
Svolgimento del processo
1. Con atto di citazione del 15.1.2012 G. R., ancor meglio noto come G. R., famoso ex calciatore e quindi deputato e parlamentare europeo, ha convenuto in giudizio dinanzi al Tribunale di Milano la R. Mediagroup s.p.a., società incorporante R. Quotidiani s.p.a. (di seguito, breviter, R.) lamentando che la convenuta si fosse resa responsabile di due diversi illeciti ai suoi danni, in contrasto con l’art.2 della Costituzione, l’art.10 cod.civ., gli artt.1,2,96 della legge 22.4.1941 n.633 sul diritto d’autore (di seguito l.d.a.) e il Codice di protezione dei dati personali: vale a dire il reiterato e abusivo, in difetto di previo consenso, sfruttamento del suo diritto all’immagine a scopo commerciale, relativamente ad opere audiovisive e a medaglie commemorative, e la violazione del diritto d’autore su una serie di frammenti di interviste da lui rilasciate a RAI Trade s.p.a., incluse in una serie di DVD intitolati rispettivamente «La Grande Storia del Milan», «Campionato io ti amo», «Fifa World Cup» e «Le partite indimenticabili».
L’attore ha chiesto in conseguenza la condanna di R. al risarcimento dei danni.
R. si è costituita in giudizio, chiedendo il rigetto delle domande di controparte e ottenendo la chiamata in causa della RAI s.p.a., in cui si era fusa per incorporazione RAI Trade.
Questa si è costituita, chiedendo anch’essa il rigetto di tutte le domande proposte da G. R..
Il Tribunale di Milano con sentenza del 9.2.2015 ha parzialmente accolto le domande di G. R., ritenendo illecita la diffusione (a) di immagini fotografiche che ritraevano l’attore non in azioni di gioco, escluse quelle in cui egli era in posa con la propria squadra, e (b) di alcune medaglie richiamanti l’immagine dell’attore; ha conseguentemente condannato R. al risarcimento dei danni, equitativamente liquidati in € 50.000,00, ha respinto le domande di R. nei confronti di RAI; ha condannato R. a rifondere parzialmente le spese al sig. R. e totalmente alla RAI.
2. Avverso la predetta sentenza di primo grado ha proposto appello in via principale R., a cui ha resistito l’appellato R., proponendo appello incidentale.
La Corte di appello di Milano con sentenza del 14.12.2017 ha respinto il gravame proposto da R. verso G. R.; ha dichiarato inammissibile, perché tardivo, l’appello incidentale del R.; ha compensato le spese fra R. e R.; ha condannato il R. a rifondere le spese alla RAI.
La Corte di appello ha ritenuto che l’esimente legata alla notorietà del personaggio sportivo G. R. fosse strettamente correlata all’ambito di effettiva esplicazione e che quindi non potessero essere utilizzate, in difetto di consenso, immagini del noto calciatore in scene di vita quotidiana e al di fuori del contesto calcistico in cui la notorietà trovava concretizzazione. Quanto alle medaglie commemorative, ha ritenuto che la stilizzazione evocasse con alto grado di fedeltà il personaggio di G. R.. Infine ha ritenuto congrua la liquidazione del danno operata in primo grado.
3. Avverso la predetta sentenza del 14.12.2017, non notificata, con atto notificato il 12.6.2018 ha proposto ricorso per cassazione R., svolgendo due motivi, entrambi circoscritti alla responsabilità ravvisata a suo carico in relazione alle fotografie che ritraevano G. R. non in azione di gioco e senza la divisa della squadra di appartenenza e chiarendo espressamente che la sua impugnazione non era rivolta alla pronuncia relativa alle sopra citate medaglie commemorative.
Ha proposto controricorso e ricorso incidentale G. R., chiedendo la dichiarazione di inammissibilità o il rigetto dell’avversaria impugnazione.
La RAI non si è costituita in giudizio.
Il Procuratore generale ha concluso per l’accoglimento del primo motivo di ricorso, assorbito il secondo.
La ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
Motivi della decisione
4. Giova premettere che l’impugnazione proposta da R. riguarda esclusivamente il comportamento illecito e dannoso ravvisato dai giudici milanesi nella pubblicazione, in una serie di DVD, di alcune fotografie di G. R., che lo ritraevano in scene di vita quotidiana e non nell’atto della prestazione sportiva o comunque con la divisa della sua squadra (il Milan o la Nazionale italiana).
R. infatti ha prestato acquiescenza al dictum della sentenza impugnata per quanto riguarda le immagini stilizzate delle medaglie commemorative.
