mero comportamento omissivo, ma si richiede un comportamento attivo che sia volto a frustare, o quanto meno a rendere difficile, l'esecuzione del provvedimento giudiziale, mentre la semplice inattività viene perseguita dalla legge con sanzioni di carattere civilistico (Sez. 6, n. 5551 del 23/03/2000, Valente, Rv. 220560; Sez. 6, n. 6572 del 19/03/1991, Modesto, Rv. 187420).
Pertanto, il reato non è configurabile se le ragioni del querelante si fondano su un provvedimento alla cui inottemperanza è possibile rimediare, come nella fattispecie, con i normali mezzi previsti dal processo di esecuzione.
Ne deriva che il ricorso è fondato, sicché la sentenza impugnata va annullata senza rinvio perché il fatto non sussiste.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste. Così deciso il 10/03/2022.