5. È altresì il caso di precisare come risulti chiaramente dalla sentenza impugnata e sia comunque pacifico in causa che le fotografie in questione non hanno alcunché di offensivo o sconveniente e non attengono neppure alla sfera intima e riservata della persona.
Presumibilmente inoltre – lo ha sostenuto, senza subire smentite, la ricorrente sulla base dell’atteggiamento e della postura delle persone ritratte – le fotografie sono state scattate, a loro tempo, con il consenso del sig. R.; non si fa questione però di una cessione dei diritti di utilizzazione delle fotografie da parte dell’autore originario dello scatto.
R. fonda il proprio diritto alla pubblicazione sulla notorietà del personaggio G. R. ritratto nelle fotografie e sull’esimente di cui all’art.97 l.d.a. che consentirebbe di delineare la sua figura pubblica all’interno dell’ampio contesto narrativo che caratterizza l’opera editoriale.
6. È infine escluso che le fotografie siano state utilizzate come strumento pubblicitario di prodotti o servizi.
Esse sono state semplicemente incluse in supporti DVD distribuiti commercialmente da R. e destinati a commemorare e documentare grandi eventi sportivi come la storia del Milan, o del Campionato di Serie A o del Campionato del Mondo o ancora di celebri partite di calcio che fanno fatto epoca.
7. Solo in parte dalla sentenza impugnata risulta il contesto preciso in cui le fotografie, considerate illecitamente pubblicate, sono state scattate.
Una, menzionata in ricorso e materialmente incorporata nella memoria illustrativa, raffigura G. R. che scende dall’aereo brandendo la Coppa intercontinentale appena vinta (cfr ricorso, pag.14, penultimo capoverso).
Un’altra, menzionata in ricorso, raffigura G. R., insieme ad altri noti calciatori della Nazionale italiana dell’epoca, Sandro Mazzola, Giancarlo De Sisti e Antonio Iuliano, in un ritiro della Nazionale (cfr ricorso, pag.13, primo paragrafo); un’altra
ancora (sempre in ricorso, pag.13, primo paragrafo) lo ritrarrebbe presumibilmente nel corso di un’intervista; nulla si sa di più preciso, salvo la connotazione descrittiva in negativo operata dalla sentenza impugnata (esclusione della raffigurazione di R. in azione di gioco o in divisa da calciatore).
La sentenza impugnata, a pagina 8, primo capoverso, a parte le immagini commemorative stilizzate, ormai estranee alla presente fase processuale, si riferisce, senza ulteriori descrizioni:
(a) alla fotografia sulla copertina della brochure della pubblicazione «Campionato ti amo»;
(b) alla fotografia contenuta nel volume «Campionato ti amo – Anni ‘70»;
(c) a due fotografie in cui R. è raffigurato senza la divisa della squadra di appartenenza e al di fuori di un evento calcistico.
8. Con il primo motivo di ricorso, proposto ex art.360, n.3, cod.proc.civ., la ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione di legge in relazione agli artt.10 cod.civ. e 97 l.d.a.
Secondo la Corte territoriale, le fotografie che ritraevano il notissimo calciatore e successivamente uomo politico (quattro volte deputato, poi parlamentare europeo, tre volte sottosegretario alla Difesa) erano state pubblicate lecitamente solo quando G. R. era stato ripreso in abiti sportivi, ma non quando figurava in abiti borghesi, ipotesi nella quale si era in presenza di una finalità commerciale, con automatica esclusione dell’esimente di cui all’art.97 l.d.a.
Viceversa, a parere della ricorrente, i giudici milanesi erano incorsi in errore attribuendo rilevanza al tema delle fotografie, scattate peraltro con il consenso del signor R.; infatti nel caso il tema non era offensivo dell’onore e della reputazione altrui e il ritratto fotografico non era stato utilizzato a fini pubblicitari, mentre si sarebbe dovuto considerare il prodotto/opera nel quale l’immagine era riprodotta che soddisfaceva finalità didattico-culturali e rappresentava esercizio legittimo del diritto di cronaca.
9. Le norme che vengono primariamente in rilievo sono l’art.10 cod.civ. e gli artt.96 e 97 della l.d.a.
L’art.10 cod.civ. è dedicato all’abuso dell'immagine altrui e prevede che qualora l'immagine di una persona o dei genitori, del coniuge o dei figli sia stata esposta o pubblicata fuori dei casi in cui l'esposizione o la pubblicazione è dalla legge consentita, ovvero con pregiudizio al decoro o alla reputazione della persona stessa o dei detti congiunti, l'autorità giudiziaria, su richiesta dell'interessato, possa disporre che cessi l'abuso, salvo il risarcimento dei danni.
La norma prevede sia la tutela inibitoria, sia quella risarcitoria, e formula un rinvio ad altre disposizioni di legge per individuare i casi in cui l’esposizione o la pubblicazione dell’immagine altrui sono consentite.
L’art.96 l.d.a. enuncia in linea generale il principio che il ritratto di una persona non può essere esposto, riprodotto o messo in commercio senza il suo consenso, salve le disposizioni dell'articolo seguente.
Dopo la morte della persona ritrattata (la legge usa questo participio dal verbo «ritrattare» in luogo del più moderno «ritratta» dal verbo «ritrarre») si applicano le disposizioni del secondo, terzo e quarto comma dell'art. 93 che individuano i parenti titolari del diritto di assentire e preservano le disposizioni di volontà del de cuius.
L’art.97 l.d.a. consente la deroga alla necessità del consenso della persona ritratta quando la riproduzione dell'immagine è giustificata dalla notorietà o dall'ufficio pubblico coperto, da necessità di giustizia o di polizia, da scopi scientifici, didattici o culturali, quando la riproduzione è collegata a fatti, avvenimenti, cerimonie di interesse pubblico o svoltisi in pubblico.
Il ritratto non può tuttavia essere esposto o messo in commercio, quando l'esposizione o messa in commercio rechi pregiudizio all'onore, alla riputazione od anche al decoro nella persona ritrattata: ipotesi questa nella fattispecie esclusa.
10. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, il consenso alla pubblicazione della propria immagine costituisce un negozio unilaterale, avente ad oggetto non il diritto, personalissimo ed inalienabile, all'immagine ma soltanto l'esercizio di tale diritto, sicché, sebbene possa essere occasionalmente inserito in un contratto, il consenso resta distinto ed autonomo dalla pattuizione che lo contiene ed è sempre revocabile, qualunque sia il termine eventualmente indicato per la pubblicazione consentita ed a prescindere dalla pattuizione convenuta, che non integra un elemento del negozio autorizzativo (Sez. 1, n. 1748 del 29.1.2016, Rv. 638445 - 01).
Ai sensi dell'art. 10 cod.civ., nonché degli artt. 96 e 97 l.d.a., la divulgazione dell'immagine senza il consenso dell'interessato è lecita soltanto se e in quanto risponda alle esigenze di pubblica informazione, non anche quando sia rivolta a fini pubblicitari (Sez. 1, n. 1748 del 29.1.2016, Rv. 638444 – 01, Sez. 1, n. 1503 del 6.2.1993, Rv. 480779 – 01; Sez. 1, n. 5790 del 10.11.1979, Rv. 402433 - 01).
L'esposizione o la pubblicazione dell'immagine altrui, a norma dell'art. 10 cod.civ. e degli artt. 96 e 97 l.d.a. sul diritto d'autore, è abusiva non soltanto quando avvenga senza il consenso della persona o senza il concorso delle altre circostanze espressamente previste dalla legge come idonee a escludere la tutela del diritto alla riservatezza - quali la notorietà del soggetto ripreso, l'ufficio pubblico dallo stesso ricoperto, la necessità di perseguire finalità di giustizia o di polizia, oppure scopi scientifici, didattici o culturali, o il collegamento della riproduzione a fatti, avvenimenti, cerimonie d'interesse pubblico o svoltisi in pubblico - ma anche quando, pur ricorrendo quel consenso o quelle circostanze, l'esposizione o la pubblicazione sia tale da arrecare pregiudizio all'onore, alla reputazione o al decoro della persona medesima (Sez. 3, n. 17211 del 27.8.2015, Rv. 636902 - 01).
La ratio della deroga è ispirata dall'interesse pubblico all'informazione e di conseguenza, avendo carattere derogatorio del diritto alla immagine, quale diritto inviolabile della persona tutelato dalla Costituzione, è di stretta interpretazione (Sez. 3, n. 11353 del 11.5.2010, Rv. 613001 - 01).
In vari arresti, è stato anche precisato che la presenza delle condizioni legittimanti l'esercizio del diritto di cronaca non implica, di per sé, la legittimità della pubblicazione o diffusione anche dell'immagine delle persone coinvolte, la cui liceità è subordinata, oltre che al rispetto delle prescrizioni contenute negli artt. 10 cod.civ., 96 e 97, della l. n. 633 del 1941, nonché dell'art. 137 del d.lgs. n. 196 del 2003 e dell'art. 8 del codice deontologico dei giornalisti, anche alla verifica in concreto della sussistenza di uno specifico ed autonomo interesse pubblico alla conoscenza delle fattezze dei protagonisti della vicenda narrata, nell'ottica della essenzialità di tale divulgazione ai fini della completezza e correttezza della informazione fornita (Sez. 1, n. 15360 del 22.7.2015, Rv. 636199 – 01; Sez. 1, n. 4477 del 19.2.2021, Rv. 660512 – 01; Sez. 1, n. 18006 del 9.7.2018, Rv. 649524 - 02).
Da ultimo, si è osservato che la pubblicazione a corredo di un articolo di stampa di foto, in sé non lesive dell'onore o della reputazione, non può considerarsi integrativa dell'illecito da lesione del diritto all'immagine senza una previa, rigorosa e non atomistica valutazione in ordine alla riconducibilità anch'essa all'esercizio del diritto di cronaca (Sez. 1, n. 29583 del 24.12.2020, Rv. 660191 - 02).
11. Secondo la sentenza impugnata, la notorietà indubbia del personaggio G. R., scaturente dalle sue imprese sportive del passato e rinvigorita dalla sua carriera politica, parlamentare e governativa in età matura, poteva autorizzare la pubblicazione, senza il suo consenso, di immagini fotografiche della sua persona ma solo nello stretto contesto in cui lui aveva raggiunto la notorietà, e quindi in ambito strettamente sportivo.
La Corte milanese si è richiamata al citato precedente di questa Corte n.11353 del 2010 per affermare che le esimenti di cui all’art.97 l.d.a., comportando deroga alla tutela del diritto all’immagine, diritto inviolabile della persona protetto dalla Costituzione, sono soggette a stretta interpretazione.
La Corte territoriale ha quindi ritenuto che l’esimente, nel caso in esame, dovesse essere circoscritta all’ambito in cui la notorietà trovava effettiva applicazione e non potesse estendersi a scenari di vita quotidiana e a contesti differenti da quello, strettamente sportivo, che concretizzava la notorietà del famoso calciatore.
Di qui la ravvisata illiceità di fotografie che riprendevano G. R. in abiti borghesi o nell’ambito della sua vita non agonistica e pure in una rielaborazione fotografica svincolata da un contesto sportivo reale.
12. Il Collegio ritiene che la decisione impugnata non possa essere confermata e che possano essere parzialmente condivise, sia pur con alcune delimitazioni e precisazioni di seguito illustrate, le ragioni esposte dalla Procura generale in adesione al primo motivo di ricorso della R..
13. È doveroso prender le mosse dal fatto che la ratio della deroga alla tutela dell’immagine, che consente la divulgazione del ritratto fotografico di una persona senza il suo consenso, va colta nelle esigenze della pubblica informazione e nel diritto di cronaca in relazione a vicende di interesse pubblico, anch’esso dotato di dignità costituzionale ex art.21 Cost.
La divulgazione della fotografia, a prescindere dal consenso della persona ritratta, è giustificata dalla notorietà del soggetto ripreso, dall'ufficio pubblico dallo stesso ricoperto, dalla necessità di perseguire finalità di giustizia o di polizia, oppure scopi scientifici, didattici o culturali, o dal collegamento della riproduzione a fatti, avvenimenti, cerimonie d'interesse pubblico o svoltisi in pubblico.
Il punto è quindi se la notorietà di un personaggio possa essere rigorosamente delimitata allo stretto ambito delle attività in cui si è inizialmente delineata e da cui è emersa.
14. La risposta non è positiva e si prescinde dalla caratteristiche, invero peculiari, della fattispecie concreta, laddove G. R., dopo la carriera sportiva di assoluta eccellenza sia nel Milan sia nella Nazionale italiana (Pallone d’oro, campione italiano, europeo e intercontinentale), che l’ha notoriamente consegnato all’immaginario collettivo (si pensi alla leggendaria rivalità con Sandro Mazzola, al celeberrimo gol del 4 a 3 in Italia- Germania ai mondiali del 1982, alla famosa canzone «Barbera, champagne» di Giorgio Gaber), ha avuto una seconda carriera politica di tutto rispetto (come parlamentare italiano ed europeo e sottosegretario), come ricorda la ricorrente.
15. Secondo il Procuratore generale, la notorietà ex art.97 l.d.a. – fatta salva l’ipotesi di lesione del decoro, della reputazione e della riservatezza – non può essere strettamente delimitata al contesto sociale (culturale, sportivo, artistico, letterario, politico) che ha reso celebre la persona riprodotta.
Ciò perché l’interesse pubblico, strettamente commisto al concetto stesso di notorietà, si comunica alla vita personale del personaggio famoso, sicché le esigenze di pubblica informazione si estendono a tutti gli aspetti della vita del personaggio celebre che il pubblico trova interessanti e vuol conoscere.
Il Procuratore generale osserva che, nel caso del personaggio del mondo del calcio, come pure dei protagonisti del mondo dello spettacolo e dell’intrattenimento di massa, l’interesse del pubblico si rivolge anche agli aspetti e alle abitudini di vita che compongono inscindibilmente l'immagine pubblica del personaggio. Ciò varrebbe, quindi, per le immagini che ritraggono il personaggio in viaggio, in un momento di relax, al bar o al ristorante, a passeggio o in un’attività domestica, beninteso con la già ricordata barriera del rispetto del decoro, della reputazione, dell’intimità e della riservatezza.
A maggior ragione tali considerazioni dovrebbero valere nella società moderna globale, caratterizzata da potentissimi e strumenti di comunicazione iper-diffusivi, che declinano uno statuto della notorietà incompatibile con la lettura restrittiva offerta dalla Corte milanese.
16. Il caso in esame presenta notevoli divergenze dal noto caso «Audrey Hepburn», trattato dalla giurisprudenza di merito (Trib. Torino, sez. spec. Impresa, 27.2.2019 n. 940) e oggetto di intenso dibattito in dottrina.
A parte il fatto che in quel caso più che di ritratto si trattava di un'immagine, sussistono due differenze decisive:
a) la raffigurazione del personaggio famoso era utilizzata con modificazioni sconvenienti e irrispettose e comunque lesive del diritto all'immagine e all'identità del personaggio iconico della mitica Audrey (masticazione indecorosa di chewing-gum, tatuaggi, esibizione sguaiata del dito medio....); nel nostro caso è assolutamente pacifico che G. R. sia ritratto in fotografie del tutto rispettose e in situazioni non intime né riservate (in cui non figura in divisa da calciatore o in divisa sociale del club, questo essendo il criterio utilizzato dai giudici milanesi);
b) nel «caso Hepburn» l'immagine era utilizzata per fini propagandistici in quanto incorporata sulle magliette e serviva a venderle; mentre nel caso in esame, anche se R. è imprenditore e indubbiamente vendeva sul mercato le pubblicazioni, la finalità eradi carattere informativo e latamente didattico-culturale.
17. Non viene in considerazione nella presente fattispecie neppure il tema del diritto all’oblio, su cui si è espressa la Sez. 1, n. 6919 del 20.3.2018, Rv. 647763 – 01, richiamata nelle conclusioni del Procuratore generale, secondo cui in tema di diritto alla riservatezza, dal quadro normativo e giurisprudenziale nazionale (artt. 2 Cost., 10 cod.civ. e 97 della l. n. 633 del 1941) ed europeo (artt. 8 e 10, comma 2, della CEDU e 7 e 8 della c.d. «Carta di Nizza»), si ricava che il diritto fondamentale all'oblio può subire una compressione, a favore dell'ugualmente fondamentale diritto di cronaca, solo in presenza dei seguenti specifici presupposti: 1) il contributo arrecato dalla diffusione dell'immagine o della notizia ad un dibattito di interesse pubblico; 2) l'interesse effettivo ed attuale alla diffusione dell'immagine o della notizia (per ragioni di giustizia, di polizia o di tutela dei diritti e delle libertà altrui, ovvero per scopi scientifici, didattici o culturali); 3) l'elevato grado di notorietà del soggetto rappresentato, per la peculiare posizione rivestita nella vita pubblica del Paese; 4) le modalità impiegate per ottenere e nel dare l'informazione, che deve essere veritiera, diffusa con modalità non eccedenti lo scopo informativo, nell'interesse del pubblico, e scevra da insinuazioni o considerazioni personali, sì da evidenziare un esclusivo interesse oggettivo alla nuova diffusione; 5) la preventiva informazione circa la pubblicazione o trasmissione della notizia o dell'immagine a distanza di tempo, in modo da consentire all'interessato il diritto di replica prima della sua divulgazione al pubblico.
Sul punto successivamente si sono espresse anche le Sezioni Unite affermando che in tema di rapporti tra diritto alla riservatezza (nella sua particolare connotazione del c.d. diritto all'oblio) e diritto alla rievocazione storica di fatti e vicende concernenti eventi del passato, il giudice di merito - ferma restando la libertà della scelta editoriale in ordine a tale rievocazione, che è espressione della libertà di stampa e di informazione protetta e garantita dall'art. 21 libertà di stampa e di informazione protetta e garantita daDlal'taaprutb.bli2ca1zione 16/06/2022 Cost. - ha il compito di valutare l'interesse pubblico, concreto ed attuale alla menzione degli elementi identificativi delle persone che di quei fatti e di quelle vicende furono protagonisti. Tale menzione deve ritenersi lecita solo nell'ipotesi in cui si riferisca a personaggi che destino nel momento presente l'interesse della collettività, sia per ragioni di notorietà che per il ruolo pubblico rivestito. In caso contrario, prevale il diritto degli interessati alla riservatezza rispetto ad avvenimenti del passato che li feriscano nella dignità e nell'onore e dei quali si sia ormai spenta la memoria collettiva. (Sez. U, n. 19681 del 22.7.2019, 654836 - 01).
18. Il Collegio conviene con il Procuratore generale che non si tratta di addivenire a una lettura estensiva dell’art.97 l.d.a., ma più semplicemente di diagnosticare e riconoscere l’ambito della notorietà effettivamente raggiunta da un personaggio pubblico e il correlativo spazio di operatività della deroga prevista dalla legge alla necessità del consenso del personaggio ritratto.
19. Pare tuttavia eccessivo spingersi sino a sostenere che i ritratti fotografici dei personaggi dello sport, come pure quelli dei protagonisti della musica di consumo o del cinema, per limitarsi ai casi esemplificati nella requisitoria del Procuratore generale, possano essere divulgati, senza il loro consenso, anche in contesti del tutto avulsi da quelli che hanno reso noti tali personaggi.
Occorre pur sempre verificare non solo il rispetto del decoro, della convenienza e della reputazione, ma anche quello della sfera di riservatezza che la persona ritratta ha inteso legittimamente proteggere dalle ingerenze altrui.
20. Il Collegio ritiene dunque che la corretta applicazione dell’esimente dell’art.97 l.d.a. renda lecita la divulgazione di ritratti fotografici di personaggi famosi non solo allorché essi siano raffigurati nell’espletamento dell’attività specifica che li ha consegnati alla pubblica notorietà (vale a dire: per lo sportivo consegnati alla pubblica notorietà (vale a dire: l’attività agonistica, per il cantante l’esibizione sul palco, per l’attore la recitazione in scena), come troppo restrittivamente perimetrato dalla Corte milanese, ma anche quando la fotografia li ritrae nello svolgimento di attività accessorie e connesse, che rientrano nel cono di proiezione della loro immagine pubblica e quindi nella sfera di interesse pubblico dedicato dalla collettività alla loro attività.
Vi rientrano pertanto certamente le fotografie che ritraggono un noto calciatore in partenza o al rientro per una competizione sportiva, o mentre esibisce un trofeo vinto, o nell’atto di rilasciare a un giornalista una intervista legata alla sua attività, o ancora insieme ad altri calciatori, per di più se in un ritiro organizzato dalla sua squadra o dalla Nazionale.
Ipotesi tutte in cui l’atleta, pur non indossando la divisa e non praticando attualmente il proprio sport, viene raffigurato in stretta connessione con l’ambito di attività per cui ha conseguito la notorietà, e in cui è oggetto di interesse da parte del pubblico proprio in quanto sportivo noto.
È evidente che nei casi esemplificati l’interesse del pubblico è rivolto proprio al personaggio sportivo, per vedere come gioisca dei propri trionfi, come si relazioni con la stampa specializzata, come si prepari alle partite e come si rilassi dopo di esse, come interagisca con altri atleti famosi: per personaggi di quel calibro non si può circoscrivere la notorietà all'ambito originario da cui è germinata (nel caso il calcio) per escludere situazioni in cui l'atleta viaggia, parla con altri calciatori, o appare in pubblico in abiti borghesi ma in connessione con la propria attività.
Per giunta, la diversa interpretazione, troppo restrittiva dell’art. 97 l.d.a., accolta dalla Corte milanese, dovrebbe valere anche per la stampa ordinaria, come osserva persuasivamente la ricorrente.
21. Resta invece fuori dall’ambito dell’esimente la fotografia del personaggio ritratto in occasioni private, prive di alcun collegamento, anche indiretto, con l’attività che ha determinato la celebrità e per le quali, del tutto lecitamente, il personaggio noto ha esercitato il diritto di ammantare di riservatezza, attraverso uno jus excludendi alios, la propria sfera privata.
Si tratta della situazione fattuale che la giurisprudenza di questa Corte ha affrontato con la sentenza della Sez.1, n.1875 del 23.1.2019, sia pur al solo fine di riconoscere il diritto al risarcimento del danno patrimoniale a un attore universalmente conosciuto che aveva espressamente vietato la pubblicazione di fotografie relative alla sua vita privata: in quel caso infatti erano state captate con strumenti tecnologici, e prolungati appostamenti, postazioni sopraelevate e utilizzo degli interstizi nelle siepi di recinzione, alcune immagini del noto attore con la compagna in ambiente privato e situazioni di vita quotidiana, per nulla disdicevoli o sconvenienti, ma private e riservate.
Analoghe problematiche sono state affrontate da queste Corte con l’ordinanza della Sez. 1, n. 29583 del 24.12.2020, Rv. 660191 - 02), ove è stato affermato che in tema di diritto alla riservatezza, la presenza delle condizioni legittimanti l'esercizio del diritto di cronaca mediante la pubblicazione di un articolo, per quanto non implichi, di per sé, la legittimità della pubblicazione anche dell'immagine delle persone coinvolte, può condurre alla liceità di una tale diffusione ove esista uno specifico interesse pubblico alla identificazione immediata dei personaggi pubblici ai quali l'informazione si riferisce. Di conseguenza, la pubblicazione a corredo di un articolo di stampa di foto, in sé non lesive dell'onore o della reputazione, non può considerarsi integrativa dell'illecito da lesione del diritto all'immagine senza una previa, rigorosa e non atomistica valutazione in ordine alla riconducibilità anch'essa all'esercizio del diritto di cronaca.
In quel caso, affrontando il tema soprattutto sul versante delle norme (art.136 e 137) del c.d. «Codice della privacy» (d.lgs.196 del 2003), questa Corte ha osservato che il trattamento dei dati personali per finalità giornalistiche può essere effettuato anche senza il consenso dell'interessato, purché con modalità che garantiscano il rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali, della dignità dell'interessato medesimo e del diritto all'identità personale nonché del codice deontologico dei giornalisti che ha valore di fonte normativa in quanto richiamato dall'art. 139 cod. privacy; che tale articolo dispone all'ultimo comma che «in caso di diffusione o di comunicazione dei dati per le finalità di cui all'art. 136, restano fermi i limiti del diritto di cronaca a tutela dei diritti di cui all'art. 2, e, in particolare, quello dell'essenzialità dell'informazione riguardo a fatti di interesse pubblico. Possono essere trattati i dati personali relativi a circostanze o fatti resi noti direttamente dagli interessati o attraverso loro comportamenti in pubblico»; che ai fini del requisito dell'attinenza a «fatti di interesse pubblico» non è necessario all'esercizio della finalità giornalistica che gli articoli di stampa o le fotografie siano altresì indispensabili a informare l'opinione pubblica su un fatto di una qualche utilità sociale, né che siano attinenti all'attività professionale del soggetto raffigurato; che ciò che rileva è la circostanza che le fotografie (unitamente all'articolo al quale sono annesse) abbiano la funzione di veicolare una notizia di interesse pubblico, ancorché un tale interesse possa risultare parametrato al tipo di pubblicazione «leggera» (o perfino scandalistica) prediletta dal giornale o dal periodico di riferimento, in base al pubblico al quale esso è destinato; che pure in questo caso, cioè, può rilevare la finalità giornalistica (o di cronaca) e il giudice del merito deve semmai verificare che a garanzia degli interessati siano stati rispettati i requisiti di continenza di espressione (nell'associazione tra la rappresentazione fotografica e l'apparato didascalico a corredo) e gli accorgimenti resi necessari dalla natura dei dati con essa divulgati.
22. Nella fattispecie, inoltre, l’immagine di G. R. non è stata utilizzata a fini pubblicitari e promozionali, che non possono essere desunti meccanicamente dalla natura imprenditoriale dell’attività di R..
Non bisogna infatti confondere la natura professionale dell’attività di cronaca informativa e documentazione didattico- culturale, che comporta la pubblicazione di informazioni e di immagini, con le finalità di utilizzo dell’immagine in senso stretto.
Altrimenti – come osserva efficacemente la ricorrente – si finirebbe per interdire l’esercizio stesso della cronaca giornalistica: suona assai convincente l’argomentazione della difesa di R. che obietta che, così ragionando, le sarebbe stato interdetto pubblicare le foto anche sui quotidiani o settimanali del gruppo editoriale.
E difatti l’attività informativa, didattica e culturale, ben può essere rivolta anche con lo sguardo al passato, per raccontare e illustrare in modo organico vicende pregresse, e non solo con l’attenzione al presente per aggiornare sugli eventi in corso.
23. La giurisprudenza di questa Corte (da ultimo, Sez.1, 29.1.2016 n.1748) è ferma nell’escludere la liceità dell’utilizzo dell’immagine o del ritratto del personaggio famoso a fini pubblicitari o propagandistici, agganciandola, cioè, anche suggestivamente, ad un prodotto o un servizio al fine di incentivare i consumatori all’acquisto.
Ciò non esclude però che le finalità informative, didattiche o culturali, possano essere perseguite con la pubblicazione della fotografia nell’esercizio della circostanza esimente anche da un soggetto che agisca nell’esercizio di un’impresa e a fini di lucro, ove il profitto venga ricercato proprio per il tramite dell’attività informativa.
Non si possono pertanto equiparare alle finalità commerciali (per cui sarebbe sempre necessario il consenso) l'uso propagandistico della fotografia del personaggio famoso per indurre all'acquisto di altri prodotti o l'applicazione dell'immagine sul prodotto stesso, alla vendita di un prodotto informativo (latamente didattico-culturale) in cui viene inserita la fotografia a fini di documentazione e integrazione delle informazioni fornite agli acquirenti.
Appare quindi erroneo il riferimento incidentale operato dalla Corte ai «fini commerciali», sia pur per relationem al decisum di primo grado, quale discrimine fra il lecito e l’illecito, poiché la valutazione deve piuttosto essere condotta secondo la distinzione sopra illustrata.
24. La Corte non ritiene che l’accoglimento ut supra del motivo possa riguardare anche la specifica pubblicazione dell’immagine stilizzata di G. R. sulla brochure della pubblicazione «Campionato ti amo», prodotta attraverso una rielaborazione fotografica complessiva, utilizzata senza inerenza al contesto calcistico ufficiale realmente svoltosi e decontestualizzata rispetto all’ambito storico della pubblicazione, a cui si riferisce la sentenza impugnata a cavallo tra le pagine 9 e 10.
La ricorrente non ha svolto specifiche censure sul punto, che siano dotate di effettiva attitudine critica delle ragioni spese al riguardo dalla Corte milanese e le argomentazioni generali sviluppate nel primo motivo di ricorso, con riferimento alle fotografie propriamente dette, non arrivano a confutarle.
25. La sentenza impugnata deve pertanto essere cassata con riferimento al primo motivo accolto nei sensi di cui in motivazione, con rinvio della causa alla Corte di appello di Milano che dovrà attenersi al seguente principio di diritto ex art.384 cod.proc.civ.:
«L’esimente prevista dall’art.97 della legge 22.4.1941 n.633, secondo cui non occorre il consenso della persona ritratta in
fotografia quando, tra l’altro, la riproduzione dell'immagine è giustificata dalla notorietà o dall'ufficio pubblico coperto, ricorre non solo allorché il personaggio noto sia ripreso nell’ambito dell’attività da cui la sua notorietà è scaturita, ma anche quando la fotografia lo ritrae nello svolgimento di attività a quella accessorie o comunque connesse, fermo restando, da un lato, il rispetto della sfera privata in cui il personaggio noto ha esercitato il proprio diritto alla riservatezza, dall’altro, il divieto di sfruttamento commerciale dell’immagine altrui, da parte di terzi, al fine di pubblicizzare o propagandare, anche indirettamente, l’acquisto di beni e servizi.»
26. Resta evidentemente assorbito l’esame del secondo motivo di ricorso, proposto ex art.360, n.3, cod.proc.civ., con il quale la ricorrente ha denunciato violazione o falsa applicazione di legge in relazione agli artt.2043 cod.civ. e 158 l.d.a.: infatti la cassazione della sentenza impugnata impone il riesame delle fotografie pubblicate nell’ottica del principio di diritto sopra enunciato e, se del caso, il ricalcolo del risarcimento accordato al controricorrente.
27. A tal fine la Corte dispone il rinvio della causa alla Corte di appello di Milano, in diversa composizione, che provvederà anche alla regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, nei sensi di cui in motivazione, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di appello di Milano, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità